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lunedì 16 settembre 2024

Recensione Narrativa: LA NOTTE DEL DEMONIO di J. Michael Straczynski.

Autore: Joseph Michael Straczynski.
Titolo originale: Demon Night.
Anno: 1988.
Genere:  Horror.
Editore: Sperling & Kupfer (1990).
Pagine: 385.
Prezzo: Fuori catalogo.

Commento a cura di Matteo Mancini. 
PROSSIMAMENTE
 
J. Michael Straczynski ai tempi dell'uscita del romanzo.
 

giovedì 12 settembre 2024

Recensione Narrativa: CORINA - INCUBO SUL MAR NERO di Maurizio Bianciotto.

Autore: Maurizio Bianciotto.
Audio Libro: Letto da Marcello Monti e Linda Gallotta.
Anno: 2024.
Genere:  Horror Gotico.
Editore: Ibbor Ob.
Minuti: 43 minuti.
Prezzo: Gratis su youtube.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Dopo Fausto Marchi, eccoci alle prese con un'opera di Maurizio Bianciotto, altro amico del blog più volte recensito (http://giurista81.blogspot.com/2023/03/recensione-narrativa-trilogia.html - http://giurista81.blogspot.com/2023/03/trilogia-dellincubo-ii-il-ritorno-di.html - http://giurista81.blogspot.com/2023/06/recensione-narrativa-la-sanguinaria.html) e intervistato (http://giurista81.blogspot.com/2023/05/intervista-maurizio-bianciotto.html). Abile soprattutto nella dimensione del racconto breve, Bianciotto – oltre a essere un esperto di cinema di genere e di cinema russo - è uno specialista con la “s” maiuscola di racconti dell'orrore gotico, di racconti western e di storie di guerra ambientati nel passato senza tralasciare una certa predilezione per l'erotismo. Componenti, sovente, miscelate tra loro, guardando a Bram Stoker e agli horror della Hammer.

Corina – Incubo sul Mar Nero, pubblicato su youtube in versione audiolibro, è un tipico esempio della narrativa dell'autore.

Quarantacinque minuti scarsi di audio libro, che fungono da apripista al romanzo Un Castello nei Carpazi (Mannarino Editore, 2024) disponibile da pochi giorni sul mercato editoriale sempre per la firma di Bianciotto; un'opera che, presto, recensiremo su queste pagine. Si torna nei territori dell'Est Europa, in Romania (città di Costanza), con quelle atmosfere ottocentesche alla Bram Stoker di cui Bianciotto è abile emulatore disponendo di una maestria e di una gestione dei tempi della tensione che non hanno nulla da invidiare a nessuno. Cultore dei film Hammer, del gotico e della Grande Storia, Bianciotto è fortemente legato a questo modo di raccontare storie. Elegante, grande evocatore di un terrore classico che monta progressivamente fino alla rivelazione finale e sempre con quel tocco figlio degli insegnamenti lasciati dai grandi maestri della prima metà del novecento. Con Bianciotto l'horror si è fermato là, senza subire le influenze del post weird tales. Nelle sue opere non c'è traccia dei vari Ray Bradbury, Richard Matheson e Stephen King, per non parlare dello splatter-punk e via fino all'extreme horror e derivati. Non si parla dell'orrore nella vita di tutti i giorni, ma si lascia correre il sense of wonder verso l'orrore del folclore, delle leggende e delle tradizioni soprattutto est europee.

Corina – Incubo sul Mare rispecchia tutto questo, con una prima parte (un viaggio di calesse) che strizza l'occhiolino ai primi capitoli di Dracula (1897) sfiorando quasi il plagio, con tanto di protagonista avvocato ammonito dal cocchiere circa la presenza del “Male”. Il "nostro" si reca nella magione di un conte, suo vecchio compagno d'armi, richiamato dallo stesso in quanto caduto in disgrazia. Bianciotto introduce i rimandi storici a una guerra combattuta dai romeni in Bulgaria contro i turchi e incentra il tutto su un passato di orrori che sembrerebbero aver coinvolto persino il poeta latino Ovidio. Le celebri poesie d'amore dell'artista romano, infatti, non sarebbero state dedicate a Giulia, bensì a una creatura diabolica e usurpatrice che si comporta alla stregua di un'arrampicatrice sociale interessandosi alla dimensione spirituale degli uomini piuttosto che agli averi terreni. Villain di turno, infatti, è un'affascinante strega-vampiro che succhia l'energia vitale degli uomini, al fine di strappar loro l'anima e provocare in essi un inesorabile e accelerato invecchiamento fisico che porta all'insorgere di quelli che vengono valutati dagli uomini come disturbi psichici.

Dunque un racconto derivativo, un po' come tutta la produzione di Bianciotto che ha, in questa caratteristica, la sua croce e la sua delizia. È comunque evidente a tutti i veri intenditori che siamo al cospetto di uno scrittore dotato di grandissima classe. Bianciotto, lo avevamo già detto in occasione delle recensioni delle sue due “Trilogie dell'Incubo”, è tra i migliori scrittori horror italiani del fantastico che guardano alla tradizione gotica, eppure non lo conosce quasi nessuno. C'è poco di dilettantesco nelle sue storie, persino la forma è molto curata ed è al livello di firme internazionali. Le storie sono d'ambientazione passata, tra la prima metà del novecento e l'ottocento, e in esse trovano campo i grandi mostri esaltati dalla Hammer: vampiri, licantropi, fantasmi e streghe.

Come per Fausto Marchi, purtroppo, non è un autore adeguatamente distribuito e celebrato, difetto che lo relega nell'anonimato. Non più giovanissimo, infatti, non frequenta gruppi di appassionati horror e non mendica alla porta di quei cinque/sei editori indipendenti che fanno il genere in Italia, dettando il bello e il cattivo tempo, oltre chi si debba leggere e chi si debba ignorare (con lettori assuefatti che faticano a guardare oltre, verso editori ancora più piccoli), ma vi assicuro che questo è un cavallo vincente che, nel suo campo d'elezione, teme pochi e forse nessun collega di penna.

L'idea di aver provato la via dell'audio libro, peraltro in una versione sontuosa curata da Marcello Monti e Linda Gallotta per Ibbor Ob, è stata sicuramente un'ottima intuizione per cercare di smuovere dell'attenzione verso uno scrittore da valutare quanto meriterebbe.

Da non perdere per tutti gli amanti dell'orrore delle origini di cui Bianciotto è un magistrale prosecutore.

Qua potete ascoltare GRATUITAMENTE il racconto: https://www.youtube.com/watch?v=t55yPsW8-Bk

Recensione Narrativa: IL MANIERO DI SANGUE E LUSSURIA di Fausto Marchi.

Autore: Fausto Marchi.
Anno: 2024.
Genere:  Erotico / Gotico.
Editore: Susil Edizioni.
Pagine: 174.
Prezzo: 18.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Quarto romanzo dell'amico Fausto Marchi, già recensito e intervistato (https://giurista81.blogspot.com/2023/04/intervista-fausto-marchi.html) in occasione degli ottimi La Vestale di Dagon (https://giurista81.blogspot.com/2021/03/recensione-narrativa-la-vestale-di.html), Rime Gotiche (https://giurista81.blogspot.com/2021/07/recensione-narrativa-rime-gotiche-di.html) e Il Bacio del Crisantemo (https://giurista81.blogspot.com/2023/04/recensione-narrativa-il-bacio-del.html).

Il Maniero di Sangue e Lussuria è la sua “freschissima” ultima uscita, addirittura disponibile sul mercato solo da qualche giorno tanto che penso di aver l'onore di esser il primo a recensirlo.

Dopo aver omaggiato Howard P. Lovecraft e i pittori simbolisti, Marchi presenta il suo tributo a una delle sue altre grandi passioni: Frank Graegorius e la serie I Racconti di Dracula, i celebri racconti horror che uscivano nelle edicole negli anni sessanta e settanta. Intendiamoci però, onde evitare incomprensioni: il romanzo in questione non è un horror sovrannaturale con demoni, fantasmi o vampiri ultraterreni. Pur seguendo gli insegnamenti della narrativa neo-gotica, penso soprattutto a Vernon Lee (che l'autore dice di non aver mai letto, ma di cui presenta evidenti similitudini) o anche a Edgar Allan Poe (per la forte dimensione psicologica e disturbata dei personaggi, oltre per un finale che rimanda a The Fall of the House of Usher), è una storia costruita con uno sviluppo crescente e progressivo che parte dall'erotico per culminare in un delirio finale riconnesso al tema della reincarnazione e dei rituali satanici, ma al contempo potenzialmente ascrivibile a crudeli coincidenze che portano a un pazzesco equivoco di fondo. Lo schema narrativo ricorda molto gli erotici anni ottanta di Joe D'Amato (che avrebbe apprezzato non poco il testo), pur, a differenza di questi, beneficiando di un substrato di fondo curato e assai classico. Marchi analizza le psicologie dei personaggi, tutti raccolti come tradizione dei “Dracula” in una magione scozzese battuta dalle piogge e dispersa nelle brughiera in coincidenza del Samhain. All'interno di tale contesto, abbiamo un lotto di sei personaggi (due maschili e quattro femminili) libertini e schiavi di parafilie che, alla stregua di una tossicità da sostanze stupefacenti, ne condizionano le condotte. Si va dal vampirismo, passando per il feticismo, fino al classico rapporto master & slave, tra tradimenti e scambi di coppie, dove le unioni sono sia eterosessuali che saffiche. Ne viene fuori un testo ascrivibile al genere erotico, dove il fantastico – molto sfumato (sebbene si inneggi a Satana) - trapela nel finale in una ricostruzione alternativa a un caso di follia a due alimentata da coincidenze assai precise che potrebbero aver alimentato una follia latente (si noti come uno dei due personaggi in questione sia proprio una psicologa). Attenzione però a non cadere in inganno. Marchi guarda a romanzi quali La Donna Eterna (1978), La Donna che Venne dal Gelo (1969) e Il Castello delle Rose Nere (1965), tutti firmati da Libero Samale (con pseudonimi quali Frank Graegorius o Martin von Schatten), oltre a storie del crisma di Oke of Okehurst (“L'Amante Fantasma”, 1886) di Vernon Lee, per parlarci di un'ossessione legata al passato e stimolata da antichi quadri di antenati che riproducono una donna assassina, in tutto e per tutto uguale a una delle protagoniste della storia, che ha ucciso il marito per concedersi all'amore saffico e che, ora, a distanza di secoli, convinta di essersi reincarnata, attende il ritorno dell'amata. Proprio quest'ultimo racconto della Lee ha una fortissima correlazione col lavoro di Marchi, una considerazione – penso di poter dire – che dona lustro all'opera e la rende accattivante per chi abbia apprezzato una certa narrativa.

Il Maniero di Sangue e Lussuria è dunque un dramma erotico assai spinto (nei contenuti, ma non nel lessico) con le atmosfere, le scenografie e la gestione dei tempi tipica del racconto del terrore di fine ottocento. Il lessico è sufficientemente aulico, con un tocco leggero anche nelle scene crude (il finale è brutale) e in quelle erotiche, tanto che l'epilogo, pur nella sua mattanza, finisce per godere di una marcata componente romantica. Marchi è uno scrittore legato alle storie anni '60 e dunque non infettato dalla credenza (sbagliatissima) che per raccontare un erotico si debba ricorrere a un lessico esplicito e volgare. Ecco allora che lo vediamo descrivere i capi di vestiario, i reggicalze che compaiono sotto le gonne, ma anche dettagli dei rapporti sessuali con oggetti sostitutivi dell'organo maschile o posizioni che potrebbero far esultare un giocatore incallito del lotto.

Lo stile è accattivante, elegante, intriso di un particolare gusto retrò anche nei dialoghi e nel descrivere le cene e i piatti culinari (aspetto sempre presente nei romanzi dello scrittore romano).

Opera dunque imperdibile per chi abbia apprezzato gli horror erotici di Libero Samale, a cui Marchi regala un esplicito omaggio citando, in un dialogo, un titolo di un romanzo dello scrittore, ma anche per i cultori di Vernon Lee (a cui si deve anche il grandguignolesco finale) e di un erotismo miscelato alle storie dell'orrore sebbene qua, a parte bagni di sangue - che ricordano (per intenderci) lo stile della Bathory - e i continui rimandi a un passato ineluttabile che si ripresenta sotto la forma della reincarnazione, il sovrannaturale resta sfumato.

Presente qualche refusetto di scarsa rilevanza. Autore da scoprire, anche per i suoi precedenti romanzi. Penalizzato dalla scarsa distribuzione delle sue opere.

lunedì 2 settembre 2024

Recensione Narrativa: DELITTI BESTIALI di Patricia Highsmith.

Autore: Patricia Highsmith.
Titolo Originale: The Animal-Lover's Book of Beastly Murder.
Anno: 1975.
Genere:  Antologia Fantastico - Drammatico.
Editore: Sonzogno (1984).
Pagine: 234.
Prezzo: Fuori catalogo.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Volume minore di una delle principali maestre del thriller psicologico della seconda metà del novecento. Patricia Highsmith, americana trapiantata in Svizzera, è oggi ricordata soprattutto per il ciclo di cinque romanzi avviati da The Talented Mr Ripley (“Il Talento di Mr Ripley”, 1955), storie incentrate sulle vicissitudini del truffatore e omicida Tom Ripley, personaggio più volte apparso al cinema per l'interpretazione di attori quali Alain Delon, Dennis Hopper, John Malkovich e Matt Damon. 

 

L'AUTRICE 

Scrittrice complessata e cagionevole di salute, con un'infanzia molto difficile alle spalle che ne ha condizionato le relazioni da adulta, la Highsmith ha saputo trasfondere le proprie ossessioni nella letteratura trasmettendo ai posteri storie contraddistinte da un crisma autoriale. Concepita da genitori che si sono lasciati prima della sua nascita, tanto che la madre cercò di abortire ingerendo acquaragia, sviluppò una personalità antisociale che la indusse a isolarsi sempre più preferendo la compagnia degli animali a quella degli uomini. Alla domanda se "avesse mai paura" rispondeva sempre: "si, degli uomini". Misogina dichiarata, allevava lumache e amava in particolare i gatti, esternando una sensibilità inversamente proporzionale a quella espressa nei rapporti interpersonali. Fu definita "crudele" e "impossibile" da alcuni collaboratori. Anticonvenzionale, in polemica con le istituzioni e di gusti sessuali promiscui che la portarono, inizialmente, a rigettare la propria omosessualità salvo cedere in seguito alle inclinazioni naturali. Faticò sempre a mantenere rapporti sentimentali di lunga durata, cambiando di continuo partner. L'esordio in narrativa fu all'insegna del talento con Strangers on a Train (“Sconosciuti in Treno”, 1950) inizialmente non acclamato dal pubblico ma appoggiato dalla critica che lo premiò con una nomination all'Edgar Award per il “migliore romanzo d'esordio” (otterrà una seconda nomination con The Talented Mr Ripley). Le luci dei riflettori si intensificarono quando "sua maestà" Alfred Hitchcock, per appena 7.500 dollari, se ne aggiudicò i diritti per la trasposizione cinematografica. Pochi mesi dopo la pubblicazione del romanzo, vide così la luce il celebre Delitto per Delitto (1951) che, anni dopo, sarebbe stato omaggiato da Dario Argento col film tv Ti Piace Hitchcock? (2005)

Fin da subito apprezzata per la capacità di gestire trame intrise di suspense e per la cura nel delineare le psicologie dei delinquenti, per i quali nutriva una certa attrazione, ebbe la capacità di differenziarsi dai colleghi. La sua attenzione, più che sulla polizia e sulle indagini, si concentrava infatti sulla dimensione introspettiva dei cattivi in un'ottica che ribaltava il politicamente corretto tanto apprezzato dall'estabilishment editoriale americano in favore di una visione alternativa. Tra i suoi successi citiamo The Two Faces of January (“I Due Volti di Gennaio”, 1964) che venne premiato col silver dagger award. Famoso è inoltre il racconto breve The Snail Watcher (“L'Uomo che Guardava le Lumache”, 1964) poi omaggiato, nella sequenza di un omicidio, da Lucio Fulci nell'horror Aenigma (1986).

IL LIBRO

The Animal-Lover's Book of Beastly Murder è un'antologia che si avvicina ai temi trattati da quest'ultimo racconto. L'interesse e l'amore della Highsmith per gli animali sono risaputi, ritorneranno  in altre raccolte quali Tales of Natural and Unnatural Catastrophes (“Catastrofi più o meno Naturali”, 1987) e il trittico Dei Gatti e degli Uomini edito da Bompiani nel 2016.

La Highsmith pubblica il testo nel 1975, nel periodo in cui nei cinema furoreggia Jaws (“Lo Squalo”) di Steven Spielberg dall'omonimo romanzo di Benchley, il film che, pur preceduto da capolavori quali Tarantola (1955) di Jack Arnold e Gli Uccelli (1963) di Alfred Hitchcock, avvierà il sottofilone dei beast movie ovvero quei film dai contenuti horror incentrati su catene di uccisioni perpetrate da animali della più variegata specie. Su tali coordinate si orientano anche i tredici racconti proposti dalla scrittrice americana, senza tuttavia sposare la logica della caccia e dei tentativi umani di ripristinare la normalità. La scrittrice predilige, piuttosto, una concezione un po' antiquata e fiabesca. Le storie della Highsmith, infatti, giustificano le azioni degli animali dando vita a una serie di storie molto simili tra loro, dove sono pressoché costanti gli inneschi e i relativi sviluppi: la violenza perpetrata dagli umani a danno degli animali, l'umanizzazione degli animali che pensano e comprendono come se fossero individui veri e propri, lo sfruttamento degli animali, la ribellione dell'animale, la morte dell'oppressore e la conquista della felicità grazie all'incontro con la persona giusta con cui passare il resto della vita. Ne viene fuori un lotto di racconti che, individualmente, funzionano quasi tutti ma che, nel loro complesso, deludono per la mancata volontà dell'autrice di diversificare i soggetti. In altre parole, e per farmi comprendere, sembra di avere a che fare con soggetti sviluppati dall'intelligenza artificiale secondo il medesimo schema mentale. La Highsmith cambia le ambientazioni (si va dai deserti africani all'Europa, passando dalla città alla campagna e persino a escursioni a bordo di yacht), propone animali sempre diversi – con preferenza per i domestici – e affronta le varie declinazioni che coinvolgono gli stessi in virtù di un approccio realistico non lontano dalla vita di tutti i giorni. Così abbiamo animali rinchiusi nello zoo, altri impiegati in spettacoli circensi o in competizioni agonistiche, passando per allevamenti intensivi e allevamenti improvvisati. Insomma, c'è tutto lo spettro delle possibilità, ma sempre in un'ottica animalista che concede poco all'intreccio e mostra sempre l'animale nel ruolo di vittima che, alla fine, scoppia e si ribe8lla aggredendo "solo" chi li maltratta. Siamo dunque al cospetto di revenge stories per ragazzi, in alcuni casi crudeli e commoventi, dove la Highsmith non lesina in scene crude.

DETTAGLIO CON SPOILER

Tra le storie più riuscite vi è L'Ultimo Spettacolo di Ballerina che vede un elefantino, in passato ben trattato e coccolato dal suo addestratore (caratteristica anche di altri racconti), ribellarsi all'inciviltà degli ospiti dello zoo e soprattutto alla durezza del nuovo custode. Malinconico e poetico il finale (forse il più bello), con il ricongiungimento nell'aldilà (o è solo un'allucinazione?) col vecchio addestratore. Di gran lunga il racconto più commovente come lo è Condannato a Restare con Bubsy, che ne segue la struttura sostituendo all'elefantino un cane da compagnia ereditato dall'amante del padrone, un uomo che non vuole liberarsene per una questione di gelosia nonostante l'animale sia apprezzato e richiesto da chi saprebbe amarlo. Simile, ma con happy end, La Vendetta di Djemal dove abbiamo un cammello malmenato dal suo proprietario che cerca di far di tutto per vincere una corsa sulla lunga distanza in pieno deserto. Comune alle tre storie è lo sguardo nostalgico sul passato da parte di animali ormai vecchi e privati dei loro padroni più cari, ma in grado di ricordare e di comprendere quanto succede intorno a loro. Li vediamo subire soprusi, colpi e atti di violenza salvo poi ribellarsi al loro padrone fino a ucciderlo. Se la fuga dell'elefante dallo zoo viene accolta a colpi di fucile, il cammello e il cane ottengono quello che volevano, ma solo dopo un corpo a corpo in cui a perdere la vita sarà il loro aguzzino.

Perde la dimensione agrodolce, mantenendo la medesima intelaiatura In Piena Stagione dei Tartufi. Un maiale da tartufi, nel corso di una competizione, si scoccia di esser preso a calci e, soprattutto, di vedersi ogni volta sottratta la deliziosa merce quando sta per addentarla. Identico è Eddie e i Furti da Scimmia che strizza l'occhiolino a Poe (I Delitti della Rue Morgue), proponendo una buona prima parte in cui una scimmia viene impiegata per violare un'abitazione e aprire dall'interno la porta consendendo ai ladri di penetrarvi senza effazioni.  Una buona prima parte vanificata dalla seconda col solito conflitto tra l'animale e chi lo maltratta e sfrutta.

 

 

Seguono altre vie racconti come La Resa dei Conti, una vera e propria condanna delle pratiche irrispettose tipiche degli allevamenti intensivi di galline oppure Dalla Parte dei Criceti – probabilmente uno dei preferiti della Highsmith (faceva altrettanto con le lumache) – che vede un ragazzino allevare criceti tenendoli liberi nel giardino della propria abitazione di campagna, suscitando le ire del padre che sprofonda nelle infinite tane che crivellano il terreno dove vorrebbe scavare una piscina. Buono è altresì Il Cavallo Macchina, una storia crudele che beneficia del migliore intreccio thrilling (niente di elaborato). Un ragazzo intende attentare alla sicurezza della nonna al fine di accaparrarsi l'eredità inducendola a vendere la casa di campagna. Farà però male i conti, perdendo lui la vita e provocando la zoppia alla compagna a seguito della volontaria caduta del calesse da lui condotto in un fossato. Crudelissima la scena che porta alla morte di una gattina di quattro mesi con finale nel segno del motto "chi di spada ferisce di spada perisce". Buon intreccio anche per il più gore del lotto ovvero Il Topo più Coraggioso di Venezia che propone le avventure di un topolino torturato e mutilato dai ragazzini del posto, una sorta di torture porn ante litteram che culmina con la tremenda vendetta del topo consumata mesi dopo dall'antefatto. Penetrato all'interno dell'abitazione dei ragazzini, il ratto ucciderà a morsi un infante.

Struttura thrilling anche per La più Grossa Preda di Ming che vede un gatto sottrarsi ai continui tentativi di uccisione del compagno della proprietaria. Alla fine la spunterà il gatto, complice lo stato di ubriachezza dell'aggressore.

Tra i meno ispirati il ripetitivo La Corsa della Capra, Riflessioni di uno Scarafaggio e Harry il Furetto che prende la via del grandguignol (abbiamo un furetto vampiro) ponendosi a metà strada tra il racconto del gatto, quello del topo e quello dei criceti.


CONCLUSIONE

Una bella idea di fondo, peraltro uscita l'anno giusto sulla scia dei successi de Lo Squalo di Spielberg, non sfruttata dalla Highsmith. Anziché costruire soggetti accattivanti e strutturati su canovacci diversi, la scrittrice prende la via dell'umanizzazione degli animali proponendo troppe storie simili tra loro soffermandosi più sulla caratterizzazione psicologica dell'animale che sulla storia. Cambiano le ambientazioni, cambiano gli animali, ma il succo è sempre quello dando vita a un prodotto depotenziato rispetto alle possibilità insite nel progetto. Ci sono comunque dei racconti da segnalare ovvero L'Ultimo Spettacolo di Ballerina, Il Cavallo Macchina, Condannato a Restare con Bubsy, Dalla Parte dei Criceti, La Resa dei Conti e Il Topo più Coraggioso di Venezia che, a mio avviso, sono i migliori del lotto. Piacerà agli animalisti. Penso sia stata concepita per un pubblico di ragazzi in un'ottica di fiabe moderne che evidenziano la crudeltà del mondo verse le creature più indifese. Lontano dalle tradizionali storie della Highsmith. Ha avuto, a partire dal 1984, quattro edizioni in lingua italiana, l'ultima delle quali nel 1995.

 
Patricia Highsmith.