Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

martedì 19 marzo 2013

Recensione Saggi: EVOLA MAGICO (di Maurizio Maggioni)


Autore: Maurizio Maggioni.
Anno: 2010.
Edizioni: Il Foglio Letterario.
Genere: Saggio filosofico/esoterico.
Pagine: 138.
Prezzo: 15 euro.

Commento Matteo Mancini
Ho recuperato questo libro (un vero e proprio distillato di esoterismo) un anno e mezzo fa, senza conoscere Evola né, a maggior ragione, il suo pensiero, in occasione di una presentazione collettiva organizzata da Il Foglio Letterario a cui ero invitato in veste di “scrittore”. Fui attirato dalla passione dimostrata dall'autore sia durante la presentazione del libro sul palco, sia e soprattutto in occasione della chiacchierata successiva tra il sottoscritto e lo stesso durata quasi un'oretta.

Studioso eclettico e assai prolifico (specie nel campo esoterico/religioso/spiritualistico), Maurizio Maggioni offre con il suo saggio Evola Magico, edito da Il Foglio Letterario di Piombino, una visione dettagliata e ricca di riferimenti bibliografici dell'opera esoterica data alle stampe da Julius Evola nel 1932 intitolata Maschera e Volto dello Spiritualismo Contemporaneo. In altre parole siamo alle prese con un saggio che si propone di spiegare un altro saggio.
Il volume non è di facilissima lettura, poiché Maggioni tende a dare per scontate una serie di conoscenze sia culturali che terminologiche che un lettore medio di certo non possiede. Ne deriva un testo di nicchia, sia soprattutto per l'argomento trattato ma anche per il lessico scelto. Nonostante il limite appena accennato, con un po' di attenzione e dedicando più di una lettura è possibile comprendere la ragione dell'opera e scendere con curiosità e interesse in uno studio della stessa.

Artista a tutto tondo (è stato poeta, alpinista nonché pittore ricordato come il maggior rappresentante del Dadaismo italiano, definito altresì il più potente dialettico d'Europa con la passione per le frecciate umoristiche) e grande esperto della produzione narrativa di Gustav Meyrink (ha curato le traduzioni italiane di vari romanzi importandoli così per la prima volta nella nostra penisola, un titolo su tutti: Il Golem), Evola viene oggi ricordato per le sue estreme visioni politiche (era un filofascista anche se ebbe non pochi scontri col regime, come rammenta lo studioso Massimo Scaligero che lo ricorda come il più audace contestatore dell'ideale di cultura del regime che continuava imperterrito ad attaccare nonostante intorno a lui si fosse creato il vuoto) che ne hanno comportato l'esilio dal panorama culturale nostrano riducendo la sua opera in un alveo dove solo i seguaci ovvero i ricercatori di pensieri difformi dai canoni precostituiti imposti dalla società contemporanea potrebbero trovarla.
Se è vero quanto detto, Evola è stato soprattutto un filosofo multidisciplinare, capace di estrarre principi dal buddhismo e dall'induismo per miscelarli con altri propri della tradizione pagana occidentale e dar vita a una visione propria (talvolta illuminante, talaltra pericolosa per le sue derive razziali sebbene di matrice spirituale piuttosto che biologica) trasposta in una serie di saggi. È stato altresì un grosso esperto e praticante di esoterismo, lontano dal fini tipici del mondo commerciale e alla perenne ricerca della via per agevolare l'uomo nella lotta contro il Kali Yuga ovvero la fagocitante epoca oscura dominata dal materialismo che castra i valori delle antiche civiltà tradizionali e in cui l'ordine cede il passo al caos, il sacro al materialismo, l'uomo all'animale e in cui dilaga senza freno la demonia delle masse e del sesso in un'età senza luce, senza pietà e senza amore e benedetta da un falso misticismo (frutto del vuoto spirituale provocato dal razionalismo e dalla squallida visione materialistico-positivista dell'uomo) che mescola confusioni spiritualistiche con sensualità materialistiche con la conseguenza di rendere irriconoscibile in maggior misura il vero sovrannaturale.

Maggioni addentra così il lettore nella fatica di Evola andando a spiegare il senso dell'opera. Proprio per effetto della confusione sopraccennata, Evola si propone di dare al lettore una guida critica al mondo esoterico per metterlo in guardia da falsi cammini iniziatici ovvero da erronei riti ascetici (definiti appunto la maschera dello spiritualismo contrapposti al vero volto dello stesso).

Nucleo centrale dell'opera evoliana è il concetto della Tradizione Solare Primordiale e dei culti stellari. In altri termini, Evola sostiene che oltre ogni tradizione o religione giunta a noi ci sarebbe un antichissimo nucleo comune di sapere metafisico di carattere esoterico, elitario, pagano, eroico e olimpico di origine ario-noridca, risalente ai tempi del Diluvio Universale, fonte di verità per ogni religione, cultura e filosofia. Tutto ciò che è venuto dopo, nel migliore dei casi, sarebbe un'involuzione della Tradizione di partenza. Solo questa tradizione (e non, a esempio, la cattolica, in quanto derivativa e contaminata verso il basso, ovvero le correnti neo-spirituali) sarebbe in grado di consentire un autotrascendimento ascendente verso la supercoscienza che permetta di dar vita a uomini capaci di affermarsi gerarchicamente sugli uomini bestiali (ovvero i materialisti).
Evola specifica che sia il Cristianesimo (criticato per il suo messaggio di una salvezza remissiva, disperata e tragica in perfetta antitesi con l'atteggiamento guerriero ed eroico dell'uomo stellare di evoliana memoria) che la dottrina degli esoteristi ed ermetisti cristiani sarebbero in errore nel non attribuire alla Tradizione Solare (ma rispettivamente a quella Cattolica consegnata da Dio ad Adamo e a quella esoterica giudaico-cristiana di marca cabalistica) il ruolo di Tradizione Perenne Generale.
Evola sottolinea inoltre che esisterebbero due forme di cattolicesimo: quello esoterico (visto con simpatia dal filosofo in quanto caratterizzato da elementi metafisici e simboli di carattere intertradizionale mutuati dalla Tradizione Solare e idonei a indicare la via verso la trascendenza all'eletto anche se per poterla percorrere lo stesso dovrà andare oltre il cattolicesimo per imboccare la tradizione universale per permettere alla fede di integrarsi in una realizzazione metafisica) e quello “volgare pratico” penalizzato da un approccio profano ed essoterico depauperato da ogni sacralità.

A cadere sotto la mannaia del filosofo sono in molti a partire dal falso spiritualismo, dal teosofismo di madame Blavatsky e dall'antroposofismo di Rudolf Steiner(comunque aventi il merito di cercare di andare oltre al materialismo), accusati di avere addirittura un carattere regressivo in quanto strutturati attorno a illusioni discendenti (frutto degli stati di trance o ipnosi dei medium, che pertanto si rivelano organi passivi per la manifestazione di influenze di varia natura ovvero si rivelano il risultato di deliri frutto di stati psichici alterati). Il vero spiritualismo luminoso, spiega Evola, è una via aperta a esperienze che trasformano la coscienza ordinaria in supercoscienza, in modo da integrare (e non alterare) i principi che costituiscono l'essenza della personalità, e che presuppongono un comportamento attivo ed eroico nonché una volontà di ascesi.

Condanna analoga viene riservata al Satanismo moderno, anche qua di natura discendente in quanto spesso associato a pratiche di invasamento collettivo, a cui si aggiunge poi il rimprovero di essere una sorta di paganesimo desacralizzato e profano orientato a volgari e perversi piaceri materiali piuttosto che a finalità spirituali di tipo tradizionale e occulto. Evola inoltre stigmatizza e condanna tali pratiche vedendo in esse un pericolo per l'ordine delle forme tradizionali (nonché per l'ordine pubblico) minacciate dalla natura informe che potrebbe essere liberata dalle evocazioni demoniache.
Infine, prendendo spunto dalla religione indù, il filosofo esprime un'opinione di superamento del concetto dualistico di un essere malvagio (Satana) contrapposto a un Dio benevolo, proponendo un supremo principio in cui abbiamo un Dio Supremo che incarna le due polarità finendo il medesimo Satana per divenire una diversa faccia di Dio.
Un discorso a parte viene riservato al mago Aleister Crowley (e alla religione libertina Thelma dallo stesso fondata), il quale riceve un giudizio meno duro da parte di Evola che gli riconosce il merito di discostarsi nettamente dal satanismo (Crowley accusa il cristianesimo di essere una dottrina sessuofobica che condanna il piacere dei sensi e l'affermazione completa dell'essere umano, per tale ragione e per sottolineare il proprio disprezzo verso la religione in questione adottò provocatoriamente il soprannome di Grande Bestia) e di aver dato vita a una serie di studi iniziatici che prendevano in riferimento tradizioni esoteriche come la Kabbalah e substrati di stampo ermetico/pagano.
Evola apprezza alcuni passaggi della dottrina di Crowley, come l'importanza della ricerca disciplinata ed eticamente rigorosa della coscienza insita nell'individuo, ma avverte che essa proprio perché è qualcosa di più serio del satanismo moderno è un qualcosa di molto più pericoloso (alcuni seguaci di Crowley finirono suicidi o ricoverati in manicomio a causa delle esperienze estreme cui andarono incontro).
Il thelma è così una dottrina (basata sull'amore sacro sessuale, finalizzato non alla lussuria ma a condurre faccia a faccia con gli Dei, costituito da speciali esperienze erotiche da estendere fino a un estremo compatibile col potere di continuare a vivere) che impone una rigorosa condotta di autodisciplina e di autocontrollo per restringere la libertà allo scopo di adempiere alla propria vera volontà. Crowley sosteneva che solo chi giunge a scoprire la sua vera Volontà e a realizzarla nei fatti da solo deve essere considerato uomo, mentre chi non mira a tanto si deve considerare un uomo volgare nonché uno schiavo in senso interiore.

In ultima analisi, Evola affronta il tema della magia in un capitolo dove parla di vari occultisti: Gurdjieff, Kremmerz, Lèvi e Meyrink.

Gurdjieff
insegnò un possibile sviluppo interiore dell'essere umano basato su tecniche psicofisiche aventi lo scopo di permettere all'adepto di superare gli automatismi psicologici ed esistenziali propri della vita ordinaria e permettergli così di fare emergere le potenzialità latenti e destarsi dallo stato di “sonno da sveglio”. “L'uomo è solo una macchina mossa da automatismi. Il primo passo verso il risveglio è quello di rendersi conto di questo stato psichico passivo”.
La dottrina di Gurdjieff considera l'essere umano composto da una dualità costituita da persona (cioè il corpo e la mente) ed essenza (di provenienza stellare ed eterna, molto vicina al concetto cristiano di anima). Tali caratteri possono essere più o meno sviluppati da soggetto a soggetto, al punto che vi potrebbero anche essere uomini vivi ma già morti nell'essenza. Orbene la chiave per raggiungere il risveglio interiore starebbe nel trasferire il centro del proprio essere dalla persona all'essenza. Proprio lo sviluppo dell'essenza sarebbe così la condizione per vincere la morte.
Ecco che si arriva al concetto di corpo astrale, cioè un corpo da creare attraverso un'opera di cristallizzazione degli elementi del proprio essere, necessario per dare un'effettiva immortalità all'anima dell'essere umano risvegliatosi e permettergli di non morire morendo (Lèvi invece sosteneva che solo l'uomo sveglio, cioè il mago, può porre fine alla ciclica serie di vite cui vanno incontro le anime dei trapassati che non si sono svegliati costringendoli a incarnarsi ogni volta in una nuova vita).

Meyrink, dal canto suo, affermava che chi non impara a vedere già in vita, non imparerà nell'aldilà e diverrà una sorte di fantasma. L'immortalità della personalità si raggiunge solo con il risveglio come crescenza interiore oltre la soglia della morte.

Kremmerz specifica quindi che, quando muore, l'iniziato (cioè l'uomo completamente sveglio, colui che sa trasportare tutta la sua personalità negli elementi superiori, ovvero nel corpo solare) emette non più uno spirito informe bensì uno spirito modellato su un alter-ego eterno e indistruttibile, dotato di determinate potenze che costituiscono l'integrazione di quelle che fanno apparizione germinale nell'uomo mortale.
Chi, invece, tutto riporta alla vita materiale si dissolverà completamente con il suo cadavere, colui che invece adotterà un atteggiamento medio si reincarnerà di nuovo.

Lèvi invece sottolineava l'importanza della liberazione interiore dai bisogni e dell'esercitarsi a saper usare ogni cosa e ad astenersi da tutto secondo la propria volontà, perché il compito e la chiave di ogni potere si trovano nella formazione di un agente extra-naturale.

Da tali impostazioni deriva la massima secondo cui al di sopra dell'uomo risvegliato non vi è nessun Dio (il Dio di natura cristiana, a detta di questi esoteristi, sarebbe solo uno stato a cui evolvere e non una divinità superiore e ben distinta) e la consequenziale critica alla cecità dell'uomo religioso il quale, sempre a detta di tali studiosi, si para davanti una barriera che non osa scavalcare e finisce per creare un'immagine per adorarla anziché trasformarsi in essa, finendo così per non svilupparsi.

Evola chiude così augurandosi un recupero di quella Tradizione Solare Primordiale a suo avviso fonte di ogni cosa e da preservare al cospetto dell'azione nefasta delle nuove conoscenze, giudicate quali trappole idonee a sviare i pochi risvegliati dal percorso necessario per andare oltre la condizione normale della personalità umana.

Dunque l'opera di Maurizio Maggioni si segnala come un saggio interessante, ricco di spunti capaci di far riflettere il lettore non avvezzo a certe materie e di indurre invece allo studio gli appassionati, con il merito di destare una certa curiosità attorno a un personaggio osteggiato per i suoi trascorsi politici e relegato in una dimensione marginale sebbene fosse stimato da filosofi del calibro di Croce e annoverato, da molti, tra i tre migliori filosofi italiani del secolo scorso. Una lettura sicuramente consigliata anche se non di facile approccio sia per il contenuto dissacrante, sia per le tematiche non certo agevoli per chi è sprovvisto di certe basi.

Citando un passaggio del libro chiudo con una frase di Evola quanto mai appropriata in tale ambito:
Ps: "Il segreto sugli insegnamenti magico-iniziatici è necessario a causa della pericolosità di certi insegnamenti esoterici, anche se in questi casi scatta un'autoprotezione da intendersi nel senso che chiunque sia privo della dovuta qualificazione iniziatica non avrà alcun successo con simili tecniche magiche, mentre chi è stato qualificato e addestrato alla bisogna riesce ad affrontare i possibili pericoli rappresentati da invasamenti, possessioni demoniache o sbarramenti da parte dei guardiani delle soglie."

Recensione Saggi: ZEMAN. UN MARZIANO A ROMA (Giuseppe Sansonna)


Autore: Giuseppe Sansonna.
Anno: 2012.
Edizioni: Edizioni Minimum.
Genere: Saggio Sportivo.
Pagine: 78.
Prezzo: 5 euro.

Commento Matteo Mancini
Dopo l'ottimo Il Ritorno di Zeman, lo scrittore Giuseppe Sansonna prende al balzo l'occasione offerta dal ritorno del tecnico boemo sulla panchina romanista per realizzare un secondo volume dedicato a questa granitica ma affascinante figura.

Appassionato di cinema nonché regista, Sansonna unisce ancora una volta i suoi amori con la letteratura dando vita a un'opera tanto breve quanto spassosa, a metà strada tra il saggio e il racconto. Il punto di forza del prodotto ricade sullo stile da scrittore creativo preferito a un taglio storico/giornalistico. Del resto l'intenzione dell'autore appare palese fin dal titolo adottato, Un Marziano a Roma, che fa il verso a una commedia teatrale di Flaiano in cui un alieno giunge nella capitale destando curiosità e sensazione. Così Sansonna crea pathos e impreziosisce le avventure del suo mito di una patina epica, enfatizzata dalla ricerca di periodi che non possono non far presa sul lettore. Eccelsa la caratterizzazione di Zeman che viene presentato come impassibile a qualsiasi influenza esterna al punto da non modificare espressioni facciali né subire alterazioni fisiche dovute al caldo o al freddo (ostenta un metabolismo da rettile dice Sansonna), disinteressato al denaro e con il solo obiettivo di fare spettacolo pulito da offrire sottoforma di emozione a un pubblico in cerca di divertimento.

"Se si gioca solo per se stessi, per il risultato, senza tenere conto di pubblico, meglio giocare a porte chiuse. Poi si da risultato al pubblico dopo, magari con comunicato stampa" la frase che sintetizza bene la filosofia del mister.

"Zeman era già ammantato dall'aura di duro e puro, era un giovanotto educato e naif, un po' allampanato, che sembrava atterrato da un altro pianeta. Rispettoso con tutti, dalle testate più potenti alle radio condominiali." Come ebbe modo di dire il suo storico preparatore atletico: "E' come un angelo asessuato, pieno di carisma". Meno colorito ma comunque esaustivo invece il presidente della Roma dell'ultimo scudetto, Sensi: "Zeman è un atipico, che non ha flessibilità tecnica né politica. Gli sono vicino sul piano umano, non posso esserlo su altri piani".

Il nucleo centrale del volume è dedicato al ritiro romanista dell'estate 2012 (l'autore è presente sul posto insieme alla squadra e rivela alcuni dietro le quinte), con Zeman di ritorno nella città capitolina dopo l'esilio avvenuto per le denunce doping e la lenta risalita iniziata dal campo del Foggia con una squadra allestita con 10.000 euro e proseguita con l'entusiasmante galoppata del Pescara dei talenti fino alla vittoria del torneo cadetto.

Sansonna condisce il tutto con aneddoti passati propri della prima avvenutura romanista di Zeman. Parla della sua abitudine di divorare migliaia di DVD per scoprire potenziali campioni in erba da plasmare e adattare al suo 4-3-3.
Viene poi risercato largo spazio ai siparietti con Totti (di cui Sansonna svela anche qualche curiosità personale), alle scommesse vinte da uno Zeman che si tuffa e nuota in piscina contro ogni pronostico, o alle scomparse improvvise del mister la domenica prima della partita per essere poi trovato davanti a una tv ad ammirare una manche di discesa libera per deliziare la sua sete di sport.

Non mancano inoltre aneddoti legati all'esperienza messinese del mister, quando teneva in panca Totò Schillaci avendo contro tutta la piazza ma contribuendo a farlo maturare in modo decisivo, così come è presente un piccolo ricordo al portiere storico di Zeman Franco Mancini. "Per me era il portiere ideale" confessa il mister; "Questo Mancini lo parava" è il refrain che il boemo bisbiglia a se stesso, a mezza voce. lo ha sempre detto a tutti i portieri che ha allenato.

Così tra freddure di britannica memoria, scaramanzie e glaciali spavalderie, condite dall'amore degli sportivi alla ricerca dello spettacolo, Sansonna narra il tutto con brio in modo divertente e divertito regalando ai fan dell'allenatore una piccola perla purtroppo limitata nella sua estensione.

Da avere se si ama il mister.

Chiudo riportando un bel passaggio del libro. "Antieroe kafkiano, schiacciato dal palazzo, accostato al solito abusato Don Chisciotte. Zeman incarna il riscatto di un popolo vessato, geneticamente abituato a subire le vessazioni del Nord ricco, industriale, prepotente.
La sua è una rivincita sognante, anche se il sogno non si avvera quasi mai in una sorta di dolente mistica tipica dell'eterno sconfitto, perennemente avvolto dalla sensazione che avrebbe potuto e dovuto vincere sempre, in un mondo ideale. Che tanta bellezza, tanta mole spumeggiante di gioco meritava migliore sorte. Se non ci si fossero messi di mezzo il destino cinico e baro, i poteri occulti e le forze del male".


giovedì 14 marzo 2013

Anteprima del cortometraggio DEEP SHOCK per la regia di Davide Melini


Regia e Sceneggiatura: Davide Melini.
Anno di uscita: 2013/14.
Produzione: Fabel Aguilera e Davide Melini, in collaborazione con la produzione "Kai Visualutions" di Marta Pavón.
Fotografia: José Antonio Crespillo .
Musiche: Visioni Gotiche.
Interpreti principali: in fase di casting.
Genere: Thriller/Horror.

Commento Matteo Mancini
L'amico romano Davide Melini, ex assistente di Dario Argento nell'horror La Terza Madre (2007) e ormai trapiantato in Spagna da anni, è pronto per tornare in campo con un nuovo avvincente cortometraggio. Al grido "Il suo peggiore incubo é diventato realtá", frase di lancio dell'opera, Melini sembra avere l'intenzione di "tarantinizzarsi" andando a produrre e dirigere il film che più di tutti segna il suo tributo alla produzione cinematografica nostrana.

Dopo aver diretto lo spartano "The Puzzle" e il gioiellino "La Dolce Mano della Rosa Bianca", quest'ultimo peraltro recensito sulle pagine di questo blog, con "Deep Shock" il regista irrompe direttamente e a piene mani nel cinema di genere italiano. Il proposito, del resto, appare subito palese sia dando uno sguardo alla locandina dall'innegabile gusto retrò realizzata dalla spagnola Cristina Gómez Rosales, sia dalla scelta del titolo che lascia echeggiarre nella memoria titoli di cult che oggi sembrano appartenere a un'epoca perduta del nostro cinema. Nel primo caso la semplice visione della locandina del film rispolvera dai reconditi angoli del cervello squarci di sequenze proprie di film come "La Casa con la Scala nel Buio" diretto nel 1983 da Lamberto Bava, ovvero rimanda all'occhio insanguinato tenuto adagiato sul palmo di una mano caratteristico del famoso gong fu movie prodotto nel 1972 dagli Shaw Bros, caro peraltro a Quentin Tarantino che ne riprese il suono della sirena per "Kill Bill", che risponde al titolo "Cinque Dita di Violenza".
Per quel che concerne il titolo "Deep Shock" i collegamenti vanno a quel "Deep Red", da noi Profondo Rosso, diamante di punta della filmografia argentiana e a "Shock" horror con cui il maestro del thriller e dell'horror europeo Mario Bava ha chiuso la carriera nel mondo del cinema nel 1977.

E' proprio ai due principali registi del thriller onirico nostrano che Melini vuole tributare la propria passione e il proprio entusiasmo, andando a intessere un progetto, dalla forta impronta ispanica ma dai contenuti tipicamente italiani, incentrato sulla paura e sulla tensione. Come non ricordare, al riguardo, le storiche collaborazioni con i produttori spagnoli che tanta fortuna fecero con il nostro cinema dallo spaghetti-western e al Macaroni Combat.

L'occasione viene benedetta dall'imminente cinquantesimo anniversario della nascita del giallo all'italiana. Nel 1963, infatti, Mario Bava girava il più hitchcockiano dei suoi film, cioè "La Ragazza che Sapeva Troppo", omaggio a "Vertigo" (1958) di Alfred Hitchcock, uscito in Italia col titolo "La Donna che Visse due Volte". A questo film fece seguito "Sei Donne per l'Assassino" sempre diretto da Mario Bava che, nell'occasione, andò a modificare le caratteristiche tipiche del giallo tedesco, il c.d. krimi, per tratteggiare gli stilemi di un nuove genere il cui testimone sarebbe poi stato raccolto soprattutto da Dario Argento e Lucio Fulci con assassini vestiti con impermabile scuro, cappello e guanti neri e strizzatine d'occhio a un erotismo malato.

L'idea dunque di Melini é quella di ricreare la magia di alcuni film anni '60 e '70, usando peró la nuova tecnologia.

Ecco quindi che il soggetto di Deep Shock pone al centro della vicenda una giovane ragazza traumatizzata dalla morte prematura della sorella e del nonno. Torturata da notti caratterizzate dall'insonnia e da incubi vissuti quasi a occhi aperti, la protagonista si troverà suo malgrado fagocitata da viaggi mentali in cui bizzarre apparizioni e truculenti omicidi la getteranno sempre più in un panico sospeso tra incubo e realtà.

Una sinossi che porta la produzione a spingere il prodotto con lo slogan "il giallo italiano è pronto a fare il suo ritorno" ed è una promessa che lascia ben sperare soprattutto per merito dell'ottima performance ottenuta da Melini con "La Dolce Mano della Rosa Bianca", cortometraggio apprezzato e premiato a livello intercontinentale.

Ormai giunto al termine della pre-produzione avviata il 21 novembre ultimo scorso, le riprese di Deep Shock sono in rampa di lancio e avranno luogo in quel di Màlaga con l'appoggio e l'interesse di ben tre istituzioni: la "IAJ - Instituto Andaluz de la Juventud" presiduta da Soraya García Mesa, la "Deputazione di Málaga" e il comune di Casabermeja nella persona del sindaco Antonio Domínguez Durán. L'occasione è l'ennesima dimostrazione per sottolineare come le istituzioni spagnole siano assai più sensibili delle nostre nel promuovere pellicole di genere che, a mio avviso e come dimostrato dalla produzione italiana dei tempi d'oro, sono il vero sale della cinematografia nonché il campo prediletto per le sperimentazioni tecnico/artistiche.

A giorni sarà disponibile il primo teaser ufficiale del progetto che sarà inserito in una piattaforma di crowdfunding; nell'attesa non mi resta che fare i miei migliori auguri di buon lavoro all'amico Davide Melini, certo che saprà regalare un prodotto gustoso per i nostalgici del cinema che fu e non solo.

Prossimamente nuovi aggiornamenti...








mercoledì 13 marzo 2013

Recensione narrativa: Il Mago (William Somerset Maugham)


Autore: William Somerset Maugham.
Anno: 1908.
Edizioni: Newton.
Genere: Horror esoterico.
Pagine: 190
Prezzo: 1 euro.

Commento Matteo Mancini
Romanzo estemporaneo nella produzione narrativa del drammaturgo francese di origine inglese William Somerset Maugham. Pubblicato per la prima volta nel 1908, The Magician è una delle opere minori dello scrittore, ma non per questo meno note tanto che già nel 1926 era stata trasposta su pellicola per la regia di Rex Ingram.

Le indubbie qualità di Maugham emergono nettamente, piuttosto che nell'intreccio, nella sconfinata abilità nel tracciare le caratterizzazioni dei personaggi coinvolti nella vicenda. Sono proprio le sfaccettature dei protagonisti e soprattutto i calibrati dialoghi a fare la differenza per una storia che può tranquillamente inserirsi nel filone dei racconti e dei romanzi fantastici degni di una penna della scuola Golden Dawn (il riferimento va ai vari Arthur Machen, Algernon Blackwood, Conan Doyle e compagnia). Non è infatti un caso se il principale ispiratore del romanzo è quel Aleister Crowley, scheggia impazzita dell'ordine esoterico citato, conosciuto tutt'oggi come uno dei principali occultisti del novecento. Conosciuto personalmente da Maugham, Crowley altro non è che la base ispiratrice dell'antagonista del romanzo ovvero il mago Oliver Haddo.

Così Maugham intesse una storia che potremmo definire una tragedia sentimentale dominata dalla passione e dal romanticismo, ma anche dall'inganno e dalla gelosia, e filtrata dalla lente della magia e della psicologia antesignana ai "numeri" spettacolari compiuti dagli odierni "mentalisti".

Tutto ruota attorno alla losca e affascinante figura del mago Oliver Haddo, un'illusionista alchemico che vuole ergersi a Dio vivendo nel sogno di creare degli esseri viventi dalle forme umane i c.d. homunculi.

Presentato come un sagace e stravagante manipolatore di menti nonché esperto di letteratura e pittura, Haddo si caratterizza per una mole spaventosa, ricoperto da strati di grasso che lo rendono impacciato nei movimenti ma non a sufficienza per frenarlo dal compiere imprese all'apparenza impossibili (come uccidere fiere feroci in piena Savana, resistere al veleno di serpenti letali, sedurre donne dalla bellezza disarmante, mettere in fuga animali con il semplice contatto di una mano, apparire in modo furtivo senza destare attenzioni) o per portarlo a irridere il prossimo con una tagliente ironia funzionale a essere letta su più livelli. In un passaggio dirà: "Non avrò vissuto invano se riuscirò a insegnarle che lo stiletto dell'ironia è uno strumento più efficace del manganello dell'insolenza."

Contrapposto al mago troviamo il razionale e impassibile chirurgo Arthur Burdon, un uomo di mezza età sprovvisto di umorismo che ritiene la magia e l'alchimia una cialtroneria messa in piedi da abili millantatori. Atteggiamento che porterà il vanitoso e pomposo Haddo ad odiarlo, al punto da mettere in scena un piano diabolico di estrema crudeltà. I due dimostreranno di avere solo una cosa in comune: il coraggio.
A fungere da ago della bilancia della contesa è una giovane donna appassionata d'arte promessa sposa del chirurgo, ma che finirà con lo sposare il mago in quanto ipnotizzata e piegata mentalmente dal carisma dello stesso. Spinta in una spirale di perversione fatta di gioco d'azzardo e volgarità varie, la giovane respingerà il chirurgo fino alle estreme conseguenze finali anche perché schiava della potenza del marito capace di evocare mondi infernali e di avvelenarle il subinconscio in virtù delle proprie capacità mentali. Al riguardo è di impressionante bellezza onirico/estoerica un passaggio inserito da Maugham a metà romanzo che pare estratto da un'opera degna della firma di Arthur Machen, con tanto di alberi di cabalistica memoria e il dio Pan intento a suonare il flauto assumendo pose blasfeme al cospetto di dannati dispersi in lande desertiche.

Accanto ai due troviamo due personaggi secondari: un dottore che si pone a metà strada tra il mago e il chirurgo e che aiuterà quest'ultimo a evocare degli spiriti; e la dama di compagnia della promessa sposa del chirurgo che finirà per innamorarsi di quest'ultimo.

Questi i temi principali, conditi da stralci estrapolati da manuali di alchimia, kabbalah ed esoterismo, che hanno un epilogo in un finale pirotecnico in puro stile horror/gotico.

Esaltato da una prima metà parte di eccezionale qualità da cui è possibile estrarre persino molteplici aforismi, il romanzo, a parte il bellissimo capitolo conclusivo (abbiamo una villa in cui i protagonisti penetrano quasi come fosse una scatola cinese, passando di stanza in stanza senza che vi siano corridoi), paga una seconda parte molto lenta che appesantisce il ritmo.

In definitiva siamo alle prese con un romanzo in cui dominano le caratterizzazioni dei personaggi rispetto alla storia che rimane secondaria (in sintesi si tratta del "furto di donna" messo in atto per vendetta da un uomo a danno dell'altro), e che sarà particolarmente gradito agli amanti dei testi con forte impronta esoterica e a coloro che invece privilegiano storie dal taglio classico. Non indicato a chi cerca horror densi di azione o con taglio investigativo.