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domenica 11 aprile 2021

Recensione Narrativa: BUCKNER J. GRIMES - IL TORNADO DEL TEXAS di Robert Ervin Howard.


Autore: Robert Ervin Howard.
Anno: 1936.
Genere: Antologia Western.
Editore: Providence Press, 2018.    
Pagine: 112.
Prezzo: 12,90 euro.


A cura di Matteo Mancini. 

Dopo Sfida al Canyon Infernale, uscita nel 2014 per Fratini Editori qu in passato recensita, ecco la seconda raccolta western sul mercato italiano realizzata pescando dalla sterminata produzione dello scrittore texano Robert E. Howard. La propone il duo bolognese Calvitti-Ortolani, della Providence Press, che ha deciso di raccogliere il breve ciclo del pistolero combina guai Buckner J. Grimes, così da saggiare il palato dei lettori. Purtroppo, o per fortuna, il volume, pubblicato in serie limitata, è destinato a diventare da collezione. Sembra infatti che le copie siano esaurite e che non sia programmata una ristampa.

Famoso soprattutto per essere ideatore di personaggi come Conan il Barbaro o lo spadaccino puritano Solomon Kane, ma anche quale autore di narrativa del terrore che ha fatto la fortuna della rivista pulp Weird Tales, Howard ha scritto di tutto, specificando all'amico di penna Howard P. Lovecraft, qualche mese prima di suicidarsi, che avrebbe indirizzato ogni suo sforzo futuro sulla narrativa western.

Le storie western del texano, caratterizzate da azione, scazzottate, sparatorie e dialoghi fumettistici tanto da poter esser reputate delle antesignane dello spaghetti western (piuttosto che del western cinematografico americano), sono ai giorni d'oggi meno richieste sul mercato rispetto alla narrativa fantastica, ma non per questo si può pensare di trascurarle. Il trittico scelto dalla Providence Press, impreziosito da un weird western di Otis A. Kline (il manager di Howard) che poi si scoprirà essere una fandonia raccontata da un viaggiatore di un treno a un appassionato di romanzi, è tutto incentrato su Buckner J. Grimes. Si tratta di uno degli ultimi personaggi ideati da Howard, ancora piuttosto abbozzato nella caratterizzazione con uno sviluppo del personaggio, probabilmente, in divenire. Appena tre le storie che compongono la serie, due delle quali - Knife-Rivel Prodigal (Il Prodigio di Knife River) e A Man-Eating Jeopard (Il Jeopardo Mangiauomini) - strettamente correlate, non tanto per essere uscite rispettivamente nel 1937 e nel 1936 su Cowboy Stories, ma per il mostrare il protagonista durante il suo viaggio, in sella cavallo del fratello, dal Texas alla California. Scapestrato, un po' Trinità di Terence Hill, Buckner viene buttato fuori di casa dal padre (di cui lui ricorda sempre le massime), perché non ne può più delle sparatorie e delle scazzottate in cui il figlio è spesso coinvolto. A differenza di altri personaggi di Howard, Buckner non è di mole ciclopica, ma è tremendamente veloce con la pistola (porta due calibro 45 nel cinturone, oltre l'inseparabile bowie) e potente nello sferrare i pugni. Cavaliere verso le donne oltre che di indole buona e di volto onesto, finisce per trovarsi in risse e regolamenti di conti giostrati da bande di manigoldi e prepotenti che lui sembra attrarre con una certa predilezione (“ho giusto buttato le bottiglie in disparte, e che ci potevo fare se si sono tutte spaccate proprio addosso alla porta del retrobottega?”). Nella prima storia libera un paese dall'azione di una banda di bulli, trovandosi eletto sceriffo dopo aver prima oziato con la banda stessa. Un ruolo che però non vuol ricoprire, un po' come molti dei personaggi dei futuri film western, perché “pa' gli ha detto che deve raggiungere la California” e lui non può disobbedire. Nella seconda storia, sempre in viaggio verso l'indicata destinazione, si trova a fare il terzo incomodo in un paese conteso da due bande. No, niente a che fare con il Clint Eastwood de Per un Pugno di Dollari, Buckner è troppo onesto per fare il doppio gioco. Sceglie il bene (o il meno peggio) e lo fa per mero altruismo, senza utilità o tornaconti. Il Jeopardo Mangiauomoni è un testo più articolato, l'unico a esser uscito quando Howard era ancora in vita, che si conclude in modo simile al primo episodio, Buckner non può restare specie in un posto dove non si apprezza l'arte (il riferimento va a un suo disegno di un leopardo scambiato dal cattivo di turno per una puzzola!?).

È invece diverso Ring-Tailed Tornado (Il Tornado Furioso), forse il migliore del lotto, che vede Buckner partire per una missione determinata: recuperare la donna di un avversario in amore, così da accasarlo e porre fine a ogni pretesa dello stesso verso la donna sbagliata. Buckner non sa però di esser stato giocato dal rivale e si troverà pertanto vittima di un raggiro, che lo vedrà contrapposto a due gruppi distinti di spacconi. Inoltre, come in ogni storia d'amore che si rispetti, tra i due litiganti... il terzo gode.

Tratterrò nel dettaglio le varie storie, oltre a molteplici altri western scritti da Howard nell'articolo ("Robert Ervin Howard e il Western") che mi è stato commissionato da Zotique e che uscirà nel secondo volume dedicato dalla rivista all'autore texano. Posso qua aggiungere che il ciclo Buckner è intriso di una forte ironia che però non lo rende affatto una parodia. Il “nostro” è uno smargiasso e, se contrapposto ai bulli, persino provocatore, tuttavia è retto da sani principi, con una natura cavalleresca. Ci sono momenti comici, una comicità inserita in storie alla Howard, dove si spara, si mena e si muore in quantità. Intrattenimento puro, con noia esorcizzata e ritmo vorticoso dall'inizio alla fine. Un limite? Forse manca un sottotesto e uno sviluppo complesso così da andare oltre a storie orientate unicamente a creare azione con tutti gli stereotipi del settore, ivi compresi i saloon, i giocatori di poker, gli sceriffi corrotti, le colt fumanti e le lunghe galoppate attorniati da pareti rocciose. Nessuna traccia degli indiani o di ruoli femminili determinanti. Howard avrebbe di certo amato gli spaghetti western, così come gli amanti degli spaghetti western non potranno non amare le sue storie western: no story, no scenes... just killing!

 

venerdì 9 aprile 2021

Recensione Saggi: GUIDA AI MIGLIORI 150 LIBRI HORROR di Alessandro Manzetti.

 


Autore: Alessandro Manzetti.
Anno: 2021.
Genere:  Catalogo Libri Horror.
Editore: Cut Up Publishing.
Pagine: 218.
Prezzo: 16.90 euro.

 
Commento a cura di Matteo Mancini. 
Attesissima novità di Alessandro Manzetti che propone al pubblico italiano la sua Guida ai Migliori 150 Libri Horror, uscita in anteprima in un'edizione per afecionados a cura delle Independent Legions e poi, per tutti gli altri, per la Cut-Up Publishing.

Presentata come opera unica nel suo genere, addirittura non presente sul mercato editoriale americano, una volta in mano lascia perplessi i lettori più smaliziati.

La prima cosa che salta agli occhi è l'incredibile affermazione secondo la quale nessuno, e dico nessuno, negli States e negli altri paesi a lingua anglofona, abbia mai concepito un libro del genere quando, a esempio, da noi in Italia le guide alla narrativa fantastica ce ne sono e ce ne sono da tempo. Manzetti però ha la brillante idea di integrare quanto fin qui era presente sul mercato editoriale italiano, sebbene il prodotto sia spiccatamente concepito per il mercato internazionale. Decide infatti di proporre opere horror ad ampio raggio, comprendendo - nelle intenzioni - tutti i vari sottogeneri immaginabili, uscite dal 1986 in poi. La volontà di circoscrivere il periodo è un punto di forza del progetto, dal momento che la narrativa fantastica legata al periodo precedente era già stata sufficientemente (e dico sufficientemente) sviscerata anche in Italia. Giusto allora approfondire l'horror degli ultimi trentacinque anni, dalla corrente splatter-punk in poi. Si tratta infatti di un periodo poco analizzato, soprattutto alla luce di un senso di sfiducia nei lettori medi dovuto a un atteggiamento da parte di molti degli autori del settore di estremizzare il corollario legato alle storie di volta in volta proposte, infarcendole di una violenza e di una componente erotica spesso deviata che mal si concilia al grande pubblico. Inevitabile dunque il confinamento, ancor più della narrativa weird ed esoterica che avevano rispettivamente dalla loro il sense of wonder e i contenuti filosofici trascendenti, nel ghetto dei cultori di nicchia. Poche richieste poche vendite, da qui, probabilmente, la scelta di insistere sui classici piuttosto che su emeriti sconosciuti (in Italia) che propongono macellazioni, sesso perverso o visioni alternative che sono senz'altro interessanti per una piccola parte di pubblico ma "stuccano" gli altri.

Se l'idea iniziale è vincente, convince meno lo sviluppo. Manzetti ha dichiarato di aver impegnato sette anni per la realizzazione del libro, eppure dalla lettura non sembrerebbe. Più che una guida il testo appare nelle vesti di un catalogo. Manzetti indica 150 libri, dedicando per ciascuno di essi meno di mezza pagina (una pagina se si considera la copertina e l'indicazione sintetica, sulla scia di quella realizzata anche dal sottoscritto per i miei volumi dedicati allo Spaghetti Western, dei dati essenziali e del punteggio assegnato). Circa 2/3 delle opere indicate sono inedite sul mercato editoriale italiano (da qui la concezione internazionale del progetto) e molti autori sono addirittura sconosciuti in Italia.

Manzetti, pur volendo giostrare il lavoro ad ampio spettro (non più di tre testi ad autore), è legato al circuito americano e a un certo tipo di horror (l'extreme). La cosa si evidenzia nella scelta, difficile da censurare (ma senz'altro criticabile) per la soggettività delle valutazioni, di non considerare (o reputare inferiori) autori europei quali Arturo Perez Reverte (Il Club Dumas), Manuel Loureiro (Apocalisse Z), Sergej Luk'janenko (I Guardiani della Notte), Anders Fager (Culti Svedesi), Patrick Graham (Il Vangelo Secondo Satana), lasciano altresì perplessi le esclusioni di autori quali Tim Curran (abbondantemente tradotto dalla Duwich Edizioni), Brian Lumley (Necroscope), Micheal Connelly, Thomas Harris (Il Silenzio degli Innocenti), Douglas Preston (Relic), Peter Benchley (Squalo Bianco), Bret Easton Ellis (American Psycho) e ancora qualcun altro. Si tratta di titoli che hanno saputo, alcuni di essi, riscrivere le coordinate del genere o comunque conquistare un successo tale da accedere a grosse produzioni cinematografiche, assai ben oltre netflix (talvolta citata nel testo).

Alla luce di queste considerazioni, penso che un progetto lievemente più articolato avrebbe permesso al libro di guadagnare molti punti. Si sarebbe infatti potuto mantenere l'idea dei 150 migliori libri horror, inserendo a fine volume una classifica in ordine di votazione dei vari titoli, e poi fare un testo dedicato agli autori del periodo, dedicando due pagine a ognuno di loro, con un'introduzione iniziale di quaranta pagine in cui introdurre il testo e spiegare l'evoluzione dell'horror dal 1986 a oggi. Manzetti invece ha preferito un volume leggero, veloce da scrivere (forse meno da preparare), schematico che più che guida si presenta quale “catalogo annotato”. La cosa rende facilmente leggibile il testo, ma resta una proposta di acquisti. Pur rivelandosi utile per il reperimento di titoli e nomi nuovi, l'operazione lascia la sensazione di occasione un po' sprecata o non sfruttata per le potenzialità di cui Manzetti è senz'altro dotato.

Neppure una cartella (1.800 battute) a libro, nessuna considerazione generale, per ogni volume viene fatta una breve sintesi della trama, un paio di righe sono dedicate all'autore e circa sei alla recensione (media di quindici righe a volume). Una curiosità, forse in controtendenza (e la cosa mi fa piacere), è data dall'ampia considerazione dedicata alle antologie di singolo autore, che sono segnalate in modo copioso (sono tagliate, per scelta, le antologie collettive).

La veste grafica del libro è buona, così come è contenuto il prezzo. Ottima l'idea di inserire top ten personalizzate a cura di molti nomi noti, tra scrittori e antologisti del settore, che, tra una pagina e l'altra, fungono da guest star.

In conclusione è un volume, a suo modo, utile pur se indirizzato ai lettori anglofoni o a chi recuperi testi in inglese. Potrebbe altresì avere l'effetto collaterale, per una volta benefico, di spingere qualche editore a scommettere su nomi nuovi (che qui dentro sono davvero tanti). Ben vengano dunque prodotti del genere, solo che sarebbe gradita un po' più di passione e di trasporto invece che di sintesi schematiche che lasciano la sensazione di un prodotto commerciale, a cui si è dedicato molto meno tempo di quanto si è dichiarato (e lo dice chi ha impiegato nove anni per una guida sul cinema western italiano).

 


giovedì 8 aprile 2021

Recensione Narrativa: I TOPI DEL CIMITERO di Carlo Hakim De Medici.

Autore: Carlo Hakim de Medici.
Anno: 1924-27.
Genere: Esoterico / Horror.
Editore: Cliquot (2019)
Pagine: 144.
Prezzo: 18 euro.

Commento di Matteo Mancini.  

A distanza di un anno dalla riproposizione di Gomoria (1921), ripubblicato nel 2018 dalla Cliquot, esce un secondo volume ripescato dal passato di Carlo Hakim De Medici. Giornalista, occultista, disegnatore, poeta e soprattutto scrittore di narrativa macabra del primo novecento italiano SCANDALOSAMENTE ignorato per oltre un secolo dagli studiosi contemporanei del fantastico. Persino un volume come la Guida ai Narratori Italiani del Fantastico (2018) dell'Odoya, alle cui spalle vi è il lavoro di specialisti di punta quali Andrea Vaccaro (Hypnos), Walter Catalano, Gian Filippo Pizzo e Pietro Guarriello (Dagon Press), ignorava l'esistenza e la qualità di De Medici.

I Topi del Cimitero, secondo volume riproposto dalla casa editrice romana, è addirittura il frutto di un'operazione di crowdfunding con offerte da 15 a 200 euro e una raccolta finale di 2.127 euro.

Il risultato finale è eccezionale. Copertina cartonata con raffigurazione dello stesso De Medici comparsa sulla prima edizione, carta spessa, oltre venti illustrazioni (macabre) dell'autore all'interno, quattordici racconti della raccolta originaria I Topi del Cimitero (1924), più quattro riproposti dalla raccolta Crudeltà (1927).

Un volume quindi imperdibile sotto tutti i versanti che rende onore al capillare lavoro della Cliquot, nella persona di Federico Cenci, meritevole di aver fatto emergere uno scrittore che dovrebbe ambire all'olimpo della nostra narrativa fantastica.

Contrariamente a quanto si legge in giro, più che in Gomoria, nell'antologia I Topi del Cimitero spiccano l'estro onirico e le qualità poetiche dell'autore. Potremmo persino azzardare per De Medici l'epiteto dell'Edgar Allan Poe italiano (anche se poi era di origine francese). L'influenza dello scrittore americano qua è marcatissima, più dell'apporto offerto dai decadentisti francesi (Huysmans, Merimee,Villiers de L'Isle-Adam, ma anche Gaston Leroux) determinanti per il testo di Gomoria.

Ne I Topi del Cimitero è lo stile ad acquisire importanza tanto da anteporsi al soggetto dei racconti. De Medici è più interessato a dipingere con le parole che a intessere una trama lineare. Certo, ci sono esempi di racconti classici. La Pendola anticipa di anni That Hell-Bound Train di Robert Bloch, con un protagonista che inganna il diavolo o almeno crede, stoppando l'incedere delle lancette.

La Taciturna e Maddalena rimandano a E.T.A. Hoffmann e alla sua Olimpia (personaggio del racconto Der Sandmann), automa femminile venerato dal protagonista. Il primo, dall'epilogo grandguignol, parla di un uomo infatuato del corpo femminile che perde il senno quando al corpo femminile si aggiunge il cervello. Più classico il secondo, in cui si infiltra la poetica di Poe, caratterizzato dalla presenza di un uomo disperato d'amore intento a cercare di mutuare in un simulacro lo spirito dell'amante prossima a morire. 

Il tema legato all'amore per la donna è centrale, sofferto, tribolato (si vedano Perché e L'Idolo). Per la mia Pace ribalta The Lost Valley di Algernon Blackwood proponendo un protagonista innamorato in egual misura di due sorelle, eppure mai sazio e indeciso su quale delle due scegliere. La felicità, del resto, per De Medici è un qualcosa di irraggiungibile e la paura di amare torna protagonista ne La Felicità, dove si assiste a un uxoricidio. “Quando ci illudiamo di avere raggiunto quella che nei nostri sogni e nei nostri vaneggiamenti rappresentava l'apice delle nostre aspirazioni, ci accorgiamo sempre che esiste al di là della nostra primitiva immaginazione una felicità superiore.”

Abbiamo poi sfide alla morte (Madama la Morte), elaborati che al macabro miscelano un'ironia dissacrante (Un Morso, Quel Burlone di Nane), altri di evasione dalla banalità quotidiana che domina il materialismo di cui noi tutti siamo alimentatori (Ogni Sera e Il Brigantino Grande). Non mancano poi testi più profondi, in cui De Medici cerca di penetrare il mistero dell'esistenza. Tra questi spicca Dopo, un dialogo tra due amici che porta a un gesto estremo nel tentativo di liberarsi della prigionia del corpo e permettere la terza rinascita, quella definitiva, ovvero la fusione con Dio e l'insieme che ci circonda, un cambio di status che solo la morte (ideale parto verso l'eternità) può offrire. 

Gli elaborati più inquietanti sono I Topi del Cimitero, una sorta di omaggio al racconto Chimäre di Gustav Meyrink, dove si assiste in chiave onirica al crollo della Chiesa cattolica, e Guland in cui dal firmamento brilla l'astro nero, l'astro invisibile ai mortali, l'astro di Satana, la visione che desta dalla confusione il protagonista e lo induce alla scelta definitiva. 

Un'antologia dunque notevole che pone De Medici al livello dei più grandi scrittori esoterici di fine ottocento primi novecento. Una forma di narrativa colta, elegante ed esoterica che purtroppo, in epoca moderna, è stata sostituita da una forma di “horror” spesso di grana grossa (si pensi all'extreme horror) che sposta l'attenzione dal mistero della vita spirituale per orientarsi a problematiche centrali nella vita materialista con cui ogni essere vivente, per ragioni fisiche e alimentari, deve rapportarsi. La narrativa esoterica passa però da altre coordinate, quelle che si proiettano oltre, in vista di una trascendenza dietro la quale si cela il vero e unico senso della vita (che non può essere la mera sopravvivenza e la riproduzione). Come altri della sua epoca, De Medici fugge dalla vita di tutti i giorni, tende quasi a ripudiarla (la vita è illusione, gli uomini marionette), e cerca altro, cerca la vita eterna, cerca la conquista del regno dei cieli, siano essi divini o diabolici, alla maniera di un Arthur Machen delle nostre latitudini. Non a caso nel racconto L'Amica del Poeta compare una fata, finché lo scrittore non vincerà alla lotteria divenendo così schiavo del denaro invece che della brama di entrare in relazione con le creature dell'altrove.

"Che cosa inseguono tutti questi dementi, tutti questi dannati di una bolgia in caricatura? Non lo sanno perché il fato che li trascina è muto, come sono mute tutte le povere cose che si svolgono sulla Terra. Vivono...ecco. Vivono: e sentono il bisogno di agitarsi."

 
Concludo invitando i lettori, specie gli appassionati di Maestri del calibro di Poe, Hoffmann, Machen, Blackwood, Meyrink, ad acquistare il volume, perché non ne resteranno delusi (si astengano invece i cultori di Poppy Z. Brite, Edward Lee, Charlee Jacob e altri macellatori interessati a problematiche di valenza terrena: qua si trascende). Un grosso plauso alla Cliquot e un invito: Nirvana d'Amore attende di esser riportata alla luce dalla biblioteca di Trieste. Forza ragazzi!!!
 
Essere o non essere...?
ci sei o ci fai...?
questo è il problema DE MEDICI
(Carlo Hakim De Medici).
 

La vera vita comincia solo dall'istante in cui questo spirito-vita, risoltosi in noi, riesce a liberarsi dal suo involucro di materia, come la farfalla della crisalide.”

sabato 3 aprile 2021

Recensione Narrativa: ASSEDIATI DAL DEMONIO di Max Dave (Pino Belli).



Autore: Giuseppe "Pino" Belli (Sotto lo pseudonimo di Max Dave).
Genere: Horror / Azione.
Anno: 1963.
Edizione: Editrice Romana Periodici, collana I Racconti di Dracula, I Edizione, N. 50.
Pagine: 114.
 

Commento di Matteo Mancini

In attesa dell'uscita del volume che abbiamo realizzato per Profondo Rosso interamente dedicato alla produzione narrativa horror di Libero Samale, nome anagrafico corrispondente allo pseudonimo Frank Graegorius, torniamo a immergerci nella lettura de I Racconti di Dracula. Su invito dell'amico di Sergio Bissoli, orientiamo la nostra attenzione su Max Dave. “È stato come un fantasma che mi ha ossessionato per decenni” ricorda Bissoli “l'ho cercato in tutti i posti, con tutti i mezzi senza riuscirci.”

Max Dave costituisce un caso unico per gli afecionados della serie, perché è l'unico nome dietro al quale si trinceravano ben due autori: i fratelli Carlo e Giuseppe Belli.

Entrambi militari, generale medico il primo e comandante di compagnia mobile di Pubblica Sicurezza l'altro, i Belli si alternavano nella scrittura proponendo romanzi che venivano poi dati alle stampe dall'ignaro barone Cantarella, convinto che solo Giuseppe fosse lo scrittore.

Giuseppe Belli è stato reputato da Bissoli come il miglior autore della collana dopo Libero Samale. Personaggio eclettico, sregolato nella vita privata (una moglie e due amanti), pur essendo stato forgiato all'accademia navale di Livorno, e grande amante dell'avventura. Nasce a Piacenza nel 1921 e vanta ascendenti legati alla nobiltà papalina. Conte di Chiusa della Rota, dopo un adolescenza a Vicenza segue le orme del padre, commissario prima e poi questore, costruendosi una carriera militare che lo porta ad acquisire i gradi di ufficiale. Di carattere estroverso, dalla battuta pronta e dalle intense passioni amorose, si farà sempre più prendere dagli hobby per fare degli stessi il lavoro primario. Inizia a scrivere presto, addirittura a ventisette anni dirige una rivista di fantascienza. Intanto si sposta in giro per l'Italia. Lavora a Pescara, quindi a Sondrio e infine presso il Ministero degli Interni quale addetto all'Ufficio stampa. Nel 1954, a soli trentatré anni, dopo aver cercato di lanciare una serie televisiva sul lavoro delle pattuglie della stradale, abbandona l'incarico pubblico grazie a una sceneggiatura che gli apre le porte del cinema. Va in Amazzonia dove realizza un progetto affidato alla sua stessa regia. Esce così Il Segreto della Sierra Dourada (1957), una pellicola documentaristica piuttosto estemporanea cui darà seguito con una regia della seconda unità del film Finché Dura la Tempesta (1963) e con gli adattamenti dei dialoghi in italiano di due coproduzioni italo-spagnole. Sergio Bissoli lo indica quale autore di ulteriori sceneggiature (non indicate su imdb). Si trasforma intanto in esploratore. Passa sei mesi in Mato Grosso sulle tracce della misteriosa tribù dei Bandeirientes e la cosa lo spinge a ulteriori escursioni. Avventure che lo inducono a collezionare bizzarri oggetti. Mostra ad amici e parenti campionari di frecce indios, canoe e lance africane acquistate negli innumerevoli viaggi esotici fatti in giro per il mondo.

Sul finire degli anni cinquanta, tiene a battesimo la nascita della serie I Racconti di Dracula col romanzo Uccidono i Morti? (1959), numero uno di una serie che arriverà fino agli inizi degli anni ottanta. Cantarella ha piena fiducia in lui e gli affida la direzione dell'editrice ERP, ruolo che Pino Belli eredita da Giovanni Simonelli. Scrive di tutto, dal giallo all'horror, passando per la fantascienza, i romanzi di guerra e persino il western. Alla fine, sotto una selva di pseudonimi, scriverà oltre cento romanzi di natura commerciale. Saranno trentadue i Racconti di Dracula firmati Max Dave, ventidue dei quali a opera di Giuseppe Belli. Muore non ancora cinquantenne a causa di una cirrosi epatica.

Assediati dal Demonio è reperibile all'interno della raccolta 
I CAPOLAVORI DE RACCONTI DI DRACULA VOL.4 

Assediati dal Demonio è il diciassettesimo romanzo uscito sotto la firma “Max Dave”, il settimo di Giuseppe “Pino” Belli.

È un romanzo atipico per la serie, una sorta di action horror (alla Aliens – Scontro Finale) con elementi fantascientifici legati al sotto filone dei romanzi incentrati sulle epidemie. Purtroppo la volontà di sorprendere i lettori porta a un risultato finale confusionario, che si prende beffa del lettore con un epilogo in odore di parodia che mal si concilia all'atmosfera seriosa di cui l'opera aveva dato mostra di sé nella prima parte. Sul volume La Storia di Racconti di Dracula si legge: “romanzo sospeso tra il demenziale e il delirante.” Sergio Bissoli, che conferma dubbi sul finale, lo reputa un “capolavoro” tanto da averlo incluso nel terzetto raccolto da Pietro Guarriello ne I Capolavori de I Racconti di Dracula Vol.4 e lo definisce "romanzo di grande tensione e originalità sorprendente."

Belli, qua poco visionario e non troppo incline all'esoterismo, si diverte a proporre sotto tre distinte chiavi di lettura un soggetto che ruota attorno alla comparsa di una serie di uomini rossi (la cui apparizione richiama un po' la massima romeriana de "quando all'inferno non ci sarà più posto i morti cammineranno sulla terra") che vagano nella notte completamente nudi. “Compaiono d'improvviso e poi se ne vanno. Attraversano gli oggetti solidi e non dicono una parola.” Se abbattuti si disciolgono in una poltiglia acida. Di qui il presunto titolo orginale di The Red Men, ovvero "Gli Uomini Rossi".

Apparentemente non pericolosi, questi esseri diventano letali se toccati o se si toccano superfici su cui gli stessi hanno collocato parti dei loro arti. Una problematica, quella del contagio e della necessità del mantenere le giuste distanze di sicurezza, di cui ai giorni nostri abbiamo piena contezza, ma che qua si amplifica all'ennesima potenza. Gli effetti sono immediati e conducono a una morte improvvisa tra atroci sofferenze. Le vittime, infatti, si trasformano in vere e proprie torce umane, divenendo a loro volta di colore rosso.

I fatti vanno in scena in un paesino collinare gallese (Folkenham), costruito sulle fondamenta di un convento distrutto da un incendio durante la Riforma, e più in particolare all'interno del castello (di Hires) del 1200 che svetta al di sopra del piccolo agglomerato. L'intera area è stata posta in quarantena e si presenta isolata dal resto del mondo. Ai cittadini e agli ospiti del castello è fatto espresso divieto di allontanarsi.

Belli tratta la questione per tre diverse vie. Abbiamo quella paranormale, legata all'azione di un medium che cerca di venire a capo di quella che lui pensa essere un'infestazione soprannaturale; poi abbiamo i rappresentanti di Scotland Yard che affrontano il problema armati di fucili mitragliatori con cui abbattere gli umanoidi (che si scopriranno esser dei veri e propri ritornanti, a loro modo antesignani degli zombi cinematografici, fatti di antimateria!?); e infine abbiamo gli scienziati che trattano la questione alla stregua di una malattia infettiva. Avranno ragione tutti e tre i gruppi, con Belli che predispone una sorta di effetto altalena, passando da una visione all'altra e cercando di farle coesistere tutte.

Si trovano per tale via a compartecipare all'evento la magia nera, i rituali magici dove si beve sangue di gallo, apparizioni ectoplasmatiche, patti diabolici di faustiana memoria, medium che cadono in trance, il demonio che riaffiora della segrete del castello, ma anche parti del romanzo dove si spara alla maniera dei soldati asserragliati in trincea (gli uomini rossi vengono uccisi da proiettili con codetta luminosa) e altre dove si analizza il bizzarro virus che sembra riconducibile all'azione di una pianta esotica (brasiliana) trattata in un modo determinato insegnato dagli stregoni (macumba, dunque, al posto del voodoo). L'epilogo piega in direzione del giallo, ma offre più l'idea di essere un qualcosa da interpretare quale effetto di una follia insorta a corruzione della mente dell'uomo, che ricostruisce i fatti sotto una diversa chiave di lettura rispetto alla percezione sensoriale avuta dagli altri protagonisti dell'avventura.

Romanzo dunque atipico per la serie, in cui scompare del tutto la componente erotica e persino la figura del vampiro. Potremmo addirittura azzardare il romanzo Assediati dal Demonio quale anticipazione al sottogenere zombi che avrebbe poi imperversato una decina di anni dopo al cinema e nella narrativa. Belli risponde alle direttive di Cantarella e utilizza il castello medievale con le sue atmosfere neogotiche, così come marchio di fabbrica della serie. Permangono i rituali magici legati alle invocazioni demoniache, ai cerchi protettivi da cui non fuoriuscire e ai sacrifici di galli neri da sgozzare. C'è anche l'immagine del “mostro” che fuoriesce da una tomba nelle segrete del castello, solo che qua viene spacciato per il demonio e non ha alcun canino da sfoderare dalle labbra. La sensazione finale è che si tratti di un romanzo fracassone che non si vuol prendere sul serio e gioca sull'argomento partendo dall'idea di una contaminazione virulenta che miete gli uomini senza che vi sia un vaccino o un prodotto per ostacolarla. Alti e bassi, col merito di essere in anticipo sul sottofilone zombi, di cui peraltro si differenzia per una diversa tipologia di esseri.

Per chi lo voglia recuperare, è facilmente reperibile acquistando il trittico di romanzi di Max Dave raccolti nel volume della Dagon Press intitolato I Capolavori de I Racconti di Dracula Vol.4.

 
Sotto lo pseudonimo MAX DAVE si celavano due fratelli:
Giuseppe e Carlo BELLI. 
Nella foto vediamo GIUSEPPE "PINO" BELLI
 
"Noi crediamo di sapere tutto della vita e ci spaventiamo di fronte al mistero della morte: ma è proprio sicuro che sappiamo tutto della vita e delle sue multiformi espressioni?"