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sabato 24 luglio 2021

Recensione Narrativa: RIME GOTICHE di Fausto Marchi.


Autore: Fausto Marchi.
Anno: 2021.
Genere:  Poesia.
Editore: Susil Edizioni.
Pagine: 102.
Prezzo: 12.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Raccolta di un trittico di sillogi composte tra il 1992 e 2020 da Fausto Marchi, pubblicate in passato in via autonoma e qui radunate e revisionate al modico prezzo di 12 euro. Abbiamo già presentato l'autore e persino intervistato qua sul blog. Il volume in questione, il più vicino allo spirito decadente ed esteta dell'autore, ma anche quello meno commerciale, è senza ombra di dubbio il più complesso dell'intera produzione di Marchi.

Questo recensore non è il più indicato ad affrontare un'analisi calibrata in ambito poetico, pertanto quella che segue è più un'impressione che vola sulle ali della percezione emotiva piuttosto che su una critica supportata da solide basi conoscitive. È innegabile che la poesia sia stata fin dagli albori legata alla narrativa nera in un connubio indissolubile, prima dell'involgarimento del genere (col quale si è esautorato il fantastico del terrore in vista di prodotti di esclusivo intrattenimento o, nei casi migliori, ricondotto a problematiche di valenza sociale e dunque di apprezzamento materialistico). Senza chiamare in causa grandi e indiscussi maestri del calibro di William Butler Yeats (sul volume ho una dedica dell'autore siglata il 14 giugno, giorno successivo al 156° anniversario della nascita del poeta rivale magico e artistico di Aleister Crowley), non può ignorarsi l'apporto poetico offerto da autori quali Edgar Allan Poe (si pensi a The Raven), Robert Ervin Howard, Howard P. Lovecraft, Clark Ashton Smith e altri (tra cui lo stesso Frank Graegorius/Libero Samale, che dette il là per l'attecchire del seme del fantastico in Marchi dopo che l'autore trovò una gemma incredibilmente gettata dalla finestra da qualcuno di poco accorto), veri e propri guru del fantastico ma anche sublimi poètes du macabre o maudit, a seconda delle prospettive, al punto da portare più di uno studioso e critico ad anteporne la produzione poetica alla prosa sebbene quest'ultima fosse di gran lunga più famosa e preferita dai gusti della massa.

Marchi dimostra di essere degno erede di un fantastico confinato in nicchie che, ironia della sorte, esaltano gli autori del tempo che fu e, al contempo, tendono a stroncare quegli autori che, più di altri, si avvicinano a un certo tipo di approccio. In questo, lo scrittore dimostra spiccata attitudine, background culturale classico e una completezza che lo porta a pescare da un estro creativo e da una padronanza linguistica superiore a quella garantita dalla media dei tradizionali scrittori popolari (tali sono i suoi romanzi) a noi contemporanei (troppo influenzati dal linguaggio cinematografico e dei fumetti). “Ho sempre ammirato i poeti francesi del parnassianesimo e del simbolismo” ci aveva raccontato in primavera. I componimenti del poeta romano ne rispecchiano le passioni, da perfetto cultore della produzione legata al decadentismo alla Beaudelaire (o alla Maurice Rollinat e alla Robert de Montesquiou). Marchi celebra la morte, sottraendola dalla dimensione tragica in vista di un qualcosa che cambia i propri connotati. La fine, spesso e volentieri, è sempre una questione relativa per l'uomo o il poeta che ha saputo andare oltre. Le creature degli abissi (soprattutto oceanici) si sposano allora a contenuti tipici di un'impostazione poetica più tradizionalista. La scuola francese si miscela a quella degli scrittori scuola Golden Dawn e weird tales. Da quest'ultimo ambito arriva il pantheon di creature gotiche esaltate dalle pagine dei romanzi di fine ottocento/primi novecento e qua messo a fuoco in virtù di una luce più profonda, particolare, un raggio uv in grado di mostrare la realtà sotto il mantello truffaldino della menzogna, una luce orientata a beneficio di un angolatura tesa a nobilitare ciò che va oltre il “reale”, in una dimensione aulica benedetta dalla costante ricerca della rima. Poesie brevi, rapide. Quasi sempre componimenti costruiti con due quartine e due terzine, se non con due uniche quartine o, in alcuni casi, con una singola quartina. Marchi parla di “poesie in forma classica, sonetti e odi saffiche, in rima alternata oppure abcd abcd o abcd dcba.”

Il contenuto è squisitamente fantastico, non privo di odi a personaggi realmente esistiti o a Bisanzio e alle immaginifiche guglie di una Bruges che richiama la sede del museo dove sopravvive il piglio visionario e maledetto di Pieter Brueghel. È inoltre percepibile la passione per gli orrori marini, specie nelle poesie incluse nel gruppo titolato “Sinfonia di Cigni Neri.” Kraken, sirene, vampiresse, ghoul, pescherecci in balia di maelstrom, falsi idoli, succubi, statue mitologiche, rimandi a Dagon, mondi sommersi e quant'altro sia lecito attendersi da un volume che si intitola “Rime Gotiche” emerge dalla superficie di un mondo, quello marino, che cela la vista limitata del marinaio che si avventura nel ventre del mare con la supponenza di chi pensa di saper maneggiare il timone.

La componente onirico/visionaria è esaltata al massimo, amplificando la suggestione del momento “pitturato” alla maniera di uno schizzo di un Tony Bin meritevole di popolare, con opere di più ampio respiro, le teche del museo sotto il quale si esibisce, affiancando la propria produzione a quella di un Dante Gabriel Rossetti prossimo a irrompere nel cimitero in cui riposa la propria amata per recuperare le liriche del perduto amore. Il testo, molto ricercato e volutamente lezioso, non è sempre di pronta soluzione, ma proietta il lettore in un mondo altro, in maniera più incisiva rispetto a quanto potrebbe fare la prosa. Forse proprio in questo e nella capacità di saper pizzicare le corde emotive risiede la superiorità della poesia sul racconto. Certo, dato il genere e i contenuti, Rime Gotiche è una perla destinata a sublimare il palato dei cultori più profondi. Per pochi eletti.

L'autore Fausto Marchi

 

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