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martedì 9 marzo 2021

Recensione Narrativa: LA VESTALE DI DAGON di Fausto Marchi.

Autore: Fausto Marchi.
Anno: 2018.
Genere:  Weird.
Editore: Il Seme Bianco.
Pagine: 142.
Prezzo: 13.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Romanzo abbastanza sconosciuto, complice una casa editrice e un catalogo non di settore, rientrante in modo dichiarato ed esplicito nel filone dei Miti di Cthulhu.

Lo presenta ai lettori Fausto Marchi, scrittore romano reduce da due sillogi di liriche neogotiche (Prolegomeni Abissali e Sinfonie di Cigni Neri) e dal romanzo noir La Casa del Gufo (2013) ma soprattutto adepto di quell'Ordo Templi Orientis di cui fece parte con funzioni di direzione il discusso Aleister Crowley. Un biglietto da visita dunque molto allettante per un romanzo che, fin dal titolo, guarda alla tradizione esoterica a trazione pagana derivativa dall'opera di Howard P. Lovecraft e, più in particolare, al suo racconto The Shadow Over Innsmouth (1936) nonché, più marginalmente, a The Call of Cthulhu (1928) - omaggiato soprattutto nella parte finale del romanzo - senza tralasciare il provocatorio thriller documentaristico Road to L. (2005) in cui Federico Greco e Roberto Leggio immaginavano un viaggio segreto di Lovecraft in Italia, nel Polesine, da cui lo stesso avrebbe appreso le idee al centro dei miti di Cthulhu facendole proprie. Così Marchi, sposando questa via, riconduce in Italia il mito esaltato dalla narrativa di Lovecraft in un romanzo che potremmo definire metaletterario (Arkham e Innsmouth diventano luoghi reali citati dai personaggi del romanzo che rivelano di esserci davvero stati) in cui si menziona esplicitamente di Lovecraft e lo si fa immaginando che lo scrittore americano abbia celato nella sua narrativa tradizioni legate a eventi avvenuti nel seicento nei pressi di Roma e, prima ancora, ai tempi degli antichi romani. Così la Innsmouth di Lovecraft, un po' rifacendosi alla Imboca del film Dagon (2001) di Stuart Gordon, diventa la seicentesca Boccanera, una località nei pressi di Anzio parzialmente distrutta dall'Inquisizione a seguito dei blasfemi riti perpetrati dai pescatori locali in ossequio a misteriosi patti con creature abissali. Curiosamente, seppur parzialmente semidistrutta, Boccanera, abbandonata e isolata in una landa da cui si tengono ben lontani i turisti, persiste a mostrare la propria veste con stabili ancora integri che ospitano gli adepti di un culto non confessabile che pratica ancora il sacrificio umano quale via per aggraziarsi gli Dei.

Marchi ha uno stile piuttosto diretto e un discreto senso del ritmo. Il lessico è di pronta soluzione e non ridondante. Ricco di descrizioni, con una certa ricercatezza dell'eleganza ma senza diventare lezioso. Non manca qualche refuso (compreso nella punteggiatura), complice l'assenza di un editing vero e proprio. Per fortuna questo non comporta una difficoltà nella lettura se non nel capitolo dedicato al rapporto di servizio dei carabinieri dove Marchi sceglie uno stile deteriorato, forse ironizzando sull'attitudine dell'uomini dell'Arma nello scrivere i propri verbali con la coniugazione dell'imperfetto, passando spesso da una coniugazione verbale all'altra (imperfetto, passato remoto e presente si alternano in modo fastidioso).

Il Pesce Vipera, specie abissale
di cui il protagonista scopre la lisca nella bauliera 
della propria auto.
Gli adepti di Dagon utilizzano le lische di questa 
specie per un particolare piercing di riconoscimento.

L'intreccio è assai fedele ai cliché del Solitario di Providence ma, al contempo, guarda a romanzi quali Cherudek (1997) di Valerio Evangelisti (tutta la parte ambientata nella trattoria dove si descrivono i piatti e i clienti), The Last Revelation of Gla'aki (2013) di Ramsey Campbell e soprattutto a quell'atmosfera erotica tipica di serie come I Racconti di Dracula, collana neogotica che furoreggiava nelle edicole italiane negli anni sessanta e settanta e di cui l'autore è un dichiarato estimatore. A differenza delle storie di Lovecraft, infatti, la componente erotica è molto marcata, persino blasfema (con rapporti sessuali che si consumano all'interno di Chiese sconsacrate) ma mai volgare. Il testo ricorda in questo Il Maledetto Paese che Puzzava di Pesce (2020) di recente dato alle stampe da Ivo Torello per la collana Ulysse Bonamy delle Edizioni Hypnos e anch'esso derivativo del racconto The Shadow Over Innsmouth.

Marchi inserisce ne La Vestale di Dagon, probabilmente la sua migliore opera, molte delle passioni personali, non da ultime le conoscenze connesse agli studi di scienze biologiche apprese nel percorso universitario poi non completato. Parla infatti di specie ittiche, menziona il pesce vipera indicando l'habitat e dove è possibile rinvenirne esemplari (le sue spine costituiscono un particolare piercing di identificazione della setta), ma anche di spiegazioni più o meno calzanti per giustificare le caratteristiche fisiche degenerate di un particolare gruppo etnico che frequenta la trattoria da cui tutto ha inizio. Esoterismo, ritualità più o meno legate all'occultismo, librerie colme di testi esoterici, gusto per l'arte (soprattutto pittorica con menzione di pittori immaginari interessati a miti atlantici, sirene, tritoni e serpenti marini), erotismo e specie ittiche abissali cucinate in curiosi piatti tipici si intrecciano in un plot coinvolgente che cattura dalla prima all'ultima pagina il lettore, trascinandolo, in compagnia del protagonista, in una spirale allucinata da cui sembra impossibile liberarsi, tra scomparse e morti sospette che celano sotto la parvenza di banali incidenti veri e propri omicidi. Bellissimo il finale in odore orgiastico, perfettamente reso dallo stile assai descrittivo dell'autore che non lesina nel tratteggiare le caratteristiche architettoniche degli ambienti e, allo stesso tempo, le morfologie fisiche degli adepti della setta attorno alla quale si muove il narrato. “Capii che dove i degenerati abitanti di Innsmouth avevano fallito era riuscito a una debosciata e fanatica famiglia di pescatori pervenuti in quel luogo in occasione della bonifica della pianura pontina.”

Riallacciandosi alla tematica degli accoppiamenti tra consanguinei e rifacendosi a quell'immagine - propria della visione degli scrittori decadentisti di fine ottocento (di cui Marchi è estimatore) - di una società contemporanea corrotta negli usi e nei valori , l'autore immagina il perfezionamento di quel percorso seguito dagli adepti del Dio Dagon al fine di generare dalla razza umana una creatura ibrida prossima alla leggendaria figura della sirena.

La Vestale di Dagon è così un romanzo derivativo ben sviluppato dall'autore e senz'altro gradito ai fan del solitario di Providence. Svecchiato nello stile, contaminato da un background erotico, costituisce, sulla scia delle antologie di Fabio Calabrese (edito da Dagon Press), un ottimo esempio di prosecuzione italica dei miti di Cthulhu. Meriterebbe una maggiore considerazione.

Attendiamo Fausto Marchi a nuove e successive fatiche, si spera nel campo fantastico esoterico.

L'autore FAUSTO MARCHI

 

"Tu stesso puoi constatare come la specie umana stia scivolando sempre più verso una degenerazione fisica e psichica; il gusto estetico dei nostri contemporanei ormai si è pervertito e allontanato dai canoni che hanno caratterizzato l'arte e la letteratura per vari millenni; i parametri della bellezza classica si vanno spegnendo nella pittura così come nella letteratura e nell'architettura e predomina lo sfaldamento della forma, il gusto per il brutto e il disarmonico, il trionfo dell'arte negra con il cubismo, l'espressionismo e l'astrattismo.

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