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venerdì 12 febbraio 2016

Recensione Saggi: PORTIERI - FIGLI DI PUTTANA di Fausto Bagattini




Autore: Fausto Bagattini.
Anno: 2015
Edizione: Ultra Sport.
Genere: Antologia biografica sportiva.
Prezzo: 16,50 euro.

Commento di Matteo Mancini.
Spassoso e diverntente oltre misura, un viaggio nella follia e nelle personalità straripanti, istrioniche e talvolta narcisistiche di circa cinquanta portieri. Una vera e propria filosofia di vita, un approccio che non consente tentennamenti, paure o calcoli. Chi vi scrive è stato portiere, in bassa categoria a undici ma a livelli nazionali a cinque pur se da meteora, e vi posso dire che è il regalo perfetto da fare a chi gioca in porta. Un vero e proprio omaggio da scartare, storia dietro storia, come un bambino che alla festa di Natale si trova davanti a una serie di pacchi dono e, preso dalla bramosia, non sa da quale iniziare.
Fausto Bagattini, giornalista collaboratore de Il Tirreno ma soprattutto ex portiere dell'Aglianese e, da buon portiere, oltre che assessore alla cultura, osservatore internazionale alle elezioni in Palestina e nella Repubblica Democratica del Congo, ha le idee chiare. Classe '78, arriva da due volumi, il secondo dei quali, Portieri. Eroi di Sventura (2013), già dedicato all'argomento. Il giornalista pratese concepisce un seguito ideale del precedente volume, da cui mutua lo stile e lo schema. Propone storie schematiche che oscillano dalle due alle otto pagine, precedute dalla foto del diretto interessato e da un soprannome, cercando e riuscendo a perfezionare il primo volume (peraltro, a differenza del secondo, non di facile reperimento). Per prima cosa divide il folto gruppo di pazzi scatenati, e chi leggerà il volume capirà perché si suol dire che i portieri sono tutti matti, in sette sottogruppi più l'omaggio di apertura concesso al gentil sesso (cosa che ho apprezzato molto). Gentilezza o beffarda ironia toscana amplificata dal fatto che chi scrive è un ex portiere, l'opera si apre con Hope Solo, il più forte e "maledetto" portiere del calcio femminile, una donna capace di smuovere il Senato degli Stati Uniti che farà pressioni sulla Federazione americana perché non reputerà la donna degna di rappresentare gli States in una competizione internazionale. Passioni sessuali promiscue, gusto per gli eccessi, ma soprattutto risse e violenze in famiglia non saranno sufficienti a farla sbattere fuori, lei che "figlia di puttana" lo è davvero, ma non certo per il suo clamoroso concepimento in carcere frutto dell'unione tra un reduce del Vietnam dedito alle rapine e un'alcolizzata, piuttosto per quella strafottenza e convinzione (confermata dal campo) di essere la numero uno al mondo. Bagattini cerca di spiegare cosa intenda con un'espressione che altrove sarebbe offensiva, ma che qua assume valenza del "bastardo" di Tarantiniana memoria. Per trasformare l'espressione arriva a chiamare in causa la battuta finale che Eli Wallach urla alle spalle de il biondo nIl Buono, il Brutto, Il Cattivo, lo spaghetti western per eccellenza, il film che farà innamorare Quentin Tarantino del regista Leone e del cinema italiano di genere. E qua di leoni ce ne sono davvero tanti, a partire da Sebastian Frey che cercherà, non riuscendoci, di acquistare un Tigrotto. "Figlio di puttana serve anche a a identificare pazzi incredibili e guappi a volte maldestri... Ribelli, menefreghisti, donnaioli impenitenti o scanzonati guasconi. Soggetti il cui confine tra il bene e il male è spesso incerto o quanto meno discutibile, ma per i quali non si può fare a meno di provare simpatia."

E così il volume si apre all'insegna "dell'Amazzone" in una Memory of Hope, nome dell'autobiografia calcistica dai contenuti scandalistici più venduta in america (si parlerà addirittura di orge a cielo aperto durante i giochi olimpici in cui tutti fanno sesso con tutti), colletiva che centra in pieno il bersaglio, appassionando e regalando continui aneddoti, non solo legati alla carriera dei vari portieri e alle loro pazzie calcistiche ed extracalcitiche, ma anche a episodi connessi a finali discusse, partite truccate o influenzati da clamorosi errori arbitrali.
Il primo gruppo, da cui mancano personaggi come Bertrand Lamà o Angelo Pagotto (tanto per citarne due), si apre all'insegna del Doping - Tra Sospetti, Accuse e Condanne. Bello, al riguardo, l'aneddoto legato alla finale dei mondiali che vide la Germania Ovest conquistare la sua prima coppa del mondo, ai danni dell'Ungheria di Puskas. Un successo viziato dal doping coperto dalla FIFA per ragioni politiche e che si palesò determinando la fine prematura della carriera di vari calciatori tedeschi, oltre il sorgere del medesimo morbo itterico sviluppato al fronte dai soldati nazisti. 
Si prosegue poi con il capitolo dedicato agli Intrighi e ai Complotti, quindi si passa ai portieri violenti e da questi ai delinquenti veri e propri con addirittura la presenza di un assassino (il portiere e capitano del Flamengo che fece fare a pezzi la propria donna per darla in pasto ai cani) e ancora con quelli con problemi matrimoniali, quindi i sopra le righe per chiudere con gli implicati in combine e scommesse (inevitabile chiusura con Paoloni, il portiere dei tranquillanti somministrati ai compagni di squadra della Cremonese). Ce n'è davvero per tutti i gusti, anche se mancano portieri come Jorge Campos (comunque ricordato da Bagattini come La Zanzara), Mohamed Al Deayea (eseguì un rinvio di fondo in rovesciata, quasi a fare il verso, ma in modo invertito, a René Higuita di cui Bagattini narra le gesta), Fernando Aurrecoechea (conosciuto per il vezzo di indossare maglie con i loghi dei fumetti), Jeremy Janot (pazzo scatenato che scese in campo col costume di Spider-man, maschera compresa) Tony Meola (smise di giocare per andare a fare l'attore quindi tentare la via del football americano, per ritornare al calcio ormai alle spalle dei vari Friedel e Keller) o Thomas N'Kono (vinse, alla vigilia di Italia '90, il duello col collega Bell perché preferito dal governo camerunense, ma poi finì anni dopo arrestato per stregoneria), Rufai (rinunciò alla carica di principe per disputare i mondiali con la Nigeria), personaggi che di certo non avrebbero sfigurato e che costituiscono linfa vitale per dare avvio a un terzo gradito e potenziale volume. Certo, Bagattini non spreca colpi. E' un cecchino che si è ben armato e che spara come quel Whitman esaltato dal sergente Hartmann in Full Metal Jacket, merito di un lavoro che lui afferma essere pluriennale e caratterizzato da suggerimenti e dritte avanzate dall'entourage con cui lavora. Tutte le storie presentate sono quindi divertenti (qualcuna macabra, a dire la verità, tanto da sembrare di esser uscita da un manuale di criminologia) o comunque ricche di aneddoti, pur se raccontate in modo semplice, diretto e sintentico. Un volume pertanto per tutti e che si divora.

L'autore FAUSTO BAGATTINI

Alcune curiosità, tanto per fare il verso a Mascheroni (non c'è refuso argentino). Sapevate che Giorgio Ghezzi fu il primo portiere italiano a sollevare una coppa dei campioni? Chi di voi poi ricorda il tedesco del Werder Brema che in uscita bloccò il pallone e poi, rotolando in terra, lo perse e lo mise sui piedi di Emerson? Ebbene ora fa il Wrestler nella WBE, il nome è Wiese. E chi di voi sapeva che il primo portiere a diventare attore fu Zamora, un mito che scendeva in campo quasi come se dovesse sfilare su una passerella di alta moda e che finì per esser contattato da Benito Mussolini perché costituiva l'unica minaccia eretta al cospetto dell'Italia di Pozzo? E poi gli speciali occhiali da sole con i quali Preud'homme pretendeva di scendere in campo a Italia '90 e che purtroppo la Fifa gli impedì di indossare, manco fossero dotati di poteri speciali come quelli del wrestler di antico corso Rody Piper in Essi Vivono. E via con gli aneddoti legati alla "Partita della lattina" che vide l'Inter perdere per 7 a uno contro il Moenchendlagbach, nelle coppe europee, ma ottenere la ripetizione della partita a causa del lancio di una bottiglietta dagli spalti e per questo riuscire ad avere la meglio nel re-match. Per non parlare della pretesa dell'Irlanda, del duo Trapattoni-Tardelli, di essere ammessa come trentatreesima squadra ai Mondiali del Sud Africa dopo la "partita dello scandalo" della Francia, che vinse lo spareggio a seguito di una rete viziata da un clamoroso fallo di mano di Henry. Per un pazzesco errore arbitrale che ha fatto storia, relativo all'inversione di un rigore in rimessa dal fondo dovuto a un'irregolarità dell'incaricato alla battuta, l'Uzbekistan vedrà cacciarsi fuori da un mondiale vedendo svanire la vittoria maturata sul campo nella ripetizione del match col Bahrein, questo non lo trovate sul libro, ve lo aggiungo io. Di certo la Francia, con le roi Michel in certe posizioni politiche, era nazionale di ben altro lignaggio degli uomini di Taskent e allora nessuno accolse i reclami dei figli di Dublino.

Dunque troverete pane per i vostri denti. Portieri da ogni continente, manca solo l'asia dove però viene raccontata l'odissea del tedesco Pfannenstiel, finito in carcere a Singapore "perché troppo bravo" per chi voleva aggiustare i risultati. E ancora portieri "locos", ovvero i sudamericani che si spingono all'attacco, le goliardate di Pfaff, il dualismo Tacconi-Zenga, lo scandaloso mondiale in Argentina con il regime che provvedeva a sopprimere i rivoltosi e intervenne per favorire la probabile combine contro il Perù, nella cui porta giocava proprio un Argentino (tale Quiroga) nato nella città in cui si disputava la partita, sotto gli occhi del dittatore Videla e del toscano Gelli (noto in Italia per certe pratiche e certe frequentazioni più o meno segrete) con tanto di coinvolgimento della CIA. Davvero pazzesco, con Breitner (Germania) e Cruijff (Olanda) che per motivi vari decisero di non prendere parte alla competizione. Quindi la mano di dios al cospetto di Shilton e la mano del papa morto a esorcizzare il diavolo incarnato da Shevchenko, come la racconta la meteora Dudek che si mise a scimmiottare Grobbelaar (anch'esso presente nella trattazione). E allora correte in libreria e acquistate questo volume, ideale omaggio per gli appassionati di sport in generale ma soprattutto per chi ha ricoperto o ricopre quello che è stato definito, a ragione, il più bel ruolo nel calcio ma anche il più bastardo.

Suggerimenti per il terzo volume
MOHAMMED AL DEAYEA

Chiudo con la poesia di un utente youtube che ascoltai quattro anni fa e che mi piacque moltissimo, perché sintetizza bene il ruolo, tanto che lo contattai chiedendogli se potevo usarla (contavo infatti di scrivere un volume come quello scritto da Bagattini, poi fui ingaggiato per una trilogia western). Quel ruolo che intrapresi a otto anni e che quando iniziai a giocare proprio non volevo fare. "Mettetemi dovunque, ma non in porta". Prima attaccante poi difensore falloso alla Ruggeri, segnai anche una rete, ma per incapacità tecnica di adattarmi ad alcun ruolo finii in porta, anzi proposi quella soluzione anche per sostituire l'unico portiere che avevamo e che si era ammalato. Ero infatti abituato, come ultimo esponente di una generazione non ancora fagocitata dalla tentazione delle console, a giocare a porta a porta, uno contro uno, nel gigantesco cortile di casa, inscenando improbabili scontri mondiali con tanto di inni riprodotti da un piccolo pallone con le bandierine delle squadre partecipanti a Italia '90. Non ne sono più uscito, togliendomi più di una soddisfazione a calcio a cinque. Giocando due anni da titolare nei campionati under 21 nazionali, con riserva un ragazzo di Matera che poi metterà da parte numerose presenze in A/2 nello Jula Matera (ricordo che lo leggevo sempre in formazione nel Corriere dello Sport e dicevo: "Come si spiega che questo mi faceva da riserva e io qua devo sgomitare?"), poi il passaggio all'appena nata squadra del mio paese, Tirrenia, con due spettacolari campionati vinti (D e C/2) con interminabili serie di vittorie consecutive e seconda partita disputata sotto gli occhi di Hugo Enynnaya (quello che fece gol a Peruzzi da metàcampo nella serata dell'esplosione di Cassano e dei quattro portieri in campo: due per parte), quindi la parabola discendente, complice un carattere poco portato alla sopportazione della panchina (fu acquistato un portiere proveniente dall'A/1) e uno strappo all'altezza della schiena il giorno prima di laurearmi con una tesi sulla repressione penale del doping. Una mia caratteristica era lo studio dei portieri, l'idea di venire addosso a chi calciava i tiri liberi ripresa da Castracane (ma anche da Petr Kouba, reattivo nel fiondarsi sugli avversari senza farli ragionare ma condannato da un errore in finale contro la Germania, il primo GOLDEN GOAL della storia), riserva della BNL ROMA, e poi il tentativo di emulare lo schema di gioco dei portieri spagnoli del Futsal (per chi non lo sapesse erano e sono professionisti, tanto che un allenatore che ho avuto si faceva mandare i manuali da tradurre, un matto scatenato in chiave positiva) che giovavano altissimi, senza però avere i piedi buoni come, a esempio, quel Boccero che nel Firenze Calcio a 5 faceva il quinto giocatore aggiunto incarnando la figura del loco sudamericano (stazionando, in fase di costruzione, costantemente a metà campo). Ricordi belli, parate importanti di un tempo ormai evaporato da più di dieci anni e che ogni tanto mi manca (quasi come se non fosse più mio). E allora eccomi a condividere la poesia di cui ho fatto cenno, augurando a tutti i colleghi, presenti e futuri, di reparto il proverbiale motto: "Lunga vita ai portieri, i più matti e i più decisivi, nel bene e nel male!"

"Un portiere non è un giocatore qualunque, 
lui non può sbagliare.
Passa la vita laggiù, da solo,
a difendere l' attacco alla diligenza.
e si prepara al peggio.
La sua vita è tutta lì, in quei pochi metri di campo.
Salva una partita con gesta da grande condottiero, mentre è osannato dal suo popolo.
Se invece vede la rete gonfiarsi, dietro di se, ormai è tardi.
Un portiere, quando sbaglia, non è un uomo solo.
ma soltanto un uomo.
Come dura la vita di un portiere.
" (Dario Calen, da un video trovato anni fa su youtube).