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venerdì 26 aprile 2013

Recensione saggi: DIO ZIGO PENSACI TU (Gianfranco Zigoni e Ezio Vendrame)




Autore: Ezio Vendrame e Gianfranco Zigoni.
Anno: 2003.
Genere: Biografia sportiva.
Edizioni: Edizioni Biblioteca dell'Immagine.
Pagine: 170.
Prezzo: 11,00 euro.

Commento Matteo Mancini
Scatenata biografia senza peli sulla lingua del calciatore Gianfranco Zigoni scritta sotto dettatura di quest'ultimo - durante una serie di incontri in un bar di campagna tra bicchieri di vino e spacconate - dall'eclettico collega Ezio Vendrame, magico trequartista anni '70 tutto genio e sregolatezza.

Ala sinistra classe '44, Zigoni ebbe un inizio di carriera folgorante tra le file della Juventus, contendendo il posto a un grande del calibro di Omar Sivori fino a conquistare il soprannome di Pelè bianco. Da qui la lenta parabola discendente condita comunque da gol, prodezze balistiche che gli valsero il soprannome Killer (sia col pallone che con l'insperabile colt che era solito portarsi ovunque, stadio compreso), risse con avversari, squalifiche continue, litigi con allenatori, scappatelle amorose, incidenti automobilistici, uscite da smargiasso provetto, ma sempre nel rispetto di una ben precisa etica e con la benedizione sconfinata dei tifosi (“Se fossi morto io lo stadio di Verona si chiamerebbe Gianfranco Zigoni e invece pensa che nome di merda che ha oggi: stadio Bentegodi!”)

Seppur autore di oltre cento reti nel campionato di serie A nonché vincitore di uno scudetto e protagonista in Coppa dei Campioni, il fascino di Zigoni resta legato soprattutto al suo carattere incontrollato e incontrollabile, alle sue impensabili uscite (una volta, per protestare contro il proprio allenatore reo di averlo escluso dagli undici di partenza, si presentò in panchina con una pelliccia e un cappello da cowboy) e al suo carisma da vero e proprio condottiero pazzo.

Per capire il personaggio è utile riportare alcuni passaggi estratti dalla prefazione di Alvise Tommaseo Ponezetta il quale lo ricorda in questo modo: “Cavallo di razza del calcio italiano, libero e indipendente, spesso imprevedibile e ingovernabile per allenatori e presidenti. Una persona originale ed estroversa, a suo modo un romantico del calcio, un vero trascinatore delle folle, una bandiera dello sport. Il denaro e il successo gli interessavano relativamente (per restare a giocare nel Verona in serie B, rinunciò alla maglia dell'Inter e a uno stipendio superiore del quadruplo), quello che per lui contavano erano gli amici e l'amore per la terra. Con le sue doti tecniche e atletiche avrebbe potuto raggiungere traguardi inimmaginabili, ma per lui il calcio andava visto e vissuto come un divertimento. Da qui la sua innata ribellione alle regole.”

Così “Dio Zigo pensaci tu”, frase con cui veniva fatto entrare nella ripresa a fine carriera per risolvere le partite in bilico di risultato, propone la storia del calciatore con uno stile e una struttura alquanto strana.

Il duo Vendrame – Zigoni, infatti, non confeziona una biografia articolata e discorsiva, ma si limita a proporre una serie di aneddoti, spesso di una mezza pagina e comunque non superiori a una, peraltro non sempre ordinati cronologicamente. Ne deriva un testo scollegato, dallo stile elementare, che privilegia l'immediatezza e la velocità di ritmo rispetto all'eleganza e allo stile espositivo. Il risultato è un'opera dall'intelaiatura spartana, ma dal contenuto memorabile.

Zigoni da sfogo completo alla sua verve egocentrica fatta di un narcisismo talmente sopra le righe da risultare volontariamente autoironico e divertente. “Come fuoriclasse del calcio mondiale metto Io, Pelè e Maradona perché calcisticamente siamo tre extraterrestri” questo il suo ricorrente biglietto da visita oppure “Tutti si accorsero che anche la massima categoria mi stava stretta : sono sempre stato un giocatore di un altro pianeta.

Il volume parte dall'infanzia del calciatore tra povertà, sospensioni scolastiche per insubordinazione e bullismi vari perpetrati in un quartiere popolare definito il Bronx. Prosegue poi con l'approdo alla Juve e alla nazionale (da cui si autoescluderà perché offeso per esser stato schierato in panchina in più circostanze: “Tu non mi prendi per il culo, io in nazionale non ci torno mai più!”) con tanto di scaramucce con Sivori, allenatori, presidenti e continue conquiste di ballerine, bariste e procaci ragazze.

Come anticipato poco sopra e nonostante le sortite da prima donna (in parte giustificate dalle giocate che era capace di estrarre dal cilindro), Zigoni aveva comunque una sua etica, seppur lontana dal classico perbenismo ipocrita e confinata in un angolo estremo rispetto ai consueti canoni sociali. Così lo vediamo apprezzare la figura di Che Guevara per il suo amore per la povera gente con cui lo stesso Zigoni si identificava (“Il nostro motto è divertiamoci, e gloria a te Comandante Che!”), ma anche difendere strenuamente i compagni di squadra dagli attacchi dell'allenatore: “La nostra squadra è come una merda, con un diamante incastonato” disse un allenatore facendo riferimento al valore di Zigoni, il quale invece di incassare il complimento gli rispose: “Mister, si ricordi bene che nulla nasce da un diamante, ma dal letame nascono i fiori.” Altro caso emblematico è un episodio in cui rinunciò a fare l'amore con una giovane dopo aver scoperto che era vergine: “Quando giunse il momento di fare l'amore scoprii che era vergine. Mi rivestii e lei si mise a piangere perché pensava che non mi piacesse. È solo che non volevo approfittarne: mi dispiace ma sono fatto così.” E ancora lo vediamo manifestare il proprio odio per un compagno di squadra abile come lui nel tiro a bersaglio, ma insensibile all'amore per gli animali: “Non si uccidono gli uccellini, si spara ai lampioni!?

Celebre inoltre la sua poca voglia di allenarsi e la sua abitudine ad arrivare per ultimo agli allenamenti (l'attuale allenatore Francesco Guidolin era addirittura incaricato di portargli la colazione in camera da letto). “Quando avrai i suoi piedi potrai anche tu alzarti alle dieci” la laconica risposta offerta a chi protestasse per i privilegi concessi a Zigoni.
Altrettanto conosciuta la sua discontinuità agonistica. Zigoni era capace di vincere partite da solo come di passeggiare in giro per il campo. Il suo allenatore una volta lo rimproverò: “Zigo è un lungo periodo che non giochi bene. Ora basta, impegnati altrimenti finirai in panchina”, in risposta Zigoni scomparve durante il riscaldamento pre gara, l'allenatore lo trovò seduto in un angolo in meditazione, tutto contento andò dai compagni di squadra: “Ragazzi, oggi per gli avversari è finita, il matto si sta concentrando.

In sintesi una lettura veloce, disimpegnata che divertirà gli amanti dei personaggi tutto genio e sregolatezza e che mette in luce l'irresistibile simpatia di un calciatore che ha saputo costruirsi con sincerità e disprezzo dell'ipocrisia l'alone di un personaggio artistico, puro, estremo e al contempo maledetto degno del sigillo di antieroe sportivo: una sorta di Jena Plisken del calcio.

Un libro dunque consigliato a chi cerca storie sopra le righe, sebbene non eccelso per quel che concerne la struttura stilistica e autoriale, ma per il grande Zigo questo è solo un risibile dettaglio da lettori attenti solo alla forma. Per quel che mi riguarda: pollice alzato!

Chiudo la recensione con il romantico e malinconico pensiero con cui Zigoni regala il suo ultimo capitolo ai suoi tifosi:
“La vita è un lungo cammino di speranze e di illusioni, di lotte contro fantasmi e di angeli che ti guidano. Poi il risveglio e ti sembra di non esserti mai allontanato.
Un attimo di sgomento, ora sono qui nel mio dolce quartiere, mi guardo intorno, qualcosa è cambiato, il fiume non c'è più, qualche ruga, molti capelli bianchi, amici che non vedo, la tristezza mi pervade, il mio pensiero corre lontano, ma che sia stato solo un lungo sogno?”


Ps: “Alzati e mostrami il numero sotto la tuta” mi tolsi la giacca della tuta e gliela tirai in faccia come fosse una bomba: quattro giornate di squalifica!” Zigo, numero 1.

Qua in un'intervista in cui si capisce la personalità del soggetto e che rispecchia il contenuto del libro: http://www.youtube.com/watch?v=GVYBgCcLz04

mercoledì 10 aprile 2013

Recensione narrativa: SPIAGGIA A MANO ARMATA (Umberto Lenzi, 2012).


Autore: Umberto Lenzi.
Anno: 2012.
Edizioni: Edizioni Rizzoli.
Genere: Giallo.
Pagine: 262.
Prezzo: 8.80 euro.

Commento Matteo Mancini
Quinto volume della serie Roma Assassina avviata nel 2008 dal regista Umberto Lenzi con il romanzo Delitti a Cinecittà e proseguita con un poker successivo di romanzi tutti incentrati su delitti connessi al mondo del cinema e aventi come protagonista un ex ispettore radiato dalla polizia per essersi opposto al regime e costretto così a fare il detective privato.
La cinquina ha in comune un ulteriore elemento. Tutti i romanzi vedono interagire il protagonista con attori, registi, giornalisti, pugili, medici e altri personaggi realmente esistiti e di grosso calibro. Inoltre, ciascun romanzo prende le mosse dal set di uno specifico film. Si parte con La Corona di Ferro (1940), proseguendo con il romanzo Terrore ad Harlem - che nonostante il titolo è ambientato a Cinecittà (il riferimento ad Harlem ha motivazioni di stampo razziale, difatti si trattava di un film anti-americano di propaganda politica) – e quindi con i romanzi Morte al Cinevillaggio (ambientato a Venezia al tempo della Rep. Di Salò) e infine Scalera di Sangue (dal nome della casa di produzione).
Si arriva così al quinto romanzo, forse il migliore è stato scritto da qualcuno.
Di sicuro, per il sottoscritto, è un libro speciale, probabilmente il più speciale che mi sia capitato di leggere.

Come ne sono entrato in possesso? Non è stato un caso... Prima un mio amico di penna, parlando di libri in generale e del mio Spaghetti Western Vol.1, mi ha destato curiosità dicendomi in modo vago: “Hai mai letto i romanzi di Lenzi?

Personalmente sapevo che Lenzi avesse dato vita alla serie di romanzi sopracitata, con protagonista un investigatore privato (Bruno Astolfi) espulso dalla polizia ai tempi del regime fascista. Sapevo altresì che questi romanzi, di ambientazione storica (siamo nel periodo finale della seconda guerra mondiale) erano tutti incentrati su delitti attinenti al mondo del cinema. Non potevo però certo sapere la succosa novità legata al quinto e ultimo episodio della serie. È stato lo stesso autore, il grande Umberto Lenzi, a rendermi edotto poco dopo l'uscita del libro avvenuta nell'ottobre del 2012: “Caro Mancini, sai che il mio ultimo romanzo è ambientato tutto a Tirrenia nel 1946?

Per un tirreniese purosangue come il sottoscritto, nonché grande appassionato di cinema di genere italiano e addirittura abitante al piano superiore del vecchio ufficio in cui venivano assunte le comparse impegnate a girare negli stabilimenti Pisorno (dunque in un edificio che ha nei suoi geni il marchio di fabbrica dei vecchi stabilimenti cinematografici di Tirrenia), ciò non poteca che essere un'occasione più unica che rara dato anche l'alone di nebbia scesa sulla cittadina e il completo smantellamento degli studios ormai avvenuto da decenni.

Eh, sì... forse non tutti di voi lo sanno, ma c'è stato un tempo in cui Tirrenia (piccola cittadina balneare tra Pisa e Livorno) prevaleva sulla Roma cinematografica al punto da dover diventare, nella mente dei suoi creatori, la futura Hollywood di Italia (proposito non mantenuto per svariate ragioni).

Dunque vedere riuniti, nella cornice della mia Tirrenia (ci sono però parti ambientate anche a Pisa, Livorno, Grosseto, Forte dei Marmi, Ponsacco e Viareggio), il giallo di un indagine, la penna di un grande maestro del cinema italiano che ha conquistato mezzo mondo (America compresa) e di cui ho visto e apprezzato buona parte della sua sterminata produzione cinematografica - dai war movies (probabilmente il suo fiore all'occhiello) ai polizieschi (insieme a Di Leo e Castellari, era il numero uno in questo genere) passando poi per i thriller, gli horror e per ultimo i due spaghetti-western (che sono meglio di quanto lo stesso Lenzi affermi) - non poteva che essere per me un qualcosa di eccezionale.

Lenzi da così vita a un giallo che potrei definire classico, piuttosto che pulp o adrenalinico, che fa dell'intreccio e dei vari sviluppi dell'indagine il suo punto di forza.
Tutto prende le mosse con il misterioso assassinio di una bellissima ragazza di Salerno fuggita dalla Campania perché costretta a prostituirsi da un c.d. pappone (qui sarà decisiva la confessione di una collega chiamata Alba Teverani, meglio conosciuta come Stella, che sarà di grande aiuto al detective). Giunta a Pisa, la poveretta, finirà per cadere in un giro addirittura ben peggiore della prostituzione, fino a essere raccolta da un ufficiale americano di colore (John Kitzmiller) e vedere così la luce al fondo del suo tunnel esistenziale con la scoperta del vero amore. Assunta come parrucchiera dalla produzione impegnata nelle riprese del film Tombolo Paradiso Nero (1946) diretto dal regista Giorgio Ferroni (che molti di voi ricorderanno tra i principali fautori del successo cinematografico di Giuliano Gemma nel mondo dello spaghetti-western grazie al film Un Dollaro Bucato uscito subito dopo a Una Pistola per Ringo), la giovane sarà trovata misteriosamente morta dopo aver avuto una strana visita nella macchia di Tombolo.

L'ufficiale americano, anch'egli impegnato come organizzatore nonché come attore nella lavorazione del film, sarà subito arrestato da una coppia di poliziotti burocrati che sbaglieranno pista per tutto il corso del romanzo (peraltro si renderanno protagonisti di tradimenti reciproci, il più giovane infatti tradisce regolarmente il suo superiore facendo scappatelle con la moglie siciliana dello stesso).

Ecco così che la troupe cinematografica ingaggia Bruno Astolfi che giunge da Roma a Tirrenia (anche se è di origini pratesi) e darà vita a una lunga e difficoltosa indagine, piena zeppa di false piste, errori, ma che lo condurrà a poco a poco vicino alla verità. Ne saranno una dimostrazione gli attentati che l'uomo dovrà subire, ma anche la serie di omicidi (alcuni dei quali fatti passare per suicidi o allontanamenti improvvisi dei diretti interessati) che cominceranno a verificarsi nel corso della storia. Il tutto porterà Astolfi sulle tracce di un motociclista che se ne va in giro con un cappellino da aviatore e con un feroce pastore tedesco il cui nome inizia per L (unica lettera rimasta attaccata su un enorme collare trovato sulla scena del delitto). Nel finale, che per ovvie ragioni non vi anticipo e in cui si respirerà un po' d'aria del mitico Edgar Allan Poe, il nostro troverà la soluzione del caso a Pisa, in pieno centro, addentrandosi nello spettrale Arno Dorato (non aggiungo altro, perché rovinerei la lettura).

Il protagonista della vicenda viene ben descritto da Umberto Lenzi nel corso di una presentazione avvenuta nel dicembre scorso al Cinema Arsenale di Pisa. “Astolfi è un presuntuoso, ma è anche intelligente e geniale. Ama il cinema e non ha assolutamente una regolarità di vita. A esempio non usa un taccuino come hanno tutti i poliziotti, ma scrive sui risvolti dei fiammiferi Minerva.
Ha un modo di agire estremamente toscano, molto forte. Ha anche grossi difetti. Beve molto fernet, beve solo quello talvolta mischiato al chinotto. Voi direte: Ma è pazzo?! E invece lui lo beve regolarmente. Fuma molte sigarette e come al solito si trova sempre invischiato in situazioni più forti di lui, però è un personaggio che ha un background importante. Quando era studente universitario e stava per laurearsi in legge è stato pugile dilettante e ha conosciuto allora molti pugili professionisti
”.

La descrizione del regista calza a pennello. Molto acuto, assai di più degli ex colleghi che tentano di aiutarlo nel corso dell'indagine (prendendo sempre pugni di mosche e innocenti a causa di tutta una serie di pregiudizi ivi compresi quelli razziali), avrà la fortuna di assere assistito da personaggi che potremmo definire delle guest star: il medico legale FOLCO DOMENICI (professore di medicina legale di Lenzi ai tempi universitari c/o l'università di Pisa) che collegherà il collare all'assassino, il giornalista INDRO MONTANELLI, il simpaticissimo ALDO FABRIZI (protagonista del film Tombolo Paradiso Nero) che regala battute e guasconerie per tutto il tempo, e via con GIORGIO FERRONI, MARIO MAFFEI (anche lui regista realmente esistito), il giornalista del Tirreno di Livorno SANTINI, l'ex pugile Vero MAZZINGHI forse parente del più famoso Mazzinghi e molti altri tra cui anche FEDERICO FELLINI.

Un cocktail che definirei esplosivo che rende spassosa la lettura complice uno stile molto scorrevole e soprattutto una ricostruzione storico-geografica quasi maniacale. Lenzi ha svolto un eccezionale lavoro di indagine (ci sono nomi di alberghi veri, di vie, viali), ha recuperato documenti quasi perduti e ha ricostruito il tutto nei minimi dettagli (compreso il richiamo alle banconote stampate al posto della lira dagli americani). Ho gradito moltissimo (in quanto non ne ero a conoscenza) la descrizione degli studios della Pisorno con la presenza dei prigionieri tedeschi impegnati a lavorare all'interno. Ecco il passaggio in questione: “In un angolo recintato, davanti agli altri due teatri di posa, era allineata una serie di grandi contenitori in ferro contrassegnati dalla scritta “OFF LIMITS – NO TREPASSING”. E, con sorpresa, scorsi al di là della recinzione un viavai di militari che indossavano uniformi stracciate della Wehrmacht e scambiavano tra loro frasi gutturali in tedesco. “Sono i prigionieri di guerra, addetti ai lavori pesanti” mi spiegò Pellegrini. “Si tratta di gruppi non ancora rimpatriati per motivi disciplinari o perché ritenuti responsabili di reati specifici.”
Dunque un evento storico di cui io stesso non ne ero al corrente, almeno in considerazione della data in cui è ambientato il romanzo: il 1946.

Abbiamo anche ghiottonerie per gli amanti dei revival con una vera e propria colonna sonora costituita da molteplici “intermezzi musicali”, con stralci di testi di brani dell'epoca, e persino notizie di vario genere come il riferimento alla vittoria di Biondetti nella Millemiglia del '47 davanti a Nuvolari (corsa che ha ispirato anche il celebre pezzo di Lucio Dalla) o all'ippodromo di San Rossore dove si svolge una corsa prestigiosa dove corre un certo Hernani, figlio del grande Rigoletto.

Ecco però la descrizione che Lenzi fa di Tombolo, a inizio romanzo, che vi riporto giusto per farvi conoscere il contesto. “Conosci Tombolo? E' il lungo tratto di pineta tra Livorno e Pisa, dopo il Calambrone e prima di Tirrenia... Questa pineta è divenuta il ricettacolo di un gran numero di disertori americani di pelle nera, di segnorine, di lestofanti, contrabbandieri, ladri e lenoni, che hanno messo in piedi un vero e proprio villaggio fuorilegge. La pineta di Tombolo è un groviglio inestricabile, vi hanno piazzato baracche, filo spinato, trappole di ogni genere. Se ti avvicini ti ricevono a raffiche di mitra. Comanda la malavita, associata nei traffici con i neri che hanno disertato, perché non vogliono tornare in Alabama, in Georgia e negli altri stati razzisti del Sud.

Quindi un libro scritto con stile sobrio, senza tanti virtuosismi ma con ritmo piuttosto sollecito sebbene gli sviluppi non siano immediati. Il pregio maggiore dell'opera sta proprio in questo, nella capacità di suscitare una certa verosimiglianza dovuta al fatto che la soluzione finale si rivelerà sofferta e faticosa e non un qualcosa di immediato dove si prende al volo la pista giusta. Del resto è lo stesso Lenzi ad affermare: “Quello che ho scritto è tutto vero!
La cura nell'ambientazione e la presenza di personaggi realmente esistiti costituiscono un valore aggiunto.

Da notare l'omaggio di Quentin Tarantino, fresco dal successo del western Django Unchained (2013), che campeggia in copertina: “Lenzi è uno dei miei maestri. Sono un suo grande ammiratore”.
Il volume è cartonato ed è edito da Rizzoli in una ottima confezione.
Per quel che mi riguarda, spero che Tarantino si legga il romanzo e si interessi alla storia dei vecchi studios Pisorno caduti nell'ombra dopo un inizio di carriera folgorante. Sarebbe assai prestigioso per Tirrenia.

Da recuperare e un mio sentito ringraziamento a Umberto Lenzi per essersi interessato a Tirrenia e avervi ambientato un suo romanzo.

Al link sotto riportato trovate le presentazione di UMBERTO LENZI presso il CINEMA ARSENALE di PISA.
http://www.youtube.com/watch?v=tEjN9BciGwQ