Autore: Fabio Calabrese.
Anno: 2018.
Genere: Horror - Weird.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 204.
Prezzo: 16,50 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Terza
antologia (di sei) ispirata alla narrativa di H.P. Lovecraft per
Fabio Calabrese, già recensito su queste pagine (https://giurista81.blogspot.com/2024/03/recensione-narrativa-il-segno-di-yog.html - https://giurista81.blogspot.com/2024/07/recensione-narrativa-sulle-orme-di.html ), che conferma il
sodalizio con Dagon Press e licenzia questo Progenie
degli Abissi.
Il
progetto va in porto a distanza di quattro anni dalle precedenti Nel
Tempio di Bokrug e Altre Storie Lovecraftiane (2014)
e Sulle
Orme di Alhazred
(2014). Un periodo lungo, sufficiente a predisporre un lotto di racconto
qualitativi, se non fosse che Calabrese non progetta il volume ma pare sposare una specifica richiesta di Pietro Guarriello (così interpreto tra le righe).
Composto da dieci racconti brevi, Progenie
degli Abissi è un'antologia dotata di minore freschezza delle precedenti pur confermandosi godibile. I soggetti sono spesso fortemente
derivativi e tendono a non rispettare il proposito di partire da
Lovecraft per plasmare qualcosa di nuovo. Calabrese cerca in tutti i
modi di rispettare la linea ortodossa (a tal proposito, in un breve
saggio a corredo dell'antologia, argomenta e critica i
fraintendimenti avvenuti nel corso degli anni sulla narrativa di
Lovecraft, cercando di evidenziare la filosofia dell'autore e il suo distacco dall'occultismo e dall'esoterismo), al punto da cercare di essere il più fedele possibile
alle impostazioni del Solitario. Ecco che si percepisce, in molti dei
dieci racconti, una mancanza di cifra autoriale e di impulsi innovativi. È un
po' come se Calabrese temesse di profanare il Maestro. Ne derivano
letture che piaceranno sicuramente ai cultisti di Lovecraft ma che,
allo stesso tempo e salvo qualche eccezione, lasciano poco al lettore
se non il mero intrattenimento. Lo stile è leggero, eppure non
banale. Se vengono meno i lirismi, i dialoghi propongono quasi sempre spunti di riflessione e denotano
un'invidiabile cura stilistica, talvolta non sfruttata appieno dalla
storia. Il punto debole del progetto infatti ricade sui soggetti (un po' il difetto della produzione troppo inflazionata di Calabrese),
specie negli epiloghi, più di una volta frettolosi e tali da
invalidare le buone costruzioni iniziali (si vedano Il
Richiamo e
L'Angelo
di Legno).
Si
ha così l'impressione di un progetto che non viene da una motivazione interna dell'autore, ma piuttosto risponde a una volontà di
“sfruttare” la passione dei lettori per il Solitario di
Providence così da garantirsi una confort
zone
di vendite. È lo stesso Calabrese, in prefazione, a suggerire
indirettamente una tale impostazione, laddove dichiara di essere
arrivato ad “adattare” alcuni racconti pubblicati su altre
antologie ed estranei – in origine – ai Miti di Cthulhu”, così
da impinguare un'antologia basata su un piccolo gruppo di racconti
iniziali (tre o quattro) e una serie di altre storie scritte in
“fretta e furia” (questo lo aggiungo io) per raggiungere il
limite di pagine richiesto. Tale costruzione traspare nella lettura,
seppure mitigata dalle doti narrative dello scrittore (senz'altro
superiori alla media dei colleghi italiani che si dilettano nel
weird)
e dal suo evidente interesse per i testi e le teorie apprese nei
manuali di divulgazione scientifica che confluiscono nei racconti.
Ne
deriva un'antologia che intrattiene, diverte gli appassionati, ma non osa. Traspare un atteggiamento troppo remissivo dell'editore che
avrebbe di certo potuto spingere l'autore a rendere migliori (da un
punto di vista di soggetto) almeno tre quattro racconti che
evidenziano potenzialità non espresse appieno.
Non
definirei omogeneo il livello dei racconti, come altri hanno avuto modo di scrivere.
A essere omogeneo è lo stile dell'autore, che sa come mantenere viva l'attenzione dei lettori e palesa un vero e proprio amore per le
atmosfere weird
e
per quell'orrore di inizio novecento. Calabrese non cade in pesantezze filosofiche o in propositi letterari. Un aspetto non certo secondario
questo, che può essere già sufficiente a garantire l'acquisto del volume (non a caso ho cinque delle sei antologie che Calabrese ha dedicato a Lovecraft).
In
questa occasione, dei dieci racconti proposti, solo tre – a modesto
avviso di questo recensore – sono davvero buoni e completi. Un
quarto è fortemente derivativo, ma ben condotto in porto, mentre tre ulteriori godono di grande fascino e sono presentati in modo
estremamente accattivante pur lasciando l'amaro in
bocca per quel che sarebbe potuto essere con una maturazione del
testo da estendere su più pagine. Faticano a imporsi, invece, i
restanti tre racconti che pur muovendosi sulle coordinate del
genere non si staccano da quanto già letto e, in alcuni casi,
peccano addirittura di contenuti per rivelarsi meri esercizi di stile.
ANALISI
NEL DETTAGLIO
Curioso iniziare
l'analisi di un'antologia lovecraftiana,
partendo dall'unico racconto che di lovecraftiano
non ha nulla. La Casa dei 7 Peccati,
infatti, è un tributo – questo sì scritto in chiave “autoriale”
e non semplicemente derivativa – a Edgar Allan Poe. Calabrese
predispone il miglior soggetto dell'antologia e non è un caso se
il racconto si sviluppi su una distanza tale (trentadue pagine) da
farne l'elaborato più lungo del progetto. Gli
omaggi a Poe, costituiti da Ligeia,
The Fall of the House of Usher e
soprattutto da The
Masque of the Red Death, si miscelano a
una storia nera incentrata sulla capacità di suggestionare le menti
al fine di far emergere il peggio dalle persone e indurle a
scontrarsi tra loro manovrandone le condotte. Il tema del mad
doctor,
qua costituito da un pianista di eccezionale valore, incontra Poe e
la psicanalisi collettiva. Una presentazione di una villa, costruita
in modo da ricordare la magione del Principe Prospero del celebre
racconto di Poe, con le sue camere colorate e in grado di plasmare
gli umori dei presenti, diviene teatro di una vendetta ordita per le
vie più spettacolari. Davvero un buon racconto, dal finale onirico,
con una parte dedicata alle modalità attraverso le quali il
protagonista riesce a sottrarsi dalla trappola in cui è finito. Una parte questa che ricorda
Il
Gioco di Gerald di
Stephen King. Tra i migliori in assoluto di Calabrese.
Se
La
Casa dei 7 Peccati è
di gran lunga il racconto più completo dell'antologia, Sul
Piano Astrale è
il più terrorizzante. Calabrese si muove su coordinate ultra
collaudate, con un testo che ricorda un po' From
Beyond di
Lovecraft e L'Anello
si Saturno di
Meyrink. L'idea è quella di una realtà ulteriore e compresente alla
nostra visibile solo attraverso macchinari (qua delle particolari
lenti) in grado di superare i limitati sensi umani. Niente di nuovo,
ma narrato con il piglio giusto. Punto di forza i dialoghi
esistenziali, sospesi tra religione e filosofia che danno sostanza al
testo. Sarebbe stato perfetto per una pubblicazione su Weird
Tales.
Un
altro racconto meritevole di segnalazione è quello che da il titolo
all'antologia ovvero Progenie
degli Abissi.
Qui Calabrese trasla i suoi studi sui manuali di divulgazione
scientifica e lo fa proponendo un soggetto che si poggia su un'idea di
fondo non dissimile a quella al centro di film come Shark
2 – L'Abisso (2023).
Il racconto ha risvolti ambientalisti, giostrato su una pseudo-biologia
per la quale quanto per l'ecosistema umano risulta nocivo (a esempio i rifiuti) ben
potrebbe rivelarsi nutritivo per un ecosistema alternativo e in
competizione al nostro. La comparsa di una strana creatura anfibia,
debitamente analizzata dal protagonista a termine di un'autopsia
dallo stesso condotta, è il preludio per l'emersione di creature
aliene verosimilmente provenienti da una biosfera
ombra.
Piace la padronanza con cui Calabrese si muove tra scienza e la
pseudoscienza, argomentando e cercando di convincere per tali vie i
lettori sulla verosimiglianza di quanto proposto.
Calabrese
prova a ripetere l'esperimento con il meno riuscito Caccia
al Palolo,
che fa parte di quei racconti costruiti su premesse affascinanti che
poi vengono disattese dalla seconda parte del testo. Storia esotica,
addirittura ambientata in Vanuatu, con un certo rimando a Lovecraft,
per quanto concerne la presenza di indigeni riconducibili a razze
sfuggevoli. Il testo si dipana per vie po' confuse, propone una pesca in cui ci si aspetta qualcosa di terribile che invece non si manifesta. Calabrese predilige proporre teorie scientifiche che, partendo dal regno animale, sconfinano in una pseudoscienza che scomoda Giovanni Pascoli e il concetto del
“fanciullino”
che vive in ogni individuo e viene “castrato” dallo sviluppo
della parte matura. L'epilogo, in odore doppelganger,
di presa metaforica, non rende giustizia a una prima parte
decisamente affascinante. Resta comunque un racconto ben al di sopra della sufficienza.
Un
altro racconto ben introdotto e dal grande fascino, questa volta
orientato su una trama dai risvolti gialli, è L'Angelo
di Legno,
in cui i carabinieri di un villaggio di campagna indagano sul furto
di una strana scultura di legno sottratta da una chiesa. Prima parte
notevole, con rimandi al folklore dei gargoyle,
che purtroppo si sgonfia in un finale non massimizzato che richiama
The
Hound. Questo
è uno di quei racconti su cui l'editore avrebbe potuto insistere, per
suggerire un maggiore sviluppo di trama e un epilogo svincolato dalla scorciatoia dei rimandi lovecraftiani.
Interessante,
a tratti, La
Pietra Sacra
(già edito altrove da Calabrese col titolo Ayers
Rock)
che richiama atmosfere australiane sull'esempio dei film di Peter
Weir (L'Ultima
Onda)
al fine di proporre un racconto ecologista, in cui le popolazioni indigene
cercano di proteggere il proprio habitat dallo sfruttamento
ambientale dell'uomo bianco. Ottima idea di fondo, ma un po' troppo
semplificata nello snodo centrale. Buono, invece, il collegamento tra
l'inizio e l'epilogo del racconto. Ricorda certi racconti di Antonio Bellomi.
Calabrese
attinge direttamente dal “taccuino delle opere mai scritte” di
Lovecraft per Il
Libro e l'Abominio, un
racconto classico, incentrato su un viaggio astrale indotto dalla
lettura di un libro proibito che conduce il protagonista verso mondi
lontani e confinati in altre galassie, dove creature dalle forme
ittiche si apprestano a banchettare ponendo in sacrificio un uomo: lo
stesso protagonista. Racconto estremamente derivativo, che rubacchia anche da William H. Hodgson e da The
House on the Borderland.
Il finale, pur se efficace, è estremamente inflazionato.
Questo
il meglio dell'antologia che per il resto propone racconti – non me
ne vogliano – riempitivi. Il
Flauto
sfrutta gli stessi ingredienti de Il
Libro e l'Abominio,
ma gioca su uno sviluppo invertito. Laddove nel precedente racconto
era il protagonista a finire in mondi alieni per mezzo di un tramite
di matrice “culturale” (il libro), qua sono gli alieni a venire
nel nostro mondo attraverso il richiamo delle note emesse da un
particolare flauto. Carino, ma ultra inflazionato.
Il
Sacrificio e
Il
Richiamo sono
due modesti racconti, che ricalcano le vicende legate ai miti di
Cthulhu, diluendo i testi con le vicende ultra conosciute legate all'arrivo sulla
terra dei Grandi Antichi e alla loro successiva dipartita.
Il
Richiamo è
un racconto sulla solitudine e sui pericoli a essa connessi, tali da
spingere i reietti incapaci di inserirsi nella società nelle maglie dell'occultismo. Calabrese caratterizza bene il personaggio,
vittima di paranoie e di una visione xenofoba della società. Peccato
che il tutto, a trequarti di racconto, venga portato a conclusione in
un modo deludente seppure di presa metaforica.
Il
Sacrificio non
beneficia neppure di una buona prima parte, ma prende le mosse
durante il classico rito dal retrogusto satanico e si conclude in
modo ironico richiamando film come Dracula
Cerca Sangue di Vergine... E Morì di Sete.
CONCLUSIONE
Questo il contenuto di un'antologia che sa intrattenere, ma che, salvo qualche racconto, propone poco di nuovo. Consigliata ai cultori di Lovecraft senza però attendersi storie in grado di ampliare i Miti.
“La
suggestione può ingigantire e scatenare i mostri che dormono dentro
di noi, ma non li crea. ”