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giovedì 12 settembre 2024

Recensione Narrativa: IL MANIERO DI SANGUE E LUSSURIA di Fausto Marchi.

Autore: Fausto Marchi.
Anno: 2024.
Genere:  Erotico / Gotico.
Editore: Susil Edizioni.
Pagine: 174.
Prezzo: 18.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Quarto romanzo dell'amico Fausto Marchi, già recensito e intervistato (https://giurista81.blogspot.com/2023/04/intervista-fausto-marchi.html) in occasione degli ottimi La Vestale di Dagon (https://giurista81.blogspot.com/2021/03/recensione-narrativa-la-vestale-di.html), Rime Gotiche (https://giurista81.blogspot.com/2021/07/recensione-narrativa-rime-gotiche-di.html) e Il Bacio del Crisantemo (https://giurista81.blogspot.com/2023/04/recensione-narrativa-il-bacio-del.html).

Il Maniero di Sangue e Lussuria è la sua “freschissima” ultima uscita, addirittura disponibile sul mercato solo da qualche giorno tanto che penso di aver l'onore di esser il primo a recensirlo.

Dopo aver omaggiato Howard P. Lovecraft e i pittori simbolisti, Marchi presenta il suo tributo a una delle sue altre grandi passioni: Frank Graegorius e la serie I Racconti di Dracula, i celebri racconti horror che uscivano nelle edicole negli anni sessanta e settanta. Intendiamoci però, onde evitare incomprensioni: il romanzo in questione non è un horror sovrannaturale con demoni, fantasmi o vampiri ultraterreni. Pur seguendo gli insegnamenti della narrativa neo-gotica, penso soprattutto a Vernon Lee (che l'autore dice di non aver mai letto, ma di cui presenta evidenti similitudini) o anche a Edgar Allan Poe (per la forte dimensione psicologica e disturbata dei personaggi, oltre per un finale che rimanda a The Fall of the House of Usher), è una storia costruita con uno sviluppo crescente e progressivo che parte dall'erotico per culminare in un delirio finale riconnesso al tema della reincarnazione e dei rituali satanici, ma al contempo potenzialmente ascrivibile a crudeli coincidenze che portano a un pazzesco equivoco di fondo. Lo schema narrativo ricorda molto gli erotici anni ottanta di Joe D'Amato (che avrebbe apprezzato non poco il testo), pur, a differenza di questi, beneficiando di un substrato di fondo curato e assai classico. Marchi analizza le psicologie dei personaggi, tutti raccolti come tradizione dei “Dracula” in una magione scozzese battuta dalle piogge e dispersa nelle brughiera in coincidenza del Samhain. All'interno di tale contesto, abbiamo un lotto di sei personaggi (due maschili e quattro femminili) libertini e schiavi di parafilie che, alla stregua di una tossicità da sostanze stupefacenti, ne condizionano le condotte. Si va dal vampirismo, passando per il feticismo, fino al classico rapporto master & slave, tra tradimenti e scambi di coppie, dove le unioni sono sia eterosessuali che saffiche. Ne viene fuori un testo ascrivibile al genere erotico, dove il fantastico – molto sfumato (sebbene si inneggi a Satana) - trapela nel finale in una ricostruzione alternativa a un caso di follia a due alimentata da coincidenze assai precise che potrebbero aver alimentato una follia latente (si noti come uno dei due personaggi in questione sia proprio una psicologa). Attenzione però a non cadere in inganno. Marchi guarda a romanzi quali La Donna Eterna (1978), La Donna che Venne dal Gelo (1969) e Il Castello delle Rose Nere (1965), tutti firmati da Libero Samale (con pseudonimi quali Frank Graegorius o Martin von Schatten), oltre a storie del crisma di Oke of Okehurst (“L'Amante Fantasma”, 1886) di Vernon Lee, per parlarci di un'ossessione legata al passato e stimolata da antichi quadri di antenati che riproducono una donna assassina, in tutto e per tutto uguale a una delle protagoniste della storia, che ha ucciso il marito per concedersi all'amore saffico e che, ora, a distanza di secoli, convinta di essersi reincarnata, attende il ritorno dell'amata. Proprio quest'ultimo racconto della Lee ha una fortissima correlazione col lavoro di Marchi, una considerazione – penso di poter dire – che dona lustro all'opera e la rende accattivante per chi abbia apprezzato una certa narrativa.

Il Maniero di Sangue e Lussuria è dunque un dramma erotico assai spinto (nei contenuti, ma non nel lessico) con le atmosfere, le scenografie e la gestione dei tempi tipica del racconto del terrore di fine ottocento. Il lessico è sufficientemente aulico, con un tocco leggero anche nelle scene crude (il finale è brutale) e in quelle erotiche, tanto che l'epilogo, pur nella sua mattanza, finisce per godere di una marcata componente romantica. Marchi è uno scrittore legato alle storie anni '60 e dunque non infettato dalla credenza (sbagliatissima) che per raccontare un erotico si debba ricorrere a un lessico esplicito e volgare. Ecco allora che lo vediamo descrivere i capi di vestiario, i reggicalze che compaiono sotto le gonne, ma anche dettagli dei rapporti sessuali con oggetti sostitutivi dell'organo maschile o posizioni che potrebbero far esultare un giocatore incallito del lotto.

Lo stile è accattivante, elegante, intriso di un particolare gusto retrò anche nei dialoghi e nel descrivere le cene e i piatti culinari (aspetto sempre presente nei romanzi dello scrittore romano).

Opera dunque imperdibile per chi abbia apprezzato gli horror erotici di Libero Samale, a cui Marchi regala un esplicito omaggio citando, in un dialogo, un titolo di un romanzo dello scrittore, ma anche per i cultori di Vernon Lee (a cui si deve anche il grandguignolesco finale) e di un erotismo miscelato alle storie dell'orrore sebbene qua, a parte bagni di sangue - che ricordano (per intenderci) lo stile della Bathory - e i continui rimandi a un passato ineluttabile che si ripresenta sotto la forma della reincarnazione, il sovrannaturale resta sfumato.

Presente qualche refusetto di scarsa rilevanza. Autore da scoprire, anche per i suoi precedenti romanzi. Penalizzato dalla scarsa distribuzione delle sue opere.

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