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sabato 29 dicembre 2012

Recensione Saggistica: IL MIO NOME è CHE GUEVARA (Alejandro Torreguitart Ruiz)




Autore: Alejandro Torreguitart Ruiz
Anno: 2009
Edizioni: A. Car
Pagine: 252
Prezzo: 15,00 euro

Commento Matteo Mancini

Ottimo volume scritto dal cubano Alejandro Torreguitart Ruiz (scrittore in dissidio con il regime castrista e di solito impegnato in narrativa, di lui ricordo l'antologia fantastica "Mister Hyde all'Avana" edita da Il Foglio), presentato e tradotto da Gordiano Lupi per le Edizioni A.Car (il libro è disponibile per l'acquisto anche presso le Edizioni Il Foglio).
Si tratta di un volume storico/biografico che, per fortuna, abbandona le tentazioni politiche per tracciare un completo profilo del Comandante Ernesto Guevara, meglio conosciuto come il “Che” (nomignolo affibbiatogli dai cubani per un suo intercalare tipicamente argentino), ma anche della genesi e dell'evoluzione della rivoluzione cubana e dei vari focolai rivoluzionari dell'epoca sia in America latina che in Africa.

Torreguitart parla della giovinezza turbolenta di Guevara e del suo iniziale disinteresse per la politica fino ai viaggi in motocicletta che lo portarono a contatto con la povertà figlia dell'egemonia capitalistica.
A poco a poco si passa agli scontri in Guatemala fino all'esperienza in Messico e da questa ai preparativi per la rivoluzione a Cuba contro Batista, un tiranno corrotto piegato ai voleri della malavita statunitense, da cui partire in vista di una rivoluzione su larga scala che il "Che" non riuscirà mai a portare a termine. M
Molteplici i riferimenti alle varie dittature caraibiche e soprattutto all'influenza esercitata dalla CIA e dal KGB sui vari stati del terzo mondo.

Ne viene fuori un volume ben scritto, anche se ci sono alcuni refusi dovuti all'impaginazione (niente di che, sia chiaro). L'unico appunto può essere mosso su una certa ripetitività di alcuni concetti la quale, tuttavia, è senz'altro utile a fissare certi aspetti nella testa dei meno attenti.
Notevole il profilo che Torreguitart traccia, nel corso dell'opera, del “Che”, parlando sia della sua vita privata sia di quella pubblica. L'autore cerca di raccontare il tutto fedelmente senza farsi influenzare da idee politiche pro o contro la figura del rivoluzionario. Ne emerge il profilo di un uomo forte, coerente fino all'estremo per la difesa dei suoi ideali (riscatto dei più poveri, ridistribuzione equa delle risorse, alfabetizzazione dei ceti meno abbienti, accesso all'universita dei ragazzi di colore, lotta all'imperialismo e all'individualismo), ma anche duro e implacabile a danno dei traditori, dei disertori e degli stupratori, nonché dei collaboratori del governo di Batista (trucidati dopo processi sommari per crimini di guerra). Nulla sembrava in grado di fermare il “Che” neppure una terribile asma che lo rendeva schiavo delle medicine fin dall'infanzia. Lui andava avanti come un bulldozer, contro tutto e contro tutti (compresa l'Unione Sovietica che ebbe il coraggio di accusare di complicità con l'imperialismo a causa di una politica economica non adatta allo sviluppo delle nazioni povere, oltre che a evidenziarne la mediocrità dei prodotti e il lusso degli ufficiali del Cremlino che contrastava con le condizioni di vita di un sovietico medio). Aspetti che lo portarono a essere isolato dai moderati (che lui vedeva come un male perché propensi al tradimento in quanto sempre disposti a stringere compromessi), ma anche da chi era a caccia di risultati ben diversi dall'affermazione di un ideale. Per il "Che" tutto questo era assurdo, ciò che contava per lui era un qualcosa di ben più profondo di un ragionamento di carattertere materialistico, qualcosa da perseguire fino ad accettare rischi catastrofici come il possibile scoppio di una terza guerra mondiale che, a suo dire, avrebbe potuto sovvertire l'egemonia imperialista e riscattare i più poveri instaurando una società più giusta. Il “Che” finì con il condannare tutti i regimi comunisti presenti all'epoca, vedendo solo con una velata simpatia le influenze maoiste.

Torreguitart spiega bene le ragioni che stanno alla base delle crudeltà praticate dal "Che" e che trovano risposta nell'esperienza maturata dal Comandante in altre rivoluzioni.
Nonostante tutto non è sbagliato ritenere il “Che” un simbolo di giustizia e di riscatto, anche se perseguito a caro prezzo. "Solo la rivoluzione può condurre a un mondo dove non ci siano più sopraffazioni" era il suo pensiero più ricorrente. In altre parole, forse rischiando di scrivere un'eresia, si potrebbe individuare nel “Che” una matrice comune a quella di Gesù, ma sviluppata in modo diametralmente opposto. Laddove Gesù contava di operare una rivoluzione con un metodo pacifico e per questo spiazzante, il “Che” lo voleva fare a colpi di canna di fucile. Emblematiche, al riguardo, le foto che ritraggono il guerrigliero morto in Bolivia e sdraiato su una barella con barba e capelli folti. “Sembra Gesù” mormorarono in molti, suore comprese.

Ma chi era il “Che”? Era un giovane laureato in medicina, amante dei viaggi, del rugby, della letteratura e della poesia (era un lettore e studioso vorace). Scrisse persino testi di svariata natura, dalla filosofia alla poesia fino a volumi incentrati sulla guerriglia, per non parlare del taccuino che portava sempre con sé e in cui riportava idee, aforismi e appunti.
Era dotato di un carattere schivo, solitario, refrattario alle feste. Al tempo stesso era spavaldo, riluttante alla disciplina, non incline ai compromessi, con una caparbietà rara da riscontrare. Non aveva mai mezze parole, odiava il modo di fare diplomatico, per questo era diretto, sincero, per nulla interessato ai calcoli e alle convenienze personali. Durissimo con sé e con gli altri (è ricordato per il suo essere troppo moralista e per aver l'abitudine di sparare sentenze in modo eccessivo e maleducato), sospettoso verso chi gli facesse un favore e poco incline alle battute, pretendeva il massimo dai suoi uomini e come contropartita forgiava il carattere dei fedelissimi divenendo per gli stessi una guida quasi mistica. Il suo integralismo era talmente elevato da vivere con modeste somme di denaro e pretendere che i suoi cari facessero altrettanto, perché i soldi dovevano servire per la rivoluzione e loro dovevano dare l'esempio degli ottimi rivoluzionari, essere dei simboli da emulare per la gente comune. “Povero ma onesto” era ciò che era solito dire a chi gli chiedesse spiegazioni dei suoi comportamenti incomprensibili ed esagerati sotto il profilo materiale. Per il “Che” lo spirito di sacrificio per il perseguimento dell'obiettivo finale era massimo fino a ripudiare la vita civile (nonostante questo si sposò due volte ed ebbe cinque figli). Per tali motivi era lui stesso a scendere in prima linea nelle battaglie, ad avventurarsi in imprese suicidiarie (Congo e Bolivia dove si recò sotto falso nome e con travestimenti vari per non farsi riconoscere dal nemico) da compiere per meri fini idealisti e senza considerare le risorse a disposizione. Notorio anche il suo impegno con ritmi stakanovisti nell'assolvere gli incarichi burocratici che ricopriva sottraendo il tempo alla famiglia. Al “Che” non interessava il potere e neppure i soldi, voleva solo imporre un'idea per riscattare dall'oppressione il terzo mondo.

Torreguitart parla anche dei “difetti”. Della riottosità del “Che” nel lavarsi, tanto che la sua abitudine a girare con vestiti lerci, fuori moda e completamente disordinati portò alcuni amici a chiamarlo “El Chancho” cioè “Il Maiale”. Ampie parti sono poi dedicate alla violenza messa in atto dal Comandante per reprimere e scongiurare altra violenza. Questo non deve però far pensare a un "Che" sanguinario senza regole. Guevara era capace di apprezzare i nemici che si battevano in modo onesto al punto da soccorrerli a fine battaglia e a evitare che venissero uccisi dai compagni di lotta. Utilizzava i metodi brutali solo a danno di categorie di soggetti ben determinate, per le quali non nutriva nessuna pietà.

L'occasione di parlare di Che Guevara permette a Torreguitart di parlare a lungo anche di Batista e soprattutto di Fidel Castro, personaggio assai diverso dall'argentino. Il ritratto di Castro è quello di un abile opportunista che cavalca la situazione e utilizza personaggi di spicco per perseguire il meglio. Castro è però inizialmente una guida per il “Che”, utile a dosarne l'impeto e a trattenerlo entro certi binari, perché il “Che” era una vera e propria furia che si lanciava in pericoli senza battere ciglio con spirito fatalista e sempre disposto a esprimere le proprie idee anche quando ciò era inopportuno.

"Il mio nome è Che Guevara" è quindi un volume avvincente, un tuffo nella storia, che si dipana lungo le sue 252 pagine senza pause e senza foto e che vale sicuramente l'acquisto a prescindere dalle idee politiche perché con Che Guevara si sconfina in qualcosa che sta ben oltre alla politica.

Chiudo riportando le frasi con cui Torreguitart si congeda dai suoi lettori parlando del "Che":
"Che Guevara è stato un grande uomo, simbolo romantico di chi lotta per un ideale, un personaggio di statura mistica, spesso arrogante e ingenuo, forse sin troppo idealista. Non ha mai ricevuto dagli altri quello che si aspettava perché forse pretendeva l'impossibile, quello che soltanto lui era capace di tirare fuori da una grande forza di volontà. Naturale che sia diventata un'icona dei giovani che lottano per cambiare il mondo, meno naturale vedere il suo volto alle sfilate dei pacifisti.
Il Che ha sconfitto la morte e resta eterna immagine di lotta giovanile, sguardo risoluto e indignato di chi sente dentro di sé tutte le ingiustizie del mondo come fossero proprie.
"

mercoledì 26 dicembre 2012

Recensione narrativa: I MITI DI LOVECRAFT (AA.VV. a cura di Robert M. Price)


Autore: AA. VV.
Curatore: Robert M. Price.
Anno di Uscita in Italia: 2010
Editore: Mondadori - Collana Urania Epix
Pagine: 254
Prezzo: 4,90 euro.

Commento Matteo Mancini
Estratto in versione italiana della più copiosa antologia Tales of the Lovecraft Mythos curata nel 1992 dall'antologista e scrittore Robert M. Price.
Per ragioni di spazio, così motiva la scelta Giuseppe Lippi in calce al volume, vengono tagliati testi di importanti autori. Tra gli scartati troviamo infatti Robert Bloch, August Derleth (tra l'altro sono due i suoi racconti a esser tagliati dal progetto) e un testo di E. Hoffmann Price, a cui fanno compagnia i meno noti Bertrand Russell (e non Bertram come si legge sul volume dell'Urania), Mearle Prout e C. Hall Thompson.
La decisione lascia piuttosto perplessi per svariate ragioni. In primis viene inserito a termine del libro un racconto dell'italiano Marzio Biancolino che nulla ha a che fare con "I miti di Lovecraft" e che pertanto toglie spazio almeno a uno dei racconti tagliati che ben avrebbe potuto sostituire la fatica (peraltro poco produttiva vista la mediocrità del testo) di Biancolino. In seconda battuta Lippi inserisce alcuni testi (i due di R.E. Howard e quello di Henry Hasse) che seppur di ottimo livello erano già apparsi altrove a differenza, invece, di alcuni di quelli tagliati.

Premesso quanto sopra veniamo al libro composto, nella versione italiana, da tredici racconti scritti da undici scrittori contemporanei a Lovecraft e a lui legati da rapporti di corrispondenza ovvero di amicizia o di collaborazione.
Robert M. Price "si limita" a raccogliere il materiale e non ad allestire un'antologia creata ad hoc per l'occasione. Ne viene così fuori una selezione abbastanza omogenea e di discreto livello, con alcuni racconti che si avvicinano ai capolavori della narrativa dell'orrore cosmico.
Le tematiche, manco a dirlo, citano Lovecraft in modo esplicito così si parla di dimensioni ignote popolate da mostri tentacolari che possono scendere nel nostro mondo, di studiosi d'occulto che finiscono con l'impazzire, ma sono ricorrenti anche i riferimenti ai grandi antichi, al Necronomicon e al libro di Eibon.

L'antologia parte subito in quarta. Lippi cala gli assi a disposizione e propone una coppia di racconti di Robert E. Howard, seguita da un'altra coppia questa volta a firma di Henry Kuttner e da un testo di uno dei più qualitativi collaboratori di Lovecraft ovvero E. Hoffmann Price.
Apre le danze La Cosa sul Tetto un discreto testo che pare omaggiare Il Cane di Lovecraft. Come nel testo del Solitario abbiamo una profanazione di una tomba motivata da ragioni di lucro, col furto di un prezioso gioiello. Protagonista è un ricercatore di tesori che scopre, tramite un libro maledetto, la presenza di un tempio - in una località sperduta dell’Honduras - dove crede possa trovarsi un antico tesoro. L’uomo però troverà solo una mummia e una pietra bizzarra che apre le porte dei sotterranei del tempio. La superficialità del ricercatore libererà una creatura alata, dotata di tentacoli e zoccoli, che si sposterà dal centro America fino a Londra pur di recuperare il prezioso minerale sottratto dal ricercatore.

Il secondo testo, Il Fuoco di Assurbanipal, è addirittura superiore al primo, soprattutto per originalità e un tasso di azione degno di un racconto pulp. Il tema della storia resta legato a un prezioso gioiello su cui si narra sussistente un'antica maledizione.
Questa volta ad assumere la veste di primi attori sono due avventurieri, uno afgano l'altro americano. I due si avventurano nei deserti dell'Arabia alla caccia di una gemma custodita in un tempio abbandonato eretto in una città decaduta menzionata nel Necronomicon come la “città del male”.
Braccati da un'orda di mercenari beduini capitanati da uno yemenita, i due, dopo aver dato battaglia a colpi di scimitarra, saranno imprigionati proprio quando saranno sul punto di strappare la gemma dalle dita di un corpo mummificato seduto vicino all'altare costruito in onore di Baal.
Lo yeminita, facendosi beffa delle leggende, afferrerà la gemma finendo però preda del morso di una vipera. Colto da improvvisi spasmi sarà lasciato solo da i beduini. Questi ultimi infatti saranno tratti in inganno dalle superstizioni. I due avventurieri passeranno così dall'inferno al paradiso e faranno loro la gemma.
Il testo si distingue per un talento eccelso del narratore nel raccontare battaglie sanguinolente (non a caso è il papà di Conan il Barbaro) inscenate in città fantasma, tra statue di demoni e decadenza varia. Grande racconto.

Di livello superiore, forse la perla dell'antologia, è Le Sette Maledizioni attribuibile a un altro grande eroe della rivista Weird Tales: Clark Ashton Smith.
Tutto ruota attorno a un magistrato di una magica terra denominata Hyperborea che si lancia, ai tempi in cui Mammuth e Tigri dai denti a sciabola calcavano ancora la terra, con ventisei uomini in una battuta di caccia. Spavaldo e per nulla disposto a credere a storie esoteriche, l'uomo si avventura per conto proprio nella scalata delle pareti rocciose di un vulcano assopito, finendo per disturbare un'importante evocazione di un mago eremitaà. Il vecchio lancia così una maledizione sul cacciatore inibendogli la volontà e il pensiero per indurlo a scontare la punizione inflittagli. Così, partito per una battuta di caccia a danno di creature scimmiesche che vivono nelle grotte del vulcano, il magistrato si ritrova accompagnato da un bizzarro uccello demoniaco e vittima di tutta una serie di maledizioni che lo porteranno ad affrontare divinità mostruose dalla testa di ragno o di rospo, uomini serpenti, dinosauri ectoplasmatici fino a giungere al livello più basso dove dimora Abhoth ovvero il padre e la madre di tutta la sporcizia cosmica. Ogni divinità, infatti, per un motivo o un altro finirà per rifiutare di disporre dell'uomo per donarlo agli altri; persino Abhoth, che dispensa lucertole deformi e abbozzi di creature mostruose, rigetterà il dono in quanto fin troppo osceno per la sua produzione.
Così, dopo un lungo peregrinare, il magistrato verrà spedito nel limbo cupo, tetro e mostruoso noto come la superficie terrestre. Ma il viaggio di ritorno riserverà ancora qualche sorpresa...
Spasso alla stato puro per un racconto che oscilla tra avventura mitologica e orrore. A farla da padrona sono le bellissime descrizioni ambientali in cui Smith si abbandona alla fantasia più cristallina tratteggiando mondi alternativi in cui si giunge persino ad avere una luce superiore rispetto a quella solare.
Un racconto ai confini di una fiaba nera.

Imperdibili le due avventure di Henry Kuttner che si segnalano tra le più orrorifiche dell'antologia. Prima delle due è Gli Invasori, un testo che, a mio avviso, ha influenzato nettamente Stephen King nella stesura di The Mist (racconto che apre l'antologia Scheletri).
A richiamare mostri antichi confinati in altre dimensioni, questa volta, è uno scrittore horror che assume una droga capace di stimolare il cervello ed evocare le vite passate dell'anima. Lo studio del De Vermis Mysteriis di Ludwig Prinn porta l'ignaro narratore a risvegliare le mostruose divinità volanti, provenienti da un'altra dimensione, che popolavano la terra nei tempi antichi. Sul villaggio, in riva al mare, scenderà così una nebbia fitta, mentre lo scrittore e due suoi amici saranno barricati in casa con l'unica intenzione di precipitarsi fuori per raggiunger l'auto e scappar via.

Kuttner aumenta l'impatto apocalittico con il notevole Le Campane dell'Orrore. Ancora una volta la minaccia ricade su un qualcosa (tre campane dissotterrate da una ditta in Messico) capace di richiamare in superficie mostri sepolti nella notte dei tempi. Anche qua a nulla servono le leggende che si raccontano sulle campane e che parlano di una maledizione scagliata da una tribù indigena capace di richiamare, al rintoccare delle campane, un demone imprigionato nelle profondità della Terra.
L'orrore viene preceduto da strani episodi che portano gli operai impegnati negli scavi alla pazzia. Un bruciore agli occhi diviene presto preludio di bizzarre follie che portano alcune persone, guidate da misteriose voci interne, a strapparsi gli occhi dalle orbite. Un freddo fuori stagione inoltre avvolge la cittadina insieme a un cielo sempre più avaro di luce, ciò però non impedisce l'esposizione delle campane sulla pubblica piazza. Un violento terremoto colpirà infine il paese provocando il rintoccare delle campane e lo scendere di un buio pesto...
Dopo il testo di Smith è sicuramente il più avvincente e coinvolgente testo dell'antologia.

Un altro gioiello, sebbene meno brillante sotto il profilo narrativo, è Il Signore dell'Illusione di E. Hoffmann Price, autore che ha collaborato in varie occasioni con H.P. Lovecraft.
Il racconto in esame è un vero e proprio sequel de La Chiave d'Argento del maestro di Providence e assume interesse soprattutto per una serie di riflessioni metafisico/filosofiche.
Il sognatore a occhi aperti Randolph Carter (personaggio frutto della fantasia di Lovecraft) riesce con la chiave d'argento lasciatagli dagli antenati a varcare i confini della realtà e ad accedere in ciò che si cela oltre la materia. Ad attenderlo trova Umr at-Tawil, il più antico degli Dei, nominato anche dal Necronomicon. La guida mostra a Carter la caducità della materia e la limitatezza del mondo umano e delle costruzioni mentali proprie dell'illusorio ingegno degli uomini. La realtà non è tridimensionale, ma il frutto di una serie infinita di intersezioni di piani che si incontrano tra loro e in cui il tempo e lo spazio non esistono. Allo stesso modo le intersezioni dividono un unico individuo in una molteplicità di soggetti che saranno protagonisti nelle varie e distinte dimensioni originate dall'intersezione dei piani. Così una stessa persona vive centinaia di volte senza rendersi conto di essere la stessa persona. In questo modo, variando i piani e per mezzo della chiave di argento, si può regredire nel passato ovvero in ulteriori dimensioni e prendere possesso del corpo di un dato soggetto interessato.
Come detto siamo alle prese con un vero e proprio sequel de “La Chiave d'Argento” di Lovecraft, che parte laddove terminava quello del solitario di Providence. Il testo si segnala per dei passaggi filosofico/metafisici di primo livello (ricordano un po' anche alcune tematiche care al nostro Pirandello relative alla perdita di identità) andando a scardinare l'arroganza dell'uomo che crede in un Dio a sua immagine e somiglianza e non concepisce una realtà diversa da quella tridimensionale. Carter, come viene caratterizzato da Lovecraft nel racconto di riferimento, è un ex scrittore sognatore che reputa riduttivo l'atteggiamento dei suoi simili e cerca una realtà superiore a quella conosciuta, perché ha intuito un'esistenza diversa grazie a una serie di sogni adolescenziali che lo hanno reso addirittura profetico seppur senza rendersene conto.
Nel racconto di Price il “nostro” compirà un passo in avanti nel sondare l'occulto, acquistando la consapevolezza del tutto grazie alla perseveranza e all'insistenza di voler andare oltre i luoghi comuni. Inoltre il racconto di Price, a differenza di quello di Lovecraft, è ambientato in un mondo imprecisato e non nella nostra realtà, quasi una sorta di limbo in cui tutto ha inizio e in cui gli antichi siedono su troni attraversati da piani invisibili che creano infinite ombre della realtà ovvero una serie di dimensioni tra le quali vi è anche il mondo terreno. Da qui la massima: “l'uomo che cerca la verità è al di là del bene e del male e ha imparato che l'illusione è la sola realtà e la materia è un'impostura”. Il rischio, come contropartita di questa conoscenza, è ancora una volta la pazzia, poiché “nè morte, né sventura , né pena possono suscitare la suprema disperazione che deriva dalla perdita di identità". Randolph Carter e i suoi antenati sono in realtà la stessa persona vissuta in epoche diverse tanto che Carter dirà: “Tutto a un tratto mi resi conto di essere molte persone allo stesso tempo”.

Il tema del desiderio di andare oltre all'ordinaria conoscenza viene riproposto, seppur in modo meno convincente, da Richard F. Searight (Il Custode della Conoscenza) e da Henry Hasse (Il Guardiano del Libro). In entrambi i casi abbiamo due studiosi di paranormale affascinanti dal desiderio dell'onniscenza o comunque assetati di sapere, alle prese con oggetti (una tavoletta antica nel primo caso, un libro "più terribile del Necronomicon" nel secondo) capaci di evocare entità maligne dispensatrici di conoscenza.
Searight, senza evitare alcune ingenuità piuttosto macroscopiche (come la capacità del protagonista di tradurre testi scritti da intelligenze precedenti a quelle umane ovvero quella di leggere con la perfetta pronuncia alfabeti ignoti), regala qualche passaggio onirico non di poco conto e traccia l'evoluzione della terra dall'inizio alla fine dei tempi. All'inizio, prima ancora dei dinosauri, mostrerà come protagonisti ciclopiche creature presto insidiate dai grandi antichi provenienti dallo spazio.
Più convenzionale ma anche più ordinato Hasse con le sue maledizioni e i custodi di libri che tentano di far ricadere la maledizioni su incauti lettori. Un testo dal vago sapore della ghost story.

Il livello dell'antologia cala decisamente con gli altri racconti tra i quali, pur essendo inferiore ai già menzionati, è meritevole di menzione L'Abisso di Robert w. Lowndes. Il testo parla di illusionismo, con un esperimento ipnotico condotto da un carismatico individuo che poi si scoprirà esser un entità aliena, celata sotto sembianze umane. Il mago condurrà le cavie del suo gioco illusorio in un territorio ultra dimensionale popolato da mostri tentacolari portandoli a una morte priva di spiegazione. Breve, ma interessante elaborato.

Duane W. Rimel col suo La Musica delle Stelle propone la classica storia che verte sulla musica astrale capace di richiamare divinità (chiaramente maligne) da altre dimensioni. Piuttosto convenzionale anche L'Orrore di Lovecraft di Donald A. Wollheim che invece verte, sempre come strumento per superare la nostra dimensione, sulla matematica unita allo studio del Necronomicon e del Libro di Eibon.

Deludono i più conosciuti Jacobi e soprattutto Leiber, il primo con una storia sulla pazzia riconducibile a una creatura intrappolata in un acquario (da qui il titolo L'Acquario), il secondo con un testo strampalato, Per Arkham ad Astra, che vede i personaggi dei racconti di Lovecraft riunirsi presso la Miskatonic University, per celare gli orrori scoperti dal solitario di Providence. Durante la chiacchierata si sosterrà che il cervello di Lovecraft è stato estirpato dai plutoniani e condotto, ancora vivo, nel cosmo!?

Nel complesso un'antologia non sempre originale ma che è comunque un vero e proprio spasso per gli amanti degli scrittori del blocco weird tales. Visto il prezzo è consigliabile l'acquisto anche se almeno quattro dei tredici racconti sono stati pubblicati altrove. Voto: 7.5

domenica 16 dicembre 2012

Recensione: ZEMANOLOGIA - Filosofia di gioco e di vita di un genio del calcio (M.Palombella & F. Spaziani Testa))



Autori: Massimiliano Palombella e Francesca Spaziani Testa.
Genere: Saggistica.
Anno: 2012.
Editore: Ultra Sport.
Pagine: 194.
Prezzo: 12.90 euro

Commento Matteo Mancini.

In una giornata un po' infausta per i tifosi romanisti, sconfitta di misura immersi nella nebbia di Verona, vengo ad analizzare questo testo, uno dei tanti usciti in questi mesi sulla figura dell'allenatore boemo Zdenek Zeman.

Come non iniziare questa recensione attingendo direttamente dalle parole degli autori anche per meglio tratteggiare il personaggio Zeman a beneficio di chi non segua il calcio? Tra i passaggi più indicativi, il più appropriato, forse, è questo: "La carriera di Zeman è un lungo e costante esperimento. Un viaggio fatto di idee e intraprendenza. Ovunque sia stato ha provato a trasmettere la sua filosofia: bel calcio, divertimento, passione. Ha accettato scommesse. Ha vissuto realtà complicate e scelto strade difficili, tortuose. Si è sempre messo in gioco, riuscendo quasi ovunque a valorizzare talenti, a insegnare calcio. I campioni il boemo li ha scoperti da sé o se li è creati in casa, perché di grandissimi investimenti, nelle squadre allenate da Zeman, se ne sono sempre visti pochi".

Il duo Palombella-Spaziani Testa struttura il libro in modo sintentico e schematico con uno stile giornalistico proprio del mondo di loro provenienza. Sono quattro i capitoli in cui si sviluppa l'opera, quattro capitoli in cui gli autori narrano in modo leggero e scorrevole le vicessitudini della carriera di Zeman, attingendo a frasi storiche del boemo ma anche a dichiarazioni di terze persone. Emerge inoltre assai bene il concetto del calcio spettacolo, dell'esigenza di ottenere il risultato con un metodo volto a creare gioco piuttosto che a disfare o arginare quello dell'avversario: il modo in cui si ottiene un risultato, spiega Zeman, è importante quanto il risultato stesso.

Il primo capitolo, abbastanza breve, viene dedicato al personaggio Zeman, alla sua giovinezza e al suo carattere massimalista. Dunque si parla della sua fuga da Praga, del suo amore per gli sport in generale, dapprima come atleta e poi come studente. Viene poi spiegato il suo atteggiamento mentale e il suo approcciarsi al mondo in maniera idealista, senza compromessi, finalizzato alla ricerca dello spettacolo per il suo popolo e non solo. "Manichea è la sua concezione del mondo" dicono gli autori "Bianco o nero, senza sfumature. Zeman difende le sue idee sino alla morte, perché per lui sono verità assolute."

Nel secondo capitolo si affrontano le battaglie extracalcistiche di Zeman. Il materiale è sintetico, ma sufficientemente completo. Così troviamo la lotta contro il doping, calciopoli e i processi a carico della Juventus che causarono l'ostracismo ai danni dell'allenatore, a poco a poco, isolato e costretto a lavorare dapprima in serie B e poi addirittura in C1. Solo il tempo darà ragione a Zeman con il levarsi di uno scandalo che ha caratterizzato le pagine dei nostri giornali sportivi e non.
Si parla di industria del calcio e di come Zeman veda di cattivo occhio il calcio businnes, in quanto più legato a una visione romantica dello sport. "Continuate a fare calcio per passione, anche ad alto livello, non mettete il guadagno in primo piano. Il segreto è la passione" spiega ai giovani con cui lavora.
Infine si affronta l'ultimo scandalo del nostro calcio ovvero quello del calcio scommesse.
Il capitolo si chiude con una frase a effetto ma che rende bene l'idea del personaggio: "La battaglia di Zeman è come il suo 4-3-3: una certezza".

Il terzo capitolo del libro è quello più completo e interessante. Qui gli autori parlano del calcio di Zeman e della sua filosofia sportiva. Addirittura riportano le tabelle delle terribili (per la fatica) preparazioni estive romaniste e i più frequenti schemi di gioco fatti di verticalizzazioni e sovrapposizioni.
Si accennano anche gli spunti che hanno ispirato il calcio champagne zemaniano e il concetto dell'attacco come migliore forma di difesa: l'Olanda di Crujff e il Brasile anni '70. Zeman però precisa subito: "Credo che uno non si debba accontentare di copiare gli altri, perché così non si va lontano. Devi andare avanti con tue idee e con la tua visione tattica". Ed ecco infatti che viene spiegato come negli schemi dell'allenatore vi siano alcuni accorgimenti mutuati da altri sport come la pallamano e l'hockey per dar vita a uno stile inemitabile proprio del calcio zemaniano.

L'ultimo capitolo, infine, è dedicato alla carriera di Zeman con un'attenzione particolare alle squadre che ha allenato, ai piazzamenti ottenuti e ai rapporti con i giocatori e le varie presidenze con cui ha dovuto confrontarsi. Si riportano anche tutte le rose avute a disposizione eccetto (non si capisce perché) quelle del Licata, di cui si parla comunque.

In conclusione un libro che si legge in una giornata in virtù di uno stile giornalistico che lo rende leggero e privo di fronzoli. Forse un po' sintentico in alcuni passaggi, ha il merito di cercare qualcosa di innovativo introducendo i piani di allenamento e qualche schema tracciato su apposita tabella. Piacevole.

martedì 4 dicembre 2012

Recensione Narrativa: IL CABALISTA (Amanda Prantera)



Autore: Amanda Prantera.
Genere: Thriller Paranormale.
Collana: Urania (Mondadori).
Pagine: 178.

Commento Matteo Mancini.
Thriller paranormale datato 1985, uscito da noi nel 1996 nella collana Urania, The Cabalist è il secondo volume scritto dall'inglese Amanda Prantera dopo il più brillante Strange Loop (Il Cerchio Segreto, da noi uscito nel 1997 sempre sull'Urania).
La Prantera è una scrittrice che vanta qualche fan nella nostra penisola pur avendo avuto una distribuzione assai limitata. Sono solo tre le opere tradotte nella nostra nazione, tutte romanzi.
Il Cabalista è un romanzo che ho cercato per lungo tempo e che si distingue grazie a una bellissima copertina (nulla a che fare poi con il testo, visto che non avremo demoni giganti) curata da Oscar Chichoni e a una trama senza dubbio affascinante incentrata sui misteri della Kabbalah e ambientata nella splendida scenografia di una Venezia degli anni '80. Peraltro si tratta di uno degli ultimi volumi nella mitica veste grafica dell'Urania caratterizzata dalla copertina bianca bordata di rosso con cerchio centrale in cui inserire l'immagine estrapolata dal testo.
Tutto dunque lasciava presagire un romanzo di stampo esoterico che raramente capita di leggere nella narrativa contemporanea, ma così non è.
A fine lettura resta una grossa delusione, peraltro amplificata dall'attesa nel leggerlo..

La Prantera sviluppa un soggetto molto più adatto al formato del racconto. I personaggi infatti sono pochissimi (quasi si contano sulle dita di una mano), come pochi sono i fatti narrati. Così si procede diluendo il soggetto persino con capitoli in cui il narratore commenta quanto raccontato nei precedenti capitoli, quasi come se osservasse i fatti insieme al lettore per trarne deduzioni personali. presenza inolte massiccia di descrizioni ambientali che spezzano il ritmo e che non sono funzionali alla storia.
Peccato perché l'idea centrale ruota, senza mai approfondire, sui poteri della kabbalah (attraverso il ricorso all'arte numerica e linguistica) inquadrata come una magia (nella realtà si tratta più di scienza) per controllare gli esseri viventi e modificare a piacere la loro volontà.

Il protagonista è un vecchio cabalista a cui è stata diagnosticata una malattia incurabile e che vuol quindi far sopravvivere i propri studi individuando un depositario fidato a cui lasciare un testamento contenente le proprie scoperte. L'obiettivo potrebbe sembrare piuttosto agevole, se non fosse che il nostro è un tipo abbastanza solitario che si contorna di pochi individui instaurando con gli stessi dei rapporti abbastanza superficiali. Quasi nessuno sa che è un cabalista, tutti credono infatti che sia un interprete che vive con le traduzioni di testi scritti in lingua estera.
Non verrà creduto da nessuno tanto che sarà costretto a vagare, in cerca di una soluzione, tra i calli umidi e tetri di Venezia.
L'elemento paranormale viene personificato da un ragazzotto che spia il protagonista da un edificio dirimpettaio. Si tratta di un adolescente di origini russe, figlio di un cabalista morto in un incendio a Venezia svariati anni prima, che pare essere riemerso - con la complicità di Azazel - dal passato per compiere una missione ben determinata. Infatti, minerà lo status mentale del vecchio lanciandogli di continuo sulla finestra arti di gatti squartati e attenderà il momento propizio per rubargli il testamento,
Dal canto suo, il cabalista provvederà a introdurre nel testo una serie di dispositivi di sicurezza e di chiavi di lettura funzionali a rendere agevole la lettura solo a degli iniziati.

Oltre 170 pagine in cui c'è poco o nulla da segnalare sul versante del paranormale o dell'intreccio, per quello che risulta essere niente più che una storia drammatica con venature esoteriche. Finalone beffardo che non salva il testo, anzi lo rende ancor più deludente.

Concludo inoltre con una nota personale. Trovo ingiustificabile l'inserimento del romanzo in una collana come l'Urania solitamente dedicata alla fantascienza poiché di fantascientifico qua non c'è veramente niente! Quasi quasi sarebbe stato più adatto il giallo Mondadori.
Nel complesso piuttosto noioso. Trascurabile.

giovedì 29 novembre 2012

Matteo Mancini tra progetti Passati, Progetti in corso e Progetti Futuri



Due righe per gli affezionati sostenitori. Alcuni mesi fa scrissi un articolo con i vari progetti futuri in corso, ricordo che qualcuno mi chiese se non avevo messo troppa carne al fuoco... vediamo come sono andati. Mi sembra di essere un politico in campagna elettorale.

PROGETTI DICHIARATI ALCUNI MESI FA

Progetto numero 1: LIBRO SPAGHETTI WESTERN VOL.1

Progetto REALIZZATO al momento si aggira sulle 400 copie vendute. Numerose recensioni positive ricevute e articoli pubblicati su riviste del calibro di Filmtv e Ciak.

Progetto numero 2: Bastardi senza Storia.

Progetto REALIZZATO. Antologia uscita nei primi giorni di ottobre scorso. Quarto volume più venduto al PISA BOOK FESTIVAL DI PISA tra quelli venduti da IL FOGLIO LETTERARIO.

Progetto numero 3: Prontuario violazioni amministrative del comune di Pisa.

Progetto REALIZZATO. Grande entusiasmo attorno al progetto, in corso i ritocchi. A Gennaio uscirà con tutti i crismi ufficiali. Molto apprezzato.

Progetto numero 4: Articolo sui fatti di Le Mans 1955.

Progetto in STAND BY, in attesa di novità dai committenti circa il progetto...

Progetto numero 5: Articolo di saggistica narrativa sull'autore gallese Arthur Machen.

Progetto REALIZZATO e opzionato dalla DAGON PRESS. Uscirà su un volume a caratura limitata commemorativo in occasione dei 150 anni dalla nascita di Arthur Machen.

Progetto numero 6: Articoli sui primi tre film western di Duccio Tessari.

Progetto in stand by, ma lavoro già ultimato. Attendo conferme dal committente.

Progetto numero 7: Appendice sui film western con protagonisti la coppia Franchi & Ingrassia.

Progetto in FASE DI LAVORAZIONE. Tra due settimane sarà anche questo REALIZZATO.

Progetto numero 8: Ultimo giro: Genio & Sregolatezza in F1.

Progetto in Alto Mare. Nulla di nuovo rispetto ai mesi scorsi.

Progetto numero 9: Cortometraggio thriller/erotico con la Bcd Films.

Progetto che ha avuto una bella accelerata in queste settimane. Trovata l'attrice protagonista, peraltro autrice di un discreto provino, le riprese partiranno quasi sicuramente nel mese di gennaio. Prossimo a essere anche questo REALIZZATO.

Progetto numero 10: Nuova antologia di racconti firmati Matteo Mancini.

Ancora in cantiere, nessuna novità sul fronte.

Progetto numero 11: Volume di saggistica sportiva dedicato alla generazione maledetta di piloti francesi.

Anche qua ALTO MARE. Nessuna novità.

Presto elaborerò una nuova pagina dedicata ai progetti da realizzare, a partire dall'apprendimento delle tecniche di KARATE (ho già iniziato a lavorare sul fronte mediante lezioni in palestra) e allo studio del MENTALISMO, oltre naturalmente alla realizzazione del richiestissimo SPAGHETTI WESTERN VOL.2.
Previste almeno due presentazioni di Spaghetti Western Vol. 1 e de I Bastardi senza Storia a Roma e ad Arezzo.
Diciamo che se fossi stato un politico i miei elettori, penso, sarebbero stati più che soddisfatti dei risultati ottenuti in relazione al programma...


Recensioni Cinematografiche: Anteprima collaborazione con Gordiano Lupi sul volume su FRANCO & CICCIO.



Pubblico qui di seguito la primissima parte dell'articolo dedicato al cinema western di FRANCO & CICCIO che sarà inserito in un volume più ampio dedicato da GORDIANO LUPI ai due attori siciliani. L'uscita del libro in questione è prevista per il 2013.
Mi dedicherò, su invito di Gordiano, alla parte relativa alla produzione western dei due. Qui di seguito le prime due pagine.


LE PARODIE WESTERN ITALIANE

Un articolo di MATTEO MANCINI


Quando si parla del western comico la memoria dei più corre a Trinità e ai vari epigoni, ma ciò non corrisponde a realtà storica. Il western comico italiano non è una prerogativa di Barboni e del suo Lo Chiamavano Trinità(1970), il quale darà sì il via al filone del c.d. fagioli western fatto di battute e scazzottate, ma lo farà sviluppando idee e concetti già introdotti soprattutto da registi quali Duccio Tessari, con i vari Una Pistola per Ringo (1965) e Vivi o, Preferibilmente, Morti (1969), e Mario Caiano, con Un Treno per Durango (1968).
A ogni modo non sono neppure Tessari o Caiano ad avere dato il via al western comico. Ciò detto non cadetemi nell'errore di pensare che i western di Franco & Ciccio siano stati una trovata innovativa per la loro portata dissacrante nell'ambito del western italiano. In prima battuta si tratta di un lotto di dieci film girati tra il 1964 e il 1972, quindi alcuni di essi prima che il genere di riferimento si plasmasse e pertanto più orientati a proporre un diversivo piuttosto che a dissacrare. In secondo luogo i western parodistici, in Italia, erano nati prima ancora di quelli di Franco & Ciccio, quando si ironizzava sui western americani in quanto si era poco convinti di poter proporre dei western nostrani credibili.
Alla luce di quanto sopra, Franco & Ciccio, reduci dai successi dei loro film comico/demenziali, non fanno altro che inserirsi in un filone preesistente già ben avviato e sviluppato dal produttore Emo Bistolfi con film come Io Sono il Capataz (1951), Un Dollaro di Fifa (1960) e I Magnifici Tre (1962) di Giorgio Simonelli, Il Bandolero Stanco (1952) di Fernando Cerchio e Gli Eroi del West (1963) e I Gemelli nel Texas (1964) di Steno. Si trattava di un filone - del c.d. proto-western (cioè prima del western all'italiana) - totalmente votato al comico, con poca azione, per lo più attribuibile a sceneggiatori quali Adriano Bolzoni o la coppia Mario Guerra-Giulio Scarnicci per attori del calibro di Renato Rascel, Walter Chiari, Ugo Tognazzi e/o Raimondo Vianello.
È proprio con questi film che facciamo la conoscenza di cialtroni i quali, a causa di una serie di peripezie involontarie, riescono a passare per valorosi pistoleri del far west capaci, tra una buffonata e l'altra, di debellare i briganti di turno più per grazia ricevuta che per meriti propri.
Chi conosce i western di Franco & Ciccio non faticherà nel rendersi conto come tali tematiche siano state riprese in toto dai loro western. Occorre a ogni modo dare atto che con Franco & Ciccio si respirerà una ventata di entusiasmo e di follia tale da invertire la caduta di pubblico registrata dalle parodie precedenti (si era passati da incassi attorno al miliardo ai circa 400 milioni di incasso per Gli Eroi del West, addirittura dimezzati per I Gemelli del Texas). A mio avviso, inoltre, con i western in questione si curerà maggiormente anche la parte western con sparatorie, duelli più o meno fasulli e qualche cavalcata nel deserto.
La pellicola con cui la coppia Franchi & Ingrassia irrompe nel mondo dello spaghetti-western è Due Mafiosi nel Far West (1964).
Si tratta di un film che anticipa Per un Pugno di Dollari e che esce assieme a quei western italiani di impronta hollywoodiana in voga nel periodo. Da essi viene ripresa la presenza massiccia degli indiani, ma anche delle bande dei messicani che creano terrore e si macchiano di prepotenze continue. Nella circostanza tutti sono lanciati, l'uno contro l'altro, sulle tracce dei cugini Capone giunti in Texas dalla Sicilia per ereditare una miniera d'oro di proprietà dei nonni.
Oltre a essere il primo western dei due siciliani, Due Mafiosi nel Far West è anche uno dei primissimi western a essere girati all'interno degli sfarzosi studi Elios creati da Mancori (infatti le scenografie sono molto qualitative), prodotto dal debuttante Edmondo Amati che poi, prima di dedicarsi all'horror e al cinema d'autore, passerà ai western seri con i vari 100.000 Dollari per Ringo (1965), Django Spara per Primo (1966) di Alberto De Martino, Per Pochi Dollari Ancora (1966) di Giorgio Ferroni e Vado... l'Ammazzo e Torno (1967) di Enzo G. Castellari.
Di rilievo il cast tecnico che viene coinvolto da Amati, il quale gioca sul sicuro optando per il collaudato Giorgio Simonelli alla regia, reduce dalle parodie con Emo Bistolfi, ma introduce anche una serie di volti nuovi che faranno la fortuna dello spaghetti-western e non solo. Così abbiamo ai costumi Carlo Simi (lo ritroveremo nei film di Leone e in molti dei migliori spaghetti western), Franco Fraticelli al montaggio e Giuliano Carnimeo, futuro regista di vari Sartana, quale aiuto-regista.
La sceneggiatura porta la firma di Marcello Ciorciolini, sceneggiatore di commedie e adventure movie nonché autore di canzoni culto della musica leggera italiana, che passerà presto alla regia lavorando cinque volte con la coppia Franchi & Ingrassia.
Il plot ha la bizzarria di vedere due cialtroni evadere da un carcere siciliano (in realtà verranno sbattuti fuori a forza da una guardia corrotta, visto che loro faranno di tutto per dimostrare di essere dei detenuti modello) per emigrare in Texas, a Puerca Vaca (nome che è tutto un programma), e mettere le mani su una miniera d'oro lasciata dai nonni. Qua, scambiati per degli eroi, verranno nominati sceriffi e dovranno vedersela con un bullo locale dedito ai ricatti, una tribù di indiani e una banda di messicani tutti intenzionati a scoprire il luogo in cui si trova la miniera e convinti di avere a che fare con due dritti che cercano di passare per fessi. In realtà, i nostri, sono proprio dei fessi, ma gli altri non lo sanno e dunque cercheranno di estorcere con la violenza il segreto circa la localizzazione della miniera.
Simonelli scandisce un bel ritmo con una prima parte notevole in cui si assiste a sparatorie, risse al saloon, inseguimenti alla diligenza messi in scena con gusto per l'azione e montati in modo spettacolare da Fraticelli (ci sono anche cadute di cavalli). Il tutto viene poi impreziosito da un paio di sequenze simpaticissime. Tra queste citerei quella in cui il mitico Aldo Giuffré (lo ritroveremo ne Il Buono, il Brutto, Il Cattivo) da difensore degli imputati, rei di concorso nel furto di un quadrupede, finisce per farli condannare a vent'anni cercando di ottenere un risarcimento a loro favore. Di spessore comico anche la simpatica evasione dal carcere in Sicilia, con Franchi che va sempre dietro alla guardia per fargli notare le disattenzioni che potrebbero farlo fuggire. A rendere tutto gustoso contribuisce inoltre la credibile presenza di Fernando Sancho, ormai prossimo a diventare un'icona dello spaghetti-western nei panni per lo più del messicano cattivo (ruolo che interpreta anche qua e che lo consacrerà con i due Ringo di Tessari), e Mario Brega (piccolo ruolo per lui).
Purtroppo, dopo una prima parte briosa, si finisce col cadere nel prevedibile, ma soprattutto Simonelli ricorre ad alcune soluzioni demenziali che sarebbe stato bene non inserire perché poco in linea col resto. Così vediamo Franchi sparare con delle pistole con la canna piegata a novanta gradi e, ovviamente, uccidere dei messicani per effetto di assurde traiettorie balistiche, oppure lo vediamo mandare in ebollizione una tazza d'acqua ponendovi dentro una mano precedentemente messa sul fuoco o usare una pistola con un serpentello che fuoriesce dalla canna quando si preme il grilletto. Di tanto in tanto si trovano anche delle idee esilaranti come Sancho inseguito da un orso mentre perlustra una grotta o la mappa del tesoro che traspare da due mutandoni debitamente bagnati dall'acqua.
Immancabile poi presenza delle due belle di turno che vigiliano sui due fessacchiotti, finendo per innamorarsene.
In sostanza abbiamo una continua alternanza tra western serio (carino il prologo con i Franco e Ciccio invecchiati, ma incazzosi; dopo li vedremo anche travestiti da donne indiane!?), parodia simpatica e fastidiosa demenza allo stato puro.
Delirio finale con i nostri costretti a vedersela, dopo aver eliminato i rivali del posto, con i veri banditi del west (Calamity Jane, Jesse James e compagnia) giunti a Puerca Vaca per via della miniera ma poi condannati grazie all'incapacità dell'avvocato delle cause perse interpretato da Giuffré chiamato a tal fine in Texas dai due protagonisti, evidentemente memori della loro precedente esperienza.
Il film esce nelle sale nell'estate del '64 e ha un successo clamoroso con oltre il miliardo di incasso contro i circa ottanta milioni investiti, tanto da risultare tra i più visti dell'annata. Non acclamato dalla critica, conta tutt'oggi vari fan pur continuando ad andare incontro a giudizi poco entusiastici sia dei vari siti (modesta ripetizione del classico repertorio dice filmtv.it) sia di critici quali il Morandini (parodia più demenziale del solito). Il divertimento è comunque assicurato.

sabato 17 novembre 2012

Ipotetica Compilation di musica italiana a tematica sportiva a cura del sottoscritto


Ascoltando un po' di brani sportivi italiani, superficialmente dedicati al mondo dello sport (che come dico sempre io è la più evidente e palese delle metafore sull'esistenza) ma in realtà estendibili alla vita in generale, ho steso per gioco questa compilation indicando i passaggi più significativi (a mio avviso) dei vari testi. Tra l'altro emergono, in modo netto, molte caratteristiche degli atleti più popolari, con le loro sofferenze, la loro tristezza anche nella vittoria, il tutto sotto la luce di una lente che ruba passione e malinconia e rende più dolce il ricordo. Un secondo aspetto è poi quello del risultato ovvero non conta il vincere, ma il come ci si approccia in vista della vittoria. Fare una competizione con spirito generoso, indomo e votato all'attacco vale mille volte in più di una semplice vittoria.
Al riguardo mi viene in mente un aforisma che era solito dire Muhammad Alì: "I CAMPIONI NON SI COSTRUISCONO IN PALESTRA. SI COSTRUISCONO DALL'INTERNO, PARTENDO DA QUALCOSA CHE HANNO NEL PROFONDO: UN DESIDERIO, UN SOGNO, UNA VISIONE"


TRACCIA 1.

LA DURA VITA DI UN PORTIERE – IL POETASTRO

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=StaQzNGsHVA

Passaggio in evidenza:

Un portiere non è un giocatore qualunque, lui
non può sbagliare.
Passa la vita laggiù da solo,
a difendere l' attacco alla diligenza.
e si prepara al peggio.
La sua vita è tutta lì, in quei pochi metri di campo.
Salva una partita con gesta da grande condottiero, mentre è osannato il suo popolo.
Se invece vede la rete gonfiarsi, dietro di se, ormai è tardi.
Un portiere, quando sbaglia, non è un uomo solo,
ma soltanto un uomo.”


TRACCIA 2.

BARTALI – PAOLO CONTE

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=6_rias09Nto

Passaggio in evidenza:

“E tramonta questo giorno in arancione
e si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato, se tu vuoi andare, vai
e vai che io sto qui e aspetto Bartali
scalpitando sui miei sandali
da quella curva spunterà
quel naso triste da italiano allegro
tra i francesi che si incazzano
e i giornali che svolazzano

C'è un po' di vento, abbaia la campagna
e c'è una luna in fondo al blu”

TRACCIA 3.

COPPI – GINO PAOLI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=Nnr2TZ2JKvs

Passaggio in evidenza:

“Un omino con le ruote
contro tutto il mondo
Un omino con le ruote
contro l'Izoard
e va su ancora
e va su

Viene su dalla fatica
e dalle strade bianche
La fatica muta e bianca
che non cambia mai

E va su ancora
E va su...

un omino che non ha
la faccia da campione,
con un cuore grande
come l'Izoard”


TRACCIA 4.

AYRTON – LUCIO DALLA

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=3w1RLtsF_Xs

Passaggio in evidenza:

“e come uomo io ci ho messo degli anni
a capire che la colpa era anche mia
a capire che ero stato un poco anch'io
e ho capito che era tutto finto
ho capito che un vincitore
vale quanto un vinto
ho capito che la gente amava me

potevo fare qualcosa
dovevo cambiare qualche cosa

TRACCIA 5,

CONTROCALCIO – STATUTO (testo Enrico Ruggeri)

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=m7I4V-rH9s4

Passaggio in evidenza:

“Non ci gioco più
non mi piace più
e non fà per noi
non somiglia a noi.

Questo calcio degli affari
dirigenti ed impresari

questo è un grande bluff!

Meroni, Vendrame, Beccalossi e Best
Zigoni, Petrini con Taribo West,
Garrincha con Garritano, Ayala poi Riverino
Juninho con Valderrama, Cole e York...
La porta rimane vuota
Higuita farà un'uscita
lasciando tra i pali Zoff.

Questo il calcio che vorrei
per il quale morirei
Questo calcio è poesia
questo calcio è la follia.


Io sono cresciuto con i sogni miei
nessuno li può rubare sono miei.

Le "figu" nei pantaloni,
la fede negli striscioni,
le grida liberatorie dopo un gol.
Le maglie senza le scritte,
la palla che va nel sette,
e tutta la vita ad aspettare un gol.”

TRACCIA 6.

CHI SI RICORDA DI GIGI MERONI? - YO YO MUNDI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=b9Eaez7S45I

Passaggio in evidenza:

“Lascia che si scandalizzino annoiati da una vita senza fantasia,
lasciamo che ci giudichino da quel pulpito tanto provinciale,
lasciamoli parlare che si divertono così, anzi, diamogli più corda e che si impicchino...

“e meno male che al Luna Park le giostre girano controvento.
Angelo Biondo" spiega le tue ali sul mio cuore d'artista:
Che quando scendo in campo amore mio certi dolori si trasformano in un magico show
e li faccio sognare, in balia del mio spirito innocente,

li stupisco sempre sono un giocoliere,
li faccio godere geniale, anarchico e irriverente,
tutti battono le mani, si alzano improvvisamente,

per non perdere di vista la palla avvelenata che sembra impazzire innamorata, quando sulla fascia vola la Farfalla Indiavolata.”

TRACCIA 7

VILLENEUVE E LA MACCHINA ROSSA – ALFREDO DAIDONE

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=9ZeCaz-Jt4Q

Passaggio in evidenza:

"Mi ricordo Villenueve a 300 km/h dentro una macchina rossa,
non ci vuole poi tanto a spezzare una vita dentro una semplice corsa,
mi ricordo i suoi occhi, una rabbia, un silenzio, un respiro che mettevan paura,
quella strada ricorda salita e discesa come la nostra vita
.

E ci sono momenti che pensi a te stesso e vorresti fuggire lontano da questo rumore
e anche il cuore si può fermare, anche un amico ti può tradire
anche una macchina bella e veloce può avere danni al motore
se una notte cammini per strada guidando ubriaco per un amore finito...

Per Villeneuve la vita è fuggita
anche una macchina ti può tradire,
e se corri a 300 km/h il motore potrebbe impazzire”

TRACCIA 8

E MI ALZO SUI PEDALI - STADIO

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=VzO0DC3X7cs

Passaggio in evidenza:

“E ora mi alzo sui pedali all'inizio dello strappo
Mentre un pugno di avversari si è piantato in mezzo al gruppo
Perché in fondo una salita è una cosa anche è normale
Assomiglia un po' alla vita devi sempre un po' lottare

E mi rialzo sui pedali con il sole sulla faccia
E mi tiro su gli occhiali al traguardo della tappa
Ma quando scendo dal sellino sento la malinconia
Un elefante magrolino che scriveva poesie
Solo per te solo per te
.

TRACCIA 9

L'ULTIMA SALITA – NOMADI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=2F-9AYF5zyo&feature=related

Passaggio in evidenza:

“Corri più veloce del vento
il vento non ti prenderà mai
corri ancora adesso lo sento
sta soffiando sopra gli anni tuoi.
Dammi la mano fammi sognare
dimmi se ancora avrai
al traguardo ad aspettarti
qualcuno oppure no

Dimmi cos'è che fa sentire
il vuoto che ti toglie tutto
e fa finire il gioco
dimmi cos'è dentro di te
dimmi perchè”

TRACCIA 10

LA DURA LEGGE DEL GOL – 883

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=Wl_W4udfIGk

Passaggio in evidenza:

“Quante in questi anni ci han deluso
quante ci hanno preso e poi di peso ci hanno buttato
Si alza dalla sedia del bar chiuso
lentamente Cisco fa un sorriso e dice:
"Noi abbiam capito tutto è un po' come nel calcio"
E' la dura legge del gol
gli altri segneranno però
che spettacolo quando giochiamo noi
non molliamo mai

Loro stanno chiusi ma
cosa importa chi vincerà
perché in fondo lo squadrone siamo noi
lo squadrone siamo noi”

TRACCIA 11

IL PORTIERE – DIAFRAMMA (Testo di Federico Fiumani)

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=xiSHgBiYYCU

Passaggio in evidenza:

“Se l'attaccante spara il pallone
addosso al portiere
di quest'ultimo la bravura
sta nel farlo sparare.

Perchè non è da tutti andare incontro al lampo
di un bolide scagliato sui duecento orari
e farsi trovare.


Quando un portiere rimedia d'istinto
lo sbaglio di un difensore,
dei suoi compagni rifiuta gli abbracci
e aspetta il corner sul palo.
Un colpo di reni e la palla e' lontana
spinta da mille pensieri.

Tu che vuoi sapere che distanza ha
il palo della porta dalla libertà
trovata prima di te...

Ci vuole coraggio
nel gioco del calcio
non basta il mestiere,
gettarsi sui piedi degli avversari
e non farli passare.

TRACCIA 12

MILLE MIGLIA – LUCIO DALLA

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=c9t4AdAShuc

Passaggi in evidenza:

“Al secondo passaggio per Bologna
l'Alfa di Varzi è ancora prima
ma l'insegue spietato Nuvolari
che chiede strada con i fari...

Una corsa epica fu
sul cuore verde di Gesù
sul suo costato sporco d'amore
la Mille Miglia del '47
corsa spacca cuore e dura come non mai
vera crocefissione esecuzione d'orchestra
un'avventura di pioggia e di paura autentico massacro
antica festa, macerie e case una vera tempesta

Nuvola Nuvolari sei una nuvola nera
dentro a un cielo sereno sfascio di primavera
a cielo aperto quando sbatti il martello sulla sorte
ma se cerchi la morte la tua morte non verrà


Mantovano volante
vetro di biacca e di cuore
sulla CisItalia mille e cento
se ne frega anche della vita
momento di chino
che corre per la vittoria”


TRACCIA 13

NUVOLARI – LUCIO DALLA

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=56kHVXVQOb0

Passaggi in evidenza:

“Nuvolari è basso di statura, Nuvolari è al di sotto del normale
Nuvolari ha cinquanta chili d'ossa Nuvolari ha un corpo eccezionale
Nuvolari ha le mani come artigli,
Nuvolari ha un talismano contro i mali
Il suo sguardo è di un falco per i figli,
i suoi muscoli sono muscoli eccezionali...

Nuvolari è bruno di colore, Nuvolari ha la maschera tagliente
Nuvolari ha la bocca sempre chiusa, di morire non gli importa niente
Corre se piove, corre dentro al sole
Tre più tre per lui fa sempre sette

Con l' "alfa" rossa fa quello che vuole
dentro al fuoco di cento saette!
C'è sempre un numero in più nel destino quando corre Nuvolari...

ma sbanda striscia è schiacciato
lo raccolgono quasi spacciato!
Ma Nuvolari rinasce come rinasce il ramarro
batte Varzi, Campari,
Borzacchini e Fagioli
Brilliperi e Ascari.”

TRACCIA 14

GLI ANNI - 883

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=vG_9_N_XvtI

Passaggio in evidenza:

Stessa storia, stesso posto, stesso bar
stan quasi chiudendo
poi me ne andrò a casa mia
solo lei
davanti a me
cosa vuoi
il tempo passa per tutti lo sai
nessuno indietro lo riporterà neppure noi

Gli anni d'oro del grande Real
gli anni di Happy days e di Ralph Malph
gli anni delle immense compagnie
gli anni in motorino sempre in due
gli anni di che belli erano i film
gli anni dei Roy Rogers come jeans
gli anni di qualsiasi cosa fai
gli anni del tranquillo siam qui noi
siamo qui noi
siamo qui noi

TRACCIA 15

DOMA IL MARE IL MARE DOMA – STADIO


Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=nQQhcotdyWI

Passaggio in evidenza:

E' cominciata nel sole
poi è finita nel vino.
Non c'era niente da perdere
solo un vulcano vicino

e in uno stadio un po' verde
un giocatore argentino.
Ma di questo racconto
protagonista è il destino

Finisce dentro la nebbia
nel sole rosso al declino
più niente resta da perdere
spento il vulcano vicino
e nello stadio deserto
è solo il giocatore argentino.
Ma di questo racconto
protagonista è il destino.”

TRACCIA 16

GOAL - BENNATO


Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=Y2UqZCP8CEU

Passaggi in evidenza:

“Geometrie verticali
e pronostici da rispettare
sbarramenti frontali
ma che voglia di farli saltare..
.E' goal!
E' goal!... E' goal!... Imprevedibile!

La fortuna è una ruota
ed il vento la fa girare
ma se corri più forte
la fortuna rimane a guardare
... E' goal!
E' goal!... E' goal!... Sembrava impossibile!

E c'è poco da dire
questa volta sei stato bravo!
Ma da ora in avanti
su ogni tua mossa c'è un faro puntato
e allora vedremo quanto vali davvero!”

TRACCIA 17

TRADIMENTO E PERDONO – ANTONELLO VENDITTI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=LZXozKWqX3s

Passaggi in evidenza:

“Dal profondo del tempo come un rimpianto
ora rinasci tu
quel sorriso sgomento anche se hai vinto
non mi tormenta più...

questo mondo coglione piange il campione
quando non serve più

ci vorrebbe attenzione verso l'errore oggi sarebbe qui
se ci fosse più amore per il campione oggi saresti qui”

TRACCIA 18

VIAGGIO SOLO – GIULIANO PALMA

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=i0zNrpgpwQQ

Passaggi in evidenza:

E' il destino di chi va più forte,
al traguardo niente braccia aperte,
niente festa!

Oh no niente festa!

Non importa dove stiamo andando,
con un cane copilota affianco,
se ci penso non mi fermo più!”

TRACCIA 19

IL BANDITO E IL CAMPIONE – FRANCESCO DE GREGORI


Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=RRBRJRYFcGA

Passaggio in evidenza:

“Due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta
un'unica passione per la bicicletta
un incrocio di destini in una strana storia
di cui nei giorni nostri si è persa la memoria
una storia d'altri tempi, di prima del motore
quando si correva per rabbia o per amore
ma fra rabbia ed amore il distacco già cresce
e chi sarà il campione già si capisce

Vai Girardengo, vai grande campione
nessuno ti segue su quello stradone
Vai Girardengo, non si vede più Sante
è dietro a quella curva, è sempre più distante.”

TRACCIA 20

JOE TEMERARIO – RON

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=r4SOe-vme_M

Passaggio in evidenza:

"Io, io sono un uomo, tutti mi chiamano Joe Temerario,
faccio mille acrobazie col mio aeroplano
e diecimila volte ho già toccato il cielo
perché come un falco io
Oh! Oh! Oh! Oh! Oh!
arrivo a tremila metri e poi mi butto giù in picchiata
Oh! Oh! Oh! Oh! Oh!
Ma che emozione ogni volta sfidare la vita
rotolando nel cielo sopra il mio aeroplano
con la gente che impazzisce, applaude e io dal finestrino la saluto con la mano

Ma ogni sera resto solo come stasera sono solo
cosa dici andiamo al cinema, magari a fare un volo
ma perchè non sorridi?
presto dammi un bacio, presto dammi un bacio

TRACCIA 21

LA LEVA CALCISTICA DEL '68 – FRANCESCO DE GREGORI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=lETVilXSfNY

Passaggio in evidenza:

“Nino cammina che sembra un uomo,
con le scarpette di gomma dura,
dodici anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori
che non hanno vinto mai
ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro
e adesso ridono dentro a un bar,
e sono innamorati da dieci anni
con una donna che non hanno amato mai.
Chissà quanti ne hai veduti, chissà quanti ne vedrai.
Nino capì fin dal primo momento,
l'allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro alle scarpe
e corse più veloce del vento.

Prese un pallone che sembrava stregato,
accanto al piede rimaneva incollato,
entrò nell'area, tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare...

Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
questo altro anno giocherà con la maglia numero sette.”

TRACCIA 22

L'ALLENATORE – GIANNI MORANDI


Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=jXe8Qij0Hcg

Passaggio in evidenza:

“guardalo l'allenatore
da cinquant'anni appresso ad un pallone
sulla panchina calda come il sole
e un freddo gelido quasi polare

e guardalo l'allenatore
a bordo campo pronto a cominciare
determinato nel voler cercare
una vittoria che lo puo' salvare
con la sua grinta irrompe come un tuono
chiudi gli spazi e segui sempre l'uomo
ma non ti sembra di vederlo solo

che differenza c'è fra una partita e la vita
se ci trova soli ad affrontare una sfida
per vincere non è che basta solo lottare
bisogna dare tutto e potrebbe non bastare

a questo aggiungi pure che la sorte ti inganna
all'ultimo minuto può tradirti una palla
ci sono scontri duri e calci di rigore
dove non puoi sbagliare e poi trasferte amare

guardalo l'allenatore
da cinquant'anni appresso ad un pallone
sulla panchina calda come il sole
e un freddo gelido quasi polare
e guardalo l'allenatore
ha dato tanto e ha avuto molto meno
ma quanti ostacoli quanto veleno
prima di alzare le sue braccia al cielo
in questo mondo privo di valori
dove chi conta sono i vincitori
e dei perdenti cancelliamo i nomi


TRACCIA 23

LA COSCIENZA DI ZEMAN - ANTONELLO VENDITTI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=utliTBRkgjU

Passaggio in evidenza:
"E' una torrida sfida
ideologicamente proibita
agli schemi d'attacco
il palazzo risponde col tacco
...

No non é una partita
volgarmente si chiama corrida
c'é la testa del toro
e nessuno ti chiede perdono
La folla sta impazzendo ormai
all'attacco vai...
in difesa mai...
tu non ti fermerai
...
Perché non cambi mai
il sogno é ancora intatto e tu lo sai"

TRACCIA 24

IL PIU' GRANDE SPETTACOLO DOPO IL BIG BANG - JOVANOTTI

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=aOZ2BbZk4JI

Passaggi in evidenza:

"Ho preso la chitarra senza saper suonare
volevo dirtelo, adesso stai a sentire
non ti confondere prima di andartene
devi sapere che..

Il più grande spettacolo dopo il big bang siamo noi...io e te!
Io e te...
che ci abbracciamo forte,
io e te, io e te...
che ci sbattiamo porte,
io e te, io e te...
che andiamo contro vento,
io e te, io e te...
che stiamo in movimento,
io e te, io e te...
che abbiamo fatto un sogno
che volavamo insieme,
che abbiamo fatto tutto
e tutto c'è da fare,
che siamo ancora in piedi
in mezzo a questa strada
,

che abbiamo fatto a pugni,
io e te, io e te...
fino a volersi bene,
io e te, io e te...
che andiamo alla deriva,
io e te, io e te...
nella corrente...io e te!
Che attraversiamo il fuoco
con un ghiacciolo in mano,
che siamo due puntini
ma visti da lontano
,
che ci aspettiamo il meglio
come ogni primavera,
io e te, io e te, io e te!"

TRACCIA 25

RICORDIAMO GILLES VILLENEUVE – ADRIANO DE ZAN

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=1I32tfzTAIQ

Passaggi in evidenza:

Era il coraggio, quindi la simpatia
era persino spregiudicato, quindi la gioventù
era un campione, quindi un enorme popolarità
era della Ferrari, quindi italiano
da noi era cresciuto e c'era caro come uno dei nostri
oggi al nostro lavoro, al nostro affetto, manca un grande protagonista.”

TRACCIA 26

ADDIO, PIRATA - DAVIDE DE ZAN

Ascolta: http://www.youtube.com/watch?v=B-Vc_lIZWRQ

Passaggi in evidenza:

“Chi gli ha voluto bene se lo ricorderà così,
con quella sua voglia di vivere, di vincere, di credere all'impossibile e di realizzarlo
di correre oltre la forza di gravità, di sfidarla come nessuno...

Di lui ci rimane il mito, le vittorie straordinarie che ha saputo conquistare.
Pantani vinceva a modo suo, un modo diverso, unico
aveva fantasia, coraggio, amore per l'impresa
ti faceva battere il cuore, ti coinvolgeva e ti lasciava spesso con le lacrime agli occhi perché sapevi che ogni volta la sua capacità di osare e di soffrire lo avrebbe portato a realizzare cil che nessuno credeva possibile...
Ogni volta ti insegnava che ci si può rialzare, se ci credi veramente nulla ti può fermare, ogni volta puoi tornare a correre più forte di prima.
È per questo che la gente lo amava, lui ti faceva sognare.
Corridore, personaggio, tenace sulla bici e fragile nell'animo. Durissimo con se stesso e generoso con gli altri.
I francesi ce lo invidiavano, avrebbero fatto carte false per averlo uno così, ma lui era romagnolo e si vedeva. Lui era il pirata e il suo cuore batteva forte là, in alto, dove la terra si avvicina al cielo”.

giovedì 15 novembre 2012

Recensioni Narrativa: RACCONTI GROTTESCHI, MACABRI E ORRIBILI - L.A. Lewis



Autore: Leslie Allin Lewis.
Anno: 1934.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 207

Commento Matteo Mancini.
Il libro che andiamo adesso ad analizzare è una vera e propria primizia per gli amanti della narrativa fantastica della prima metà del '900. Penso di poter dire addirittura che si tratta della prima recensione scritta da un appassionato italiano e una delle poche rintracciabili per tutta la rete comprendendo nella ricerca anche quelle scritte da critici e appassionati stranieri.
Ciò non è dovuto allo scarso valore dell'opera, che invece è senz'altro alto, come testimoniano le dichiarazioni di esperti del calibro di Mike Ashley (“Una delle più belle antologie del terrore mai realizzate”), bensì alla scarsa reperibilità della stessa. È una raccolta semi-introvabile, tradotta in italiano per la prima volta di recente, ovvero nel febbraio 2012 dagli amici della Dagon Press, ed uscita a numero chiuso. Sul mercato estero è invece recuperabile a prezzi astronomici.
L'autore, Leslie Allin Lewis, è un abilissimo dilettante inglese che svolgeva la professione di pilota di aerei da guerra nel periodo della prima e della seconda guerra mondiale. I racconti nati dalla penna di Lewis sono pochissimi, appena undici, tutti raccolti nel volume Racconti Grotteschi – Macabri e Orribili, uscito nel 1934 (a eccezione de Il Racconto dell'Autore, inserito nel volume solo nella sua versione italiana) col titolo Tales of the Grotesque, Weird and Horrible.

L'interesse dell'autore, come si evince dal titolo dell'opera, ricade nell'alveo della narrativa orrorifica anche se le le tematiche e i contenuti non sono sempre coincidenti. Appare netta tuttavia l'attenzione di Lewis per la follia umana, come unica e inevitabile via cui è destinato il profano che si trova proiettato al cospetto del paranormale. Per gli esperti dell'occulto invece non c'è via di fuga, perché essi non possono impazzire perché sono consci di ciò che stanno vivendo. Soccombere al cospetto dell'orrore, per loro, può significare una cosa sola: morire. Tematiche dunque tanto care ad autori del calibro di Lovecraft e Poe, tanto per citarne alcuni, e che qua vengono riprese in pieno, come l'idea macheniana di valicare la realtà quotidiana come unico modo per accedere alla verità che resta celata agli occhi dei comuni mortali.

Tuttavia Lewis è attratto anche da episodi di cronaca nera da cui estrapola, in un certo qual modo, degli sviluppi paranormali fatti di illusioni ipnotiche, sonnambulismi, percezioni più o meno distorte frutto dell'insonnia notturna che conducono i protagonisti delle storie nella voragine del non ritorno.

Un terzo filone di racconti, poi, ricade in un orrore per l'epoca poi così non comune e che farà la fortuna, invece, di scrittori successivi del calibro di Richard Matheson e Stephen King, ovvero quello dei velivoli in qualche modo indemoniati o comunque dotati di un'intelligenza criminale propria. In questa veste la professione di Lewis gioca un ruolo decisivo e così troviamo due racconti in cui i veri protagonisti sono gli aerei e i circoli di volo dove i soci si raccontano storie più o meno macabre connesse alla loro passione comune.

Eccezionale e fulgido esempio per King (il riferimento va al romanzo Christine o al racconto Brivido contenuto in A Volte Ritornano) è Il Maiale di Ferro. In questa storia si parla, in senso affermativo, della possibilità che un veicolo possa o meno avere un'anima propria, trattenendo brandelli dell'anima del suo costruttore. Così assistiamo alla cronistoria raccontata da un vecchio pilota relativa alla leggenda di un grosso aereo da trasporto denominato, per la sua forma ingobbita, “Il maiale di ferro”. Il resoconto è colmo di incidenti tragici per i proprietari dell'aereo, ma non per quest'ultimo che in tanti anni è sempre riuscito a conservarsi in ottimo stato. Il vecchio pilota sostiene la tesi che l'aereo abbia eliminato i quattro proprietari che si sono succeduti nel tempo simulando sinistri in cui non è mai precipitato. Uno è stato ucciso da un elica mentre effettuava lavori di manutenzione, un altro è morto per congelamento dopo un atterraggio di fortuna, il terzo è stato sbalzato fuori dalla cabina di pilotaggio a seguito di uno scarto improvviso, l'ultimo, rimasto senza carburante per problemi alla bussola, è finito in pieno deserto preda degli avvoltoi... Il vecchio pilota conclude così la sua storia ribadendo la propria convinzione che anche i velivoli hanno una loro anima e che quella del “Maiale di ferro” era maligna.

L'altro testo dedicato agli aerei, Gli Spettri dell'Aria, è un palese antenato del famoso Incubo a Seimila Metri di Richard Matheson. Ancora una volta ci troviamo al circolo di volo sempre con lo stesso anziano pilota che, nel corso di una diatriba sull'opportunità di spiccare o meno il volo visto le avverse condizioni meteorologiche, parla di bizzarri avvistamenti nei cieli d'Inghilterra per giustificare le morti di una serie di piloti precipitati tutti nel medesimo punto. Le morti dei coinvolti sono state tutte attribuite a delle bolle d'aria, l'esperto pilota racconta però, nello scetticismo generale, il resoconto narratogli da un collega poi successivamente precipitato nella zona interessata dai sinistri.
Tutto sarebbe attribuibile a una mostruosa creatura scimmiesca che si reggerebbe su una sorta di filo sospeso nel cielo e che salterebbe sugli aeroplani inducendo alla pazzia i piloti e facendo compiere agli aerei le più bizzarre piroette.
Si tratta di una vera e propria perla tra le migliori del genere e superiore al testo di Matheson. Il racconto è peraltro preceduto dalle dichiarazioni spaccone di un pilota che decide di partire con il suo veicolo nonostante le avverse condizioni atmosferiche e si chiude con un finale ironico che avrà ancora per protagonista il pilota spaccone.

Segue sempre lo schema della riunione di amici che si raccontano una storia bizzarra anche Il Racconto dell'Autore. La storia è meno interessante delle due precedenti e ha uno sviluppo crescente. Abbiamo uno scrittore che narra un fatto apparentemente comune, relativo alla rabbia di un uomo truffato e abbandonato dalla moglie che pretende, oltretutto, anche gli alimenti. Accecato dalla rabbia, il marito decide di mettere in pratica i preparativi per il rapimento e la successiva tortura della moglie (!?). Così realizza una sorta di croce a X installandola in un una grotta abbandonata nel bel mezzo del bosco. A sua insaputa però finisce in un luogo infestato di fantasmi che scompaiono non appena l'uomo punta lo sguardo nella loro direzione, ma che sono invece vedibili con la coda dell'occhio. Gli spettri, interessati al macabro strumento di tortura, seducono l'uomo e procedono ai loro giochi sadici. Si tratta in definitiva di una ghost story con impercettibili momenti erotici e con l'ottima idea dei fantasmi visibili con la coda dell'occhio, ma che scompaiono non appena si guarda nella loro direzione. Non sempre convincente, Lewis pecca di qualche ingenuità di fondo. Divertente e beffardo il finale, con un epilogo ambiguo e la massima secondo cui: “gli scrittori di successo, come gli attori, debbano vivere le loro storie" con la conseguenza che una storia fantastica diventa, per il suo autore, reale.

Sono concettualmente vicini alla narrativa horror moderna, e per me dunque meno interessanti, Il Bambino, Il Pugnale e La Pipa di Schiuma. In essi Lewis parte da episodi di cronaca nera per poi prendere elementi materiali (pipa, coltello) o umani (bambino) e darli una piega horror, deviata, votata all'omicidio.
Dei tre, quanto meno per le atmosfere ai limiti dei racconti di Arthur Machen, il migliore è Il Bambino. Ci troviamo nel classico paese britannico disperso tra i boschi, funestato in passato dai crimini di una donna vanitosa rea di aver assassinato tutti i propri figli non appena raggiungevano i due mesi di età. Il luogo teatro dei delitti, un cottage in mezzo al bosco, è stato da allora abbandonato anche perché il bosco sembra esser caduto vittima di una maledizione: in esso non vi è più traccia di animale o di uccello, e vi regna la quiete più assoluta. Come da copione, un viandante di città, nonostante gli avvisi degli indigeni, decide di inoltrarsi nel cottage e si troverà al cospetto di un bambino assassino che gioca con ossi e carogne nonché con un gatto indemoniato di natura non ben precisata.
Il racconto ha dalla sua un ottimo contesto scenografico e un finale orripilante (più per il disgusto che per altro) accentuato dalla natura apparentemente indifesa del mostro della situazione (appunto un bambino). Di sicuro sarà gradito ai fan di King.

Se Il Bambino ha un'ottima costruzione, sono prevedibilissimi gli altri due. Ne Il Pugnale abbiamo un uomo perseguitato da un coltello brandito apparentemente da nessuno, ma che poi si scoprirà esser condotto dalla mano del fratello assassinato dall'uomo stesso per incamerarne i beni. La Pipa di Schiuma ruota invece attorno a una pipa capace di mettere in relazione il pacifico protagonista con il precedente titolare dell'oggetto: un serial killer mutilatore, collezionista di torsi donne, sepolto ormai da anni. Si tratta di un racconto telefonato nel suo sviluppo (il protagonista scoprirà solo alla fine di essere autore della seconda catena di omicidi, perpetrati con il modus operandi del vecchio killer) che ha dalla sua solo le raccapriccianti descrizioni anatomiche (il killer mozza le teste delle vittime e le mette bene in bella mostra su cancelli e inferriate per permettere agli inquirenti di identificarle, e porta via il resto tenendo il tutto chiuso in una stanza della propria magione). Un po' poco per renderlo un racconto degno di ricordo.

Gli altri cinque racconti, insieme ai due sugli aerei, sono invece quelli che valgono davvero la lettura dell'antologia. Qui entra in gioco l'orrore esoterico tipico degli autori fantastici di un tempo. Fa solo eccezione il sadico La Fortezza Perduta che pare esser uscito dalla fantasia di H.G. Wells. Protagonista è un giovane che riceve in eredità una scatoletta. All'interno del contenitore vengono rinvenuti una fortezza in miniatura scolpita con perfezione assoluta, una lente opaca e un foglio bianco in cui si parla dell'opera sottolineandone la sua natura criptica e magica.
Il soprammobile è passato di generazione in generazione senza che nessuno sia riuscito a capirne il mistero. Un giorno, il nuovo proprietario rompe inavvertitamente il rivestimento opaco che avvolge la lente e scopre di aver in mano un qualcosa di più potente di un microscopio. Decide così di usare la lente sulla fortezza e il mistero viene svelato: la lente lo catapulta all'interno di una vera e propria fortezza isolata in un mondo esterno dal nostro in cui non c'è nessuno se non la fortezza circondata dal mare. Allo stesso modo in cui è entrato, il giovane scopre che può di nuovo tornare nella vita reale. Inebriato dall'avere un luogo a sua competa disposizione, il giovane inizia a compiere le più bieche nefandezze deportando nella fortezza nemici e donne sia per soddisfare voglie sessuali sia per estorcere favori. Nel giro di poco, la fortezza diviene luogo dove campeggiano scheletri, corpi in decomposizione e prigionieri senza speranza.
Dunque un testo un po' alla H.G. Wells di mero ed esclusivo intrattenimento. Lo stile è un po' macchinoso, Lewis usa spesso periodi lunghi e non lega benissimo alcuni capitoli. Finale di genere con irruzione della punta di un telescopio sopra la fortezza e con i parenti del protagonista che attraverso lo strumento lo vedono muoversi in miniatura tra le mura dell'opera, in mezzo agli scheletri, al fianco della sua ultima vittima: il datore di lavoro.

Gli altri quattro racconti sono impregnati di puro esoterismo. Di questi è una vera e propria perla Vivente nella Morte, una ghost story particolare nel suo genere dove Lewis persiste nel portare in scena visioni stomachevoli. A menare le danze è un occultista invitato da un amico a recarsi in una casa galleggiante che si reputa essere infestata. Durante le ore di sonno, infatti, gli occupanti della casa sono visitati da una giovane in avanzato stato di decomposizione che nuota in un pozzo d'acqua verde. Attraverso un anello trovato in un sarcofago egizio e dotato di proprietà interdimensionali, il medium entra in contatto con lo spirito della ragazza e la convince di vivere solo un incubo a occhi chiusi dicendole che, in realtà, si trova ricoverata in un ospedale. In realtà la poveretta è stata trasferita nel sonno in una dimensione parallela alla nostra, invischiata in un bozzo d'acqua stagnate da cui non è possibile uscire. La giovane appare in stato putrefattivo, senza più i bulbi oculari e divorata da pesci e anguille che si strappa dall'addome.
Deciso ad aiutarla, l'occultista riesce a ricondurre il cadavere nella giusta dimensione, liberando così l'anima e la casa galleggiante dell'amico. L'esorcismo però gli costa la vita.
Ottimo testo, da segnalare tra i migliori del genere, con Lewis che si abbandona ad alcuni sfoghi tra i quali il più evidente è senz'altro questo: È bizzarro come l'uomo della strada guarda sempre all'occultista come a una sorta di uomo dei miracoli temprato dall'esperienza. Ci si aspetta che vada nei luoghi più orripilmente infestati e si intrattenga amichevolmente con i Poteri delle Tenebre come se fossero un branco di impiegati dell'ufficio legale. Fa inoltre eco al concetto il protagonista: una sorta di medium che maledice se stesso per avere le qualità con cui interagire con il paranormale.

Il concetto di cui sopra viene di nuovo riproposto in un altro grande racconto ovvero Gli Accordi del Caos dove, ancora una volta, troviamo un medium che farà le spese dei propri stessi poteri. A differenza della storia precedente, questa volta Lewis propone al posto della figura dell'occultista classico quella dell'illusionista.
Qua a essere protagonista è un pianista che pratica, inconsciamente e cadendo in trance, musica astrale. Suona così testi sconosciuti di cui, al risveglio non ricorda niente e che trasportano gli ascoltatori in mondi lontani, dove vivono avventure sospese tra il sogno e un passato sconosciuto che li vede interagire tra loro, con diverse sembianze e altri nomi. A causa di un incubo tremendo, in cui all'interno di un tempio dell'antica Atlantide i partecipanti iniziano a sbranarsi vicendevolmente, uno di questi partecipanti estrae la pistola e uccide il pianista mentre sta esibendosi in una Chiesa. Non c'è che dire: Gli Accordi del Caos è un racconto notevole capace di spiccare su tutti gli altri dell'antologia e sembra uscito dalla penna di un maestro di narrativa esoterica. Nell'occasione Lewis inserisce anche alcuni ammonimenti contro gli atteggiamenti degli umani, definiti “schiavi della vanità”, rei di offendere il Padre della vita (il Caos ovvero colui che non è soggetto a nessuna legge e che non è governato) tiranneggiando sul mondo stesso che ha dato la vita a tutte le creature mortali. In altre parole è un elaborato diviso in una parte reale e una ipnotica in cui irrompe una follia lovecraftiana cadenzata dalle note di una musica aliena e dai proclami di un santone di Atlantide vezzeggiato da un folto gruppo di fedeli.

Il rapporto tra incubo/realtà e follia/sanità mentale torna anche negli altri due racconti: La Torre di Moab e Ibrido. Entrambi dotati di ottimi passaggi e di una trama affascinante, a differenza delle due storie di cui sopra, sono resi più criptici (anche se traspaiono gli ammonimenti dell'autore ai praticanti inesperti circa le conseguenze del paranormale) penalizzati dall'assenza di pennellate esoteriche esplicite e in apparenza riducibili a meri prodotti di intrattenimento.
Nel primo abbiamo una torre gialla dalle facciate ornate da strani rilievi, simile a un obelisco, innalzata in mezzo al centro di una cittadina con la pretesa iniziale di raggiungere il paradiso. In altri termini, è una sorta di Torre di Babele fatta costruire dai membri di una setta incapaci poi di completarla, almeno apparentemente. Un commesso viaggiatore sulla via del licenziamento, però, la studia da vicino e scopre, grazie all'abuso dell'alcool (visto da Lewis come mezzo per superare il velo che separa la realtà dalla finzione), che da essa discendono demoni rettiliformi capaci di deprimere gli uomini e di deriderli nell'ombra. Lewis attinge idee dalla tematica delle dimensioni parallele, qua da superare per mezzo dell'alcool e di una torre altissima scolpita con raffigurazioni di memoria biblica. Finale delirante in cui irrompe l'inevitabile pazzia per gli orrori che si consumano sotto gli occhi ciechi dei civili.

Originalissimo e al contempo bizzarrissmo Ibrido. Qua Lewis tratta il tema della possessione in modo diverso da quanto si è abituati a osservare. Anziché far entrare uno spirito all'interno del corpo di un uomo e azzerare le capacità di quest'ultimo, fa uscire lo spirito dell'uomo dal suo corpo rendendolo perfettamente capace di intendere e di volere, ma incapace di controllare il corpo in balia del demone che, nella fattispecie, è una specie di uccello e si comporta di conseguenza con le relative movenze.
A generare il tutto è l'interesse innato per la magia e la chiaroveggenza che caratterizza il protagonista, un giovane che, in un'altra vita, ha plasmato mediante la magia nera un ibrido, mezzo uomo e mezzo uccello, che ora pretende di esser trasposto in un uomo.
Lo studente viene così visitato, nelle ore notturne, dalla bizzarra creatura antropomorfa, finché la stessa non prende il controllo sul suo corpo e comincia a farlo muovere come un uccello. Per l'ennesima volta, Lewis fa riferimento, seppur fugacemente, all'uso di tecniche o alla somministrazione di sostanze particolari per accedere ad altre dimensioni. Il racconto ha comunque nell'evoluzione psico-fisica del protagonista il suo centro, con un uomo che viene dipinto quasi come uno schizofrenico visionario. Finale beffardissimo che rende ancor più sinistra la lettura e riscatta la condizione mentale del povero studente.

L'edizione offerta dalla Dagon Press sfoggia una copertina cartonata e correda le storie con raffigurazioni e foto dell'autore, dei suoi aerei e della casa un tempo sua abitazione. Un volume dunque che non può mancare nella libreria di un collezionista di antologie fantastico/orrorifiche di scuola weird tales.

mercoledì 31 ottobre 2012

Intervista a MATTEO MANCINI, a cura di Alessandro Napolitano



In occasione dell'uscita dell'antologia I BASTARDI SENZA STORIA, da me curata, l'amico ALESSANDRO NAPOLITANO ha deciso di farmi una decina di domande, un po' su tutto, a cui ho risposto sul suo blog.

L'antologia, di cui vedete la copertina nella foto di cui sopra, è recuperabile su tutte le principali librerie virtuali e nelle migliori librerie!

Gordiano Lupi l'ha così presentata: "Storie dissacranti e cariche di sangue, vampiri vomitati dalle tivù, atmosfere gotiche, citazioni del cinema horror italiano anni Settanta, spruzzate di horror erotico degne de I Racconti di Dracula e dei KKK - Classici dell'Orrore. Un'antologia destinata a lasciare il segno".

Qua trovate l'articolo e le mie risposte.
http://blog-alessandronapolitano.blogspot.it/2012/10/matteo-mancini-lintervista_30.html?showComment=1351637772338#c8320052124289983683

Per stuzzicarvi riporto la prima domanda di Ale con la mia risposta:

Ciao Matteo, benvenuto sul mio blog! Ricorderai il Club dei Vedovi Neri di Asimov e l'originale domanda con cui aprivano le riunioni. Oggi tocca a te dare una risposta: come giustifichi la tua esistenza?

Beh, ti rispondo con una filosofia che ho elaborato negli anni, per così dire spirituale, e che sta un po' a metà strada tra la Kabbalah ebraica e il Buddismo. Pur essendo cristiano, nel senso di sostenitore degli insegnamenti di Cristo (anche se su alcuni precetti sono un po' meno morbido, per così dire), credo che l'esistenza sia strutturata su più scale di evoluzione spazio-temporali e che si possa accedere o regredire da una scala all'altra in base agli insegnamenti acquisiti nella vita. Un po' come in un videogioco a scorrimento.
Dunque giustifico l'esistenza di ogni persona con la necessità di ricercare e di sviluppare gli aspetti spirituali in luogo di quelli materiali che devono restare in secondo piano in quanto effimeri: non ho mai visto nessuno portarsi nell'aldilà una casa o una valigia di soldi o, ancora, i titoli ovvero i gradi acquisiti sulla terra. Se ci sono delle cose che possono resistere oltre la morte, queste sono la conoscenza, lo spirito e la capacità di adattamento ai diversi sistemi e condizioni in cui potremmo esser proiettati. Perciò si deve lavorare su questi aspetti, chiaramente senza rigettare il resto o isolarsi in una vita da eremiti. I fanatismi sono sempre sbagliati, perché non ponderati.
Oltre alle esigenze personali di cui sopra, la vita di ogni persona dovrebbe essere orientata al miglioramento del contesto in cui la stessa agisce, poiché è nel benessere collettivo che si esalta il benessere della persona dai sani principi.
Al riguardo, chiudo con un mio aforisma: “Dio probabilmente non è un'entità individuale ma l'universo, cioè l'essenza più esplicita dell'infinito che a sua volta è in continua espansione e simboleggia l'assenza di un qualsiasi limite."

Il resto lo trovate sul blog di Ale al Link che vi ho indicato, buona lettura!