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martedì 27 febbraio 2018

Recensione Narrativa: 24:00:00 di Federico Guerri.



Autore: Federico Guerri.
Sottotitolo: Una commedia romantica sulla fine del mondo.
Anno: 2014.
Genere: Fantastico/Surreale.
Editore: Edizioni Il Foglio.
Pagine: 218.
Prezzo: 14,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Secondo romanzo del drammaturgo, insegnante di teatro e scrittura creativa Federico Guerri, piombinese classe 1976 trasferitosi a Pisa da anni, selezionato (insieme ad altri venticinque testi) al prestigioso Premio Strega 2015.
Romanzo breve, dalla forma corale per l'assenza di un vero e proprio protagonista. Guerri gioca sulle caratterizzazioni, ruota continuamente la prospettiva spostando il lettore da un angolo all'altro del mondo, dall'Australia agli Stati Uniti, dalla Cina a Parigi nel mitico museo del Louvre strizzando l'occhiolino al Codice da Vinci di Dan Brown. Il tema del romanzo è l'ultimo giorno di vita della terra (ma ne siamo poi proprio sicuri?) dalla prospettiva di una lunga serie di personaggi dislocati in giro per il mondo e apparentemente non in relazione tra loro. Dico apparentemente poiché, nel corso della lettura, le varie storie si intrecceranno grazie a telefoni, internet, viaggi aerei e via dicendo il tutto scandito da un bizzarro quanto surreale timer impresso nel cielo e fisso in ogni parte del mondo, disancorato cioè da ogni logica di rotazione dell'asse terrestre. Quello che tutti i cittadini del mondo hanno sopra le loro teste è un countdown che dalle 24:00:00, di cui al titolo, decorre fino allo 00:00:00.
Cosa fareste voi se vi dicessero che avete a disposizione un dato periodo di vita e che al termine di esso il mondo esploda? Ventiquattro ore in cui riflettere, recuperare il tempo perso o realizzare vendette o piuttosto sogni o fantasie prima di allora represse o solo lontanamente agognate (largo spazio a quelle sessuali). C'è un però, tuttavia... Nessuno sa davvero cosa significhi quel timer che non ha nessuna spiegazione logica e per questo, non trovando una ragione scientifica che funga da giustificazione, tutti (o per lo meno quasi tutti) pensano bene che si tratti di un conto alla rovescia che scandisce i tempi della fine del mondo ovvero della c.d. parusia, cioè del ritorno di Gesù per la seconda e ultima venuta sulla Terra. Non a caso c'è anche una supposta vergine (!?) in cerca del suo Giuseppe che partorisce in concomitanza della scadenza del timer e dichiara di esser rimasta incinta mostrandosi nuda nei suoi giochetti erotici in rete dove, per connettersi, tutti devono digitare "WWW" ("E induce tutti a imprimersi un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e far sì che nessuno possa comprare o vendere se non chi ha come marchio il nome della bestia e il numero del suo nome" cit.)... Quanto sono lontani i tempi dello Spirito Santo ormai, a quanto pare, sostituito dalle battute di cattivo spirito.

L'idea "fantastica" su cui lavora Guerri, ovvero quella del countdown di ignota provenienza, costituisce un naturale escamotage che spinge alla lettura il lettore, crea crescente suspence e frenesia dell'attesa. Il lettore diviene sempre più curioso di scoprire come andrà a finire, avido di notizie e teso a smascherare una macchinazione che saprebbe di beffa, da una parte, ma anche di una salvezza per lasciare ancora al centro del tutto l'uomo e non un qualcuno o un qualcosa di sovraordinato. La lettura procede veloce, in modo apparentemente semplice (non lo sarà, in realtà) e fluido. Guerri da spazio alla sua verve di un ironico tendente al surreale, con situazioni che piuttosto che suggerire la parusia ricordano in verità la parodia. La componente delle caratterizzazioni, delle gesta più o meno strampalate dei vari personaggi, diviene il nocciolo del romanzo, assai più della componente fantastica. I personaggi, fatta a eccezione per un ragazzo che ha subito delle gravi lesioni per un incidente industriale verificatosi in India, sono tutti sopra le righe o, meglio ancora, delle macchiette (qualcuno un po' stereotipato, in verità). Abbiamo uno scrittore di successo di romanzi per ragazzi che ha trovato l'amore della propria vita a un passo dal suicidio; una cantante che ritrova, per puro caso, nel suo ultimo concerto la figlia abbandonata alla nascita; o il pazzesco figlio di un imprenditore americano che ha deciso di emulare il padre costruendo un industria in India pur vivendo in sospeso tra realtà e gioco virtuale in rete da lui stesso sviluppato; ovvero una giovane integralista cattolica che proclama l'importanza di giungere illibati al matrimonio per poi scoprirsi disposta ad andare col primo che passa pur di non morire vergine (scoprirà che non è affatto facile perdere la verginità). Insomma, a Guerri piace giocare con i personaggi, più che interrogarsi sulla componente fantastica.

Il soggetto prende le mosse dal film Il Giudizio Universale (1961) di Vittorio De Sica e, forse in misura più marcata ma non so quanto cosciente, da Show Case dell'americano Howard Fast (autore, tra l'altro, del romanzo portato sul grande schermo da Kubrick col titolo Spartacus), da noi tradotto come Giusto Motivo (1973) e inseirto nel 1974 nell'antologia Urania (n.649) La Mano. Nelle due opere citate infatti, in maniera più esplicita nel film di De Sica, una voce proveniente dal cielo (dalle radio e televisioni con Fast) annuncia il giudizio universale eppure, in entrambi i testi, la prospettiva apocalittica viene mitigata da una componente parodistica e ironica che finisce col prevalere al resto fino a sconfinare nella farsa. Guerri si allinea su questa via, cercando di personalizzare lo sviluppo, cosa che peraltro riesce a fare pur non potendo presentare il romanzo come una vera e propria novità editoriale. Guerri infatti riprende quanto scritto da altri, diciamo che regala citazioni senza aver la fama del procuratore, e prova a rendere autoriale il tutto con una trovata che ricorda Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco (lì si parlava della Grande Cospirazione). A far innescare il tutto, infatti, c'è un bizzarro studioso norvegese (il bibliotecaio di Capo Nord) che ha sacrificato la propria vita alla ricerca della "Grande Narrazione". Questo studioso è cioè convinto che esistano una serie di romanzi, tra cui anche i secondari o quelli apparentemente di poco conto, che facciano parte di una sorta di cospirazione, con personaggi di fantasia interconnessi, seppur in modo occulto, tra un romanzo e l'altro (così da ripresentarsi da un'opera di un autore a quella di un altro), tesa a raccontare la storia dell'umanità. "Esistono romanzi che fanno parte della Grande Narrazione e quelli che non vale nemmeno la pena di considerare, gli Errori, Satelliti, Ripetizioni, Appendici" spiega lo studioso alla futura moglie, una tipa attirata dai soggetti più bizzarri offerti dal parco umano della società a lei contemporanea.
Del resto lo stesso Umberto Eco, nel sopracitato romanzo, aveva scritto: "Ci hanno fatto credere che da una parte c'è la grande arte, quella che rappresenta personaggi tipici in circostanze tipiche, e dall'altra il romanzo d'appendice, che racconta di personaggi atipici in circostanze atipiche. Io con il feuilleton (cioè i romanzi che uscivano sulle riviste precursori del racconto pulp) giocavo, per passeggiare un po' fuori della vita. Mi rassicurava, perché proponeva l'irraggiungibile. Invece no. Aveva ragione Proust: la vita è rappresentata meglio dalla cattiva musica che non da una Missa Solemnis. L'arte ci prende in giro e ci rassicura, ci fa vedere il mondo come gli artisti vorrebbero che fosse. Il feuilleton finge di scherzare, ma poi il mondo ce lo fa vedere così com'è o come sarà. Quello che è successo davvero è quello che avevano raccontato in anticipo i romanzi d'appendice.”
Convinto di questa realtà, che come vediamo trae linfa dall'opera di Umberto Eco, il bibliotecaio di Capo Nord diviene la vera anima del romanzo di Guerri e la chiave che serve per giungere all'essenza del volume. Un lettore vorace e, soprattutto, intensionato a decriptare questa "Grande Narrazione" facendo un collage tra i passaggi dei vari romanzi, andando a ritagliarli e a ricomporli in un qualcosa di diverso, qualcosa che ha la sostanza di un vero e proprio puzzle da ricostruire con elementi dispersi in una miriade di romanzi di periodi e autori diversi. Un compito titanico, ai limiti della schizofrenia paranoide direbbe uno specialista della psiche, quanto difficilmente realizzabile e da qui la magra conclusione che innesca il countdown: "La Grande Narrazione non era mai stata la storia di Dio. Era sempre stata la storia dell'Uomo, un concerto di personaggi minori in cui non esisteva protagonista e, quindi, lo erano tutti. Una storia che non finisce..." una storia che procede, va oltre verso qualcosa di nuovo. "Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma" commenterebbe Antoine Laurent de Lavoisier con la sua Legge della Conservazione della Massa (popolare aggiungerei, data l'applicazione in questione).
Una constatazione che poi si riflette, guarda caso, nella realtà, con ulteriori personaggi secondari (quelli reali delle storie intrecciate), probabilmente ignare pedine del gioco orchestrato da uno scrittore (magari Dio), intenti a scrivere inconsciamente la storia del mondo ormai giunto alla sua fine o forse al semplice termine del suo primo capitolo. La parusia vista dunque quale parodia di uno scherzo della natura, un gioco della creazione verrebbe da definire..

Romanzo selezionato al Premio Strega, edito da Il Foglio Letterario di Piombino (di Gordiano Lupi) nel 2014. Dalla collana Demian (nome, nella fattispecie a tema con la Parusia e non per i riferimenti a Hermann Hesse), Federico Guerri qui analizzato da Mancini, che vi ha guidati all'analisi, ma Guerri e coloro che hanno letto il romanzo possono chiamarmi Man.

L'autore FEDERICO GUERRI

"Noi umani tendiamo a negare persino l'esistenza di un pericolo tangibile se la folla attorno a noi si comporta come se niente fosse. La realtà è una questione di maggioranza."

venerdì 9 febbraio 2018

Recensione Narrativa: STRANE VISIONI, AA.VV. a cura di Andrea Vaccaro e Ivo Torello.



Autore: Autori vari.
Curatori: Andrea Vaccaro & Ivo Torello.
Anno: 2016.
Genere: Horror.
Editore: Edizioni Hypnos.
Pagine: 462.
Prezzo: 18,90 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Ancora le Edizioni Hypnos a rendere liete le nostre letture da appassionati di weird. Una casa editrice di Milano che sembra davvero sbagliare pochi colpi e che, una volta conosciuta dagli amanti della narrativa fantastica di fine ottocento primi novecento, sortisce il medesimo effetto che ha su un bimbo un fornitissimo negozio di giocattoli.
Questa volta Andrea Vaccaro, coadiuvato dallo scrittore Ivo Torello, non propone scrittori ingiustamente caduti nell'oblio (come fatto per Ewers o Grabinski, tanto per citare due nomi) né offre inediti di scrittori di grido del novecento né, tanto meno, ripropone classici perduti. No, signori. Questa volta la Hypnos, con buona dose di coraggio, offre ai suoi astanti lettori il "vino di casa", lanciando un lotto di scrittori selezionati in tre edizioni del Premio Hypnos, un concorso di narrativa fantastica organizzato dalla casa editrice. Attenzione però a non sottovalutare il volume proprio per esser la risultanza di una selezione del meglio di un concorso. Capita infatti di leggere antologie frutto di concorsi con un livello non proprio equilibrato tra i vari scrittori, magari con tematiche e pezzi scopiazzati a destra e manca. Niente a che vedere con Strane Visioni, questo il titolo dell'opera in questione. Siamo infatti al cospetto di un'opera collettiva che raduna diciotto emergenti autori italiani per diciotto racconti di una qualità tale da risultare concorrenziale con i testi degli scrittori oltreoceano del c.d. modern weird. Addirittura figurano alcuni racconti che sono, lo diciamo senza paura di esagerare, dei veri e propri capolavori, inseriti in un collettivo dove si fatica a storcere la bocca e dove quasi tutti i coinvolti hanno offerto il loro valido e prezioso contributo.

I generi toccati sono molteplici. Possiamo, in altre parole, definire l'antologia "un'antologia totale del fantastico". Prevale l'orrore psicologico, probabilmente, subito seguito da quel sottogenere scuola weird tales che fece la fortuna delle riviste americane a cui si ispira la casa editrice milanese, preferito all'horror del dopo Leiber e Matheson, quindi qualche commistione tra horror ed erotico per finire con la fantascienza più o meno pura. Un progetto dunque pienamente riuscito, una vera e propria delizia capace di stupire il lettore appassionato del genere e di mostrare, per l'ennesima volta, quanto sia vitale e valido il sotterraneo produttivo del genere fantastico. Un mondo, quest'ultimo, in cui si rintracciano punte di qualità, spesso ideate da scrittori del sabato sera, superiori rispetto alla media dei prodotti di genere italiani proposti dai vari Mondatori o altre realtà di primario ordine (quanto a battage pubblicitario) nel panorama editoriale tricolore.

Non posso non lodare il racconto I Pallidi (2015) di Giovanni De Feo, vincitore ex-aequo dell'edizione 2015 del premio, vero e proprio masterpiece di narrativa fantastica. Un testo metaforico in cui si mostra la costruzione dei futuri burocrati e delle future guide del mondo, fin dalla loro adolescenza. La scuola diviene un luogo di iniziazione, una sorta di accademia cui sono destinate le menti più brillanti che hanno a svilupparli, più che i professori, delle guide particolari. L'esame finale di questo percorso è un qualcosa di così brutale da lasciare l'amaro in bocca al lettore; la richiesta di un sacrificio, quello del proprio io, della propria personalità e della propria fantasia a beneficio del potere e della ricchezza da ricevere quale contropartita. "Si dice che a ogni rinuncia corrisponde una contropartita considerevole" cantava Carmen Consoli, ma "privarsi dell'anima comporterebbe una lauta ricompensa." Un invito a uccidere l'estro e lo spirito adolescenziale fonte di sogni e matrice di ogni ideazione futura. Un modo come l'altro per mostrare l'umanità di vertice come un blocco di soggetti che hanno dimenticato di esser stati bimbi e sognatori, ormai atrofizzati sui bisogni materiali in luogo degli spirituali. Un gregge di pecore private dell'anima.
Racconto tristissimo in cui la purezza e il rispetto del proprio essere (rappresentato da una specie di folletti proiezione della propria anima) viene pagato con l'emarginazione sociale. De Feo ci comunica che per aver successo si deve sacrificare una parte di sé stessi, la parte geniale e pura. Lo ripeto: testo magnifico.

De Feo è comunque in buonissima compagnia e sono davvero tanti i racconti meritevoli di esser citati. Cupissimo e claustrofobico è Nere Colline del Supplizio (2016) di Luigi Musolino, vincitore dell'edizione 2016. L'inquietudine adolescenziale, ancora una volta, a fungere da molla di innesco. L'insoddisfazione di un genitore burocrate (in linea con quelli di De Feo) a contrasto con l'estro artistico del figlio, che vede nell'arte la via di fuga da una realtà che rigetta, preferendo darsi alla pittura in luogo del percorso di studio utile a "diventare qualcuno". Uno stile quello di Musolino che ricorda i racconti dell'attesa del grandissimo Algernon Blackwood, penso a I Salici, con un ambiente che, sottoforma di colline nere sorte dal nulla, opprime una cittadina che si scopre isolata dal resto del mondo e diviene personaggio aggiuntivo di uno sviluppo apocalittico. Il silenzio tipico dello scrittore di Shooter's Hill (città natale di Blackwood), ovvero "la collina dello sparatore", viene sostituito dalla persistente riproposizione, peraltro altamente ironica, della canzone Le Colline sono in Fiore di Wilma Goich (soluzione quasi argentiana, mi viene in mente il collegamento tra la musica e la morte del padre nella formazione del bimbo di Profondo Rosso). Viene così a delinearsi un vero e proprio quadro vivente con i soggetti pensati e ideati dal pittore protagonista intrappolati in una cittadina surreale da cui sembra impossibile scappare o ricevere aiuti. Una storia tragica, dal sapore di vendetta ultraterrena, che da onore al volume e fa di Musolino un narratore di alta scuola. "A volte, il male e l'indifferenza ci tornano indietro con gli interessi, in modi così abietti da potere essere appena intuiti e mai compresi."

Notevole e molto coraggioso L'Angelo e Il Vampiro (2014) scritto da un Luca Bonatesta in versione Clive Barker. Il tema del dolore come piacere, la sessualità vista come forma d'arte distorta e un retrogusto di apertura mentale, questi i temi per una diversa prospettiva di analisi dell'amore e dell'attrazione sessuale. Bonatesta tocca il delicato tema della pedofilia, ma anche quello dell'amore per persone dello stesso sesso, con una sensibilità e un tocco artistico degno di un pittore che tratteggia versi anziché profili. Visionario, a tratti magico e ipnotico, ma anche sanguinolento proprio nello stile che piacerebbe a Barker o allo scomparso Giovanni Buzi (autore che avrebbe di certo apprezzato il testo e l'intero volume). Secondo classificato nell'edizione 2014.
Tema del sesso toccato anche da William Carbone, seppur con gusto più marcatamente weird, con La Dichiarazione di Yuri Zabnan (2013). Carbone svecchia Lovecraft e lo miscela alla cronaca politica degli ultimi tempi, facendo partecipare il suo ignaro protagonista ai bunga-bunga di berlusconiana memoria fino a realizzare un testo metaforico di critica circa l'approccio sessuale, visto quale corruzione e involgarimento del piacere fisico ricercato dalla società contemporanea. Racconto molto lento, pur se ben scritto, che non è innovativo ma sa essere assai curato per quel che riguarda le scenografie e una certa descrizione delle usanze da osservare in certi contesti.

Inquieta, e non poco, il profetico L'Attesa (2016) di Francesco Corigliano. Un racconto che si scopre esser horror solo alla fine, quando gli sviluppi di un'indagine per omicidio, narrata con i crismi del giallo/poliziesco, conducono a una realtà allucinante. Personaggi provenienti da ogni angolo d'Europa stanno compiendo studi guardando in alto, molti in alto: la luna. C'è un mistero, un mistero diabolico che trova nell'alba dei tempi la sua origine e il tutto ruota attorno a un idolo: una Vespa. Qualcosa sta minacciando l'umanità, qualcosa che è custodito all'interno di un uovo sospeso in cielo. La polizia che indaga non può che esser soccombente. Lo stile di Corigliano cattura, induce alla lettura in un crescendo finale che sfocia in un fantastico subliminale, dove tutto è lasciato all'immaginazione di chi legge.

Esilarante la parodia del genere monster movie confezionata da Flavio Regazzoli e proposta col titolo Hydra Vulgaris (2016). Un delirio divertentissimo e piuttosto originale che ricorda il filone Godzilla. Al posto del mostro preistorico risvegliato dalle radiazioni nucleari, Regazzoli introduce una creatura che si auto-genera e cresce di dimensioni ogni volta in cui viene colpita. Si tratta di un essere anfibio che ha origine da alcune creature tentacolari pescate nel Pò per esser destinate a tramutarsi in prelibatezza culinaria del cenone di fine anno. Gli esseri riusciranno a sfuggire dalla mannaia del cuoco e a tramutarsi in una creatura che sconvolgerà Parma e costringerà il governo italiano a una soluzione estrema. Catastrofico e politicamente scorretto, imperdibile per i fruitori del B-Movie d'estrazione cinematografica.
Ricorre al monster movie anche Moreno Pavanello col suo Speranza Perduta (2015). L'orrore attuale degli sbarchi dei clandestini in Sicilia si unisce all'azione della guerra nello stato Libico in un clima in cui prendono forma i demoni del deserto e del mare. Pavanello realizza un doppio binario di narrazione e lo gestisce con perizia e capacità da scrittore rifinito. Abilissimo nelle scene d'azione, riesce a creare un contesto dall'alto sapore cinematografico su cui innesta un substrato sociale che ne eleva il senso ed evidenzia (qualora ce ne fosse bisogno), sotto la lente della narrativa di genere, un orrore concreto che si consuma tutti i giorni a poca distanza da noi.

Francesco Corigliano e il suo Ex Machina (2015) ci riportano nei territori della seconda guerra mondiale dove un manipolo di soldati sovietici si imbatte in una sorta di carro armato sperimentale tedesco manovrato da un qualcosa sospeso tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Magistrale gestione della tensione e invidiabile proprietà linguistica, anche qui, da scrittore rifinito. Il tema del "nazismo magico" e delle leggende del Graal che incontra quello delle armi segrete tedesche. Simpatiche alcune venature filo propagandistiche che serpeggiano nel testo, a mo' di presa di giro di certi modi di fare politica. Molto carino.

Costituisce un'ottima commistione tra ghost story e fantascienza robotica il lavoro di Cristiano Fighera. Il suo Dreams of the Falling House (2016) segue la struttura di un racconto di indagine di eventi paranormali che si svolgono all'interno di una casa per poi virare in un racconto di fantascienza. Grande tatto e sagace gestione della tensione, pur se non non originalissimo (l'idea dei robot utilizzati per sconfiggere la solitudine e quella dell'empatia tra i robot e i fruitori del servizio sono cose già viste). Vettore Eden (2015) di Paolo Durando, invece, sceglie di legarsi maggiormente alla sci-fi, tutto incentrato sul tema dei viaggi nel tempo e sull'effetto degli stessi nella società futura. Un gruppo di studiosi teletrasportatesi all'alba dei tempi stanno lavorando a riprogrammare la storia del mondo, nel tentativo di realizzare una società perfetta e retta dai sani principi. Il modo per completare il fine è modificare, di volta in volta, gli eventi storici visti come responsabili delle derive successive. In teoria tutto sembra procedere come prestabilito, ma il progetto fallisce in modo clamoroso. Il male e l'ingiusto sono viatici storici necessari per lo sviluppo della società, volerli debellare o comunque indirizzare comporta effetti traumatici sul futuro. Per ovviare ai misfatti provocati con l'interferenze storiche, gli studiosi finiranno con il determinare la conseguenza più lesiva per la storia dell'umanità quasi a dire che il vero Eden è quello in cui l'uomo è stato espulso, in quanto cancro del creato (nonché autore del peccato più grave compiuto tra tutti gli esseri viventi: ergersi al livello di Dio).
Eccezionale, per la cura scenografica, Antartide (2015) di Claudio Foti, anche questo a metà strada tra fantastico e fantascienza. Atmosfere da “Montagne della follia“ di Lovecraft messe a servizio di una trattazione della storia molto ammiccante con uno sviluppo crescente della tensione. Foti elabora il testo utilizzando l'escamotage di un indagine giornalistica che ruota attorno a una bizzarra scoperta nelle profondità dei ghiacciai (omaggio a “I parassiti della mente“ di Colin Wilson) e a un vortice esterno che sembra aprire un portale dimensionale che assume la veste di una vera e propria macchina del tempo. Non originalissimo ma ben sviluppato.
Ancora fantascienza pura con Sangue Bianco (2016) di Federica Leonardi in cui una donna scopre, in modo piuttosto traumatico, di esser in vita solo per effetto dei batteri che hanno sostituito la funzione del sangue riportandola in vita dopo un tremendo sinistro stradale. Sensibilità femminile messa al servizio di un racconto, condotto fino al crepuscolo del mondo, che ricorda il famosissimo Veglia Funebre di Norman Spinrad.

Più tradizionali e, forse, meno originali gli altri testi. Andrea Atzori, con A Largo di Terschelling, immerge il lettore nell'ambito dell'orrore marino di hodgsoniana memoria. Grande stile e tecnica al servizio di un soggetto che porta in scena esseri a metà strada tra il mito della sirena e del vampiro che si manifestano nel bel mezzo dell'oceano.
Da Hodgson si passa alle tematiche degne di Robert Bloch, leggendo le pagine di Alberto Buchi. Nel suo Oggetto d'Amore assistiamo a un'indagine di polizia, ambientata nell'ottocento, in una Milano vestita da Whitechapel. A coordinare le indagini non c'è un poliziotto, bensì un mad doctor dedito al galvanismo che sta cercando di scoprire il secreto della vita per traslare l'anima della moglie morente in un manichino. Oggetto sacrificale degli esperimenti sono le vittime di uno squartatore che insanguina le vie cittadine, uccidendo chiunque gli capiti a tiro per eviscerarlo. Tematiche già lette e abusate, con omaggi anche a L'Uomo della Sabbia di Hoffmann e al Frankenstein della Shelley, ma rese in modo apprezzabile e personale. Graffianti momenti splatter.
Si piega decisi verso Stephen King con La Parrucca, palese omaggio di Davide Camparsi alla penna del maestro del Maine. Fortissimo il rimando a uno degli episodi raccontati da King in Cose Preziose ovvero quello del tipo che si fossilizza su una coda di volpe vista in vetrina e ne diventa schiavo al punto da barricarsi in casa per il timore che gliela rubino. Feticismo, legato ai ricordi passati, e follia pura che condurranno alla pazzia il protagonista e non solo lui, in un epilogo che più classico non si può. Interessanti momenti visionari, non si capisce se realistici come visione su un mondo invisibile agli umani o distorsione schizofrenica.

Fiaba nera L'Eterno Spirito del Cantastorie in cui Fabio Renda, sullo stile del fil rouge di creepshow, ripropone una tematica che mi pare di aver già letto altrove ovvero quella di un bimbo prodigo di storie che non devon esser trascritte né registrate pena la lenta e graduale malattia del corpo dello stesso. La madre non lo capirà e condannerà involontariamente il figlio alla morte. Il pezzo forte del racconto è il binario parallelo in cui si svolge la storia con un cantastorie giullare che parla di un cantastorie particolare intento a stregare il pubblico di bambini che lo stanno ascoltando, proprio come sta facendo lui. Finale nerissimo.

Completano il volume il lentissimo e non sempre lineare Il Cibo degli Dei di Rosario Battiato, che ci propone una cerimonia officiata da un cerimoniere che, ogni sette anni, deve esser sacrificato in onore alle divinità della comunità, e il breve e claustrofobico Le Invisibili di Giulia Cocchella, costruito su un doppio binario parallelo tra presente e passato di un monastero testimone di una grave tragedia dimenticata nel tempo. Entrambi i testi sono stati selezionati nella prima edizione del Premio ma non andati sul podio.

Questo il contenuto per un volume tra i migliori che mi è capitato di leggere nell'ambiente underground. Vi ripeto: è un'antologia da comprare e che invoglia all'ideazione gli aspiranti scrittori per far parte di un mondo fin troppo sottovalutato ma capace di partorire perle. L'ennesima scommessa vinta da Andrea Vaccaro, un prodotto che rivaluta un intero movimento e offre spunti di riflessione importanti sul futuro della narrativa fantastica in Italia. Un ringraziamento a Cesare Buttaboni che mi ha quasi costretto alla lettura del testo.

L'appassionato CESARE BUTTABONI a sx
e l'antologista nonché editore ANDREA VACCARO, sulla dx,
sempre più lanciato nell'ambito della letteratura weird
italiana.

"Da secoli si era capito che solo i ragazzi sono davvero in grado di oltrepassare il noto e introdursi nell'ignoto. Ma la stessa capacità di dar vita all'irreale estranea, senza possibilità di ritorno, dalla vita sociale.  Per questo separarsi dai propri Pallidi era l'unica strada possibile. C'è un tempo per seguire i sentieri dell'incanto; e un tempo per tornare a vivere del quotidiano, senza il quale l'immaginazione è solo un dono vuoto. Ora dovevamo scegliere" (Giovanni De Feo - I Pallidi).