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venerdì 22 febbraio 2013

PROGETTO ANTOLOGIA COLLETTIVA DI RACCONTI SU SUPEREROI ORIGINALI a cura di Matteo Mancini


Dopo “I Bastardi senza Storia”, antologia curata dal sottoscritto e uscita nello scorso settembre per le Edizioni il Foglio, prende piede sotto la mia regia un nuovo progetto narrativo. Potrei quasi indicarlo come l'antitesi de “I Bastardi”, visto che quest'ultima antologia aveva come protagonisti degli antieroi.

Ma qual'è l'idea che sta alla base di questo nuovo progetto? Si tratta di un'idea credo originale, forse mai vista in Italia, ovvero quella di creare un'ANTOLOGIA DI RACCONTI CON PROTAGONISTI SUPEREROI ORIGINALI inventati dai singoli autori. Un occasione dunque per creare il proprio supereroe e magari dargli seguito in un futuro progetto fumettistico.

Sono convinto che si tratti di un qualcosa di stimolante, in quanto la realizzazione delle storie è fortemente incentrata sulle caratterizzazioni dei personaggi e dell'ambiente in cui questi verranno a muoversi.

In sostanza ogni autore dovrà inviare dei racconti di lunghezza variabile (indicativamente non superiore alle 60,000 battute) ideando un proprio supereroe (deve avere sviluppato un qualche potere e non essere semplicemente un personaggio integerrimo), prendendo come mero spunto quelli ideati nel mondo del fumetto, e una storia di intrattenimento ma comunque finalizzata a dare un qualche messaggio sociale o politico o esistenziale o filosofico e via dicendo.

L'ambientazione delle storie (città reali o inventate) così come la sfumatura del racconto (horror, poliziesca, pulp o altro) è libera e rimessa al gusto dei vari autori. L'unico limite è quello di non creare contesti fantasy o ambientati nello spazio, perché ciò renderebbe troppo disomogeneo il progetto.

Credo poi sia opportuno stendere delle storie un po' come se le stesse fossero estrapolate da un albo di un fumetto già avviato (e non, a esempio, come il primo film di Spiderman dove assistiamo alla genesi del supereroe) in modo da avere racconti diversificati tra loro (altrimenti avrebbero tutti una forte base comune e diventerebbero ripetitivi nella loro impostazione). È chiaro poi, non essendo il personaggio già conosciuto da chi legge il racconto, gli autori dovranno ovviare a tale mancanza inserendo, a esempio, dei flashback (o altre soluzioni narrative) che facciano capire come il supereroe sia divenuto tale.

Ma chi sono i supereroi chi sono? Al riguardo riporto il pensiero del saggista Alessandro Del Gaudio estrapolato da “IDENTITA' SEGRETA”: “Sono uomini qualunque costretti a confrontarsi con un amore non corrisposto o con gli insuccessi sul lavoro e, magari, con alle spalle situazioni familiari di miseria e desolazione da cui, improvvisamente, si riscattano a causa di un episodio (in genere traumatico) che cambia la loro vita e innesca in loro una trasformazione spesso prima fisica e poi interiore. Ecco così che, a poco a poco, si assisterà alla presa di coscienza da parte dell'eroe di turno dei propri poteri (innati ovvero acquisiti in virtù di duri allenamenti o sortilegi più o meno maledetti o ancora attribuibili al contatto con sostanze chimico/radioattive) e da qui alla creazione di un alter ego munito di pittoresco costume e simbolo di riconoscimento che lo rende unico rispetto a tutti gli altri. A questo punto entrano in scena gli antagonisti (poiché senza un nemico da sconfiggere l'eroe non esisterebbe): criminali, mostri, alieni o demoni dotati di super poteri (a volte persino più forti del protagonista) che hanno la funzione di incarnare i mali della società o dell'uomo ovvero il passato del protagonista e che finiranno schiacciati dalla forza di volontà e dai valori dell'eroe di turno. Il supereroe allora, conclude Del Guadio, altro non è che un individuo che si mette in gioco, supera una serie di prove e vince le sue sfide.

Il volume, se riuscirò a radunare un sufficiente numero di storie qualitative, sarà edito dalla casa editrice IL FOGLIO EDITORE.
Il termine per la consegna delle opere è fissato per il 15 settembre 2013.

Inviare i racconti all'indirizzo goldenmancho@libero.it indicando come oggetto: ANTOLOGIA SUPEREROI. Per chiarimenti scrivete al medesimo indirizzo.
Buon lavoro.

Vi segnalo questo ottimo documentario come spunto: http://www.youtube.com/watch?v=OpH6SzRRLBY

Recensione Saggi: IDENTITA' SEGRETA (di Alessandro Del Gaudio)


Autore: Alessandro Del Gaudio.
Genere: Saggio sui fumetti.
Anno: 2003.
Editore: Il Foglio Letterario.
Pagine: 266.
Prezzo: 18.00 euro.

Commento Matteo Mancini
Superman, Batman, Spiderman, Hulk, i supereroi hanno ispirato generazioni di lettori. Sono stati spesso liquidati come letture per bambini, ma se si osserva al di là di quelle maschere, oltre quei mantelli, le cose si rivelano più complesse di come appaiono. Sin dai tempi della Grande Depressione, i supereroi hanno affrontato temi di grande impatto sociale e politico. E in ogni epoca le forze che hanno trasformato il nostro mondo hanno plasmato anche quello di carta. BENVENUTI NEL MONDO DEI SUPEREROI. Questa è l'introduzione del documentario di cui ho riportato il link a fine recensione. Ora l'amico Alessandro Del Gaudio - torinese classe 1974 - con il suo Identità Segreta mi offre la possibilità di parlare dello sconfinato mondo dei supereroi dei fumetti in modo da gettare luce sulle caratteristiche comuni a tutti i supereroi con il fine di individuare gli “ingredienti” indispensabili per dar vita a un supereroe che si rispetti.

Del Gaudio è un vero e proprio esperto del tema, come testimoniano le sue innumerevoli prove sia da saggista che da narratore. Nel primo campo ricordo, oltre a questo volume, il saggio Kyoko Mon Amour dedicato ai manga giapponesi pubblicati in Italia, mentre tra i romanzi ha recentemente dato alle stampe Metallo d'Ombra uscito nel 2012 per le Edizioni Il Foglio Letterario. Proprio per l'editore di Piombino, Del Gaudio ricopre anche l'importante ruolo di direttore della collana dedicata ai fumetti che conta più di una dozzina di titoli.

Il successo del volume in questione è testimoniato dal fatto che è giunto alla sua terza edizione, dopo l'uscita ormai datata 2003. Dunque siamo alle prese con un evergreen impreziosito, di edizione in edizione, con nuovi dettagli e schede aggiuntive.

L'opera, una sorta di Bignami del fumetto nippo/americano con alcune parentesi italiche, è strutturata in due blocchi. La prima parte, 60 pagine effettive ampliate a circa 95 pagine per l'effetto di spazi bianchi e svariate illustrazioni, ha valenza introduttiva e parla degli albori del fumetto dei supereroi fino ai giorni nostri, ma anche della produzione cinematografica e di quella narrativa ispirate dai (e ai) personaggi del fumetto.

In questa parte Del Gaudio parla delle ragioni che stanno alla base della nascita dei fumetti (i fumetti, scrive, sono sempre stati vettori di propaganda politica e sentimento nazionalistico, ideati per incarnare un dissenso ai regimi politici che insanguinavano molti paesi europei negli anni '40 e a quelli che sono venuti dopo), della loro evoluzione storica da Superman a gli eroi di ultima generazione distinguendo tra panorama americano, giapponese e italiano, delle varie tipologie di supereroi (senza poteri: ex Batman; con super poteri acquisiti: ex Spiderman; non umani: ex: Superman; esseri superiori: ex Thor) e di antagonisti e del ruolo assunto dagli stessi nell'ambito di un'opera tesa a dare un qualche messaggio socio-politico, del ruolo ricoperto dalla censura e dell'ostracismo operato nei confronti del fumetto dai genitori di un tempo (spesso schiavi di una chiusura mentale oggi parzialmente superata), delle influenze del fumetto sul mondo del cinema e della narrativa (e anche viceversa con le importanti ispirazioni garantite da personaggi come Zorro, Robin Hood nonché dalle penne di Asimov e P.K. Dick), infine della crisi del genere e delle sue parodie (Del Gaudio ricorda i vari Superciuk, Gommaflex, L'Ispettore Gadget, Formica Atomica e via dicendo).

La seconda parte dell'opera, la più corposa, è costituita da una raccolta di schede - di lunghezza variabile da una a due pagine - dedicate a più di sessanta supereroi del fumetto riportati in ordine alfabetico. In tali schede viene indicata la data di uscita del fumetto, il suo autore nonché le caratteristiche principali del protagonista della storia (raffigurato anche con un piccolo disegno) e lo sviluppo della stessa con indicazione degli antagonisti e della città in cui si svolgono i fatti.
Stranamente, forse per esigenze di spazio, Del Gaudio, pur parlandone nella prima parte, ha estromesso dall'analisi specifica tutta una serie di personaggi. Se l'estromissione è ben motivata per personaggi del calibro di Dylan Dog, Martin Mystere e Tex (ci sono invece Nathan Never, Zagor e Legs Weaver) mi resta piuttosto oscura la ragione che ha portato all'esclusione i vari Silver Surfer, Hellboy, Faust (il riferimento va al personaggio portato in scena da Brian Yuzna) tanto per citare i più evidenti.

Il volume resta comunque un discreto strumento per il neofita, un volume idoneo a sollecitarne la curiosità e a fungere da bussola orientativa per ampliare le conoscenze fumettistiche andando oltre ai supersfruttati Batman, Superman, Spiderman etc. È altresì l'occasione per apprendere come molti dei personaggi che hanno inondato le reti locali negli anni '80 con i cartoon spesso intitolati con il loro stesso nome sono in realtà nati nel mondo dei fumetti nipponici. Così troviamo, tra gli altri, le schede dedicate a Capitan Harlock, Devilman, Ken Shiro, Cyborg 009, I Cavalieri dello Zodiaco e via dicendo. Curioso però è anche il fenomeno opposto che ha visto personaggi lanciati dal mondo del cinema (Il Corvo, Predator, Terminator), dei cartoon (I Transformers) o dei videogiochi (Lara Croft) approdare al fumetto.

Ma chi sono i supereroi? Del Guadio è piuttosto chiaro nell'individuarli in uomini qualunque costretti a confrontarsi con un amore non corrisposto o con gli insuccessi sul lavoro e, magari, con alle spalle situazioni familiari di miseria e desolazione da cui, improvvisamente, si riscattano a causa di un episodio (in genere traumatico) che cambia la loro vita e innesca in loro una trasformazione spesso prima fisica e poi interiore. Ecco così che a poco a poco si assisterà alla presa di coscienza da parte dell'eroe di turno dei propri poteri (innati ovvero acquisiti in virtù di duri allenamenti o sortilegi più o meno maledetti o ancora attribuibili al contatto con sostanze chimico/radioattive) e da qui alla creazione di un alter ego munito di pittoresco costume e simbolo di riconoscimento che lo rende unico rispetto a tutti gli altri. A questo punto entrano in scena gli antagonisti (poiché senza un nemico da sconfiggere l'eroe non esisterebbe): criminali, mostri, alieni o demoni dotati di super poteri (a volte persino più forti del protagonista) che hanno la funzione di incarnare i mali della società ovvero il passato del protagonista e che finiranno schiacciati dalla forza di volontà e dai valori dell'eroe di turno. Il supereroe allora, conclude Del Guadio, altro non è che un individuo che si mette in gioco, supera una serie di prove e vince le sue sfide.

Se i neofiti potranno così dirsi soddisfatti della lettura, lo stesso probabilmente non potrà dirsi per i “maniaci” (in senso positivo) del genere a causa di una trattazione che seppur completa, per quel che concerne il panorama analizzato, resta forse un po' troppo sintetica sui dettagli. Lettura rapida e divertente. Bignamino.

Qua vi segnalo il link dove potrete vedere un interessante documentario di HISTORY CHANNEL dedicato ai supereroi: http://www.youtube.com/watch?v=OpH6SzRRLBY

lunedì 18 febbraio 2013

Recensione Narrativa: TUTTO QUEL ROSSO di Cristiana Astori



Autore: Cristiana Astori.
Genere: Giallo.
Anno: 2012.
Editore: Mondadori.
Pagine: 250
Prezzo: 4,90 euro.

Commento di Matteo Mancini
Secondo episodio della mini saga che vede protagonista la studentessa universitaria Susanna Marino e la sua occasionale spalla Steve Salvatori (ambiguo cacciatore di pellicole rare e qua anche stuntman semi-professionista) già in prima linea in "Tutto quel Nero", romanzo che omaggiava la cinematografia del regista Jess Franco e dell'attrice spagnola Soledad Miranda.
Anche in questa occasione la Astori regala ai lettori un giallo un po' atipico, supper più convenzionale rispetto al primo capitolo (si perde quasi del tutto la componente fantastica/orrorifica). Atipico perchè è comunque un lavoro più vicino ai prodotti cinematografici italiani anni '70 piuttosto che a quelli narrativi. L'attenzione ricade sullo spaghetti thriller in generale e più in particolare su Dario Argento, con un assassino seriale che ricalca gli omicidi perpretati in "Profondo Rosso" e con una struttura di storia che ha il crisma del b-movie.

Ne viene fuori quello che potremmo definire un remake personalizzato e dichiarato del capolavoro argentiano caratterizzato da una costruzione e un intreccio ben calibrati. La storia prende le mosse piuttosto blandamente per accelerare con un vigoroso cambio di ritmo dalla metà in poi. Rispetto a "Tutto quel Nero" aumenta il numero degli assassinii, così come cresce la componente erotica e onirica. Molti i personaggi gettati nella mischia, ma tutti ben sfaccettati e caratterizzati. Abbiamo poliziotti in stile Rambo, altri corrotti, procuratori arroganti, stuntman pazzi, proiezionisti che vivono di ricordi, professori di cinema di genere, ricercatori di pellicole leggendarie, maghi new age con pretese da guida spirituale e via dicendo per quello che è un vero e proprio spaghetti thriller made in Italy su carta stampata.

Degli spaghetti thriller la Astori riprende pregi ma anche difetti. Il punto debole del romanzo ricade sull'epilogo con un assassino poco credibile (non tanto per il movente, ma per il suo ruolo nella storia) e dei dialoghi finali che paiono scritti da Dario Argento in persona (il che, questa volta, non è un complimento). Non manca poi la stucchevole (ma classico per il genere) confessione fatta dall'assassino al protagonista prima che quest'ultimo venga aggredito dall'assassino stesso che tenterà vanamente di eliminarlo.

In compenso però non si contano le sequenze al cardiopalma degne dei prodotti cinematografici di primo livello nell'ambito dei b-movie. Su tutte sono da ricordare la sequenza al cimitero in mezzo alle statue, il lungo inseguimento automobilistico narrato con gusto per il poliziottesco, l'omicidio del venditore di oggetti usati e soprattutto tutta la parte relativa al fatiscente Cinema Z eretto nel cuore esoterico di Torino (ottimo al riguardo la descrizione della città fatta dalla scrittrice). Simpatico, a caso risolto, il capitolo conclusivo in cui la Marino si prende una piccola rivincita nei confronti di alcune compagne di collegio un po' acidelle.

In aggiunta a quanto sopra si conferma il marchio di fabbrica della "saga" avviata con "Tutto quel Nero" in virtù di una piacevole e lunga sequela di omaggi diretti (personaggi che hanno nomi di compositori o di attori o chiamati come i protagonisti di thriller italiani di seconda fascia, ma anche titoli di film celati nel testo come parte integrante della narrazione) e indiretti al cinema di genere con strizzatine d'occhio a Quentin Tarantino ("A Prova di Morte" ricordato dalla presenza di stunman che guidano auto a prova di morte e "Bastardi senza Gloria" con un cinema che va in fuoco a causa delle pellicole altamente infiammabili), al genere poliziottesco e agli argentiani "Phenomena" (il romanzo ha inizio in un collegio e la protagonista vaga in preda al sonnambulismo) e a "Il Gatto a Nove Code" (ricordato dalla sequenza al cimitero) il tutto incastonato in un plot che è un intelligente e personalizzato remake di "Profondo Rosso" (dal quale si riprende anche la location interna ed esterna della famosa villa ancora oggi meta di pellegrinaggio dei fan del maestro del brivido).
Imperdibile per gli amanti dello spaghetti thriller anni '70, con alcune chicche sulle versioni alternative di Profondo Rosso con alcune parti inedite di girato tagliate e sulla sceneggiatura originale intitolata La Tigre dai Denti a Sciabola. Divertimento assicurato, peccato per il finale.
Confido in un terzo episodio dedicato a Lucio Fulci.

giovedì 14 febbraio 2013

Recensione saggi: IL POTERE è NELLA MENTE di Francesco Tesei



Autore: Francesco Tesei.
Anno: 2012
Editore: Rizzoli
Pagine: 290
Prezzo: 17 euro

Commento di Matteo Mancini
Francesco Tesei, ovvero il più importante mentalista italiano – come campeggia nella copertina – debutta con Il Potere è nella Mente nel campo editoriale.
Abile artista, fantastico pianificatore, burattinaio ipnotico, folle amico, così viene presentato dagli amici, con un passato da illusionista, Tesei è un personaggio capace di calamitare l'attenzione altrui sia da un palco di un teatro sia munendosi di carta e penna. In sintesi si può definire un prestigiatore della parola, nonché un geniale interprete di sistemi complessi figli della costante interazione tra situazioni oggettive e comportamenti umani.

Il Potere è nella Mente nasce dalla volontà dell'autore di gettare luce sui meccanismi mentali che stanno alla base dei suoi spettacoli magico/illusionisti, col fine di fungere da ispirazione o spunto per permettere ai lettori di liberarsi da quel complesso di fattori che inibiscono il libero sviluppo delle capacità personali e delle emozioni.
L'autore cita Oscar Wilde, il quale affermava che “lo scopo della vita è lo sviluppo di noi stessi cioè la perfetta realizzazione della nostra natura”, per elaborare un concetto globalizzante e giungere a sostenere che “perseguire l'eccellenza non si risolve in un beneficio personale, ma costituisce la chiave per essere d'aiuto ad altre persone, e che il modo più efficace per essere di aiuto e costituire un esempio per gli altri.
Ne deriva che “Chi comprende la differenza tra le semplici convenzioni o le abitudini e la verità oggettiva” prosegue “avrà il potere di scrivere nuove regole.” Questa la filosofia di fondo che governa l'arte del nostro e che nell'occasione viene trasposta su carta stampata.

Il libro beneficia di uno stile essenziale e molto scorrevole, infarcito di esempi, citazioni letterarie (ma anche cinematografiche), veri e propri aforismi personali e stralci di vita vissuta che lo rendono un prodotto originale e al contempo atipico. Potremmo così definire la fatica di Tesei come un'opera a metà strada tra un'autobiografia e un manuale di psicologia, sospesa tra i truffaldini trucchi del marketing e i geniali espedienti divulgati dalla PNL.
A ogni buon conto traspare in modo netto la passione dell'autore per la materia trattata, grazie a un'esposizione chiara e dettagliata. Lo stile adottato colpisce nel vivo l'interesse del lettore, il quale non potrà far altro che munirsi di matita e sottolineare passaggi su passaggi in modo da ragionare sui molteplici aspetti proposti per rielaborarli e trarne illuminanti insegnamenti.

Tra i temi trattati dal mentalista viene garantito un discreto spazio ai rapporti esistenti tra mentalismo, illusionismo e magia. Tesei sottolinea come il mentalismo sia una tecnica molto più vicina alla psicologia e alla comunicazione piuttosto che alle capacità di prestidigitazione, un modo per interpretare i gesti delle persone (grazie allo studio del linguaggio corporeo, della cold reading, del vestiario e via dicendo) e indirizzarne o comunque influenzare i comportamenti senza trucchi o magie. Ciò finisce inevitabilmente per affascinare il lettore, ma anche per inquietarlo poiché l'autore mostra con disarmante ovvietà le tecniche in virtù delle quali i media e le grandi imprese finiscono con l'annientare il libero arbitrio delle persone, determinando così le scelte della maggior parte della popolazione mondiale. Ecco quindi le pagine dedicate ai principi e alle tecniche di persuasione tipiche del marketing o della politica, che Tesei riprende dagli studi di ricercatori americani del calibro di Kurt W. Mortensen e Robert B. Cialdini.

L'autore parla inoltre della legge di attrazione e di come ogni individuo debba orientare il proprio inconscio, mediante sapiente programmazione mentale, in modo positivo e aperto a ogni soluzione (“chi possiede convinzioni potenzianti interpreterà la realtà secondo una mappa mentale che minimizza le sconfitte, ristrutturandole come occasioni per imparare qualcosa, esaltando i successi”), libero dalle imposizioni del sistema o dalle opinioni altrui e anche da ogni forma di pessimismo. Tali aspetti infatti sono solo degli ostacoli che castrano lo sviluppo e l'affermazione della personalità degli uomini. Ne deriva l'esaltazione del gioco (“giocare riveste un ruolo che ritengo essere ancora oggi enormemente sottovalutato”) e dell'errore visti rispettivamente come occasioni di divertimento e di miglioramento e mai di fallimento. “L'esperienza è ciò che acquisti quando non ottieni le cose che volevi” spiega l'autore riprendendo filosofie di stampo orientale. “Successi e insuccessi sono in qualche modo collegati tra loro, e spesso i secondi aiutano a gettare le basi per i primi.

Questi sono i principali temi affrontati da questo ottimo volume. Dunque una lettura intelligente e assai utile nella vita di tutti i giorni per intraprendere o perfezionare la via dello sviluppo personale, svincolandosi da preconcetti e dalle idee precostituite. “Noi uomini abbiamo un certo grado di libertà, ma siamo allo stesso tempo spinti o frenati dalla pressione manipolatrice di forze a noi esterne: la politica, gli amici, la moda, la famiglia e la società” ribadisce più volte e giustamente l'autore.
In conclusione un volume agile nella lettura che consiglio a ogni tipologia di lettore, soprattutto ai neofiti, e che mi vede d'accordo pressoché su tutto.
Il mio indice di apprezzamento è così elevato da sperare che Tesei affronti ancora queste tematiche, anche perché adoro gli aforismi e le citazioni che costituiscono sicuramente lo spunto di partenza anche dell'autore. Voto: 8+

Ps: qua trovate una recente esibizione di TESEI: http://www.youtube.com/watch?v=WkWkj-swTL8

sabato 2 febbraio 2013

H.P. Lovecraft - Contro il mondo, contro la vita (M. Houllebecq)



Autore: Michel Houellebecq.
Anno: 2001.
Pagine: 138.
Editore: Bompiani.

Commento Matteo Mancini.

Lo scrittore, nonché sceneggiatore e regista, francese Michel Houellebecq, noto soprattutto per i suoi romanzi provocatori, dedica con il saggio Contro il mondo contro la vita(titolo drastico) un tributo alla leggendaria figura dello scrittore Howard P. Lovecraft. Il volume ha il merito di esser scritto in modo accattivante e scorrevole anche se è un po' incompleto nei contenuti - in particoalre analizza marginalmente i racconti dello scrittore - preferendo orientarsi sulla psicologia del personaggio.

Vero e proprio maestro della narrativa fantastica del primo novecento, Lovecraft è forse il più importante autore di storie orrorifiche di tutti i tempi.
In poco meno di 140 pagine Houllebecq analizza l'humus che sta alla base dell'opera del solitario di Providence, con flash diretti a far chiarezza sulla sua filosofia, ma anche sulle sue fobie. Così, tra estratti estrapolati da missive o da racconti, vengono snocciolate le opinioni di Lovecraft e i fatti più rilevanti che ne hanno influenzato il pensiero.
Una citazione ripresa da Jacques Bergier è assai utile per comprendere le radici della produzione in questione: “Forse per apprezzare Lovecraft occorre aver molto sofferto.

Autore complesso e complessato, Houellebech sottolinea di continuo il rigetto provato da Lovecraft per la vita adulta, il sesso, il denaro e ogni forma di realismo, moda o progresso. E' lo stesso Lovecraft ad affermare: “Considero i testi realistici un'indiscreta ricerca di ciò che c'è di infimo nella vita dell'uomo. I misteri del sesso sono alla portata di chiunque. Basta passare mezz'ora in un aia e vedere come si accoppiano le bestie. Quando io guardo l'uomo, invece, guardo le caratteristiche che lo elevano dal rango di bestia e che lo rendono essere umano; osservo le qualità che danno alle sue azioni simmetria e bellezza creatrice. Desidero veder considerato il comportamento umano, mettendo l'accento sulle qualità che gli sono proprie e senza che vengano messe in risalto le particolarità bestiali che ha in comune con il primo verro o caprone che gli capita attorno
Notorio anche il pessimismo cosmico e disfattista del solitario di Providence: “Esiste solo l'egoismo, vita e morte non hanno senso.”
Tali impostazioni traggono origine da un'infanzia dominata da una serie di malattie, che hanno impedito al futuro scrittore di instaurare una giusta socializzazione con gli altri bambini, e soprattutto da una madre iperprotettiva, castrante, che ha minato continuamente l'autostima del piccolo (sul punto, stranamente, il saggio è carente, pecca non di poco conto). Houellebech si limita a dire che a 18 anni Lovecraft rimane vittima di un collasso nervoso e sprofonda in un letargo che durerà dieci anni. Ne verrà fuori un uomo apatico e spento, ma lucido, intelligente e sincero che arriva ad affermare che “l'età adulta è un inferno, la gioia fugace dell'infanzia non si agguanta più”.

Lovecraft odia la competitività, la sfida costante, il richiamo del sesso, gli investimenti di capitali. È conscio di esser destinato al fallimento e, anche per questo, evade dalla realtà puntando tutto sulla narrativa.
Dotato di un carattere cortese, modesto e premuroso, riesce subito a ritagliarsi uno spazio di affezionati (epistolari) che gli chiedono consigli e consulenze per le loro opere. Così sviluppa idee altrui e offre il proprio supporto diretto agli allievi per i quali avrà sempre parole dolci, senza presentarsi mai come loro guida intellettuale. Restio a richiedere le somme a lui dovute per le revisioni letterarie, si comporterà sempre da autentico gentleman. Nessuno lo vedrà mai andare in collera, né piangere o ridere. Farà eccezione il triennio vissuto con la moglie Sonia H. Greene, una donna sette anni più vecchia di lui che incontrerà per caso e da cui verrà corteggiato. Privo di precedenti esperienze sentimentali, si sposerà con lei a trentadue anni e passerà quelli che ricorderà come i suoi anni più felici. La donna è l'esatto opposto di Lovecraft: bella, intraprendente, piena di vita. Con lei lo scrittore diventa ottimista, si impegna e accarezza l'idea di diventare uno scrittore di successo, ma a causa di problemi economici divorzierà tre anni dopo non legandosi più a nessuna altra donna.

Il lato oscuro tornerà così a farla da padrone, portando il nostro a colloquiare spesso con la morte, al punto da tenere sempre a portata di mano una boccetta di cianuro. Con il lato oscuro torna a trionfare l'atteggiamento fatalista e rinunciatario che rende Lovecraft disinteressato a ogni forma di progresso e di ambizione. “Un gentiluomo non si sforza di farsi conoscere: lascia che a farlo siano i piccoli arrampicatori egoisti”.

Lovecraft scrive per gusto personale, non strizza l'occhiolino ai gusti del pubblico o alle mode del momento. Houllenbech plaude l'atteggiamento del suo idolo dicendo che in un'epoca di forsennato mercantilismo è un sollievo vedere qualcuno che rifiuta così ostinatamente di vendersi.Gli fa eco Lovecraft che tuona: ”L'unico lettore di cui tengo conto sono io stesso. Il mio scopo consiste nel piacere che traggo dal creare situazioni bizzarre e atmosfere d'effetto.”
Il distinteresse porta il nostro a far ben poco per farsi accettare (non a caso avrà successo solo postumo). Invia manoscritti sporchi e patrocchiati, parla dei rifiuti dei propri racconti e mette in evidenzia i difetti degli stessi. Fa tutto il possibile per risultare sgradito dando vita a un misto di masochismo e altezzosità che lo penalizza di continuo.

Dotato di uno stile prolisso fatto di aggettivi e avverbi, mira a rivolgersi a un pubblico di nicchia, i consumatori della rivista weird tales, rivelandosi insuperabile nel creare realtà parallele in cui irrompono gli Antichi (creature ciclopiche e tentacolari che dominavano il mondo prima ancora dei dinosauri) in quello che diviene a poco a poco un vero e proprio pantheon dell'orrore (rifacendosi soprattutto a Lord Dunsany e a Arthur Machen) che sarà poi sviluppato da una lunga serie di altri scrittori (allievi e non).
Houellebech precisa che “la scrittura di Lovecraft si sviluppa nel ipertrofia e nel delirio in una prosa delicata e con una luminosa profondità decisamente rara, degna di un poeta del macrabo.” Il fine dell'autore così come quello dei colleghi interessati alla narrativa fantastica, dice il saggista francese, è quello di trasformare le percezioni ordinarie della vita in una fonte illimitata di incubi.La vita del resto” precisa Lovecraft “è dolorosa e infima dunque è inutile scrivere altri romanzi realistici, perché questi non fanno altro che rinforzare quella sensazione di nausea sufficientemente alimentata da una qualsiasi giornata di vita reale".

Lovecraft però è anche un reazionario e un convito razzista, cosa che non gli fa certo onore, atteggiamento dettato per lo più da una sensazione di inferiorità fisica che lo stesso avverte nei confronti dei più prestanti uomini di colore e che lo porta a proporre quali personaggi malvagi dei suoi racconti dei meticci o dei neri (che comunque appariranno quasi sempre trasfigurati in virtù di una piega onirica che li trasforma in altro). Contrapposti a essi, invece, troviamo delle vere e proprie proiezioni dell'autore, cioè degli eroi solitari e tenaci destinati alla sconfitta, spogliati di una qualsiasi traccia di vita, con un solo scopo da perseguire: la ricerca della conoscenza. Questi uomini sono coscienti dell'orripilante realtà che hanno difronte, ma decidono comunque di affrontarla. Lovecraft caratterizza tutti questi personaggi in modo superficiale in quanto, nelle sue opere, gli uomini sono solo secondari rispetto alle realtà ripugnante e a un destino in cui solo il male può trionfare.

Degni di nota sono infine gli scenari archiettonici deliranti che Lovecraft elabora estasiato dall'amore per l'arte. Lo scrittore faceva parte di quegli uomini che davanti a una bella architettura cadono in un estasi estetica che ne alimenta la fantasia e da qui ecco il continuo riferimento all'arte, caratteristica pressoché costante dei vari racconti regalati al pubblico.

Vero e proprio fuori schema, l'amore per la narrativa del nostro prende le mosse da Poe e da altri maestri del fantastico (Machen, Lord Dunsany su tutti) per evolversi in qualcosa che infrange ogni classificazione. Lovecraft non copia, ma rielabora con piglio estremista e sospinto da un'insaziabile forza interiore. Autore del sogno, sosterrà più volte di scrivere direttamente i propri viaggi onirici, quasi come posseduto da uno spirito alieno. Per nulla convinto della psicanalisi, si scaglierà su Freud definendolo “ciarlatano viennese” e ritenendosi egli stesso più esperto nel campo del sogno.

Il saggio si chiude con una considerazione di Houellebech il quale afferma che Lovecraft è riuscito a “offrire un'alternativa alla vita in tutte le sue forme, costituendo un'opposizione permanente”.
Al di là di quanto affermato dal saggista, Lovecraft resta una delle vette della narrativa dell'orrore. Un personaggio che ha ispirato videogiochi, giochi di ruolo, film e persino leggende metropolitane su libri magici mai esistiti ma spacciati da alcuni truffaldini come reali (il Necronomicon).
Buon lavoro, ma si poteva far meglio (completamente omesso anche il riferimento alla passione di Lovecraft per i gatti).