Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

martedì 30 luglio 2024

Recensione Narrativa: L'ORA DEL DIAVOLO di Fernando Pessoa.

Autore: Fernando Pessoa.
Anno: ?.
Genere: Filosofeggiante / Fantastico.
Editore: Albatros (2019).
Pagine: 46.
Prezzo: 3,50 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Possiamo definire L'Ora del Diavolo, più che un racconto fulmineo, una riflessione nella forma di un dialogo dalla valenza di monologo, in quanto uno dei due personaggi coinvolti funge da spalla dell'altro. Testo decisamente frastagliato, mero veicolo di riflessioni filosofico-esistenziali. Esce postumo, per effetto del recupero operato da alcuni studiosi, pubblicato in svariate edizioni ciascuna delle quali diversa dalle altre per una serie di interpretazioni, tagli e aggiunte dovute a un testo da ricostruire tramite un montaggio da gestire con frasi e battute riportate in maniera non organica.

Pessoa immagina un dialogo tra una giovane donna incinta, reduce da un ballo in maschera, e un individuo tutto vestito di rosso che dichiara di essere il diavolo. Prende così piede una vera e propria apologia del signore degli inferi, presentato in una veste piuttosto originale. Il diavolo sarebbe la componente lunare di Dio, l'altra faccia di una medesima medaglia. Dio e diavolo non sarebbero impegnati in una lotta tra loro, ma sarebbero entrambi esponenti minori di un Ordine di cui loro stessi ignorano i componenti superiori. Un'idea, questa, che verrà ripresa, per esempio, da Stephen King per Insomnia (1994). Il diavolo pertanto non è in contrapposizione a Dio, ma ne è uno strumento di affermazione da centrare attraverso una negazione che lo sostenga.

Pessoa fa parlare il suo signore della notte per continui contrasti che ricordano la natura dell'ossimoro, delineando quella che potrebbe apparire una grande supercazzola che, in realtà, rispecchia il modo di parlare per enigmi che è tipico degli iniziati (il diavolo si definisce "un ironista"). Quando la donna che lo ascolta gli dice di non capirlo e che deve farsi intendere, lui, senza fare una piega, le risponde: “Non capisce, allora ascolti. Altri capiranno.”

È l'ironia l'arma dialettica che il Mefistofele di Pessoa sfrutta per fare breccia. Punta il dito su quanti lo hanno indicato nelle loro opere (Milton, Goethe, Shakespeare), lamentandosi per la cattiva pubblicità che gli è stata affibbiata.

Non si salvano dagli strali neppure le religioni, ciascuna delle quali accusata di contendersi la superiorità sulle altre fedi senza rendersi conto di parlare tutte la medesima lingua (“sono come la stessa frase pronunciata in varie lingue”).

L'esotersimo non è a misura d'uomo. Pessoa muove il suo personaggio da novello Socrate che è saggio perché sa di non sapere. “La mia comprensione è imperfetta, come lo è della Cabbala, che i maestri della Dottrina Segreta conoscono meglio di me.” Un dialogo dunque sofista e sofisticato che rispetta i grandi insegnamenti della scuola di Protagora. Chi dice di sapere, ivi compresi gli alti gradi della Massoneria, i cabalisti e i Maestri esoterici, mente spudoratamente addentrandosi in territori dove non si può trovare risposta perché questa sfugge persino alle creature superiori. La verità è un punto centrale che viene ricercato percorrendo continuamente la circonferenza di un cerchio. Attenzione però a non cadere in errore: Pessoa non è un materialista, ma è un intellettuale ascetico, che guarda oltre alla banale quotidianità.

Ne viene fuori un profilo del diavolo romantico e decadente, costituito da una lunga serie di aforismi, che rispecchiano la natura dell'artista. L'ironia è persistente e continua figlia di una sagacia che dileggia i presunti detentori delle grandi verità, di qualsiasi gruppo o grado essi siano. “Sono il Dio dell'immaginazione, perduto perché non creo. Sono lo spirito che crea senza creare.” Siamo nel campo della filosofia più sfuggevole eppure sempre geniale.

Corrompo perchè faccio immaginare. Ma Dio è peggiore, in un certo senso, perché ha creato il corpo corruttibile." Così il diavolo parla di sè. Sono la negazione assoluta, l'incarnazione del nulla. Quello che si desidera e non si può avere, quello che si sogna perché non può esistere, di questo è costituito il mio regno nullo e li sta vacante il trono che non mi fu mai dato. Quello che avrei potuto essere, quello che avrei potuto avere, quello che la Legge o la Sorte non mi hanno dato, l'ho passato all'anima umana.”

Testo dunque per gli appassionati della filosofia di Pessoa, per chi vuol riflettere su ciò che si cela oltre i limiti della materia nonché per i cultori dell'esoterismo di qualità. Il testo, imperfetto e frammentario, riflette la sua origine che certo non può definirsi studiata e voluta a tavolino, ma risultante di un recupero postumo orchestrato da studiosi della produzione dell'autore. Fernando Pessoa è stato un grande letterato, a cui il Premio Nobel per la letteratura Josè Saramago ha interamente dedicato il romanzo L'Anno della Morte di Riccardo Reis, grande cultore di occultismo nonché celebre poeta portoghese divenuto oltremodo famoso per la simulazione di suicidio orchestrata, nel 1930, dall'occultista e scrittore Aleister Crowley – membro di spicco di una serie di ordini esoterici nonché sostenitore della magia rossa - in una località, dove tutt'oggi una lastra ricorda l'evento, il cui nome era già tutto un programma: Boca do Inferno.

Curiosamente nato nell'anno di fondazione della Golden Dawn (1888) e nel giorno del compleanno del Grande Maestro di tale rito para-massonico nonché altro poeta cultore di occultismo, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura e vera e propria antitesi di Crowley, quale appunto era William Butler Yeats, Pessoa strinse una fitta collaborazione con “La Bestia” a partire dal 1925 e per effetto di un refuso contenuto in un libro di Crowley. Fece infatti notare alla “Bestia” la presenza di un errore, in un libro esoterico vertente sul tema astrologico (passione sottaciuta di Pessoa) scritto da Crowley, relativo all'indicazione dell'orario della sua nascita. Un substrato comune che indusse Pessoa e Crowley a tenere una fitta corrispondenza, alimentata dalle passioni tutt'altro che segrete del poeta, oltre che alla traduzione in portoghese di Hymn to Pan curata proprio da Pessoa. Traduttore dall'inglese al portoghese, per effetto di una formazione che lo aveva visto laurearsi in Sud Africa, di testi di teosofia, nonchè gnostico convinto e appassionato dell'opera di Aleister Crowley che non poteva certo che dirsi lusingato da una simile amicizia, Pessoa era una personalità di spicco a Lisbona, sebbene vivesse con i proventi di una società di import & export. Un legame che, immaginiamo, fu preso con simpatia dall'ironico Maestro portoghese che dette manforte al provocatore dei provocatori sostenendo le sue follie, ivi compresa la notizia di suicidio che allertò medici e polizia, con frasi secondo le quali il fantasma di Crowley sarebbe apparso per Lisbona in due occasioni generando subbuglio peraltro già scardinato dai litigi di Crowley, personalità legata al consumo di droghe, alle espulsioni dagli hotel, alle voci di strupro e ai persistenti litigi con fidanzata isteriche che cambiava con la velocità delle salviette usa e getta.

Al di là di questo episodio, la produzione di Pessoa, che muore per colica epatica nel 1935, è soprattutto legata alla poesia e all'introspezione, poco interessandosi degli aspetti del comune vivere vedendo il vero obiettivo dell'uomo superiore nelle necessità di indagare sul vero senso della vita.

In una lettera a un amico scrisse: “Credo nell'esistenza di mondi superiori al nostro e di abitanti di questi mondi, in esperienze di diversi gradi di spiritualità, che si assottigliano fino ad arrivare a un ente supremo che presumibilmente ha creato questo mondo. Può essere che ci siano altri Enti che abbiamo creato altri universi, e che questi universi coesistano con il nostro... Date queste scale di esseri, non credo nella comunicazione diretta con Dio ma, secondo il nostro affinamento spirituale, potremo pervenire alla comunicazione con esseri sempre più alti.”

Per concludere potremmo definire questo L'Ora del Diavolo una sorta di frammento sull'esempio del ben più corposo Libro dell'Inquietudine, altra opera postuma, reputato un vero e proprio capolavoro della letteratura mondiale, da cui viene mutuata la forma frammentaria e il taglio riflessivo sostituendo a una struttura che richiama l'idea del diario a matrice esistenzialista (si è parlato di "diario dell'anima") quella del dialogo in cui un uomo parla e chi lo ascolta nulla capisce, sebbene tutti gli altri comprendano il senso dell'opera. Una caratteristica, questa, tipica dell'autore, impegnato in un gioco continuo sfruttando una lunga serie di eteronimi (identità poetiche immaginarie chiamate a svolgere un'attività artistica tutta loro e distinta dall'autore originale) utili a frammentare una personalità alquanto poliedrica e, come conviene con tutti i Grandi Maestri, derisoria nei confronti di chi pensa di sapere e poi vede tutto stravolto.

Tra i testi che consigliamo di recuperare dell'autore segnaliamo la raccolta esoterica Rosea Cruz, inserita - a esempio - in Pagine Esoteriche (Edizioni Adelphi). Garanzia.

L'autore Fernando Pessoa.

Tutto vive perché si oppone a qualcosa. I sono colui a cui tutto si oppone.”

sabato 27 luglio 2024

Recensioni Narrativa: ABISSI DEL TEMPO E DELLO SPAZIO di Andrea Berneschi.

Autore: Andrea Berneschi.
Anno: 2024.
Genere: Horror.
Editore: Indipendente.
Pagine: 154.
Prezzo: 14,00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Autoproduzione del “veterano” underground Andrea Berneschi, scrittore con una lunga trafila maturata al servizio di concorsi narrativi, oltre che qualcosa come settanta racconti alle spalle disseminati tra riviste e antologie. Un'evoluzione che lo ha portato a essere di recente ammesso all'accademia dell'Independent Legions presieduta da Alessandro Manzetti. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano la selezione di un racconto per la blasonata e internazionale Horror Academy Vol.1 (2021) nonché il ciclo Tenoch (2019-20) dato alle stampe con Delos Digital.

Abissi del Tempo e dello Spazio è un'antologia horror a forte trazione sarcastica con la quale l'autore, non certo scevro da ironie, omaggia a modo suo la figura di Howard P. Lovecraft. Le ambientazioni sono quasi tutte toscane, troppo spesso interessate dall'azione di sette o di culti che rimandano alle divinità stellari proclamate al rango di miti dalla penna del Solitario di Providence. Lo stesso Lovecraft diviene protagonista di alcune storie, in un caso (anche se non dichiarato) in forma spiritica tanto da assumere, alla maniera di Get Out – Scappa (2017), il controllo del corpo di un ambulante nigeriano (della serie ironia portami via, vista l'avversione dello scrittore americano verso i colored).

Undici racconti, sette dei quali inediti, sviluppati su una lunghezza compresa dalle ventidue pagine e mezzo alle quattro e mezzo. L'intrattenimento è garantito. In alcuni casi, le storie si imprmono nella memoria legittimando l'acquisto del volume. A voler trovare un neo, forse, si ravvede la mancanza, tra gli inediti, di racconti in grado di duellare con i testi "storici" dell'autore già apparsi per l'ormai defunta Dunwich Edizioni.

Lo stile è leggero, salvo un paio di racconti psichedelici, eppure calibrato e frutto di anni e anni di gavetta. Berneschi scrive da quasi vent'anni e la cosa si riflette nei suoi testi. Manca un po' di sense of wonder, piegato in favore di un pungente sarcasmo che non disdegna la critica sociale e gli ammiccamenti in favore di un approccio filo-anarchico. Nelle storie di Berneschi le autorità, sia che siano agenti dell'FBI o Carabinieri, vengono caratterizzate con accezioni negative e castranti della libera determinazione altrui. L'autore le mostra con una punta di antipatia che eleva a protagonisti i reietti, vuoi che siano tossici o dei commercianti abusivi.

Punto di forza delle storie sono la gestione dei personaggi e dei dialoghi. Un aspetto questo che contrasta rispetto allo stile lovecraftiano, che riduceva i personaggi a meri burattini. Berneschi ricostruisce bene gli ambienti, attinge dall'esperienza personale quale incaricato all'assistenza di malati psichiatrici. L'autore è un appassionato flemmatico, dall'atteggiamento umile e dalla cadenza verbale giostrata sui bassi toni. Ho avuto l'occasione di incontrarlo presso il festival La Serra Trema, dove ci ritrovammo a paralre sul palco insieme a due sceneggiatori di Dylan Dog (Ruju e Cavaletto) e allo scrittore di casa Ivo Gazzarrini. I suoi toni pacati si innalzano di volume quando vengono espressi dalla penna.

In Abissi del Tempo e dello Spazio offre una prova indubbiamente valida. Bastano tre racconti ad attiragli consensi e attenzione e lo dico senza rapporti di amicizia o simpatie personali. Il pezzo forte del progetto è Californyathep che sposta, a differenza delle altre storie, la narrazione dall'Italia agli States dei tempi della cultura hippie, sostituendo il culto degli antichi ai deliri pseudo demoniaci della famiglia di Charles Manson (con tanto di omaggio ad Helther Skelter).

È un Berneschi versione Tim Burton. Pur con le sue differenze, mi ha fatto venire in mente il film Mars Attacks. A differenza di altre storie, convince dalla prima all'ultima riga delineando un racconto da vero maestro che attinge da HPL per riscriverlo su altre coordinate. Un manipolo di disadattati fa cadere un satellite sulla Terra, con l'intenzione di riprogrammarlo e  rimetterlo in orbita per lanciare messaggi che possano resettare le menti dei telespettatori del circuito televisivo e allineare i cervelli in vista del ritorno di Nyarlathotep.

Davvero un gran bel racconto, sulla manipolazione mentale, con la solita ottima gestione dei personaggi, l'ironia graffiante e un horror che lascia il campo a una fantascienza fortemente ibridata dalla parodia. Extraterrestri mutuati da Lovecraft, raggi laser che sciolgono in poltiglie i corpi umani tipo le vittime del film Colpi di Luce (1985) di Enzo G. Castellari. Si arriva addirittura a una farsesca asportazione cerebrale che fa pendere la bilancia verso un taglio che prende la via del comico (intelligente). Tra i momenti indimenticabili vi è l'uccisione di due agenti dell'FBI, tra i quali uno che cerca di addormentare a chiacchiere gli officianti del nuovo culto stellare. Più fantascientifico che horror, con un soggetto molto strutturato. Il racconto era apparso nel 2016 nell'antologia della Dunwich Edizioni Ritorno a Dunwich 2. Tanta roba. Pulpissimo.

Di ben altro tenore, ma comunque sarcastico e ironico, l'eccelso Dante Incontra Nyarlathotep. Si tratta di un altro racconto edito da Dunwich Edizioni, nella fattispecie nel 2013. Un Dante Alighieri non ancora autore della Commedia si imbatte, in uno dei tanti galoppi in giro per l'Italia, in un verme gigante che emerge da un abisso, corrompendo tutto ciò che incontra. L'erba a contatto della bava della creatura marcisce, mentre gli alberi si seccano. Berneschi omaggia, forse, The Lair of White Worm di Bram Stoker, ma lo fa senza freni e soprattutto presentando un Dante che sembra uscito dalla Gerusalemme Liberata. La creatura che si trova a fronteggiare ha il dono della parola, proferisce frasi nella lingua precedente all'episodio biblico della Torre di Babele e richiama il solito “sciame” di adepti che accorrono a venerarla. Dante è sbigottito, vorrebbe spodestare l'ignominia armato di spada ma alla fine preferisce darsi alla fuga meditando sulla falsità di un Dio a misura di uomo. Eccellente lo stile, di gran lunga il migliore del testo. Berneschi “invecchia” il modo di parlare del protagonista, nel tutt'altro che agevole compito di far parlare Dante. La storia, infatti, è narrata in prima persona e ricorre ad alcuni anacronismi lessicali. Altro grande testo con barlumi di riflessione esistenziale.

Piace, seppure meno dei precedenti, l'inedito La Cometa, dove Berneschi cambia ancora stile e registro. Al sarcasmo di Californiathep e alle riflessioni di Dante Incontra Nyarlathotep subentra un testo folle e psichedelico alla William Burroughs, che ricorda un po' anche The Ballad of the Flexible Bullet di Stephen King, con tutte le vecchie macchine da scrivere che si animano e iniziano a battere testi oscuri cadenzati da una cometa sospesa attorno al pianeta Terra senza più possibilità di allontanarsi. Body horror a tutti gli effetti, quasi cronenberghiano con una velata parodia che gioca sulle difficoltà di comunicazione tra moglie e marito. Indubbiamente il più onirico e visionario dell'antologia.

Classico per contenuti onirici e un certo estro visionario Ali nella Notte, spiccato omaggio alla figura dei cosiddetti magri notturni che funestavano i sogni del piccolo Howard P. Locecraft, vero e proprio protagonista del racconto. Niente di eccezionale o di originale, ma ben gestito e già pubblicato dalla Dunwich Edizoni nel 2015.

Forse un po' troppo diluito, ma comunque valido, Gli Streghi, dove gli omaggi a Lovecraft calano drasticamente. Qua Berneschi attinge dalla sua esperienza al servizio dei malati psichiatrici. Piace ancora una volta nella caratterizzazione dei personaggi e nella descrizione degli ambienti, evidentemente da lui conosciuti. Ci troviamo all'interno di una clinica di ricovero per gli anziani, tra straordinari non richiesti, pazienti deliranti, tentativi falliti di uscire a cena con infermiere colleghe e imprevisti inattesi. L'horror irrompe nelle ultime pagine e lo fa anche piuttosto bene, tuttavia si sconta uno sviluppo che si concentra troppo sulle vicende dei personaggi lasciando al fantastico il risvolto finale. Assenti i Grandi Antichi sostituiti da globi fluttuanti a caccia di energia vitale.


Questo, a mio modo di vedere, il buono dell'antologia. I restanti sei racconti hanno momenti di interesse ma, per motivi diversi, non hanno convinto appieno questo recensore.

Promette molto Follonica, Gemellata con Innsmouth che prova ad ampliare il circolo dei Miti di Cthulhu, presentando l'idea di un'isola (Zanara) sprofondata davanti alla località balneare di Follonica. Lo sviluppo però delude, sia per il taglio parodistico sia per il tentativo di elevare al rango di eroi alcuni venditori ambulanti provenienti dalla Nigeria che diventano improbabili eroi. I personaggi sono troppi, l'idea della setta che si raduna in piscina e invoca l'emersione delle divinità marine ricorda troppo alcuni racconti di Antonio Tentori inseriti nell'antologia La Bestia Dentro (Profondo Rosso Edizioni). L'epilogo è la parodia di The Call of Cthulhu, tra adepti in fuga, pistolettate dei poliziotti sopraggiunti in spiaggia e uomini che si trasformano in piovroni. Fracassone. Strettamente legato a questo racconto è Il Ritornante, che ne mutua l'ambientazione e sfrutta di nuovo personaggi nigeriani. La magia africana si schiera contro la maledizione stellare e riuscirà ad avere la meglio. Meno farsesco e con qualche momento di tensione, sicuramente preferibile all'altro, eppure non convincente nonostante il beffardo colpo di scena finale che rinchiude lo spirito di Lovecraft nel corpo di un colored.

Si torna in spiaggia con Ti Porto al Mare che attinge al mito del richiamo delle sirene, ma lo fa cambiando la natura dell'essere soprannaturale e del soggetto richiamato. Protagonista è un bambino maltrattato a parole dal padre. Berneschi evidenzia qua più che altrove la critica di fondo verso l'immagine dell'autorità, rappresentata da un severo carabiniere in vacanza al mare col figlio preda di un richiamo che arriva direttamente dalle profondità marine (una sorta di via di fuga dalla realtà che acquisisce valenza evolutiva). Ancora una volta, però, il fantastico è marginale rispetto alla gestione dei personaggi.

Lo stesso può dirsi per Bar Italia, dove dominano le caratterizzazioni e i dialoghi tra i clienti di un bar dello sport. Berneschi offre un piccolo squarcio su un ambiente che ricorda molto la struttura e i contenuti del romanzo episodico L'Anno delle Volpi (2022) di Cristiano Demicheli. Manca il colpo di coda finale, dal momento che il colpo di scena è fortemente derivativo. L'idea del bar ai limiti dell'universo non è originale, ricordando certi momenti dei film Nirvana (scena in cui Abatantuono mostra alla Sandrelli che il mondo finisce dentro un armadio) e Dark City (idea della città che vaga per lo spazio). Di nuovo il fantastico viene relegato a un ruolo marginale soverchiato dalla buona e divertente caratterizzazione dei personaggi.

Non esalta neppure il racconto di apertura, L'Amore di un Ghoul, che umanizza la creatura del ghoul immaginando un sotterraneo litigio tra esseri necrofagi che si contendono il cadavere di una donna. Quest'ultima, divenuta oggetto di sentimenti amorosi, ha smarrito ogni natura di persona in favore di una mera carrozzeria cui deliziarsi. Berneschi ironizza dunque su certi amori umani legati alla componente corporea piuttosto che a quella che dovrebbe essere la vera essenza di un essere umano: l'anima, non a caso assente in un cadavere.

Convenzionale Case Stregate che gioca sugli scherzi architettonici di una casa stregata che, all'interno delle sue mura, cambia di continuo d'aspetto spiazzando il protagonista e, con lui, il lettore tanto che, alla fine, il narratore non sa più distinguere ciò che è davvero reale da ciò che ha immaginato essere tale. Insomma, un'evidente melaggiata o, se preferite, presa di fondelli.


Dunque un'antologia formata da un lotto di racconti interessanti, dai quali spiccano almeno due perle e un altro terzetto di buoni racconti per delineare quella che è un'ottima occasione per sostenere uno scrittore in possesso dei colpi giusti per sorprendere. Dominano, sul weird e la tensione, l'ironia e il sarcasmo. Può piacere.

 
L'autore Andrea Berneschi.

venerdì 26 luglio 2024

Recensione Narrativa: ANIMALI NOTTURNI di Andrea Cattaneo.


Autore: Andrea Cattaneo.
Anno: 2024.
Genere: Horror.
Editore: Atelier Medea.
Pagine: 101.
Prezzo: 9,00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Andrea Cattaneo è uno scrittore lodigiano con la “S” maiuscola, collaboratore de Il Cittadino. Elegante e al contempo leggero, si è messo in luce nelle selezioni Mondadori conquistando per due volte,  nel 2018 e nel 2021, la finale del Premio Urania con i romanzi Uomini e Lupi e Catabase. Con Animali Notturni abbandona la fantascienza per rendere omaggio a una delle sue passioni ovvero i racconti horror legati alla figura del vampiro. Dieci racconti, ciascuno di circa nove pagine, che ruotano attorno al medesimo archetipo: il vampiro. Cattaneo è uno scrittore “classico”, attinge dalla tradizione e fatica a stravolgerla pur riconvertendola in contesti urbani contemporanei. Ecco che arrivano molte delle credenze popolari legate alla figura del vampiro, quali la necessità per gli stessi di essere invitati per poter accedere nelle private dimore (un vero e proprio mantra di molti racconti), l'impossibilità di attraversare l'acqua corrente, la sensibilità ai raggi solari e una serie di omaggi che arrivano a tributare personaggi come Madame Blavatsky, Carmilla e la scuola di scolomanzia che ha forgiato Dracula.

Una caratteristica dei testi è legata agli epiloghi drammatici. Soltanto in un racconto, che funge da vero e proprio manifesto del mondo vampiresco di Cattaneo, i vampiri non vincono. Per il resto, gli umani sono destinati a deliziare il palato delle creature della notte. Cattaneo cambia contesti geografici, muovendosi da Bolzano a Napoli, e periodi storici. Ci sono racconti ambientati negli anni '70, altri negli anni '80 e persino uno nell'ottocento. La soluzione permette di miscelare agli ingredienti orrorifici episodi legati alla storia della nostra penisola. Purtroppo, nonostante gli sforzi e uno stile narrativo decisamente accattivante che invoglia la lettura, molte tematiche persistono quali veri e propri leitmotiv tendenti a ripetersi.

Il racconto manifesto, che peraltro offre indizi e rimandi anche ad alcuni degli episodi raccontati in altri racconti dell'antologia, è Se Vuole Sopravvivere. Probabilmente si tratta del miglior racconto della selezione, un vero e proprio punto di partenza (anche se viene proposto come terzo racconto). Qui Cattaneo offre un'introduzione al vampirismo, fornendo dettagli sulle varie tipologie di vampiri e sulle loro condotte. Interessante la struttura, che prende la forma di un'intervista condotta da un giornalista dell'Espresso a un prete/esorcista. Il prelato agisce sul filo della legalità (anzi, va ben oltre), con alle spalle una vita di stermini a danno dei vampiri, che portano l'intervistatore a pensare di avere a che fare con un pazzo. Cattaneo omaggia John Carpenter e il suo Vampires, ma lo fa senza far spostare i suoi personaggi da un dismesso salotto di una fatiscente abitazione di campagna. Il protagonista narra episodi passati, esperienze e soluzioni adottate per vincere le singole partite affrontate. Il clima e l'atmosfera sono ambigui. Fino alla fine non si capisce se il prete sia o meno un personaggio positivo. Piace molto l'aplomb di questo religioso, che parla con naturalezza del mondo del maligno e dispensa ironia da tutti i pori. Cattaneo lo caratterizza in modo simpatico: è sordo, coccola un gatto, ma qualcosa di sottofondo avverte i lettori della concreta presenza di una minaccia ultraterrena. Voci che invitano il giornalista a non fidarsi di quanto ascolta. Un bizzarro fenomeno di distorsione temporale rende poi tutto più minaccioso, in vista di un epilogo davvero ottimo in cui le supposizioni circa la follia del prete vengono sconfessate. Eccellente esempio di racconto sui vampiri. Semplice, ma narrato con maestria. Assoluta perla.

Mi è piaciuto molto anche Il Primo Amore, soprattutto per la ricostruzione di un clima anni '80 alla Stephen King, con il lunapark, le bevute innocenti e le camminate per le vie di una località marittima da cui il protagonista mancava da trent'anni. Il passato però ha il suo prezzo da pagare e quanto un tempo si amava appare adesso sotto altra sostanza. Racconto estremamente nostalgico, tra i migliori della selezione, che allude a quel periodo spensierato che non tornerà più e in cui molti si rifugiano, quantomeno, nei loro ricordi.

Atmosfere ottocentesche nel giallo in costume Signore di Notte ambientato per le calle e i casinò veneziani. Un mostro funesta la tranquillità delle prostituite ritrovate dissanguate. Anche l'indagatore che si muove per placarne la sete del killer, però, ha qualcosa di inconfessabile da proteggere. Cattaneo trasforma Venezia nella nauseabonda e corrotta Whitechapel di noi altri, come dimostra il grandguignolesco epilogo e il tanfo pestilenziale che aggredisce l'olfatto. Tema centrale diviene così la malattia del sesso (sifilide) in un'anticipazione al problema dell'abuso della droga che caratterizza altri due racconti. In Leur i sensi di colpa di un medico incapace di salvare la vita a un ragazzino, oltre che al proprio padre, finiscono per minare l'integrità psichica potenziati dall'assunzione di un cocktail a base di alcolici e morfina. Stordito dagli effetti psicotropi, il protagonista finisce preda di una creatura femminile intrappolata, come nel racconto The Rats in the Walls di Lovecraft, tra le intercapedini del muro della propria camera da letto. L'epilogo, peraltro chiuso con uno dei momenti più onirici e pittorici dell'antologia, rimane sospeso tra delirio ed effettiva interferenza ultraterrena. Anche questo è un buon racconto.

Più sviluppato stile The Lost Boys (“Ragazzi Perduti”, 1987) è l'interessante Il Segreto della Felicità, un dramma esistenziale che strizza l'occhiolino alla pellicola The Addiction (1995) di Abel Ferrara, tra vampirismo, eroina e ricerca del cosiddetto paziente zero. Ottima la location riminese, che porta all'emersione dal passato di un mondo tipicamente anni '80 con le sue musiche, le sue discoteche e i suoi vezzi poco raccomandabili. Motore della storia è il male di vivere, dovuto a una vita che castra il libero sviluppo della personalità di un individuo soffocato da un moralismo rappresentato dalla vita piatta fatta di studio, impegni lavorativi e prospettive di scalata sociale. Una pressione costante che lo farà saltare di testa. Aleggia lo spettro dell'aids.

Questo, a mio modo di vedere, il meglio dell'antologia.


I problemi psicologici ritornano in Sonnambulismo. Cattaneo insiste sull'idea stokeriana del vampiro che può penetrare nelle abitazioni solo se invitato da chi vi ci abita (come già sottolineato in Leur e Se Vuole Sopravvivere), per estendere il tutto sulla mancanza di comunicazione tra genitori e figli. Non troppo dissimile è Sai cos'è un Famiglio? che propone, con maggiore dose action, una battuta di caccia notturna a un animale responsabile della morte di una serie di ragazzini. Finale truce e crudele, che sembra alludere a una complicità di fondo che agevola l'azione alle creature della notte. La connivenza supposta tra vampiri e popolazione autoctona diviene complicità dichiarata in Sacco di Sangue. Ci spostiamo in Sud Tirol, per quello che è, a tutti gli effetti, un folk horror. Un'intera popolazione trama per tenere a bada l'istinto omicida di un mostro che vive nei sotterranei e a cui viene offerto in sacrificio il corpo dei forestieri di passaggio. Discreto, ma minato da una costruzione che originale certo non può definirsi.

Tornano anche le contaminazioni col giallo, questa volta destrutturato e ricostruito con una scala temporale non lineare, in Solve et Coagula, dove ci si interroga sul mistero del dopo morte. Qui Cattaneo (che regala un omaggio a Carmilla di Lefanu, utilizzando un personaggio che si chiama Mircalla) ambienta il tutto nella contemporaneità ritornando su soluzioni già viste in altri racconti dell'antologia. In particolare abbiamo una strage familiare di una famiglia nigeriana come già avvenuto in Sai cos'è un Famiglio?

Non troppo riuscito, a livello di soggetto, Scholomance, Napoli che, seppur modificando il contesto geografico (dalla Romania all'Italia), rimanda alla scuola di formazione che avrebbe forgiato il Conte Dracula, trasformandolo da studente a principe del male. Nel romanzo di Bram Stoker si accennava infatti alla “Scolomanzia”, una scuola retta direttamente dal demonio. Cattaneo, come peraltro suggerito dallo stesso Stoker, inserisce quale preside del liceo il diavolo e innesca una vera e propria selezione naturale che porta al conferimento del diploma a un unico candidato. Da notare come Cattaneo chiami la superstite finale allo stesso modo dell'attrice che interpretava la ragazzina protagonista del film Suspiria (1978), alludendo forse a un parallelismo tra scuole demoniache. Buona idea di fondo, non sfruttata da uno sviluppo incerto, poco occulto e più orientato verso una velata critica all'insegnamento nelle scuole private e agli strascichi polemici che seguono alla mala istruzione tra episodi di corruzione, scambio di voti e prestazioni sessuali. Col talento di cui è dotato, Cattaneo, in questo racconto, avrebbe potuto far meglio.


Animali Notturni è dunque un'antologia veloce da leggere, formata da racconti fulminei ben narrati e in - linea generale - ben gestiti per quel che riguarda ritmo e accadimenti. La mano dell'autore è leggera, mai volgare, ispirata dagli insegnamenti dei maestri del genere. Non a caso accenna, in postfazione, a numi tutelari quali Bram Stoker, Sheridan Lefanu e Anne Rice. Consigliato agli assetati di vampiri.


L'autore ANDREA CATTANEO.

Come si diventa non morti? Ah, ci sono molte teorie. I suicidi, gli assassini, quelli morsi da un vampiro... La verità? Non ne ho la più pallida idea. Di sicuro, è opera di Satana, altro non so.”

martedì 23 luglio 2024

Recensione Narrativa: SULLE ORME DI ALHAZRED di Fabio Calabrese.

Autore: Fabio Calabrese.
Anno: 2014.
Genere: Horror - Weird.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 244.
Prezzo: 20,28 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Seconda antologia pubblicata da Fabio Calabrese, per la Dagon Press, all'interno di un progetto – attualmente arrivato a sei antologie – dedicato a rinverdire il cosiddetto “racconto lovecraftiano”.

Calabrese parla di “terzo genere narrativo”, sospeso tra fantascienza e horror, da lui definito “Mistero Cosmico”. Per caldeggiare la tesi propone una serie di racconti, più o meno debitori della narrativa di Lovecraft. C'è da dire che i risultati migliorano quando l'autore si rende più indipendente dai cliché e dalle creature ideate dal Solitario di Providence, prendendo percorsi più personali. Una soluzione questa che, tuttavia, sembra non essere preferita dallo scrittore che fatica a recidere il cordone con l'illustre predecessore.

Seppure non certo innovativo, Sulle Orme di Allhazred è un volume riuscito, sicuramente molto più de Il Segno di Yog Shotot (2020),recensito dal sottoscritto qualche mese fa. I racconti sono più approfonditi e sviluppati, con ottimo senso del ritmo e cura nel lessico (alcune storie scritte in prima persona, altre in terza). Spesso Calabrese, per rendere più verosimili i soggetti, trasfonde nei racconti tesi antropologiche, supposizioni fanta-geologiche pescate nei saggi e persino accadimenti storici legati agli antichi romani, ai greci e allo sviluppo che ha portato all'affermazione dell'homo sapiens. Domina l'idea – tipicamente lovecraftiana (a sua volta debitrice di Arthur Machen) - delle creature ibridate o comunque subdolamente celate sotto la parvenza umana che, all'occorrenza, rivelano tratti e istinti bestiali.

I racconti selezionati sono dodici e sono accompagnati da un saggio finale di trenta pagine che fa il verso a Supernatural Horror in Literature (1927) di Lovecraft, dedicandosi all'orrore cosmico dai primordi fino agli scrittori sdoganati in Italia al 2013. Un buon saggio, che sarebbe utile ammodernare e che si focalizza sugli scrittori che hanno ispirato Lovecraft e su quelli legati alla sua cerchia di corrispondenti (Kuttner, Long, Derleth, Bloch, oltre Campbell, Bradbury, Leiber e Wilson), dedicando invece una marginalissima e insufficiente attenzione alla successiva generazione di scrittori quali Briam Lumley, Stephen King, Karl Edward Wagner, Laird Barron, Thomas Ligotti e altri che, indubbiamente, devono molto a Lovecraft.

I racconti sono di lunghezza molto breve (ma non è un difetto), dalle diciannove alle quattro pagine, con una qualità media tutt'altro che disprezzabile. Il libro diverte, intrattiene e offre sense of wonder. Due storie (Gargoyle e Il Riflesso) sono sviluppate sugli appunti di Lovecraft contenuti in Commonplace Book, altre due sono riprese da precedenti antologie: è il caso di Circolo Chiuso incluso ne Gli Eredi di Cthulhu (1990) a cura di Gianfranco De Turris e dell'ottimo Le Ali Membranose presente nell'antologia fantascientifica di Calabrese intitolata Occhi d'Argento (2005) edita da Perseo Libri. Un quinto racconto, L'Oscuro Segreto di Sir Thomas Winterton, fu scritto (senza esser spedito) per una selezione Urania a cura di Fruttero & Lucentini e poi proposto (con bocciatura) a Pietro Guarriello per Nel Tempio di Bokrug (2008). Uno sviluppo “negativo” che ha portato Calabrese a rimettere le mani sul testo fino a sfornare un elaborato interessante. Un sesto racconto (Il Manoscritto del Professore) è un piccolo stralcio di una round robin.

Ripeto: non attendetevi racconti rivoluzionari o rimodulati in funzione delle problematiche contemporanee figlie della società moderna. Calabrese rientra a pieno titolo nel solco di quegli scrittori che hanno reso grande il cosmic horror nella prima metà del novecento. A questi routiner si ispira e su questi si allinea peccando, probabilmente, di una mancanza di autorialità che ne renda distinguibile la matrice produttiva. Il suo è un horror soprannaturale fatto di sette, grimori, portali dimensionali, creature ibridate e divinità antiche che hanno calcato la Terra prima dell'uomo e che bramano di ritornare a dominare il mondo. La sensazione è che Calabrese, che è dotato di indubbie qualità narrative, si diletti a scrivere sfornando esercizi di stile (anche eccelsi) senza nulla mettere di proprio sul versante filosofico e/o sociologico. Non ci sono messaggi da veicolare o momenti in cui far riflettere il lettore. La sua è una narrativa di puro ed esclusivo intrattenimento pulp. Non si contano, tra l'altro, i reiterati rimandi al Necronomicon (il fantomatico pseudobiblia ideato da Lovecraft) e al mago inglese John Dee vissuto in epoca elisabettiana.


ANALISI NEL DETTAGLIO

Premetto che l'antologia mi è piaciuta, soprattutto per la sua omogeneità a livello di qualità. Di dodici racconti, almeno una decina si equivalgono, con almeno sei gemme che, se fossero state scritte in inglese negli anni '30, probabilmente avrebbero avuto chance di esser pubblicate su weird tales.

Tra tutti, seppur minato da un finale troppo lovecraftiano, brilla Lemuria 2, un racconto che prende ispirazione, non so quanto voluta, dalla creazione della cosiddetta “Isola delle Rose” (un episodio farsesco avvenuto nell'Adriatico tra l'Italia e la Yugoslavia a fine anni '60). Calabrese scrive il testo anticipando di qualche anno il copione del film Blu Profondo 3 (2020) che si regge sulla medesima idea di partenza (peraltro meno affascinante di quella sviluppata dal racconto). L'autore sposta il teatro della vicenda in una località prossima all'Antartide e lo fa motivando piuttosto bene la cosa, sulla base delle importanti escursioni termiche che caratterizzano l'area nel corso dell'anno: clima tropicale per due mesi, ghiaccio, bufere e neve per il resto. Così plasma un'isola artificiale, meta di turisti nel periodo estivo e paradiso fiscale in cui fare soldi in quanto non assoggettata alla giurisdizione di alcuno stato. Un posto che si trasforma in un inferno di ghiaccio nei restanti dieci mesi, affidato alla vigilanza di un unico custode selezionato da un ventaglio di domande di lavoro molto ampio. Ecco che Shining incontra Lovecraft e lo fa all'insegna dell'isolamento e di strane allucinazioni che eludono i rilievi tecnologici.

Calabrese inserisce nel testo teorie fanta-geologiche legate alla formazione del Pianeta Terra addirittura plasmato a seguito dello scontro con un altro pianeta.

Notevole fino alle ultime pagine, il racconto soffre – a mio avviso – della necessità di ricondurre il tutto a Cthulhu e al Necronomicon.


Più originale Ali Membranose, col quale si porta in scena la figura leggendaria del drago e lo si fa attraverso un'indagine che parte dall'Italia per giungere nella Svizzera del canton tedesco. Qui il punto debole è l'innesco. Un magnaccia cerca una sua protetta che è fuggita e ha fatto perdere le proprie tracce. Per ritrovarla, il delinquente decide di ricattare l'assistente universitario col quale la giovane avrebbe dovuto laurearsi, preparando una tesi di zoologia teorica su un vertebrato adattato al volo con ali sviluppate sugli arti inferiori (piuttosto che sugli anteriori come avviene per gli uccelli). Ottima gestione dei tempi, tensione crescente in vista di un finale da body horror cronenberghiano che ricorda molto la parte finale de La Mosca. Nella sua semplicità è una perla.

Se in Ali Membranose si parla di corruzione del DNA umano dovuto all'iniezione di sangue di creature rinvenute in grotte montane, in Stirpe delle Tenebre si parla di vera e propria genealogia fantastica. Calabrese rende un dichiarato omaggio, al tempo stesso, a Jack Williamson e al suo Darker Than You Think (“Il Figlio delle Tenebre”, 1948) e a Dracula (1897) di Bram Stoker. Il racconto viene costruito come se fosse la prosecuzione di una precedente storia. La narrazione parte lanciata e rimanda ad avvenimenti che vengono appena accennati. Uno sceriffo e un sospettato di duplice omicidio (che intende dimostrare la propria innocenza) indagano per porre fine alla sete sanguinaria di una sorta di setta responsabile di aver condotto una serie di accoppiamenti tra uomini portatori di particolari geni per ricostituire la purezza dell'homo Lycanthropus. L'idea è che ai tempi dell'era glaciale fossero coesistenti due tipologie di uomini: l'homo sapiens e l'homo lycanthropus. A quest'ultima categoria di soggetti sarebbe riconnessa sia il mito dei licantropi sia quello dei vampiri, così come la possibilità per un licantropo di ritornare in vita nella forma di un vampiro se non ucciso nei modi adeguati (mediante il ricorso all'argento). Calabrese si rifa a leggende e saggi tematici. Parla della possibilità per l'uomo di accoppiarsi con i licantropi e di generare esseri promiscui dotati di poteri soprannaturali (maghi, streghe e medium avrebbero sangue licantropico nelle loro vene). Tali accoppiamenti, uniti a una vera e propria crociata contro l'homo lycanthropus, avrebbero portato all'estinzione di quest'ultimo. Qualcuno ha pensato bene di selezionare i geni e di ricostituire la razza perduta. I protagonisti, tra cui un erede di Druidi (si rimanda allo sterminio condotto dagli antichi romani), cercheranno di uccidere quello che è stato definito “il figlio della notte”, un giornalista che, in realtà, è un licantropo evoluto in vampiro in grado di sfuggire alla morte. Buon racconto di intrattenimento, con discreta azione finale. Sarebbe piaciuto ai responsabili di Weird Tales.

Similare, ma meno qualitativo, è Teras. Calabrese plasma un'interessante location geografica. Ci spostiamo in Grecia dove uno scafista viene ingaggiato da un professore di filologia germanica (verosimile omaggio a Tolkien) per farsi trasportare a Santorini, al fine di verificare una sua teoria. Il professore infatti sospetta che dietro al mito di Beowulf e di Ercole vi sia un legame reale riconnesso a dei semidei in parte umani e in parte divini o demoniaci un tempo realmente esistiti. Il confine tra eroe e mostro infatti è labile e in entrambi i casi entra in gioco la figura del drago che, ferito, contamina col proprio sangue l'eroe risvegliandone il mostro che dorme nel profondo. Torna il tema dell'ibridazione con individui che, sotto la parvenza di uomini, celano una natura bestiale, essendo portatori di geni di creature superiori. Ne farà le spese l'avido scafista, attirato dalle ricchezze rinvenute in una grotta marina. Un altro ladro punito per la sua avidità lo si ritrova in Gargoyle, un esercizio di stile ambientato all'interno di una chiesa. Come per Teras, il proposito di rubare reliquie religiose determina la punizione del mostro. Questa volta ad azionarsi è la scultura di un gargoyle che divora l'intruso. Quest'ultimo è caratterizzato sulla scia dei protagonisti dei gialli di Brian De Palma, è infatti un pregiudicato che si veste da donna per non sollevare sospetti (!?). Per il finale, pur ispirandosi agli appunti di Lovecraft, Fabio Calabrese, forse, si lascia influenzare anche dall'ultimo episodio del film a episodi I Delitti del Gatto Nero.

Altro racconto ispirato dagli appunti di Lovecraft è Il Riflesso. Si tratta di una storia più interessante, specie per il substrato ambientalista che trapela dalla narrazione. Protagonista è uno speculatore statunitense, in missione in Brasile, che intende fare affari a discapito dei luoghi e della tradizione locale. Intende infatti demolire una bizzarra struttura dalla forma di castello che si riflette in modo imperfetto su uno stagno. Curiose (sebbene ingenue) le teorie che Calabrese tira fuori e che sembrano rimandare alla tanathographia (ovvero l'ipotesi che in una retina resti impresa l'ultima immagine vista da un uomo vittima di morte violenta) applicata agli specchi d'acqua. Calabrese ripropone tutti gli stereotipi del caso, con il terrore degli indigeni che non intendono recarsi presso il luogo in questione. Avvertimenti che non frenano il forestiero che ha pensato bene di piazzare la dinamite per spianare l'area e costruirvi una strada. Creature primordiali sono però prossime a liberarsi per punirlo.

Elementi comuni si ravvedono nel molto più riuscito e inquietante In Riva al Fiume, tra l'Erba Alta, un ottimo esempio di racconto criptozoologico in cui Calabrese gestisce bene ritmo e tensione. Una bizzarra iguana si comporta in modo anomalo e predatorio, seguendo furtiva le mosse del protagonista. L'orrore giungerà alla fine quando il fuggiasco inciamperà nei resti di un suo dipendente, allontanatosi da un giorno blaterando di creature demoniache. Il corpo, ridotto allo stato di scheletro, è stato spolpato da decine di bocche fameliche.


Seguono vie più originali Circolo Chiuso e I Cinque Anelli. Il primo è un racconto alquanto bizzarro, che strizza l'occhiolino a Gustav Meyrink (si rinvia a La Faccia Verde), con una storia che da l'avvio a un circolo continuo sospeso tra presente e passato, portando a un intreccio di piani temporali che si ricalibrano sulla medesima linea temporale che produce uno sdoppiamento del protagonista in virtù del quale quest'ultimo si ritrova da più anziano al cospetto di un sé più giovane nel tentativo (non riuscito) di evitare un accadimento del passato. Racconto bizzarro, per l'antologia in questione.

Bizzarro è altresì I Cinque Anelli che rinvia a Tolkien. Un collezionista senza scrupoli perde il senno quando gli viene rifiutata l'offerta per l'acquisto di un anello che viene spacciato per essere uno degli “anelli del potere” menzionati da Tolkien. Ucciso il possessore, il collezionista, che già possiede gli altri quattro anelli della collezione, indossa i cinque anelli scatenando una reazione magica che lo trasformerà in un albero. L'epilogo, per costruzione e implicazioni, è simile a quello di Gargoyle.


Tra i migliori racconti dell'antologia figura L'Oscuro Segreto di Sir Thomas Winterton. Marginalmente connesso ai miti di Cthulhu, è una storia ambientata nel Sussex che vede per protagonista uno scrittore a caccia di nuove ispirazioni. L'arrivo in un paese di campagna, Worthing, diviene occasione per imbattersi in una vecchia casa abbandonata, tale Winterton Manor, un tempo appartenuta a John Dee. All'interno, il famoso mago, a cui sarebbe riconducibile la traduzione in inglese del Necronomicon, avrebbe eseguito strani rituali di evocazione proseguiti dal successivo proprietario della casa, tale Lord Winterton. Calabrese evoca buoni momenti, con un pizzico di erotismo, che sembrano trarre vaga linfa anche dalla vicenda di Boleskine House su cui, di recente, Alessandro Manzetti ha scritto il romanzo Lust (2023). Niente di innovativo, ma ben narrato.


Se questi dieci racconti, a vario titolo, convincono, delude il racconto che apre l'antologia: Sulle Orme di Alhazred. Racconto derivativo che parla della traduzione della copia greca del Necronomicon (a sua volta curata da Teodoro Fileta e tratta direttamente dall'originale) con successivo tentativo di seguirne i rituali, portando all'apertura di una dimensione che sarebbe stato bene lasciare chiusa. Racconto privo di spunti ed elementi che ne giustifichino la stesura.


Poco valutabile e peraltro intriso di contenuti parodistici Il Manoscritto del Professore, uno stralcio di quattro pagine estrapolato da una round robin apocalittica in cui il mondo è piombato in una follia a causa dell'avvento dei grandi antichi. Curiosa l'ambientazione in Friuli Venezia Giulia e l'ironia di fondo relativa a uno scrittore che riscrive i successi dei più grandi scrittori.


CONCLUSIONE

Sulle Orme di Alhazred è un antologia di racconti lovecraftiani che centra il suo obiettivo. Niente di innovativo o rivoluzionario, ma ben narrato, con uno stile semplice e immediato senza fronzoli stilistici, e con sviluppi che sovente attingono da tesi fantastiche pescate da saggi e volumi di storia. Presenti almeno sei perle che non avrebbero sfigurato su Weird Tales. Di contro si respira un'aria forse un po' retrò che, se da una parte potrebbe essere apprezzata dai puristi dei racconti del tempo che fu, potrebbe indisporre le nuove leve di (pochi) lettori. Per quel che ci riguarda leggeremo altri volumi di Fabio Calabrese.

 

Le sei antologie lovecraftiane pubblicate da Calabrese per Dagon Press.

Cos'è la magia? Niente altro che la conoscenza della mente. Il resto sono solo simboli. I demoni non sono altro che le angosce che portiamo in noi stessi.”