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martedì 23 luglio 2024

Recensione Narrativa: SULLE ORME DI ALHAZRED di Fabio Calabrese.

Autore: Fabio Calabrese.
Anno: 2014.
Genere: Horror - Weird.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 244.
Prezzo: 20,28 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Seconda antologia pubblicata da Fabio Calabrese, per la Dagon Press, all'interno di un progetto – attualmente arrivato a sei antologie – dedicato a rinverdire il cosiddetto “racconto lovecraftiano”.

Calabrese parla di “terzo genere narrativo”, sospeso tra fantascienza e horror, da lui definito “Mistero Cosmico”. Per caldeggiare la tesi propone una serie di racconti, più o meno debitori della narrativa di Lovecraft. C'è da dire che i risultati migliorano quando l'autore si rende più indipendente dai cliché e dalle creature ideate dal Solitario di Providence, prendendo percorsi più personali. Una soluzione questa che, tuttavia, sembra non essere preferita dallo scrittore che fatica a recidere il cordone con l'illustre predecessore.

Seppure non certo innovativo, Sulle Orme di Allhazred è un volume riuscito, sicuramente molto più de Il Segno di Yog Shotot (2020),recensito dal sottoscritto qualche mese fa. I racconti sono più approfonditi e sviluppati, con ottimo senso del ritmo e cura nel lessico (alcune storie scritte in prima persona, altre in terza). Spesso Calabrese, per rendere più verosimili i soggetti, trasfonde nei racconti tesi antropologiche, supposizioni fanta-geologiche pescate nei saggi e persino accadimenti storici legati agli antichi romani, ai greci e allo sviluppo che ha portato all'affermazione dell'homo sapiens. Domina l'idea – tipicamente lovecraftiana (a sua volta debitrice di Arthur Machen) - delle creature ibridate o comunque subdolamente celate sotto la parvenza umana che, all'occorrenza, rivelano tratti e istinti bestiali.

I racconti selezionati sono dodici e sono accompagnati da un saggio finale di trenta pagine che fa il verso a Supernatural Horror in Literature (1927) di Lovecraft, dedicandosi all'orrore cosmico dai primordi fino agli scrittori sdoganati in Italia al 2013. Un buon saggio, che sarebbe utile ammodernare e che si focalizza sugli scrittori che hanno ispirato Lovecraft e su quelli legati alla sua cerchia di corrispondenti (Kuttner, Long, Derleth, Bloch, oltre Campbell, Bradbury, Leiber e Wilson), dedicando invece una marginalissima e insufficiente attenzione alla successiva generazione di scrittori quali Briam Lumley, Stephen King, Karl Edward Wagner, Laird Barron, Thomas Ligotti e altri che, indubbiamente, devono molto a Lovecraft.

I racconti sono di lunghezza molto breve (ma non è un difetto), dalle diciannove alle quattro pagine, con una qualità media tutt'altro che disprezzabile. Il libro diverte, intrattiene e offre sense of wonder. Due storie (Gargoyle e Il Riflesso) sono sviluppate sugli appunti di Lovecraft contenuti in Commonplace Book, altre due sono riprese da precedenti antologie: è il caso di Circolo Chiuso incluso ne Gli Eredi di Cthulhu (1990) a cura di Gianfranco De Turris e dell'ottimo Le Ali Membranose presente nell'antologia fantascientifica di Calabrese intitolata Occhi d'Argento (2005) edita da Perseo Libri. Un quinto racconto, L'Oscuro Segreto di Sir Thomas Winterton, fu scritto (senza esser spedito) per una selezione Urania a cura di Fruttero & Lucentini e poi proposto (con bocciatura) a Pietro Guarriello per Nel Tempio di Bokrug (2008). Uno sviluppo “negativo” che ha portato Calabrese a rimettere le mani sul testo fino a sfornare un elaborato interessante. Un sesto racconto (Il Manoscritto del Professore) è un piccolo stralcio di una round robin.

Ripeto: non attendetevi racconti rivoluzionari o rimodulati in funzione delle problematiche contemporanee figlie della società moderna. Calabrese rientra a pieno titolo nel solco di quegli scrittori che hanno reso grande il cosmic horror nella prima metà del novecento. A questi routiner si ispira e su questi si allinea peccando, probabilmente, di una mancanza di autorialità che ne renda distinguibile la matrice produttiva. Il suo è un horror soprannaturale fatto di sette, grimori, portali dimensionali, creature ibridate e divinità antiche che hanno calcato la Terra prima dell'uomo e che bramano di ritornare a dominare il mondo. La sensazione è che Calabrese, che è dotato di indubbie qualità narrative, si diletti a scrivere sfornando esercizi di stile (anche eccelsi) senza nulla mettere di proprio sul versante filosofico e/o sociologico. Non ci sono messaggi da veicolare o momenti in cui far riflettere il lettore. La sua è una narrativa di puro ed esclusivo intrattenimento pulp. Non si contano, tra l'altro, i reiterati rimandi al Necronomicon (il fantomatico pseudobiblia ideato da Lovecraft) e al mago inglese John Dee vissuto in epoca elisabettiana.


ANALISI NEL DETTAGLIO

Premetto che l'antologia mi è piaciuta, soprattutto per la sua omogeneità a livello di qualità. Di dodici racconti, almeno una decina si equivalgono, con almeno sei gemme che, se fossero state scritte in inglese negli anni '30, probabilmente avrebbero avuto chance di esser pubblicate su weird tales.

Tra tutti, seppur minato da un finale troppo lovecraftiano, brilla Lemuria 2, un racconto che prende ispirazione, non so quanto voluta, dalla creazione della cosiddetta “Isola delle Rose” (un episodio farsesco avvenuto nell'Adriatico tra l'Italia e la Yugoslavia a fine anni '60). Calabrese scrive il testo anticipando di qualche anno il copione del film Blu Profondo 3 (2020) che si regge sulla medesima idea di partenza (peraltro meno affascinante di quella sviluppata dal racconto). L'autore sposta il teatro della vicenda in una località prossima all'Antartide e lo fa motivando piuttosto bene la cosa, sulla base delle importanti escursioni termiche che caratterizzano l'area nel corso dell'anno: clima tropicale per due mesi, ghiaccio, bufere e neve per il resto. Così plasma un'isola artificiale, meta di turisti nel periodo estivo e paradiso fiscale in cui fare soldi in quanto non assoggettata alla giurisdizione di alcuno stato. Un posto che si trasforma in un inferno di ghiaccio nei restanti dieci mesi, affidato alla vigilanza di un unico custode selezionato da un ventaglio di domande di lavoro molto ampio. Ecco che Shining incontra Lovecraft e lo fa all'insegna dell'isolamento e di strane allucinazioni che eludono i rilievi tecnologici.

Calabrese inserisce nel testo teorie fanta-geologiche legate alla formazione del Pianeta Terra addirittura plasmato a seguito dello scontro con un altro pianeta.

Notevole fino alle ultime pagine, il racconto soffre – a mio avviso – della necessità di ricondurre il tutto a Cthulhu e al Necronomicon.


Più originale Ali Membranose, col quale si porta in scena la figura leggendaria del drago e lo si fa attraverso un'indagine che parte dall'Italia per giungere nella Svizzera del canton tedesco. Qui il punto debole è l'innesco. Un magnaccia cerca una sua protetta che è fuggita e ha fatto perdere le proprie tracce. Per ritrovarla, il delinquente decide di ricattare l'assistente universitario col quale la giovane avrebbe dovuto laurearsi, preparando una tesi di zoologia teorica su un vertebrato adattato al volo con ali sviluppate sugli arti inferiori (piuttosto che sugli anteriori come avviene per gli uccelli). Ottima gestione dei tempi, tensione crescente in vista di un finale da body horror cronenberghiano che ricorda molto la parte finale de La Mosca. Nella sua semplicità è una perla.

Se in Ali Membranose si parla di corruzione del DNA umano dovuto all'iniezione di sangue di creature rinvenute in grotte montane, in Stirpe delle Tenebre si parla di vera e propria genealogia fantastica. Calabrese rende un dichiarato omaggio, al tempo stesso, a Jack Williamson e al suo Darker Than You Think (“Il Figlio delle Tenebre”, 1948) e a Dracula (1897) di Bram Stoker. Il racconto viene costruito come se fosse la prosecuzione di una precedente storia. La narrazione parte lanciata e rimanda ad avvenimenti che vengono appena accennati. Uno sceriffo e un sospettato di duplice omicidio (che intende dimostrare la propria innocenza) indagano per porre fine alla sete sanguinaria di una sorta di setta responsabile di aver condotto una serie di accoppiamenti tra uomini portatori di particolari geni per ricostituire la purezza dell'homo Lycanthropus. L'idea è che ai tempi dell'era glaciale fossero coesistenti due tipologie di uomini: l'homo sapiens e l'homo lycanthropus. A quest'ultima categoria di soggetti sarebbe riconnessa sia il mito dei licantropi sia quello dei vampiri, così come la possibilità per un licantropo di ritornare in vita nella forma di un vampiro se non ucciso nei modi adeguati (mediante il ricorso all'argento). Calabrese si rifa a leggende e saggi tematici. Parla della possibilità per l'uomo di accoppiarsi con i licantropi e di generare esseri promiscui dotati di poteri soprannaturali (maghi, streghe e medium avrebbero sangue licantropico nelle loro vene). Tali accoppiamenti, uniti a una vera e propria crociata contro l'homo lycanthropus, avrebbero portato all'estinzione di quest'ultimo. Qualcuno ha pensato bene di selezionare i geni e di ricostituire la razza perduta. I protagonisti, tra cui un erede di Druidi (si rimanda allo sterminio condotto dagli antichi romani), cercheranno di uccidere quello che è stato definito “il figlio della notte”, un giornalista che, in realtà, è un licantropo evoluto in vampiro in grado di sfuggire alla morte. Buon racconto di intrattenimento, con discreta azione finale. Sarebbe piaciuto ai responsabili di Weird Tales.

Similare, ma meno qualitativo, è Teras. Calabrese plasma un'interessante location geografica. Ci spostiamo in Grecia dove uno scafista viene ingaggiato da un professore di filologia germanica (verosimile omaggio a Tolkien) per farsi trasportare a Santorini, al fine di verificare una sua teoria. Il professore infatti sospetta che dietro al mito di Beowulf e di Ercole vi sia un legame reale riconnesso a dei semidei in parte umani e in parte divini o demoniaci un tempo realmente esistiti. Il confine tra eroe e mostro infatti è labile e in entrambi i casi entra in gioco la figura del drago che, ferito, contamina col proprio sangue l'eroe risvegliandone il mostro che dorme nel profondo. Torna il tema dell'ibridazione con individui che, sotto la parvenza di uomini, celano una natura bestiale, essendo portatori di geni di creature superiori. Ne farà le spese l'avido scafista, attirato dalle ricchezze rinvenute in una grotta marina. Un altro ladro punito per la sua avidità lo si ritrova in Gargoyle, un esercizio di stile ambientato all'interno di una chiesa. Come per Teras, il proposito di rubare reliquie religiose determina la punizione del mostro. Questa volta ad azionarsi è la scultura di un gargoyle che divora l'intruso. Quest'ultimo è caratterizzato sulla scia dei protagonisti dei gialli di Brian De Palma, è infatti un pregiudicato che si veste da donna per non sollevare sospetti (!?). Per il finale, pur ispirandosi agli appunti di Lovecraft, Fabio Calabrese, forse, si lascia influenzare anche dall'ultimo episodio del film a episodi I Delitti del Gatto Nero.

Altro racconto ispirato dagli appunti di Lovecraft è Il Riflesso. Si tratta di una storia più interessante, specie per il substrato ambientalista che trapela dalla narrazione. Protagonista è uno speculatore statunitense, in missione in Brasile, che intende fare affari a discapito dei luoghi e della tradizione locale. Intende infatti demolire una bizzarra struttura dalla forma di castello che si riflette in modo imperfetto su uno stagno. Curiose (sebbene ingenue) le teorie che Calabrese tira fuori e che sembrano rimandare alla tanathographia (ovvero l'ipotesi che in una retina resti impresa l'ultima immagine vista da un uomo vittima di morte violenta) applicata agli specchi d'acqua. Calabrese ripropone tutti gli stereotipi del caso, con il terrore degli indigeni che non intendono recarsi presso il luogo in questione. Avvertimenti che non frenano il forestiero che ha pensato bene di piazzare la dinamite per spianare l'area e costruirvi una strada. Creature primordiali sono però prossime a liberarsi per punirlo.

Elementi comuni si ravvedono nel molto più riuscito e inquietante In Riva al Fiume, tra l'Erba Alta, un ottimo esempio di racconto criptozoologico in cui Calabrese gestisce bene ritmo e tensione. Una bizzarra iguana si comporta in modo anomalo e predatorio, seguendo furtiva le mosse del protagonista. L'orrore giungerà alla fine quando il fuggiasco inciamperà nei resti di un suo dipendente, allontanatosi da un giorno blaterando di creature demoniache. Il corpo, ridotto allo stato di scheletro, è stato spolpato da decine di bocche fameliche.


Seguono vie più originali Circolo Chiuso e I Cinque Anelli. Il primo è un racconto alquanto bizzarro, che strizza l'occhiolino a Gustav Meyrink (si rinvia a La Faccia Verde), con una storia che da l'avvio a un circolo continuo sospeso tra presente e passato, portando a un intreccio di piani temporali che si ricalibrano sulla medesima linea temporale che produce uno sdoppiamento del protagonista in virtù del quale quest'ultimo si ritrova da più anziano al cospetto di un sé più giovane nel tentativo (non riuscito) di evitare un accadimento del passato. Racconto bizzarro, per l'antologia in questione.

Bizzarro è altresì I Cinque Anelli che rinvia a Tolkien. Un collezionista senza scrupoli perde il senno quando gli viene rifiutata l'offerta per l'acquisto di un anello che viene spacciato per essere uno degli “anelli del potere” menzionati da Tolkien. Ucciso il possessore, il collezionista, che già possiede gli altri quattro anelli della collezione, indossa i cinque anelli scatenando una reazione magica che lo trasformerà in un albero. L'epilogo, per costruzione e implicazioni, è simile a quello di Gargoyle.


Tra i migliori racconti dell'antologia figura L'Oscuro Segreto di Sir Thomas Winterton. Marginalmente connesso ai miti di Cthulhu, è una storia ambientata nel Sussex che vede per protagonista uno scrittore a caccia di nuove ispirazioni. L'arrivo in un paese di campagna, Worthing, diviene occasione per imbattersi in una vecchia casa abbandonata, tale Winterton Manor, un tempo appartenuta a John Dee. All'interno, il famoso mago, a cui sarebbe riconducibile la traduzione in inglese del Necronomicon, avrebbe eseguito strani rituali di evocazione proseguiti dal successivo proprietario della casa, tale Lord Winterton. Calabrese evoca buoni momenti, con un pizzico di erotismo, che sembrano trarre vaga linfa anche dalla vicenda di Boleskine House su cui, di recente, Alessandro Manzetti ha scritto il romanzo Lust (2023). Niente di innovativo, ma ben narrato.


Se questi dieci racconti, a vario titolo, convincono, delude il racconto che apre l'antologia: Sulle Orme di Alhazred. Racconto derivativo che parla della traduzione della copia greca del Necronomicon (a sua volta curata da Teodoro Fileta e tratta direttamente dall'originale) con successivo tentativo di seguirne i rituali, portando all'apertura di una dimensione che sarebbe stato bene lasciare chiusa. Racconto privo di spunti ed elementi che ne giustifichino la stesura.


Poco valutabile e peraltro intriso di contenuti parodistici Il Manoscritto del Professore, uno stralcio di quattro pagine estrapolato da una round robin apocalittica in cui il mondo è piombato in una follia a causa dell'avvento dei grandi antichi. Curiosa l'ambientazione in Friuli Venezia Giulia e l'ironia di fondo relativa a uno scrittore che riscrive i successi dei più grandi scrittori.


CONCLUSIONE

Sulle Orme di Alhazred è un antologia di racconti lovecraftiani che centra il suo obiettivo. Niente di innovativo o rivoluzionario, ma ben narrato, con uno stile semplice e immediato senza fronzoli stilistici, e con sviluppi che sovente attingono da tesi fantastiche pescate da saggi e volumi di storia. Presenti almeno sei perle che non avrebbero sfigurato su Weird Tales. Di contro si respira un'aria forse un po' retrò che, se da una parte potrebbe essere apprezzata dai puristi dei racconti del tempo che fu, potrebbe indisporre le nuove leve di (pochi) lettori. Per quel che ci riguarda leggeremo altri volumi di Fabio Calabrese.

 

Le sei antologie lovecraftiane pubblicate da Calabrese per Dagon Press.

Cos'è la magia? Niente altro che la conoscenza della mente. Il resto sono solo simboli. I demoni non sono altro che le angosce che portiamo in noi stessi.”

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