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martedì 6 agosto 2024

Recensione Narrativa: QUATTRO DOPO MEZZANOTTE di Stephen King.


Autore: Stephen King.
Titolo originale: Four Past Midnight
Anno: 1990.
Genere:  Antologia Horror / Fantastico / Drammatico.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 848.
Prezzo: 13.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Seconda raccolta di novelle pubblicata da Stephen King, la più corposa tra tutte quelle realizzate in quasi cinquant'anni di onorata carriera. Non è infatti un caso se l'opera, nel corso degli anni, sia stata distribuita anche in due volumi, così come alcune delle avventure che la compongono sono state pubblicate autonomamente.

Il progetto vede la luce nel 1990 e, come per il precedente Different Seasons (“Stagioni Diverse”, 1982), viene costituito da quattro novelle. Si tratta di storie che potremmo tranquillamente definire dei romanzi veri e propri, in virtù di una lunghezza media di circa duecento pagine a novella. King si dilunga sulle caratterizzazioni dei personaggi, ivi compresi i secondari, e delinea descrizioni come si potrebbe fare in un vero e proprio romanzo, andando per tale via a diluire soggetti che, in realtà, si sarebbero potuti proporre su formati più ridotti.

Il contenuto del volume è molto diverso da quello della precedente raccolta di novelle. Se Different Seasons era apparso un volume “anomalo” rispetto alla narrativa orrorifica di King, in virtù di una componente drammatica soverchiante rispetto a quella sovrannaturale, Four Past Midnight sposa a pieno titolo quella narrativa grandguignolesca e di grana grossa che porta l'orrore (piuttosto surreale) nella vita di tutti i giorni. Aumentano i contenuti truculenti, ma, soprattutto, si tende a perdere quel taglio drammatico che aveva caratterizzato la precedente raccolta in favore di un qualcosa di molto più commerciale.

Ciò premesso, Four Past Midnight è un libro molto amato dagli estimatori della penna del Maine, sebbene, a vederla fino in fondo, non possa certo definirsi originale. Delle quattro storie, giusto un paio hanno una parvenza di novità, mentre le altre due hanno forti richiami alla precedente narrativa dello scrittore.

Almeno due storie sono derivative, una addirittura autocitazionista. Partiamo proprio da queste nell'analisi delle singole novelle.

 


SECRET WINDOW, SECRET GARDEN (“Finestra Segreta, Giardino Segreto”), seconda novella in ordine di presentazione, nasce da una costola di The Dark Half (“La Metà Oscura”, 1989) per prendere ispirazioni da precedenti romanzi di King quali Misery (1987) e The Shining (“Shining”, 1977). Comune a tutte queste opere è la presenza di uno scrittore, a caccia di nuove idee per scrivere il suo nuovo romanzo, che finisce preda della follia di un visitatore indesiderato (il redneck John Shooter) che lo accusa di plagio e pretende di avere, quale ristoro, un nuovo racconto scritto dal collega più famoso. Ecco che la pressione esterna, da una parte, i problemi familiari dall'altra (un matrimonio naufragato) e il lento affiorare della follia alla Shining si combinano in una miscela che guarda anche alla produzione cinematografica di Brian De Palma (si veda Dressed to Kill, 1980) e al celebre Psycho (1960) di Alfred Hitchcock. Da quest'ultimo film, non a caso, arriva un personaggio secondario che si chiama come l'attore protagonista della pellicola (Perkins). Da un punto di vista strutturale la storia è molto quadrata e solida (la migliore dell'antologia su questo versante), seppur prolissa e tendente a ritornare sui medesimi concetti. Alcuni dettagli sparsi in tutto il testo, soprattutto legati ai nomi delle città e dei personaggi, forniscono al lettore fin da subito la natura dell'orrore (assai terreno) di cui si sta parlando.

Non mancano alcuni momenti crudi e duri, quale l'uccisione brutale di un gatto (scena davvero cattiva), l'incendio di una villa che porta all'indagine di un'investigazione assicurativa, alcuni omicidi e l'aggressione ai danni di una donna che ricorda molto le esplosioni di ira di Jack Torrance.

Il punto debole della storia è costituito dall'assenza di spunti innovativi. L'incubo del plagio, fobia tipica degli scrittori in erba (e accusa in passato mossa allo stesso King), non basta a rendere memorabile la storia. King probabilmente ne è consapevole e prova a rimescolare le carte all'epilogo per riscrivere il tutto da un'altra ottica. Introduce così l'elemento soprannaturale, fin lì assente. La soluzione però appare forzata finalizzata a rivitalizzare un thriller dai toni fortemente drammatici incentrato su tematiche su cui l'autore si era già soffermato nel corso della sua carriera. Dunque un buon racconto, se analizzato in via autonoma, ma dal sapore della minestra riscaldata se letto con una visione estesa al resto della produzione dell'autore (e non solo). Nonostante i limiti, Secret Window, Secret Garden ha comunque beneficiato di una trasposizione cinematografica nel 2004, per la direzione di David Koepp (sceneggiatore mathesoniano nonché fedelissimo di Steven Spielberg e, guarda un po', di Brian De Palma), che ha visto il coinvolgimento nei panni del protagonista di Johnny Depp e in quelli di antagonista di John Turturro. Niente male.


Piace meno, in quanto totalmente inverosimile e confusionario, THE LIBRARY POLICEMAN (“Il Poliziotto della Biblioteca”), addirittura mosso da uno spunto comico legato al terrore di Owen King per lo spauracchio del poliziotto della biblioteca. Al di là dell'idea iniziale, si vira sull'horror più cupo e disturbante da divieto ai minori di anni diciotto. Qui le ispirazioni vengono da It (1986), in virtù di un mostro alieno che minaccia direttamente i bambini e di una costruzione che ha la forma di una contro-fiaba (non a caso si cita Cappuccetto Rosso).

Il punto di forza della novella, probabilmente la meno quadrata del lotto, è costituito da momenti (interessanti) alquanto inusuali per King intrisi di un erotismo perverso e malato che arriva a comprendere scene descritte nel dettaglio di violenza sessuale a carico di minori (con la descrizione di una sodomizzazione perpetrata da un pedofilo). King parte da una buona idea ovvero quella di un poliziotto soprannaturale, con marcato difetto vocale, sguinzagliato da una bibliotecaria per punire coloro che non consegnano i libri nei termini prestabiliti. Ottimo il lavoro di caratterizzazione dei personaggi, con un background storico che attribuisce una dimensione a tutti i soggetti coinvolti. I traumi infantili e i problemi legati all'abuso di sostanze alcoliche costituiscono la base su cui si dipana la storia che, come tradizione kinghiana, vede i reietti ergersi a protagonisti contro un male alieno poco definito. King ruba l'idea da film quali The Hidden (“L'Alieno”, 1987) di Jack Sholder, a sua volta ispirato al romanzo Needle (“Strisciava sulla Sabbia”, 1949) di Hal Clement, per proporre una creatura libidinosa, che ama il sesso e si nutre della paura dei bambini come un vampiro farebbe del sangue delle sue vittime. Il mostro sopravvive in simbiosi ad altri organismi, insidiandosi in essi e ricevendo ospitalità, nutrimento e locomozione per periodi di tempo prestabiliti, oltre i quali si rende necessario il cambio di corpo. Niente di nuovo dunque, basti vedere la narrativa fantascientifica anni cinquanta. La novella procede a sbalzi, con lunghi flashback (il meglio della novella), faticando a spiegare come il passato narrato entri in relazione col presente. Ci sono, in altri termini, evidenti vuoti narrativi che penalizzano una storia che culmina in un memorabile quanto surreale conflitto finale, tra i “nostri” (il bene) e una creatura (il male) che muta forma alla maniera di certi personaggi di Arthur Machen: penso a The Novel of the White Powder (“La Storia della Polvere Bianca”, 1895). Bruttino il finale che chiama in causa il sotto tema delle possessioni similar diaboliche. Delle quattro novelle, a mio avviso, è quella meno strutturata.


Di gran lunga più originali sono le novelle che aprono e chiudono l'antologia, intrecciate in modo inverso nel loro rapporto tra realtà e altre dimensioni. In entrambi i casi si assiste a passaggi dimensionali, ma mentre in un caso sono gli umani ad andare al di là dei confini della realtà, nell'altro caso succede l'esatto opposto. Se The Langoliers (“I Langolieri”) è la più celebre e, a mio avviso, la migliore di tutta l'antologia, assai meno nota è la novella THE SUN DOG (“Il Fotocane”). È un King con meno fronzoli, assai più efficace e sollecito nel delineare la storia. “Appena” centocinquanta pagine per parlare di una macchina fotografica diabolica (una Polaroid Sun 660) che sviluppa sempre il medesimo soggetto: un cane idrofobo pronto per saltare verso l'autore dello scatto, al culmine di una sequenza di circa settanta scatti. Un countdown dunque, sempre più nitido e chiaro. È probabile che Stephen King si sia ispirato al film The Omen (“Il Presagio”, 1976) di Richard Donner, dove una serie di scatti fotografici mostrano, di foto in foto, l'approssimarsi di un evento traumatico sempre più definito.

La trama di King è semplicissima senza dare troppe spiegazioni. Non è dato sapere da dove venga la bestia (sembra un cane infernale dato che erutta fuoco dalle narici), intuiamo solo che, prima o poi, verrà al mondo provenendo da una realtà bidimensionale che viene mostrata in sogno. Epilogo splatter degno di Brian Yuzna. Tutto qua, con una caratterizzazione molto gustosa del villain di turno, uno strozzino sporco e avido. L'uomo cercherà di far fruttare la speciale macchina fotografica, rubata in virtù di una serie di raggiri a un ragazzino intenzionato a distruggerla, per tirare un bidone ai collezionisti del soprannaturale (chiamati “I Cappellai Matti”). Da sottolineare il profilo che King traccia di questi ultimi, con un taglio retro fortemente ironico. Da un punto di vista del soggetto, è probabilmente il racconto minore della raccolta, ma la resa finale non è così male e offre un giusto mix tra originalità e quadratura. Le citazioni a Cujo e l'ambientazione a Castle Rock forniscono valore aggiunto. Piacerà agli amanti del weird.


Il vero pezzo forte della raccolta è, di gran lunga, THE LANGOLIERS, di cui fu, fin da subito, tratto l'omonimo film tv per la regia di quel Tom Holland citato nel racconto The Library Policeman (dove si menziona e si mostra Chucky – La Bambola Assassina). Abbiamo già recensito su questo blog la novella e rinviamo al link di riferimento ( http://giurista81.blogspot.com/2021/10/autore-king.html ). Basti qua ricordare come il racconto sia l'unico, dei quattro, dotato di sense of wonder e di un'atmosfera mistery. Altra dote fondamentale è la novità, sebbene King si muova da Richard Matheson (Nightmare at 20.000 Feet) e da Rod Serling (The Odyssey of Flight 33) finisce questa volta lui per esser citato da altre opere, quali il film Left Behind e il tamarro Snakes on a Plane.

Torna il tema dei passaggi dimensionali. A differenza di The Sun Dog, sono i protagonisti, per uno strano evento atmosferico, a penetrare in un'altra dimensione, in tutto e per tutto uguale alla nostra ma insidiata da strane creature capaci di destrutturare la materia. Costruzione point to point con quella natura corale tanto cara a King. Perla.


CONCLUSIONI

Vista la mole delle storie, Four Past Midnight è una raccolta di novelle che tiene impegnati nella lettura per diversi giorni, ma non si segnala tra le migliori in assoluto dello scrittore. Al suo interno abbiamo un gioiello capace di meravigliare i lettori, una novella surreale in salsa weird e due novelle con elementi interessanti ma, per motivi diversi, non riuscite del tutto. Il lotto subisce senza appello il confronto con la precedente Different Seasons che, sebbene sia stata pubblicata otto anni prima, si rivela molto più matura e più verosimile rispetto a un quartetto che, a parte Secret Window, Secret Garden, richiede ai lettori una forte sospensione dell'incredulità. Piacerà ai lettori di King.

"Forse Shooter era davvero uno scrittore. Rispondeva a entrambi i requisiti principali: raccontava una storia stimolando in te il desiderio di sentire come andava a finire anche quando avevi già un'idea meno che approssimativa della probabile conclusione, e spandeva tanta merda che faceva rumore di sciacquio "

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