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martedì 15 agosto 2023

Recensione Narrativa: NOTTE HORROR 80 a cura di Christian Sartirana.

Curatore: Christian Sartirana.
Anno: 2023.
Genere:  Antologia AA.VV. Horror.
Editore: Acheron Books.
Pagine: 280.
Prezzo: 16.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Sorpresa sul mercato editoriale italiano condotta in porto da Christian Sartirana. Scrittore, recensore e curatore di antologie, Sartirana allestisce insieme all'Acheron Books (ennesima realtà nostrana impegnata nell'horror di qualità) una seconda antologia, dopo i buoni risultati ottenuti da Satanica, cercando di intercettare i gusti dei lettori nostalgici.

Il progetto, fin da subito interessante, è quello di omaggiare gli anni ottanta come epoca e sovrastruttura sociale, guardando ai cult horror che popolavano le notti estive di Italia 1, quando tutti gli appassionati aspettavano in gloria la “maratona” Notte Horror.

ANALISI GENERALE

Il risultato finale supera le aspettative, probabilmente degli stessi coinvolti. Favorito da un vero e proprio passaparola, il volume si è installato per mesi in prima posizione dei volumi horror più venduti sulla piattaforma amazon e, in un paio di mesi dalla sua uscita, è finito sold out (siamo in attesa della seconda ristampa). Interessante la composizione del lotto degli scrittori: dodici eletti. Tantissimi i giovani, con addirittura una debuttante (la classe '96 Stefania Toniolo) e quattro partecipanti nati negli anni '90. Ad Andrea Cavaletto (sceneggiatore, tra gli altri, di Dylan Dog) e al Premio Urania Claudio Vastano i gradi di ufficiali chamati a guidare un plotone formato da nomi che, probabilmente, potrebbero portare diversi lettori a prendere sottogamba il prodotto. Farebbero decisamente male, perché questo Notte Horror '80 ha tutto per centrare la finale del Premio Italia quale migliore antologia italiana dell'anno nel campo dell'horror.

Sartirana è stato molto, ma molto, bravo a rendere omogeneo il pacchetto. Certo, ci sono racconti migliori di altri, vuoi per l'originalità (Crescizz, batte tutti) vuoi per la capacità di rievocare in modo più convincente il periodo (in questo sono stati bravi in tanti), tuttavia il livello generale non scade mai (e sottolineo "mai") sotto i livelli di guardia. Ci sono ovviamente racconti che a mio avviso, pur essendo stati scritti bene, non propongono niente di innovativo, ma si limitano a costituire un riempitivo comunque idoneo a intrattenere. Ciò detto, tutti i coinvolti (e non lo dico per ragioni personali), dimostrano di poterci stare e riescono a divertire gli appassionati in nome di quel coinvolgimento che era tipico dei racconti del secolo scorso. Dimenticate l'hardcore Horror, l'Extreme o gli sperimentalismi autoriali che costringono a leggere più e più volte un testo e magari a non capirci nulla o a perdere il filo. Qua si opta per un'impostazione cinematografica. I racconti sono confezionati con piglio “visivo”, traducibili pertanto in film, con stili narrativi veloci che non appesantiscono mai la lettura. Il gore c'è e pure in abbondanza, ma non è mai oltraggioso o contemplativo.

I CONTENUTI

La composizione della rosa di scrittori è frutto delle scelte di Sartirana, che punta su uno zoccolo duro di scrittori, tra cui la mia “vecchia” conoscenza Simone Corà, il finalista Mystfest Decimo Tagliapietra e i già citati Cavaletto, Crescizz e Vastano, rivolgendosi per il resto a tutti gli appassionati della rete attraverso una selezione aperta al pubblico. Una scelta, quest'ultima, vincente in quanto consente di avere tra le mani diverse soluzioni e alternative, oltre che di proporre qualche debuttante che potrebbe farsi valere nel futuro (e qui ce ne sono, siamo pronti a scommettere).

Forte il legame che fa da collante tra i racconti. A parte i rimandi cinematografici, di rado cannibalizzanti essendo utilizzati più per avere degli spunti che per fare dei veri e propri cloni (ci sono anche quelli, in alcuni casi), spicca l'atmosfera degli anni '80. Una visione nostalgica in cui tornano a rivivere sale giochi, le mitiche vhs, le Fiat Panda o le Alfa Sud, i lunapark dove tutti fanno a gara per avere lo zucchero filato, i giocattoli manuali, le pubblicità, le trasmissioni "vietatissime" come Colpo Grosso, la musica di Michael Jackson o Madonna, Topo Gigio, ma anche una serie di elettrodomestici visti con sospetto eppur destinati a scrivere il futuro del consumismo civilizzato (la televisione, il fax, le console per videogicohi e i forni microonde). Non manca poi lo spettro di Chernobyl, delle nubi radioattive che solcano i cieli, il terrore dell'AIDS, la rabbia contro i sovietici e ancora i rimandi ai campionati di calcio dell'epoca con Maradona e Roberto Baggio che impolpano i tabellini mandando in giubilo i tifosi. Insomma, un bel viaggio all'interno di una macchina del tempo che prende per mano coloro che negli anni ottanta hanno vissuto e li illude di cancellare gli oltre trent'anni che sono trascorsi alla stregua di un proiettile sputato da un winchester, così da rievocare per interposta persona i primi appuntamenti amorosi, le idiote prove di maturità, i giochi in cortile, ma anche la paura dei bulli più grandi e i desideri di riscatto sociale immaginandosi di diventare un super-eroe, passando per le preghiere della sera e per la paura che i genitori possano improvvisamente morire, ma anche al desiderio, più o meno, inconscio di non voler crescere per vivere per sempre quelli che, in tutta probabilità, sono i migliori anni della vita di un essere umano: gli anni del gioco, del sogno e della spensieratezza.

ANALISI NEL DETTAGLIO (OCCHIO AGLI SPOILER)

Il gioiello lo sforna sorprendentemente (vista la presenza di almeno tre soggetti dai curriculum superiori) Marco Crescizz col suo All'Inferno, I Paradisi, un racconto degno di candidatura al Premio Italia. Angeli e demoni si alternano in una vicenda che guarda, con originalità, al Clive Barker di Hellraiser e più dettagliatamente a quello di The Scarlett Gospels (2015). In una banale sera degli anni '80, in cui i ragazzini bramano di vedere la loro vhs preferita, alla stregua di un meteorite un angelo precipita dallo spazio (sembra di leggere un omaggio a Howard Fast e al suo Il Generale Abbatte un Angelo). Un globo di fuoco imprecisato taglia il cielo crepuscolare ed esplode, all'interno di un salotto, con gran frastuono e distruzione. È l'inizio di un incubo che ruota attorno a una sfera, lasciata in consegna a un ragazzino, e alla volontà del giovane di distruggerla per vendicare la morte del padre, rimasto vittima delle schegge deflagrate dalla caduta dell'angelo.

Testo estremamente onirico, originale, con la delineazione di un inferno in cui si muovono milioni di paradisi racchiusi in sfere e mostri titanici che contengono, nelle loro fauci e a loro volta, ulteriori mondi (e paradisi). Crescizz sposa l'attitudine barkeriana di lavorare sugli ossimori, con la trasformazione del dolore in piacere e del male in bene, ma lo fa senza rubare niente dal maestro di Liverpool, se non l'ispirazione. Il suo è un racconto, piuttosto, in linea alla filosofia barkeriana ma capace di prendere una piega personale. Crescizz riscrive l'inferno e il paradiso in una modalità lontana dalle visioni stereotipate, tanto che appare arduo scorgerne un precedente (lontano anche da Tanith Lee). Dimenticate le fiamme dantesche o la celestialità dell'immaginario collettivo legata allo stereotipo del paradiso cattolico. Crescizz plasma tanti paradisi e tanti inferni, ognuno dei quali a misura di pianeti extraterrestri, mettendo gli stessi in relazione tra loro in modalità matrioska. L'epilogo è notevole, così come sono altamente qualitativi i dialoghi. Da sottolineare, quale valore aggiunto, i messaggi di formazione che sottendono la storia. La sofferenza è parte della vita e la paura non deve bloccare lo sviluppo e la crescita nella maturazione di un ragazzino. Ecco che la paura diviene il trampolino da cui lanciarsi verso la gioia, superando la rabbia e i conflitti irrisolti. Applausi.


Prova di classe stilistica per il veterano Andrea Cavaletto, firma Bonelli Editore, col suo La Pelle dell'Eroe. Pur giostrando su un soggetto che innovativo non è, Cavaletto caratterizza i personaggi e lavora su un tessuto sociale di un villaggio di campagna da cui si sogna di evadere. Il suo protagonista è il classico sfigato (tale lo era anche il protagonista di Crescizz) bullizzato, con la madre gravemente ammalata che resta il suo unico affetto in una vita da schifo. Incapace di dichiararsi alla ragazza da cui è attratto (e che ovviamente se la cucca un altro), sogna di trasformarsi in un maestro degli effetti speciali, conducendo una vita solitaria. Sviluppo lento, ma mai pesante, funzionale a far fraternizzare il lettore con il protagonista, che scorrazza per il paese con la leggendaria bmx. Un giorno, tra una preghiera e l'altra (anche qua è forte, come con Crescizz, il conflitto tra bene e male nonché tra dio e diavolo), il ragazzino trova una strana tuta abbandonata in un campo. È l'inizio di un sogno che si traduce in un incubo. Sartirana, in prefazione, intravede nella storia i semi germinali de La Mosca di David Cronenberg, in realtà il rimando più prossimo è legato a una serie di film sui super-eroi che vedono nel costume del protagonista la fonte dei poteri e delle dannazioni del personaggio. Un tema spesso utilizzato negli ultimi film hollywoodiani, si pensi a Venom o Spiderman 3, che l'autore riconnette ai fumetti cartacei degli anni ottanta (c'è anche un rimando alla prossima uscita del numero 1 di Dylan Dog). In azione vi è un vero e proprio simbionte alieno, che ha la forma di una tuta attillata che rende inizialmente più prestante e muscoloso chi la indossa, salvo poi pretendere un salato corrispettivo in termini di nutrimento. Non originale, ma interessante la resa. Alto contenuto gore, senza scendere nel compiacimento della violenza. Ottimo.


Un altro esempio di sapiente tecnica narrativa è offerto dall'altro “Maestro” del gruppo: Claudio Vastano. Vincitore del Premio Urania e pubblicato da Mondadori (scusate se è poco), mostra il suo talento con il serrato (e anche questo non originale) Chiamata Notturna. Qui il rinvio va a Blob, ma soprattutto al celebre racconto di Joseph Payne Brennan pubblicato su Weird Tales intitolato Slime (1953), lo trovate nell'antologia Il Custode della Polvere della Dagon Press. Una creatura, frutto di un esperimento militare, sfugge ai suoi creatori, sotto forma di uovo piovuto dal cielo (questo aspetto è poco chiaro), e assimila tutto ciò che di animale trova sul suo cammino, acquisendo sempre più massa (l'epilogo ricorda un po' il mostro di Leviathan, visto che si intravedono i volti delle persone inglobate). Un coraggioso carabiniere indaga sul caso, accompagnato da un oscuro agente governativo (aria di X-Files). Ritmo sostenuto, col piede sempre sull'acceleratore, cadenzato dalle chiamate della centrale operativa e dall'indicazione degli orari (sarebbe stato preferibile usare l'orario 00-24). Si parla anche di cattle mutilations e si respira una vaga atmosfera da The Colour out of Space di H.P. Lovecraft. Non sarà originale, ma intrattiene “a bestia”.


Se dai veterani era lecito attendersi i colpi a maggior effetto, più difficile era sperare in qualcosa di sorprendente dai debuttanti. E invece anche qua veniamo smentiti. Strong-Him e i Maestri del Destino (miglior titolo dell'antologia) della giovanissima Stefania Toniolo (classe '96) è un racconto che ho amato e che mi sarebbe piaciuto avere scritto. Sebbene l'autrice non abbia vissuto negli anni ottanta e appartenga a tutt'altra generazione, l'atmosfera dell'epoca è palpabile e ben ricostruita. Sartirana, in prefazione, riconosce nel soggetto i Gremlins di Joe Dante tuttavia, a mio avviso, il riferimento più forte va alla saga cartoon (e ai relativi giocattoli Mattel) He-Man and The Masters of the Universe, lasciando al film di Dante il mero spunto iniziale (racconto e film condividono il prologo). Un papà è in cerca de La Fortezza del Teschio Nero, un play-set da donare al figlio per Natale. Purtroppo nessuno sembra avere a disposizione il gioco, tanto che il papà decide di orientarsi su uno strano personaggio della serie, mai visto prima in commercio e che il commerciante cinese non vorrebbe cedergli (allo stesso modo del commerciante di Gremlins): Falsor. Ha qui inizio un incubo che mischia Gremlins, Battleground (celebre racconto del 1972 inserito nell'antologia di Stephen King A Volte Ritornano col titolo di Campo di Battaglia), il film Small Soldiers (1998) di Joe Dante e i giocattoli Mattel della serie He-Man, oltre a una serie di cortometraggi underground (saga Toys Killer) girati a inizio secolo da un tale Fabrizio Spurio che la Toniolo non credo proprio conosca. Il piccolo protagonista, infatti, possiede una vera e propria collezione di questi personaggi umanoidi e, per ognuno di loro, la tv spiega caratteristiche, funzioni e poteri speciali. Falsor ha la caratteristica, una volta danneggiato (cosa che capitava spesso con certi giocattoli), di emulare la forma di qualunque personaggio della serie che gli venga accostato e di muoversi autonomamente senza essere manovrato dalle mani di un giocatore. Non so se la Toniolo abbia avuto fratelli fissati con questi giocattoli, come lo sono stato io (ne avevo una borsata e possedevo anche il castello di Eternia, oltre la tana del serpente e il veicolo Land-Shark o la tigre-cavallo Battle-Cat), non a caso possiedo una gatta chiamata Cringer, ma nella serie Mattel vi era davvero un personaggio malvagio che emulava in tutto e per tutto He-Man e che era chiamato Faker (Falsor è un suo sinonimo). Faker nella sua scatola d'acquisto era descritto come “una creazione magica, replica fisica esatta di He-Man destinata a ingannare il popolo di Eternia”. Inutile sottolineare come Strong-Him e Lord Tibia, menzionati nel racconto, siano rispettivamente He-Man e Skeletor, mentre “I Maestri del Destino” sposino alla perfezione “I Maestri dell'Universo”. Da evidenziare infine i litigi familiari che coinvolgono i genitori del piccolo, in una visione alquanto moderna delle violenze in famiglia (la madre abbandona il marito, prendendo subito il figlio per portarlo dalla nonna, dopo esser stata colpita da uno schiaffo) e soprattutto il finale maledetto (sebbene lasciato all'interpretazione dei lettori, un po' come per La Cosa di Carpenter) che anticipa, volgendo il tutto all'horror, il film Barbie che sta imperversando al cinema e che è uscito qualche mese dopo l'antologia (occhio agli squilli del telefono: a Hollywood cercano sceneggiatori per il film sui Masters). Chapeau alla giovane Stefania, addirittura al debutto editoriale. Se il buon giorno si vede dal mattino, si toglierà tante soddisfazioni... un augurio che siamo certi di poter “riscuotere” alla cassa dove si remunerano le scommesse vincenti.


Molto divertente il racconto che ha l'onere di aprire l'antologia: Frequenze di quella vecchia volpe di Simone Corà (compagno di tante macellerie di quasi venti anni fa). Qui l'omaggio, assai originale, va a John Carpenter e al film La Cosa. Ci sono almeno tre sequenze riproposte o adattate, per l'occasione, tra cui l'epilogo ambiguo. A parte questo, cambia tutto il soggetto e soprattutto vengono modificate le ambientazioni. Dagli scenari artici, ci spostiamo in un negozio di elettrodomestici nella regione del Veneto. Una squadra di addette alle pulizie, composta da tre donne, si imbatte in strani fenomeni elettromagnetici. I televisori, le radio e i telefoni ammassati sui palchi sembrano vivere di vita autonoma, ripetendo i medesimi video, le medesime canzoni e le medesime frequenze in un loop che non conosce sosta. Impossibile cambiare canale, impossibile persino spegnere gli strumenti. È l'inizio di una non meglio specificata invasione aliena (così l'ho interpretata io) che corre sulle frequenze elettromagnetiche riproducendo tutto, corpi compresi.

Corà combina La Cosa a Cell di Stephen King e lo fa con grande competenza ed equilibrio, riuscendo anche a intavolare un retrogusto di critica al consumismo imperante che proprio dagli anni ottanta ha preso piede (dipendenza dalle televisioni, impatto manipolativo e truffaldino delle pubblicità, senso di effimera sicurezza riposto nell'essere al passo delle presunte innovazioni tecnologiche). Non manca l'ambiguo finale dove non si capisce più chi sia il vero umano e chi sia il doppio artificioso, così come è martellante l'ironia (da sottolineare l'omaggio a Wanna Marchi) con la canzone Who's that Girl di Madonna che fa da pendant con la comparsa dal nulla di soggetti di cui le protagoniste si chiedono l'identità e la provenienza. Lodevole l'ottima atmosfera vintage ricostruita con i rimandi a oggetti tipici del periodo, quali fax, forni microonde e persino la “mitica” console Sega (presumo Master System) che costa 150.000 lire. Ma quanto è bella e utile la tecnologia... anzi, no... ci abbiamo ripensato, viste le conseguenze!


Altro autore in vena di burle è Massimo Cerrotta, classe '92, che riesce a rendere spassoso un racconto ultra derivativo, esaltato da dialoghi in napoletano assai divertenti. Avete mai pensato di trovare Topo Gigio in versione horror in un racconto? No, immagino... Dovrete ricredervi, ve lo assicuro. Con Topovidio, Cerrotta riporta in vita il celebre pupazzetto della Rai e lo fa, cosa che gli ha portato fortuna (vista la provenienza), nel giorno in cui il Napoli conquistò il suo primo scudetto, con tanto di cori in omaggio a Diego Armando Maradona. Un collezionista, da qui il titolo Collezionisti si Muore (omaggio non so quanto volontario al titolo poliziottesco “Uomini si Nasce, Poliziotti si Muore” di Ruggero Deodato, ricordato dal poster di Cannibal Holocaust presente nel racconto di Crescizz), recupera da uno strano faccendiere un bambolotto da collezione con cui infoltire la sua larga schiera di bambole. Cerrotta sembra, inizialmente, strizzare l'occhiolino ad Annabelle con una stanza in cui gli oggetti della collezione sono raccolti in una mega teca, salvo poi virare dalle parti di Chucky La Bambola Assassina e The Banana Splits Movie (da dove arriva l'idea del bambolotto un tempo utilizzato in tv per divertire i bambini). Risultato centrato, con il topolino che metterà soqquadro la casa del collezionista, prendendosela con il suo acquirente e col gatto, ma soprattutto sfottendo in continuazione chiunque trovi. A parte i dialoghi, nessuna originalità e nessun contenuto di fondo, eppure dannatamente divertente (forse il più divertente dell'antologia).


Il racconto che ricostruisce meglio l'epoca oggetto di esame è probabilmente Carovana Notturna di Germano “Hell” Greco che, occhieggiando a Ragazzi Perduti di Joel Schumacher, delinea un periodo molto più spontaneo e sognante dell'attuale, in cui gli adolescenti si recano al luna-park per pomiciare o divertirsi (oggi chi ci va più, a parte gli infanti?). Lo spettro della nube nucleare di Chernobyl (citata anche da Cavaletto), l'incubo AIDS, i preconcetti e il look punkettone fungono da corredo a un racconto che miscela giallo (scomparsa di una ragazza), azione e orrore. Bello l'epilogo in cui l'evasione verso un futuro di dannazione è preferita a una realtà che minaccia orrori ben più profondi. Tra le sottotracce vi è il tema dell'omosessualità (qui in salsa lesbica) e il clima di sospetto delle “vecchie” generazioni verso quell'onda di perdizione rappresentata da hard-rock, eroina e sesso, insomma il famoso sex, drugs & rock 'n roll, a prescindere poi da un effettivo ricorso (bastano le frequentazioni o il look).

Sulla stessa lunghezza d'onda, ma meno riuscito, si muove Flavio Dionigi con M. Scatola Infernale, un vero e proprio cocktail (non certo d'amore, giusto per fare il verso ai revival del periodo) di omaggi anni '80, partendo da Colpo Grosso e Umberto Smaila, proseguendo per le sale giochi (leggendarie negli anni '80 e oggi scomparse), Michael Jackson e il suo moonwalk e ancora Christine La Macchina Infernale, Carrie e Videodrome. Non manca la sottotraccia della ricerca dell'identità sessuale del protagonista, sopraffatto da un clima di repressione, sia casalinga che esterna, che gli impedisce di riconoscere i suoi orientamenti. Ci penserà la televisione, in un ribaltamento situazionale, a esorcizzare il vero inferno, quello sociale, per ripristinare il paradiso, quello fantastico.


Alti e bassi dalle parti di Masa, che piace moltissimo per alcune soluzioni fumettistiche e meno per altre, a partire dal lessico infarcito di parolacce (problema mio, ci mancherebbe). Il suo Il Senza Volto è un loop diabolico che omaggia Nightmare, sebbene l'autore personalizzi il villain di turno. Costruito su un duplice binario: da una parte l'abusatissima prova di coraggio consistente nel passare una notte all'interno di una casa maledetta, dall'altra un incubo ricorrente che, ogni volta, presenta qualche elemento in più e si chiude con gli artigli del killer che affondano nella carne (sorta di rimando dantesco delle pene inflitte all'inferno che si rinnovano in un moto perenne senza lasciare scampo ai dannati, neppure con la quite della morte). Masa scrive in modo sporco, con largo ricorso alle parolacce, tuttavia riesce a trattare la tematica dell'incubo attraverso una via che va ben al di là dei risultati ottenuti dai capitoli della saga ideata da Wes Craven. Il Freddy di Masa è un killer che si dilettava nello scuoiare ragazzini, a cui i cittadini inferociti hanno distrutto la faccia sparandogli fucilate in pieno volto. Ritornato in vita, perché (come insegnano Halloween e lo stesso Nightmare) il male non muore mai, assorbe nel suo volto le vittime facendole piombare in un vero e proprio buco nero per l'eternità. Un epilogo dunque molto qualitativo, costruito su un soggetto stereotipato, che conferisce valore al racconto. Una caratteristica, quest'ultima, che manca al similare Ego Sum della giovanissima (classe '96) e grandguignolesca Michela Mosca. Ancora una volta abbiamo adolescenti, super arrapati, alle prese con le prove di coraggio che pensano “male” di passare una notte all'interno di una casa infestata dove, puntualmente, si concretizza il pericolo supposto. Più letterario del racconto di Masa (che invece sposa il registro cinematografico), Ego Sum guarda a Lovecraft, con omaggi a The Rats in the Wall o Pickman's Model, ma anche al “moderno” The Nun (2018) con tanto di suora indemoniata che rimanda al Valek pronto, tra qualche mese, a tornare al cinema. Niente di originale, ma narrato con un certo piglio e un buon gusto per la tensione. Il talento della scrittrice c'è, questo è indubbio.


Piuttosto convenzionali e in parte simili sono gli altri due racconti che ci restano da analizzare, peraltro tra i meno calati nell'atmosfera anni '80. Argento Cabesano è un classico racconto sui licantropi che ha la particolarità di avere un'ambientazione veneta. Un lavoratore, a bordo di un autocarro Fiat, si sperde in un sentiero boscoso dove rimane coinvolto in un sinistro. Qualcosa, forse un animale, ha d'improvviso attraversato la strada impedendogli di evitare l'incidente. Uscito fuori dall'auto, il giovane si accorge di aver messo sotto un ragazzo completamente nudo. Disperato e intenzionato a darsi alla fuga per sottrarsi da ogni responsabilità, non sa ancora in che pasticcio ben più grande si sia cacciato. Il paese infatti sembra esser popolato da due categorie di abitanti: gli umani da una parte e dall'altra... i licantropi. Un classico che, oltre a omaggiare L'Ululato di Joe Dante, richiama un intero genere, facendo propri tutti (o quasi) gli stereotipi del caso (mancano le pallottole d'argento). Lo firma il bravo Decimo Tagliapietra che sembra, tra gli altri, fare il verso a Lisa Morton e al racconto Messo alla Prova (lo trovate nell'antologia I Figli del Buio della Independent Legions).

Nebbia in Val Padana di Paolo Prevedoni (il titolo fa venire in mente Cochi & Renato), a parte la mitica Alfa Sud su cui si muove il protagonista, sembra un racconto revival degli anni '40. La storia propone un vero e proprio loop che torna a ripetersi ogni anno in una sperduta località della Val Padana, dove partigiani e nazisti tornano a incrociare le armi. Il racconto ha in comune con Argento Cabesano l'idea dei villeggianti che si trincerano in un'osteria, attendendo un nemico esterno. Se Tagliapietra ricorre ai licantropi, Prevedoni chiama all'appello gli zombi, con un occhio, più che a Fog di Carpenter (presenza della nebbia che avvolge l'orda infernale), alla saga zombi di Amando de Ossorio e soprattutto a Shock Waves – L'Occhio nel Triangolo (1977) di Ken Wiederhorn, sfumando il tutto nella sostanza dei fantasmi. Più azione grandguignol che horror, con l'apice costituito dalla comparsa di Mussolini (LVI). Non mi è piaciuta l'insistenza stilistica dell'autore nel suo narrare con soluzioni che rimandano più alla stesura di una sceneggiatura piuttosto che di un racconto. Prevedoni scrive spesso frasi come: "Tizio si volse e vide questo:" dando poi seguito alla descrizione.


CONCLUSIONI

Notte Horror 80 è un vero e proprio dono, peraltro in vendita a prezzo economico (16 euro), agli appassionati del cinema horror degli anni ottanta. Ottimo il lavoro di Sartirana nella selezione. I racconti, qualcuno con qualche concessione, sono tutti promossi, con almeno la metà di ottima qualità. Vale sicuramente l'acquisto e piacerà agli appassionati di quell'horror alla Stephen King prima maniera (quello di A Volte Ritornano). Successo commerciale e popolare (piuttosto che "intellettualoide" o sperimentale). Si farà valere al Premio Italia prossimo venturo, ne siamo certi, così come siamo pronti a scommettere sull'uscita di un secondo volume: il materiale non manca...

 
Il curatore Christian Sartirana.
  
Lascia perdere Dio, la sua visione ti farebbe impazzire, ti friggerebbe il cervello, non riusciresti nemmeno a processarla.” (da All'Inferno, I Paradisi di Marco Crescizz).

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