Genere: Horror / Azione.
Editore: Mondadori - Collana Inverno Horror (1993).
Pagine: 190.
Prezzo: Fuori catalogo.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Raro romanzo di Shaun Hutson arrivato in Italia, nonostante una produzione a dir poco copiosa avviata a partire nel 1982 e ancora in corso d'opera.
Scrittore inglese classe 1958, noto soprattutto per essere un precursore del sottogenere splatter-punk, in anticipo su Clive Barker e sui narratori americani (Skipp, Spector, Schow, Laymon). Indole ribelle, viene espulso da scuola e subisce una lunga serie di licenziamenti prima di fare fortuna con la scrittura. Appassionato di cinema, si ispira ai film di Sam Peckinpah e Martin Scorsese, cercando di ibridarne i contenuti con l'horror estremo e con una certa iperbolicità sbilanciata agli eccessi. Ottiene successo fin dalla sua seconda uscita, con la beast story Slugs (1983). Si tratta di una storia che narra di lumache carnivore fuoriuscite dalle fogne per aggredire e divorare gli umani. Il romanzo viene acquistato per il cinema, tanto che nel 1988 lo spagnolo Juan Piquer Simon realizza il film. Si nota fin da subito l'interesse per le scene truci e il sesso spinto. Hutson non è uno scrittore letterario, mira all'intrattenimento e cerca il pulp trash. Un'impostazione piuttosto in linea con i canoni della narrativa da edicole, di moda anche alle nostre latitudini negli anni '60 e '70. Le sue storie si interessano alla criminalità urbana, alle sparatorie tra bande di gangster senza tuttavia dimenticare gli spunti di partenza, tra feti ritornanti (Spawn, 1983), serial killer squartatori (Relics, 1986), contaminazioni frutto di mangimi destinati all'allevamento intensivo di animali (Erebus. 1984), sparatorie che scoperchiano il cranio e inconsueti inseguimenti automobilistici per respingere assalti di zombi pistoleri (Assassin, 1988). Scrive sotto pseudonimo (Nick Blake) quello che sarebbe dovuto diventare la novelization di Non Aprite quella Porta, salvo poi dover ripiegare verso un romanzo originale a causa dell'eccessivo costo dei diritti di autore. Esce così Chainsaw Terror (1984) che mantiene l'idea del serial killer armato di motosega che depezza i malcapitati. Il romanzo è tanto violento che la casa editrice impone, successivamente all'uscita, una serie di tagli che rendono la prima versione un oggetto da collezione. Esce così una seconda versione, adeguatamente sforbiciata di venticinque pagine, che viene intitolata Come the Night. Scrive inoltre la novelization del cult sci-fi Terminator, che vede la luce nel 1985 diventando un cult.
In Italia, tra il 1993 e il 1994, arrivano tre romanzi, selezionati da altrettante case editrici. La Mondadori, con la traduzione di Vittorio Curtoni, propone Assassin (1988) che, inappropriatamente, viene fatto uscire in edicola in un numero della collana Horror in coppia al cult classico La Casa degli Invasati (1959) di Shirley Jackson. L'accostamento è privo di qualsiasi tatto. I due romanzi sono agli antipodi. Classico ed elegante quello della Jackson, incentrato su un orrore psicologico sospeso tra realismo e sovrannaturale, quanto gretto e truce quello di Hutson, con un orrore marcescente e nauseabondo che parte dalla cronaca nera (ispirazione da Charles Manson e dalla sua combriccola intenzionata a eliminare i ricchi) per scivolare ben oltre l'inverosimile. Nel 1994 è la volta di Deathday (1986), dato alle stampe da Fanucci col titolo Anniversario di Morte, e di Renegades (1990), romanzo reputato da Hutson quale il suo migliore, opzionato dalla Sperling & Kupfer che lo propone quale Massacro Infernale. Tutto lascia presagire per l'irruzione sul mercato italiano di uno scrittore privo di compromessi e, per l'epoca, ultra violento, tuttavia gli approcci scoraggiano dagli investimenti: nessuna delle tre case editrici da seguito alla collaborazione. Arrivano solo due crime story, inserite nella collana della Mondadori Segretissimo, sul finire degli anni '90: Il Veleno di Belfast e Pace Armata. Hutson, intanto, continua a scrivere interessandosi anche al genere bellico e al western. Pubblica, fino al 2019, una media di un romanzo all'anno. Tra il 2011 e il 2013 scrive tre novelization di classici del genere horror quali Twins of Evil (2011), X the Unknow (2012) e The Revenge of Frankenstein (2013) rispettivamente adattamenti dei film Le Figlie di Dracula (1971), X Contro il Centro Atomico (1956) e La Vendetta di Frankensteim (1958). Uno scrittore dunque ancora tutto da scoprire in Italia e che ben potrebbe figurare, a esempio, nel catalogo della Independent Legions Publishing.
ANALISI NEL DETTAGLIO
Quando la crime story abbraccia l'estetica dello splatter-punk (ma non i contenuti) escono romanzi come questo Assassin. Storia violentissima, cruenta, che non censura i momenti più insostenibili tendendo, piuttosto, a esaltarli. Hutson cuce tra loro tre filoni di storia intrecciandoli in modo non poi così convincente. Da una parte abbiamo un gruppo di terroristi, ricalcati sulle gesta di Charles Manson e dei suoi seguaci (vicenda a cui Hutson, nel 1999, dedicherà anche Warhol's Prophecies), che prendono a uccidere tutti i ricchi di Londra lasciando scritte di condanna col sangue e gli escrementi sui muri, dall'altra parte abbiamo la gang mafiosa di un boss londinese proprietario di bische, ristoranti e night club che, perseguitato da assalti e attentati portati a termine da individui sconosciuti, sfrutta la situazione a proprio favore per assoldare un sicario ed eliminare tutta la concorrenza delle altre gang (quando si dice mettere in atto una soluzione chirurgica!?). Tra i due gruppi si insinua un terzo blocco di soggetti, dei ritornanti zombi (che però ragionano e sparano con fucili mitragliatori) asserragliati in una villa abbandonata di Whitechapel (cosa vi ricorda?), che vogliono vendicarsi del boss londinese e si scagliano anch'essi contro lo stesso e i suoi uomini, influenzando e indirizzando la condotta dei terroristi così da provocre indirettamente la guerra tra gang (che secondo Hutson non scoppierebbe se a essere eliminati sono i boss). Dunque un soggetto da royal rumble, per utilizzare una categoria di match cara agli appassionat di wrestling. La violenza grandguignolesca connatura tutti i gruppi in azione. I personaggi di Hutson sono individui senza scrupoli e sadici. Arrivano così spiccati omaggi a film quali The Driller Killer (1979) e The Texas Chainsaw Massacre (1974), si veda la scena del trapano che schianta una rotula oppure le maschere umane estirpate dai volti e utilizzate per camuffarsi (nel 1988 usciva anche The Silence of the Lamb, da noi "Il Silenzio degli Innocenti", di Thomas Harris, palesemente omaggiato nel finale), che si incontrano con la gangster story alla Martin Scorsese. Alquanto ripetitivo nel lessico e nella descrizioni degli eventi che si susseguono, Hutson va avanti a suon di action. Non è tanto la tensione o il fascino del soprannaturale a tenere banco, bensì l'azione da grandguignol, pensate a esempio - per farvi un'idea - alla parte di The Drawing of the Three (“La Chiamata dei Tre”, 1987) di Stephen King ambientata negli ambienti malavitosi americani. Il taglio è spiccatamente cinematografico e richiama alla memoria l'hard boiled o, per chi li abbia letti, i numeri italiani della serie I Narratori Americani del Brivido, con tanto di storia d'amore imposibile tra la donna del boss e il braccio destro dello stesso. Una cosa questa che evidenzia, ancora una volta, quanto di valido ci fosse anche in Italia in questo ambito di narrativa da intratteniemento. Il plot è infatti di quella matrice e viene solo apparentemente (e inverosimilmente) virato sull'horror. La componente sovrannaturale c'è, ma è giusto un diversivo a una vera e propria mattanza fatta di regolamenti di conti, terroristi in cerca di una missione irrealizzabile e scontri per il controllo territoriale di una Londra dove la polizia, ovviamente, è connivente e surclassata dalla mala. La capitale inglese diviene così una piccola New York, tra adrenalinici inseguimenti stradali, sparatorie, scorticamenti e torture. Hutson regala dettagli censurabili, con qualche accenno persino al legal thriller con una condanna in tribunale che anticipa certe deposizioni dei delitti del Mostro di Firenze. La componente mystery tuttavia viene presto fagocitata dall'azione. Si resta impressionati dai proiettili che fanno esplodere teste, scoperchiano calotte craniche, forano stomaci da cui grondano le viscere, mentre materiale cerebrale schizza sulle pareti e inonda la faccia di malcapitati che prendono a vomitare. Questa è la cifra stilistica, che comprende anche una fellatio a beneficio di un pene avariato da cui fuoriescono vermi che scivolano in gola, tra olezzi pestilenziali e carne marcia che cade a brandelli (da sostituire con innesti estirpati dalle vittime). Come si intuisce, non ci sono velleità letterarie né la ricerca di contenuti di valenza sociale. Assassin è un puro prodotto di intrattenimento pulp figlio degli anni ottanta, intriso di azione e violenza. Pensate a uno dei primi film polizieschi con Steven Seagal o a Cobra (1986) di Pan Cosmatos e aggiungeteci la potenza visiva ed eversiva dello splatter-punk.
Inutile soffermarsi sugli inneschi della trama, abbastanza infarcita di vuoti narrativi. La componente sovrannaturale è giusto accennata all'inizio senza trovare congrua spiegazione nel prosieguo. Il boss malavitoso brama di mettere le mani sull'intera Londra eppure non si accorge che la fidanzata lo incorna col suo autista e, inoltre, si trova costretto a ingaggiare un sicario a pagamento, perché non ha nessuno in grado di compiere il lavoro sporco (come può allora pretendere di sgominare le altre bande???). Non ben congegnata neppure la scena in cui i protagonisti, di notte e con nessun altro veicolo in marcia, cercano di andare a liberare la fidanzata del boss, scommettendo di passare inosservati (come in effetti avviene) nel porsi sulle tracce delle auto impegnate nel presunto scambio di ostaggi. Stereotipate, inoltre, alcune situazioni. Bello invece il prefinale in stile Out for Justice (“Giustizia a Tutti i Costi”, 1991), pellicola che uscirà tre anni dopo sulla scia dei successi commerciali di un giovane Steven Seagal.Occhio infine all'epilogo a effetto.
Siamo dunque alle prese con un plot un po' raffazzonato, tenuto in piedi soprattutto da un'azione martellante descritta con un piglio da medico legale, in ossequio a quel pulp della narrativa da edicole dove, alla fine, sono tutti contro tutti. Davvero incredibile che il romanzo sia stato pubblicato dalla Mondadori in un numero di Horror associato a un classicone “aristocratico” come La Casa degli Invasati, accostamento che non può che essere risultato deleterio alla narrativa di Hutson per il suo modo di affrontare il genere guardando a una narrativa di impatto e di scardinamento dei canoni etici piuttosto che allinearsi agli insegnamenti della tradizione gotica. Se piacciono lo splatter-punk e l'extreme horror vale la lettura.



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