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sabato 2 febbraio 2013

H.P. Lovecraft - Contro il mondo, contro la vita (M. Houllebecq)



Autore: Michel Houellebecq.
Anno: 2001.
Pagine: 138.
Editore: Bompiani.

Commento Matteo Mancini.

Lo scrittore, nonché sceneggiatore e regista, francese Michel Houellebecq, noto soprattutto per i suoi romanzi provocatori, dedica con il saggio Contro il mondo contro la vita(titolo drastico) un tributo alla leggendaria figura dello scrittore Howard P. Lovecraft. Il volume ha il merito di esser scritto in modo accattivante e scorrevole anche se è un po' incompleto nei contenuti - in particoalre analizza marginalmente i racconti dello scrittore - preferendo orientarsi sulla psicologia del personaggio.

Vero e proprio maestro della narrativa fantastica del primo novecento, Lovecraft è forse il più importante autore di storie orrorifiche di tutti i tempi.
In poco meno di 140 pagine Houllebecq analizza l'humus che sta alla base dell'opera del solitario di Providence, con flash diretti a far chiarezza sulla sua filosofia, ma anche sulle sue fobie. Così, tra estratti estrapolati da missive o da racconti, vengono snocciolate le opinioni di Lovecraft e i fatti più rilevanti che ne hanno influenzato il pensiero.
Una citazione ripresa da Jacques Bergier è assai utile per comprendere le radici della produzione in questione: “Forse per apprezzare Lovecraft occorre aver molto sofferto.

Autore complesso e complessato, Houellebech sottolinea di continuo il rigetto provato da Lovecraft per la vita adulta, il sesso, il denaro e ogni forma di realismo, moda o progresso. E' lo stesso Lovecraft ad affermare: “Considero i testi realistici un'indiscreta ricerca di ciò che c'è di infimo nella vita dell'uomo. I misteri del sesso sono alla portata di chiunque. Basta passare mezz'ora in un aia e vedere come si accoppiano le bestie. Quando io guardo l'uomo, invece, guardo le caratteristiche che lo elevano dal rango di bestia e che lo rendono essere umano; osservo le qualità che danno alle sue azioni simmetria e bellezza creatrice. Desidero veder considerato il comportamento umano, mettendo l'accento sulle qualità che gli sono proprie e senza che vengano messe in risalto le particolarità bestiali che ha in comune con il primo verro o caprone che gli capita attorno
Notorio anche il pessimismo cosmico e disfattista del solitario di Providence: “Esiste solo l'egoismo, vita e morte non hanno senso.”
Tali impostazioni traggono origine da un'infanzia dominata da una serie di malattie, che hanno impedito al futuro scrittore di instaurare una giusta socializzazione con gli altri bambini, e soprattutto da una madre iperprotettiva, castrante, che ha minato continuamente l'autostima del piccolo (sul punto, stranamente, il saggio è carente, pecca non di poco conto). Houellebech si limita a dire che a 18 anni Lovecraft rimane vittima di un collasso nervoso e sprofonda in un letargo che durerà dieci anni. Ne verrà fuori un uomo apatico e spento, ma lucido, intelligente e sincero che arriva ad affermare che “l'età adulta è un inferno, la gioia fugace dell'infanzia non si agguanta più”.

Lovecraft odia la competitività, la sfida costante, il richiamo del sesso, gli investimenti di capitali. È conscio di esser destinato al fallimento e, anche per questo, evade dalla realtà puntando tutto sulla narrativa.
Dotato di un carattere cortese, modesto e premuroso, riesce subito a ritagliarsi uno spazio di affezionati (epistolari) che gli chiedono consigli e consulenze per le loro opere. Così sviluppa idee altrui e offre il proprio supporto diretto agli allievi per i quali avrà sempre parole dolci, senza presentarsi mai come loro guida intellettuale. Restio a richiedere le somme a lui dovute per le revisioni letterarie, si comporterà sempre da autentico gentleman. Nessuno lo vedrà mai andare in collera, né piangere o ridere. Farà eccezione il triennio vissuto con la moglie Sonia H. Greene, una donna sette anni più vecchia di lui che incontrerà per caso e da cui verrà corteggiato. Privo di precedenti esperienze sentimentali, si sposerà con lei a trentadue anni e passerà quelli che ricorderà come i suoi anni più felici. La donna è l'esatto opposto di Lovecraft: bella, intraprendente, piena di vita. Con lei lo scrittore diventa ottimista, si impegna e accarezza l'idea di diventare uno scrittore di successo, ma a causa di problemi economici divorzierà tre anni dopo non legandosi più a nessuna altra donna.

Il lato oscuro tornerà così a farla da padrone, portando il nostro a colloquiare spesso con la morte, al punto da tenere sempre a portata di mano una boccetta di cianuro. Con il lato oscuro torna a trionfare l'atteggiamento fatalista e rinunciatario che rende Lovecraft disinteressato a ogni forma di progresso e di ambizione. “Un gentiluomo non si sforza di farsi conoscere: lascia che a farlo siano i piccoli arrampicatori egoisti”.

Lovecraft scrive per gusto personale, non strizza l'occhiolino ai gusti del pubblico o alle mode del momento. Houllenbech plaude l'atteggiamento del suo idolo dicendo che in un'epoca di forsennato mercantilismo è un sollievo vedere qualcuno che rifiuta così ostinatamente di vendersi.Gli fa eco Lovecraft che tuona: ”L'unico lettore di cui tengo conto sono io stesso. Il mio scopo consiste nel piacere che traggo dal creare situazioni bizzarre e atmosfere d'effetto.”
Il distinteresse porta il nostro a far ben poco per farsi accettare (non a caso avrà successo solo postumo). Invia manoscritti sporchi e patrocchiati, parla dei rifiuti dei propri racconti e mette in evidenzia i difetti degli stessi. Fa tutto il possibile per risultare sgradito dando vita a un misto di masochismo e altezzosità che lo penalizza di continuo.

Dotato di uno stile prolisso fatto di aggettivi e avverbi, mira a rivolgersi a un pubblico di nicchia, i consumatori della rivista weird tales, rivelandosi insuperabile nel creare realtà parallele in cui irrompono gli Antichi (creature ciclopiche e tentacolari che dominavano il mondo prima ancora dei dinosauri) in quello che diviene a poco a poco un vero e proprio pantheon dell'orrore (rifacendosi soprattutto a Lord Dunsany e a Arthur Machen) che sarà poi sviluppato da una lunga serie di altri scrittori (allievi e non).
Houellebech precisa che “la scrittura di Lovecraft si sviluppa nel ipertrofia e nel delirio in una prosa delicata e con una luminosa profondità decisamente rara, degna di un poeta del macrabo.” Il fine dell'autore così come quello dei colleghi interessati alla narrativa fantastica, dice il saggista francese, è quello di trasformare le percezioni ordinarie della vita in una fonte illimitata di incubi.La vita del resto” precisa Lovecraft “è dolorosa e infima dunque è inutile scrivere altri romanzi realistici, perché questi non fanno altro che rinforzare quella sensazione di nausea sufficientemente alimentata da una qualsiasi giornata di vita reale".

Lovecraft però è anche un reazionario e un convito razzista, cosa che non gli fa certo onore, atteggiamento dettato per lo più da una sensazione di inferiorità fisica che lo stesso avverte nei confronti dei più prestanti uomini di colore e che lo porta a proporre quali personaggi malvagi dei suoi racconti dei meticci o dei neri (che comunque appariranno quasi sempre trasfigurati in virtù di una piega onirica che li trasforma in altro). Contrapposti a essi, invece, troviamo delle vere e proprie proiezioni dell'autore, cioè degli eroi solitari e tenaci destinati alla sconfitta, spogliati di una qualsiasi traccia di vita, con un solo scopo da perseguire: la ricerca della conoscenza. Questi uomini sono coscienti dell'orripilante realtà che hanno difronte, ma decidono comunque di affrontarla. Lovecraft caratterizza tutti questi personaggi in modo superficiale in quanto, nelle sue opere, gli uomini sono solo secondari rispetto alle realtà ripugnante e a un destino in cui solo il male può trionfare.

Degni di nota sono infine gli scenari archiettonici deliranti che Lovecraft elabora estasiato dall'amore per l'arte. Lo scrittore faceva parte di quegli uomini che davanti a una bella architettura cadono in un estasi estetica che ne alimenta la fantasia e da qui ecco il continuo riferimento all'arte, caratteristica pressoché costante dei vari racconti regalati al pubblico.

Vero e proprio fuori schema, l'amore per la narrativa del nostro prende le mosse da Poe e da altri maestri del fantastico (Machen, Lord Dunsany su tutti) per evolversi in qualcosa che infrange ogni classificazione. Lovecraft non copia, ma rielabora con piglio estremista e sospinto da un'insaziabile forza interiore. Autore del sogno, sosterrà più volte di scrivere direttamente i propri viaggi onirici, quasi come posseduto da uno spirito alieno. Per nulla convinto della psicanalisi, si scaglierà su Freud definendolo “ciarlatano viennese” e ritenendosi egli stesso più esperto nel campo del sogno.

Il saggio si chiude con una considerazione di Houellebech il quale afferma che Lovecraft è riuscito a “offrire un'alternativa alla vita in tutte le sue forme, costituendo un'opposizione permanente”.
Al di là di quanto affermato dal saggista, Lovecraft resta una delle vette della narrativa dell'orrore. Un personaggio che ha ispirato videogiochi, giochi di ruolo, film e persino leggende metropolitane su libri magici mai esistiti ma spacciati da alcuni truffaldini come reali (il Necronomicon).
Buon lavoro, ma si poteva far meglio (completamente omesso anche il riferimento alla passione di Lovecraft per i gatti).

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