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martedì 23 settembre 2025

Recensione Narrativa: UN POSTO CHIAMATO DAGON di Herbert S. Gorman.

Autore: Herbert Sherman Gorman.
Titolo Originale: The Place Called Dagon.
Anno: 1927.
Genere: Horror.
Editore: Dagon Press (2024).
Pagine: 246.
Prezzo: 15,90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Ottima proposta della Dagon Press che riscopre un romanzo uscito per la prima volta negli Stati Uniti nel 1927 con menzione d'onore nel celebre saggio Supernatural Horror in Literature di Howard P. Lovecraft. Il Solitario di Providence dedicò un breve cenno al testo, sei righe appena in cui, pur non reputando troppo “sapiente ed equilibrato” il tutto, definì The Place Called Dagon una cupa storia, di un angolo appartato del Massachusetts, assai efficace”.

In effetti il lavoro di Herbert Gorman, giornalista dell'Herald Tribune e del Times noto soprattutto come biografo di scrittori classici (Joyce e Hawthorne) e recensore di narrativa, riesce a creare atmosfere molto inquietanti e avvolgenti seppure allusive. Nonostante il titolo e le ambientazioni del New England possano fare pensare a Lovecraft, non siamo alle prese con un cosmic horror. The Place Called Dagon è piuttosto un romanzo sulla stregoneria, quello che oggi definiremmo un folk horror alla The Witch (2015), pellicola cinematografica diretta da Robert Eggers. È l'ambientazione rurale, marcia e umida, la vera protagonista della vicenda. Ci troviamo nell'immaginifica Marlborough (come le sigarette), un piccolo villaggio composto da contadini sospettosi e schivi con i forestieri. Gorman chiama in causa grimori di sulfurea provenienza, discendenti dei profughi di Salem e un telaio di soggetto in cui la banale quotidianità maschera una vita segreta fatta di rituali, sabba e culti dionisiaci in onore di Satana (proprio lui). Ecco che si entra nell'alveo dell'horror di estrazione cattolica, con un plot che anticipa, più che Lovecraft (ricordato per il substrato fatto da una popolazione chiusa in odore di accoppiamenti incestuosi), la narrativa di Dennis Wheatley (1897-1977). Il romanzo infatti è assai simile al celebre The Devil Rides Out (“Il Battesimo del Diavolo, ”1935) – qua la mia recensione https://giurista81.blogspot.com/2021/08/recensione-narrativa-il-battesimo-del.html – e ai romanzi popolari tipici della narrativa di Libero Samale (alias Frank Graegorius). Abbiamo infatti la presenza di un giovane dottore, originario di un'altra città, che indaga sulla popolazione locale finendo per essere preda dei corteggiamenti di due donne contrapposte (l'ingenua e debole santarellina da una parte, la carismatica e provocante diabolica dall'altra). Tutti i fili della storia sono tuttavia tirati da un villain di crowleyniana memoria (che cerca di teorizzare un nuovo credo basato sul culto della volontà fino a proporsi quale nuovo Dio) dedito ai riti magici e allo studio di una sconfinata biblioteca incentrata sull'occulto (con tanto di titoli citati, un po' come in Italia aveva fatto nel 1921 Hakim De Medici col suo Gomoria). "Non c'è il male e non c'è il bene ma un solo scopo e quello scopo è il dominio della volontà sulla materia, il potere di regolare il tempo con l'esercizio della volontà" (insomma non troppo dissimile dall'adagio di Aleister Crowley "fai tutto ciò che vuoi"). Anche l'epilogo della storia è in linea con il famoso romanzo di Wheatley grazie a un crescendo finale in cui c'è da salvare la giovane santarellina dal sacrificio satanico nel corso di un sabba. Niente di nuovo, dunque, se letto al giorno odierno, ma interessante per l'epoca.

Gorman paga qualcosa sul piano della gestione della storia. Pur se elegante e interessato a filosofeggiare sui misteri della vita e dell'occulto proponendo la contrapposizione tra sopranormale e soprannaturale, fatica nel gestire la narrazione per effetto di un'impostazione spiccatamente teatrale fatta di ambientazioni interne e di lunghi dialoghi in cui si spiega quanto successo in passato. Ne viene fuori un romanzo molto verboso, gestito ad ampissimo respiro con alcune banalità tipiche della narrativa da edicola (il protagonista che si innamora della ragazza di turno dopo un giorno di conoscenza e le giura amore eterno). Solo la parte finale e l'inizio sono caratterizzate dai giusti ritmi e da un'atmosfera capace di suscitare tensione. Resta comunque un ottimo romanzo, utile a tracciare le coordinate di una tipologia di orrore (quello occulto ed esoterico) che ai giorni nostri, purtroppo, è andato sempre più a sparire a beneficio di storie banali e di effettacci da bassa macelleria (si veda l'hardcore horror) o di un uso "volgare" e sociale del genere. I rimandi a streghe, processi di Salem e teste di caproni di baphomettiana memoria imperano e aiutano a fare guadagnare punti nella scala dei giudizi dei tradizionalisti, così come riescono a garantire alcuni risvolti voodoo (le bamboline trafitte da spilloni) e qualche cenno alla narrativa gialla (un omicidio irrisolto). Piacerà agli amanti dell'occulto. Bene ha fatto Dagon Press a proporlo per la prima volta al pubblico italiano.

La traduzione, del valido Bernardo Cicchetti, non è esente da refusi (ma ci si può passare sopra). Deludenti, anche rispetto ad altri libri dell'editore, le illustrazioni interne rappresentate da foto alquanto anonime. Calibrata, invece, la copertina. Consiglio l'acquisto.

 
La ristampa del 2003 dell'Hippocampus Press.
 
"Abbiamo due modi di classificare ciò che è strano e misterioso per noi... il sopranormale e il soprannaturale... Le invenzioni più ordinarie oggi sarebbero apparse soprannaturali trecento anni fa, mentre, quel tempo, erano semplicemente sopranormali, ed esistevano in quel territorio inesplorato fuori dalla comprensione e dall'osservazione di allora. Le cose che sembrano soprannaturali sono semplicemente in un nostro territorio inesplorato e domani o l'anno prossimo o nel prossimo secolo diventeranno per noi ordinarie."

giovedì 18 settembre 2025

Recensione Narrativa: MASTODON - La Foresta Impossibile di Steve Stred

Autore: Steve Stred.
Anno: 2022.
Genere:  Body Horror / Fantascienza / Avventura.
Editore: Independent Legions (2025).
Pagine: 212.
Prezzo: 17.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Prima uscita in italiano per il canadese Steve Stred, che da febbraio 2025 è arrivato in Italia grazie alla scommessa (a mio modo di vedere persa) di Cristiano Saccoccia (traduttore del testo) ratificata dalla Independent Legions Publishing. Progetto diverso dai canonici prodotti sdoganati in Italia dalla casa editrice di Alessandro Manzetti, decisamente più mainstream (si resta comunque nell'ambito del cosiddetto body horror) e caratterizzata da un piglio spiccatamente cinematografico. Siamo dalle parti di un survival dalla struttura abbastanza lineare e dalla forte componente adventure che si snoda nella forma di un point to point di natura circolare tra rimandi a The Island of Doctor Moreau (1896) di Herbert G Wells, The Lost Level (2015) di Brian Keene, Naraka (2013) dello stesso Manzetti e soprattutto la pellicola The Hunt (2020) diretta da Craig Zobel e tratta dal celebre racconto The Most Dangerous Game (“La Partita più Pericolosa”, 1924) di Richard Connell. Da Wells arriva l'idea dell'ibridazione interspecie. Se lo scrittore inglese cercava di umanizzare gli animali, Stred fa l'inverso con involuzioni bestiali di cavie umane trasformate in esseri mostruosi un po' sull'esempio de La Mosca (1986) di David Cronenberg (non vi chiedete come facciano, però, perché non viene spiegato). Da The Lost Level viene ripreso il canovaccio dei protagonisti che vagano in un contesto scenografico boschivo in cui si muovono bestie gigantesche e in cui scattano trappole o dispositivi che annichiliscono la ragione e attirano in punti predeterminati per finire in balia di affettatrici (rimando non so se volontario a Naraka da cui viene ripresa anche l'idea della prigione) o congegni che spappolano le prede in una pioggia di sangue (vedi anche il citato The Hunt).

Lo stile di narrazione è semplice, tutt'altro che letterario e lontano anni luce da barocchismi o licenze poetiche. Troppe le ingenuità e le inverosimiglianze. Stred sembra un autore, per costruzione della storia e gestione dello sviluppo, amatoriale. Semplifica troppo e porta avanti un soggetto che fin dalle prime battute fa storcere il naso. Ipotizza l'ideazione di una sorta di Area 51 nel cuore centrale del Canada, un'area in teoria off limits, dove i militari conducono non precisati esperimenti in barba a ogni etica (tema ultra-abusato). Quando il protagonista, sveglio quanto volete ma pur sempre un diciannovenne, viene informato che il padre è dato per disperso a seguito della caduta dell'aereo privato su cui era a bordo proprio nell'area in cui anni prima era scomparsa anche la moglie, decide in modo assurdo (alla Schwarzenegger in Commando) di andarlo a cercare. Parte da solo e, seppure informato dell'invalicabilità dell'aerea peraltro presidiata da telecamere, sensori di movimento e insidie di ogni tipo, valica le recinzioni e senza tanti problemi giunge nell'alveare della struttura (Stred usa scorciatoie narrative intollerabili, con personaggi secondari che rivelano tutto a perfetti sconosciuti o li annettono a spettacoli senza alcun filtro). Se già questo rende lo sviluppo superficiale, ad aggravare la situazione ci pensa un secondo individuo, anche lui colpito dalla scomparsa del padre (lo sceriffo del posto), che dapprima finge disinteresse (perché non aiuta subito il protagonista?) e poi emula il giovane diciannovenne e, nel corso della storia, gli rivela di avere più volte violato l'area impunemente e di essere a conoscenza di mostruosità abominevoli di cui nessuno sa niente (perché non ha divulgato foto o informato gruppi di ricerca di estrazione complottista?). Non si capisce neppure perché alcuni di questi mostri scorrazzino liberamente nell'area senza oltrepassare i confini della base, mentre altri restano segregati per essere destinati a folli studi (di cui non viene detto niente). Che dire poi delle decisioni da minorato mentale assunte dal protagonista? Lo vediamo addormentarsi all'interno di una torretta di avvistamento pur se inseguito dai militari o, addirittura, pensare di ritornare in città prendendo possesso dell'auto (l'unica presente nel parcheggio!?) che ha lasciato fuori dai confini dell'area nonostante un reparto segreto dei militari canadesi (non i poliziotti della Contea di Hazzard) lo stia cercando.

Un romanzo dunque che si lascia leggere, ma che non meritava di andare oltre i confini nazionali e di essere preso in considerazione da una casa editrice che ambisce a essere nel settore la più importante di Italia. C'è di meglio nella nostra penisola, diciamoci la verità. Stred riesce in poco, tra le cose più riuscite c'è la capacità di trasmettere la disperazione dovuta al senso di abbandono di un giovane che è rimasto orfano dei genitori, predisponendo una metafora esistenziale che, tuttavia, non viene sviluppata a dovere. La sensazione è che l'autore abbia avuto l'idea, l'abbia stesa ma non sia riuscito a condurla a maturazione. Mancano infatti gli approfondimenti e i giusti inneschi che facciano evolvere la narrazione senza “scadere” in inverosimili scorciatoie e cadute di stile da amatore. Lo stesso fine che giustifica le costose sperimentazioni è banalizzato (ma chi diavolo spenderebbe cifre milionarie per vedere due mostri giganti che combattono tra loro o, ancor peggio, che si accoppiano?). Inoltre come si potrebbero utilizzare simili aberrazioni a scopi militari senza tuttavia dare nell'occhio? Insomma Stred le prende secche da un autore come il "nostro" Alessandro Girola. Leggete, a esempio, Tigre Blu. Viene allora da chiedersi, con tanti scrittori in circolazione meritevoli di essere conosciuti, come si possa aver scommesso su un romanzo che ha limiti infiniti innescati su una trama priva di originalità. È pur vero che si sta parlando di un due volte nominato allo Splatterpunk Award, a ogni modo non si deve mai dimenticare che i grandi maestri del genere non sono gli scrittori contemporanei (che spesso, come Stred, hanno tutto da dimostrare) ma sono coloro che sono sopravvissuti al severo giudizio del tempo. Ecco, allora, che prima di interessarsi alle novità editoriali, forse, sarebbe il caso di approfondire le basi e muoversi su quelle, così da valutare appieno cosa importare e cosa lasciare oltreoceano, poiché altrimenti, in un settore dove ormai la concorrenza sta diventando davvero ampia, si rischia di inquinare i cataloghi e vedersi superare da realtà più piccole capaci di fare squadra. Come direbbe Max Allegri, mito di Milano e del litorale prossimo alla città di Livorno: lasciate fare le scommesse ai giocatori e agli intenditori ippici, possibilmente alla domenica quando sono in programma le pattern race, perché a dire agli altri di darsi all'ippica si fa presto, ma poi bisogna sapere fare i conti con handicap e timeform.

 
L'autore del mese Steve Stred.
 

giovedì 4 settembre 2025

Recensione Narrativa: BLACK FLAG di Valerio Evangelisti.

Autore: Valerio Evangelisti
Anno: 2002.
Genere: Western / Fantascienza / Horror.
Editore: Einaudi.
Pagine: 220.
Prezzo: 11.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.  

Libro letto parecchi anni fa, ideale seguito di Metallo Urlante, a cui farà seguito il più complesso e politicizzato Antracite (qua la mia recensione https://giurista81.blogspot.com/2025/07/recensione-narrativa-antracite-di.html) a completare la trilogia di Pantera, il pistolero di colore esperto di palo-mayombe. Valerio Evangelisti struttura il romanzo nel suo modo classico di narrare storie ovvero dividendolo in tre parti intrecciate e giostrate su piani temporali diversi. Abbiamo il passato, ambientato nel far west; il presente, caratterizzato dal prologo e dall’epilogo con fatti che si svolgono in centro America; e un futuro (3.000 d.C.) che si alterna col passato, dipingendo una Terra distrutta e preda di violenze di ogni tipo.

Il cuore del romanzo (nonché parte preponderante) è costituito dalle vicende western in cui si trova coinvolto Pantera. Tradito da chi gli aveva commissionato un assassinio, il “nostro” si troverà costretto a cooperare con coloro che avrebbe dovuto uccidere, ovvero un gruppo di sanguinari sudisti. Presto, però, il messicano stringerà un accordo con un militare affetto da licantropia, una prostituta irlandese e un decrepito indiano, per ribellarsi al gruppo e ritornare in città al fine di vendicarsi.
La storia parte lentamente, ma cresce alla distanza; scendendo in un vortice di violenza che sconfina nel pulp (evirazioni, espressioni politicamente scorrette e vari tocchi grotteschi).

Notevoli le pennellate oniriche, in cui vediamo lupi mannari imbracciare fucili e spiriti dal volto animale stagliarsi nel cielo notturno.

La vera forza del romanzo sta nel tessuto che si cela sotto la superficie delle cose. Evangelisti non si limita a fare intrattenimento, ma fa ruotare il soggetto sul raffreddamento dei rapporti intepersonali. Veicola il messaggio per mezzo del metallo che contamina la carne come il licantropo che ha il ferro nelle vene o l’eroina del futuro che se ne va in giro con parti metalliche impiantate nella sottocute. Il raffreddamento dei rapporti genera violenza e questa produce orrore. Terrificante, da questo punto di vista, la strage degli yankee e soprattutto quella che si svolge in futuro, nei nidi della Terra. Gustosi e tipicamente sci-fi i riferimenti alla schizofrenia di gruppo, vista come una distorsione psichica popolare determinata da contesti ambientali in cui l’unica forma di relazione è la violenza. Non mancano frecciate alla società americana e una citazione a Blade Runner quando, nella parte finale, si parla di androidi.

In definitiva un pulp che condensa tutti i generi di intrattenimento, miscelando western a fantascienza (ci sono androidi e si parla di viaggi lunari), ma anche horror (licantropi e demoni) e fantasy (riti magici, corse su strade attorniate da lupi bianchi), senza dimenticare la componente allegorica tesa a far riflettere il lettore più attento.

Ottime le caratterizzazioni costituite da un pugno di soggetti l’uno più interessante dell’altro.

Lo stile scorrevole rende accattivante la lettura, nonostante l'articolazione della vicenda su tre piani temporali diversi.

Black Flag è dunque da consigliare a chi intenda andare oltre al commerciale, senza però annoiarsi con storie pesanti e poco affascinanti. Meno maturo e più votato all’intrattenimento rispetto al successivo Antracite, resta comunque un bel libro.

Copertina edizione francese.

mercoledì 3 settembre 2025

Recensione Narrativa: RIMORSO di Davide Rosso.

Autore: Davide Rosso.
Anno: 2025.
Genere: Giallo gotico.
Editore: Conte Orlok Edizioni (self publishing).
Pagine: 70.
Prezzo: 7.50 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Festeggiamo il traguardo delle quattrocento recensioni di narrativa del blog col ritorno di un amico: il vercellese Davide Rosso, di cui ricordiamo le precedenti recensioni dei vari Ritualis – Le Cerimonie del Mostro di Firenze (https://giurista81.blogspot.com/2021/11/recensione-narrativa-ritualis-le.html) e del saggio La Corta Notte delle Bambole di Carta (https://giurista81.blogspot.com/2023/11/recensione-saggi-la-corta-notte-delle.html), oltre che di Oro Sommerso di cui curai la prefazione.

Collaboratore dei siti Mattatoio n.5 e La Zona Morta nonché della rivista culto Notturno, Davide Rosso è conosciuto, oltre quale esperto di cinema di genere estrazione dark ed erotico degli anni settanta e sessanta, quale studioso di narrativa italiana popolare del circuito che invadeva le edicole a cavallo tra gli anni sessanta e settata, in particolare quelle serie intrise di elementi perturbanti, gotici e sovente contaminati da un erotismo perverso. Pur se legato alla saggistica, Rosso si è interessato con minore regolarità alla narrativa denotando sempre uno spiccato talento nel delineare i contorni della provincia italiana degli anni che furono. Rimorso segna il suo ritorno alla narrativa dopo due anni di assenza, un peccato questo, viste le indubbie qualità tecniche dell'autore nell'evocare il terrore. Rimorso è una breve novella metaletteraria nel solco della tradizione giallo/gotica che ha in pellicole quali La Casa dalle Finestre che Ridono di Pupi Avati il riferimento più evidente. Meno sperimentale di altri testi dell'autore, che riprende tuttavia l'idea dei collage di foto estratte dai giornali e da riviste erotiche al centro di Oro Sommerso e oggetto di uno studio dettagliato nel saggio La Corta Notte delle Bambole di Carta, Rimorso è storia che, anche per effetto di un discreto ritmo, definirei di presa popolare. Punto di forza sono le atmosfere da folk horror, tra cimiteri, paesi di campagna fantasmi, bambole, diluvi torrenziali e presunte maledizioni contadine che ruotano attorno a un vecchio crimine a sfondo sessuale mai dimenticato e ancora vivo nel ricordo tanto da essere diventato un'inguaribile e malata ossessione dei pochi superstiti del villaggio. Fantasia e cronaca nera (tema caro all'autore) si compenetrano tendendo a fondersi in un progetto metaletterario in cui l'autore si sovrappone al protagonista, scoprendosi vittima di un'indagine che finisce per crollargli addosso. Forse debole nell'innesco (non vado nel dettaglio per evitare di spoilerare), beneficia di atmosfere claustrofobiche e marce, dove la tensione supera i limiti del giallo per assurgere all'orrore più tradizionale della scuola italica degli anni sessanta/settanta.

Bella la copertina che, per trovata, ricorda le collane narrative dei gialli Alfred Hitchcock presenta.

martedì 2 settembre 2025

Recensione Narrativa: CATTIVI SEGNI - The X-Files di Easton Royce (Neal Shusterman).

Autore: Neal Shusterman (sotto lo pseudonimo Easton Royce).
Titolo Originale: Bad Sign.
Anno: 1997.
Genere: Horror.
Editore: Fanucci (1998).
Pagine: 164.
Prezzo: 12.000 lire.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Nella seconda metà degli anni '90 una serie televisiva si impose in Italia come poche altre erano riuscite a fare, passando dalla seconda alla prima serata e, per giunta, di domenica e su Italia 1 prima della trasmissione sportiva Pressing. Di cosa sto parlando? Di X-Files, una serie di cui venivano trasmessi due episodi per volta, dal 1993 al 2002 e successivamente dal 2016 al 2018. Undici stagioni per 218 episodi che di televisivo avevano assai poco. Intrecci accattivanti costruiti con la struttura del poliziesco e della storia di indagine. Casi insoliti, spesso commistionati con l'horror o la fantascienza, ma anche con l'azione e lo spionaggio. Non c'era argomento del paranormale che non venisse toccato e affrontato dal doppio punto di vista garantito dall'equilibrata coppia di poliziotti protagonisti: da una parte Fox Mulder (interpretato da David Duchovny), aperto all'insolito al punto da essere rappresentato dallo storico poster con la scritta I Want to Believe, e dall'altra l'affascinante Dana Scully (la convincente e sempre più carina Gillian Anderson) a rappresentare la componente razionale della coppia in virtù delle conoscenze medico-legali e scientifiche. Un format ben confezionato da Chris Carter (l'ideatore della serie), costruito pescando da testi di ufologia, ipotesi complottiste, revisioni di eventi storici riproposti sotto diverse ottiche e, non da ultimo, altre serie come Twilight Zone (Ai Confini della Realtà, 1959), l'italiana Il Segno del Comando (1971) fino ai Visitors (1984).

Ricordo il mio primo contatto con la serie, in una seconda serata estiva sui canali Mediaset. Solo in casa, davanti alla televisione del salotto, vidi Morte tra i Ghiacci, un episodio che sembrava fare il verso a The Thing (“La Cosa”) di John Carpenter. Ne rimasi subito colpito tanto che, a settembre, quando la serie fu spostata in prima serata, non persi più un episodio. X-Files, di cui rammento ancora con grandissimo affetto la sigla di apertura con la semplice ma magnifica colonna sonora di Mark Snow, è l'unica serie che io abbia seguito nella sua interezza. Un vero e proprio tormentone negli anni novanta, tanto da scatenare una lunga serie di trasmissioni e approfondimenti dedicati a ufologia, occulto e mistero come Misteri (1994) di Lorenza Foschini, Miracoli (1999) di Elena Guarnieri, Top Secret (2002) di Claudio Brachino (nettamente il migliore del gruppo, tanto che registravo le puntate), Voyager (2003) di Roberto Giacobbo fino a Mistero (2009) inizialmente diretto da Enrico Ruggeri e infine da Aurora Ramazzotti con la misteriosa figura di Adam Kadmon a risollevare le sorti di una trasmissione, in verità, un po' spenta. Rispolvero dai cassetti della memoria con grande affetto e nostalgia quell'epoca (in cui frequentavo le superiori). Il successo fu clamoroso, coinvolse il cinema (furono realizzati due film), le edicole in cui presero a fiorire riviste dedicate a quanto sfugge alla ragione e alla scienza fino a interessare, dal 1995 al 2000, il mercato editoriale. In Italia, divisi tra Mondadori e Fanucci, furono tradotti circa venti romanzi della serie The X-Files, molti dei quali tratti dagli episodi televisivi con scrittori di un certo prestigio, quali Charles L. Grant e Kevin J. Anderson, ingaggiati per proporre romanzi originali. 

 

I due detective FBI Dana Scully e Fox Mulder

Cattivi Segni, uscito nel 1997 negli Stati Uniti col titolo Bad Sign e arrivato in Italia l'anno dopo, rientra nel gruppo delle novelization. Lo firma Easton Royce, pseudonimo dello scrittore per ragazzi Neal Shusterman, dall'episodio Congiunzione Astrale (“Syzygy”) incluso nella terza stagione per la regia di Rob Bowman (poi regista di validi film dark-fantasy quali Elektra e Il Regno del Fuoco).

La caratteristica del romanzo è la sua facile lettura e il suo rivolgersi a un pubblico di young adult. Pur prendendo le mosse suggerendo il coinvolgimento di sette sataniche, sacrifici e omicidi rituali, il romanzo si muove nel mondo dei teenager delle superiori, tra giocatori di football e ragazze ancora in cerca del primo amore. In questo, il plot ricorda molto certi romanzi di Charles L. Grant, come The Pet (“La Carezza della Paura”, 1987), o Carrie di Stephen King. Dall'isteria di massa e dalla convinzione di avere a che fare con qualche gruppo di deviati inneggianti al demonio, ci si sposta presto nel campo dei poltergeist e, più specificatamente, dei poteri parapsicologici sebbene alimentati da particolari congiunzioni astrali. Shusterman è bravo a caratterizzare i due protagonisti. Mulder è piuttosto svampito, invaghito di una detective locale che finisce persino per sbaciucchiarlo. Scully non la prende bene. Lo riconduce continuamente con i piedi per terra e non apprezza l'ironia graffiante del collega. Questa parte è molto divertente, così come sono ben descritte alcune sequenze fantastiche a forte presa horror come un ragazzo che finisce stritolato dalle gradinate mobili della palestra, una bara che prende fuoco durante il funerale oppure uno stormo di uccelli che, in stile Gli Uccelli di Hitchcock, cade in massa sulla strada colpendo l'auto su cui viaggia Scully. Se questi sono gli aspetti positivi, tra i difetti si segnala un intreccio giallo che svela presto la sua soluzione e una scarsa cura nelle scene di raccordo, aspetto che, da un lato, velocizza la trama ma, dall'altro, non approfondisce a dovere gli sviluppi. Il volume, formato da poco più di centosessanta pagine, si legge in circa tre ore. Shusterman, all'epoca trentacinquenne e già soggettista al cinema (Double Dragon), confeziona quello che potremmo definire un vero e proprio turn page di consumo. Pluri-pubblicato da Piemme, ma anche da Mondadori, Il Castoro e Hotspot, lo scrittore è conosciuto soprattutto quale autore di romanzi per adolescenti con titoli quali The Schwa was Here (“Calvin L'Invisibile”, 2004). The Dark Side of Nowhere (“Gli Alieni sono tra Noi”, 1997), Downsiders (“Il Popolo degli Oscuri”, 1999), Unwind (“La Divisione”, 2007) e Dry (2018) da annoverarsi tra i più riusciti. Ha anche scritto romanzi fantascientifici e horror per adulti come quella che è forse la sua opera più famosa e acclamata: la serie distopica Scythe (“La Trilogia della Falce”, 2016-2019) pubblicata da Mondadori. Ha inoltre scritto due ulteriori romanzi per la serie X-Files, uno dei quali, Voltage (“Alta Tensione”, 1997), giunto anche in Italia, e una lunga serie di libri game.


Cattivi Segni è dunque un horror più che sufficiente, scritto da un autore ancora giovane che si farà valere nel campo della sci-fi young adult. Divertente nel delineare i rapporti tra i due protagonisti, non lesina nei momenti horror. Non sarà tra i migliori della serie, tuttavia intrattiene e lascia intravedere un certo gusto per il genere da parte di un autore che, una decina di anni dopo, troverà molti consensi nel campo del distopico per ragazzi. Per completisti.

 
Easton Royce ovvero Neal Shusterman.