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lunedì 2 agosto 2021

Recensione Narrativa: IL BATTESIMO DEL DIAVOLO di Dennis Wheatley

Autore: Dennis Wheatley.
Titolo Originale: The Devil Rides Out.
Anno: 1935.
Genere:  Horror.
Editore: Editrice Nord, 1971.
Pagine: 209.
Prezzo: Fuori catalogo

Commento a cura di Matteo Mancini

Classico della narrativa soprannaturale inglese, definito a suo tempo “la miglior cosa di questo genere dai tempi del Dracula1.” Arriva tardivamente in Italia (trentasei anni di ritardo), sulle ali del successo riscontrato dalla trasposizione cinematografica licenziata nel 1968 dalla Hammer su sceneggiatura del grande maestro Richard Matheson e con l'interpretazione di uno dei più grandi volti legati al genere horror: il mefistofelico Christopher Lee.

Quando il romanzo giunge in Italia, come secondo numero della collana Arcano dell'editrice Nord2, Dennis Wheatley è un nome pressoché sconosciuto alle nostre latitudini per quanto concerne l'apporto al fantastico. All'epoca i lettori italiani lo conoscono per il solo Star of Ill-o-Men, marginale romanzo fantascientifico presentato nella collana Urania della Mondadori col titolo “Minaccia Occulta” (1953). Non è dunque un caso se il nome Wheatley non appaia tra le voci delle guide della Longanesi dedicate al Fantastico, Nero, Gotico e Orrido pubblicate a fine anni sessanta.

Eppure Wheatley è un nome che in Inghilterra è più che molto conosciuto, tanto che il romanzo di debutto, l'avventuroso The Forbidden Territory (1933), aveva fin da subito rapito le attenzioni di un certo Alfred Hitchcock (1899-1980) che non perse tempo ad acquistarne i diritti per una trasposizione cinematografica3. Un successo che porterà l'autore a interessarsi in modo specifico al giallo (diversi sono recuperabili anche in italiano), tra l'altro con operazioni avveniristiche riprese in epoca moderna da personaggi quali J. J. Abrams4, tanto da conquistare negli anni il soprannome di “Principe degli Scrittori Thriller.

Eppure, nonostante questo, il nome Wheatley, autore da 33 milioni di copie vendute con un quarantennio (anni '30-'60) di assoluto dominio nelle classifiche dei best seller, è oggi legato alla narrativa soprannaturale sebbene non siano stati tanti i romanzi aderenti a questo sottogenere. Spalmati in una sterminata produzione articolata in cicli orientati alle masse e variegati nei contenuti, tra cui cicli storici e altri legati ai mondi perduti, Wheatley si è dedicato all'occulto a cadenza periodica e irregolare. Appassionato di guerra, grande studioso di stregoneria e di storia, con contatti alti nei servizi segreti inglesi, tanto da portare più di un biografo a reputare lui stesso un agente segreto. Una polivalenza e un'attitudine eclettica non sufficienti da smarcarlo dall'etichettatura di scrittore di narrativa diabolica. Merito (o condanna) di questo ricade proprio sul romanzo oggi più ricordato della sua intera produzione, ovvero quel The Devil Rides Out pubblicato a puntate in Inghilterra, tra il 31 ottobre e il 22 dicembre del 1934, e poi raccolto nell'edizione pubblicata il 12 dicembre 1934 dalla Hutchinsons. Un successo immediato, costruito seguendo in modo piuttosto fedele gli sviluppi del Dracula (1897) di Bram Stoker, ammodernando lo stile, abbreviando i dialoghi e virando il tutto verso una componente diabolica (piuttosto che sociale) a metà strada tra il folklore pagano e il cristianesimo. Ecco così arrivare i riferimenti, marcatissimi, ai romanzi The Magician (“Il Mago”, 1908)5 di William Somerset Maugham e Moonchild (“La Figlia della Luna”, 1917) di Aleister Crowley, resi più masticabili (soprattutto il secondo) nell'esposizione da un taglio alla William Hope Hodgson e, più in particolare, a racconti del calibro di The Gateway of the Monster o The Horse of the Invisible inclusi postumi nella raccolta Carnacki The Ghost Finder (1913). Wheatley parte da questi ingredienti, attinge da volumi occulti di autori quali Montague Summers (1880-1948), peraltro suo conoscente, e da colloqui intercorsi con Aleister Crowley (che funge da evidente ispirazione per la caratterizzazione dell'antagonista, un po' come già fatto da Maugham) per conferire verosimiglianza ai riti, agli esorcismi e alle scene sabbatiche che vengono portate in scena. Il tutto viene costruito sul modello dei feuilleton di Alexandre Dumas, amore mai celato dell'autore. Il mix, pur non originalissimo (specie a una lettura odierna), è a dir poco indovinato. La lettura scorre senza tentennamenti e senza quei fastidiosi escamotage volti ad allungare il testo, talvolta presenti nelle opere degli scrittori pulp. Tutto è essenziale alla lotta che culmina in una happy end un po' troppo influenzata dalla destinazione del prodotto. Wheatley è riparatore, smielato, ottimista. Il bene trionfa e lo fa in modo totale, salvando capre e cavoli (verrebbe da dire, se le capre non fossero i rivali di turno). Sarebbe stato decisamente più incisivo chiudere come fatto da Stoker nello splendido finale, poi rigettato inizialmente dalle case editrici, di The Jewel of the Seven Stars. Fortissima la componente onirica, allucinata e allucinante. Ci sono almeno tre capitoli, dei trentatré previsti (numero non certo casuale), indimenticabili. Viene descritto e mostrato, nei minimi dettagli, un sabba degno dell'estro visionario di Francisco Goya (1746-1828). Laddove Maugham aveva fatto cenno, peraltro in modo decisamente efficace, Wheatley dilata nel dettaglio (si ferma però al momento della orgia, forse per evitare lo scandalo). L'iconografia pagano/cristiana viene rispettata in tutto e per tutto. Sull'altare satanico, circondato da nobili e ricchi privi di indumenti, appare il caprone di Mendes, con tutte le caratteristiche che il lettore può ben immaginarsi. Il demonio è presente, percepibile, persino nel suo alito pestilenziale, ma evanescente, mero osservatore dei riti dei suoi profeti e subito pronto a punirli in caso di insuccesso. Il testo offre momenti di cui faranno tesoro autori che furoreggeranno nelle edicole italiane tra gli anni '60 e '70, si pensi a esempio a Libero Samale, meglio noto con lo pseudonimo Frank Graegorius. Autori che ricalcheranno Wheatley all'infinito, a dimostrazione di una formula evidentemente vincente. Apparizioni ectoplasmatiche, corpi astrali, cerchi magici, pentacoli disegnati sul pavimento, riti necromantici, sostituzioni di persona, larve, tranelli demoniaci e assalti di esseri a dir poco inquietanti (pazzesca l'apparizione del cavallo cavalcato dall'angelo della morte) delineano quella che assume i connotati di una vera e propria lotta per salvare coloro che si sono fatti abbindolare dalla sete del successo e dalla bramosia del potere. Il diavolo e il male esistono; non sono fandonie o superstizioni medievali, come credono inizialmente diversi personaggi. 

Damien Mocata (grande caratterizzazione), il grasso e viscido mago costruito sul modello dell'Oliver Haddo di Maugham (a sua volta ispirato da Crowley), è alla ricerca di un potente talismano (il fallo di Osiride mummificato) la cui detenzione permetterebbe di aprire le porte ai cavalieri dell'Apocalisse (e scatenerare una nuova guerra mondiale). Per perseguire il fine è disposto a tutto, persino sacrificare una piccola bambina squarciandole il ventre dall'inguine al collo (operazione necessaria per rianimare una persona deceduta, in un ipotetico scambio di anime), oltre che sacrificare la medium prediletta (usata quale intermediaria utile a smuovere i demoni, col rischio di vedersi ricadere contro i malefici in caso di mancata riuscita degli stessi) e un amico introdotto nella propria setta. A lui si contrappone il gruppo (tutti nobili o comunque facoltosi) capitanato dal Duca De Richleau, un nobile francese fuggito dalla Francia per motivi politici, alla seconda avventura di un ciclo (non sempre di genere fantastico) che sarà completato da nove ulteriori avventure (per un totale di undici). Il Duca è una sorta di Van Helsing, pur cercando di non darlo a intendere. Abile ipnotizzatore, conduce un gioco inverso di Mocata, emulandolo in tutto e per tutto e contrastandolo in ogni azione. Laddove l'antagonista riesce a evocare gli spiriti del male, De Richleau risponde con un armamentario che mischia sacro e profano, giungendo persino a ottenere l'intercessione divina. Crocefissi, preghiere e acqua benedetta (l'ostia non riesce a farsela dare) si alternano a corone d'aglio, svastiche (amuleto magico messo al collo di un ebreo!?), sale, mercurio, filtri a base di mandragora miscelata all'assafetida e invocazioni latine di dubbia provenienza. 

La copertina del film della HAMMER.

Netta e stereotipata è la contrapposizione tra i valori in campo. I buoni e i cattivi sono delineati con l'accetta, con una sola eccezione: la donna da redimere (personaggio debole questo). Wheatley porta avanti la storia in modo commerciale. Non è certo un autore autoriale alla Gustav Meyrink. I suoi romanzi, pur interessandosi all'esoterismo, mirano a far presa sul pubblico e non vogliono fare filosofia ascetica né indicare la via maestra verso l'illuminazione spirituale. Non è un caso se anni dopo Wheatley sarà ricordato come colui che ha “portato la magia alle masse”. Dunque un romanzo che ci limitiamo ad analizzare in forma breve, riservandoci di dedicare all'autore (ancora del tutto sconosciuto in Italia per la quasi totalità delle sue opere) un saggio ad ampio respiro, pur riconoscendo l'innegabile lavoro eseguito dal sempre lodevole (è dir poco) Franco Pezzini all'interno del volume Le Nozze Chimiche di Aleister Crowley (Odoya, 2020). Pezzini ha difatti analizzato nel dettaglio l'opera dell'autore, al capitolo 4 (“Il Diavolo al Galoppo”) del citato volume, rendendo pertanto arduo il compito di coloro che arriveranno dopo. Sempre sul Wheatley satanico (oltre al citato romanzo, si segnalano due pubblicazioni, sul finire degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta, a cura della Mondadori, intitolate Il Battesimo del Diavolo e Il Club di Satana) si segnala il buon lavoro curato da Claudio Asciuti all'interno dell'eccellente Guida alla Letteratura Esoterica (Odoya, 2016).

In conclusione The Devil Rides Out, da noi “Il Battesimo del Diavolo”, è un romanzo che, pur nel suo essere derivativo, non può che essere definito cardinale. Costituisce una pietra miliare del genere, in grado di fruttare notorietà al suo autore in forza di un approccio popolare studiato per stupire le masse. Di facile lettura, beneficia di un sollecito ritmo che tiene sempre a debita distanza la noia. Certo, non può parlarsi di super capolavoro, ma resta un notevolissimo esempio di narrativa del terrore sospesa tra la tradizione ottocentesca, legata al soprannaturale di derivazione massonica, e l'avvento della nuova narrativa svincolata dagli insegnamenti esoterici, quell'approccio di scrittura che porterà sempre più a un involgarimento del genere in vista del nuovo impulso offerto dal cosiddetto modern weird. Da recuperare.

1Così James Hilton nella recensione sul The Daily Telegraph, ai tempi dell'uscita del romanzo.

2Nella serie è incluso anche il romanzo satanico Black Easter (“Pasqua Nera”) di James Blish, recensito su questo blog anni fa, oltre, tra gli altri, la prima edizione italiana di Conan The Conqueror (“Conan il Conquistatore”) di Robert E. Howard e Burn Witch Burn (“Brucia Strega Brucia”) di Abraham Merrit.

3Poi affidata alla regia di Phil Rosen nel 1934.

4Wheatley scrisse una tetralogia gialla concepita in modo da proporre delle sezioni mobili, contenenti finti campioni di capelli, referti, verbali di polizia e inserti vari, utili al lettore a ricostruire la vicenda e capire prima della chiusura del romanzo l'identità dell'assassino. Per quanto riguarda Abrams si ricorda il suo recentissimo La Nave di Teseo.

5Volume che trovate recensito sul blog.

DENNIS WHEATLEY
 
 "Anche i più grandi cercatori di verità hanno sollevato solo un angolo del velo che nasconde il vasto Ignoto; ma io credo che durante il nostro sogno siamo vissuti in quella che i moderni chiamano la quarta dimensione."
 

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