Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

domenica 30 marzo 2025

Recensione Narrativa: HORROR MOVIES '70-'80

Curatore: Alessandro Balestra.
Anno: 2023.
Genere: Horror.
Editore: Scheletri Ebook.
Pagine: 268.
Prezzo: 14,90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Da grande appassionato di cinema di genere e, più in particolare, di cinema horror, non potevo non recuperare questo volume, specie dopo aver apprezzato Notte Horror 80, edita da Acheron Books per la curatela di Christian Sartirana (qua la mia recensione https://giurista81.blogspot.com/2023/08/recensione-narrativa-notte-horror-80.html).


L'EDITORE

Al timone del progetto c'è Alessandro Balestra, ideatore e titolare del mitico scheletri.com, uno dei due siti “storici” meta immancabile per gli appassionati di scrittura creativa della prima decade del 2000. Balestra, come Alessio Valsecchi per il “concorrenziale” latelanera.com, ha alle spalle, da organizzatore, una sterminata trafila di concorsi narrativi tutti incentrati sull'horror. Il suo sito, insieme a Latelanera, è stato (lo è tuttora, attenzione a non fraintendere) un luogo virtuale di aggregazione, di perfezionamento narrativo (nel forum trovavano campo vere e proprie battaglie) e di divulgazione del genere, costituendo di fatto una pagina di “storia” del movimento underground (e non solo, viste le collaborazioni con scrittori come Danilo Arona, Alessandro Girola, Paolo Di Orazio e altri) meritevole di essere menzionata in un ipotetico volume che ripercorra l'evoluzione del dark narrativo italiano.

Dopo aver a lungo covato il proposito di “evolversi” in editore indipendente nell'ambito di un panorama (quello della narrativa del terrore) in costante espansione grazie al self publishing, Balestra ha “fondato” la Scheletri Ebook, proponendo un'offerta editoriale che si inserisce nell'alveo dell'intrattenimento dark, una sorta di pulp all'italiana in cui aspiranti scrittori ed “emergenti di un tempo” si uniscono guardando alla tradizione cinematografica e narrativa che è stata alla base della formazione degli appassionati cresciuti negli anni ottanta e novanta. Progetti semplici, ma proprio per questo accattivanti e invitanti per il loro tentativo di intercettare e riproporre la magia che contraddistingueva il cinema di genere degli anni '60, '70 e '80. Dunque un catalogo senza fronzoli o velleità artistiche che sposa la passione, il gusto a volte kitsch (non mancano mai i nudi femminili) e la capacità di generare divertimento dissacrante tipico della narrativa e della cinematografia di genere. Tra gli aspetti da sottolineare vi è inoltre il prezzo dei volumi, più che onesto, e la passione per l'illustrazione che accompagna tutti i cartacei, spesso e volentieri illustrati dallo stesso Alessandro Balestra.

Ecco che Scheletri Ebook acquista i connotati di una vera e propria factory narrativa sul modello della società cinematografica Filmirage del regista Joe D'Amato, non solo per lo spirito familiare che ne è alla base ma anche per il recente tentativo di fondere l'horror al porno (un connubio al centro dei tanti racconti della leggenda Ed Wood, di cui rinvio all'antologia Splatter, altro esempio in cui si respira l'aria della scheletri ebook, https://giurista81.blogspot.com/2022/05/autore-ed-wood.html). Non commettete però l'errore di confondere la narrativa col cinema. Il porno-horror narrativo non dimentica la trama, non a caso si tratta di volumi apprezzati da ragazze e scritti da autori/autrici insospettabili di cui è da lodare il coraggio e da plaudire la voglia di mettersi in gioco senza lasciarsi prendere dalla “scorciatoia” dell'hardcore horror. Non a caso, il primo esperimento di questo genere (Mia) è stato scritto dalla giovane Debora Parisi, una cacciatrice di leggende e di folklore agreste che è un piacere ascoltare nelle interviste (ne trovate diverse su youtube) per il piglio autoriale che la contraddistingue.

Il catalogo (consultabile su https://www.scheletri.com/scheletriebook/index-cartacei.php) comprende sia cartacei che ebook ed è composto da venticinque volumi, tra antologie, saggi, novelle e romanzi. Tra i nomi di spicco troviamo firme di prestigio come Danilo Arona, Francesco Corigliano, Miriam Palombi, Decimo Tagliapietra, Anna Silvia Armenise e altri, per volumi quali Il Canto di Vetro, Mia, Il Ritorno di Pazuzu e i saggi Commodore 64 Horror, Max Schreck - L'Attore Vampiro e Il Ritorno dei Morti Viventi, oltre all'unica presenza mainstream Se Tu Potessi Parlare dedicata da Balestra stesso all'amore per gli animali. 


IL PROGETTO

Horror Movies '70-'80 si muove su uno spunto di partenza molto simile a quello scelto da Christian Sartirana per Notte Horror 80 ovvero quello di partire dai film horror simbolo di una data epoca per traslare le componenti sulla carta stampata. I due progetti vengono concepiti in una curiosa concomitanza temporale e sono stati entrambi strutturati su un invito del curatore rivolto agli scrittori di fiducia, con solo un piccolo spazio riservato a ospiti esterni.

Se nel progetto dell'Acheron Books abbiamo nomi di richiamo come Andrea Cavaletto e Claudio Vastano, supportati da validissime firme come quelle di Simone Corà e Marco Crescizz oltre ad altri scrittori interessanti accompagnati da qualche debuttante dalle belle speranze, nel progetto Horror Movies '70 - '80 si beneficia di un gruppo più omogeneo dove spicca un'inusuale predominanza femminile (sei racconti su dieci sono firmati da donne). Troviamo due “accademici” Independent Legions, ovvero Anna Silvia Armenise e Enrico Graglia, i “plutonici” Alberica Sveva Simeone (di recente sceneggiatrice di Dylan Dog) e Alessandro Girola (mattatori della scena self publishing e garanzia di divertimento), l'ottimo Decimo Tagliapietra, l'apprezzata Miriam Palombi e altre firme di livello tra cui l'amica “zia” Marica Petrolati. Nomi dunque in condizione di poter offrire un prodotto in grado di rivaleggiare ad armi pari con quello della Acheron.

Purtroppo la sensazione che ho avuto è che Sartirana, a differenza di Balestra, abbia saputo ottenere il massimo dai suoi scrittori, peraltro proponendo un'impostazione che ha stimolato la fantasia degli scrittori. Laddove in Notte Horror si chiedeva di prendere di riferimento i film scelti spostandone le ambientazioni in Italia e facendo menzione delle scenografie e del substrato culturale dell'epoca (arma vincente per un'antologia sottovalutata da critici snob come Flavio Troisi), in Horror Movies '70-'80 si lascia libertà totale agli scrittori o - peggio - si chiede agli stessi di inserirsi nel “mondo” proprio del film. Ne viene fuori un progetto più derivativo e, al tempo stesso, fedele di Notte Horror 80, con molti sequel, qualche prequel e alcune vere e proprie riduzioni narrative di film (è il caso della Simeone). Molti (non tutti) racconti, pur scritti e presentati in modo professionale, appaiono quali esercizi di stile, scritti su commissione e senza esser dotati di un'anima di fondo. Certo, sono storie che si leggono volentieri (anche per via dei film che ne fanno da traino), però un Balestra più pressante e più esigente avrebbe potuto contribuire alla realizzazione di un volume più qualitativo. Lieto comunque di averlo letto. Da cultore del cinema di genere e del pulp, infatti, adoro queste iniziative e, non per nulla, dopo aver terminato la lettura dell'antologia sull'intercity Pisa-Milano diretto a Marginalia, ho acquistato anche Alieni Cattivi, attirato dal tema molto anni '60 e dalla magnifica copertina ripresa da Plan 9 from Outer Space di Ed Wood (peccato non esserci finito dentro con un racconto, cercherò di rimediare in futuro!!!).

ANALISI NEL DETTAGLIO

Dieci racconti - quattro dei quali ispirati da film degli anni '70 (L'Esorcista, La Casa dalle Finestre che Ridono, Cannibal Holocaust e Carrie) e sei da film degli anni '80 (Shining, Demoni, Poltergeist, Nightmare, Blob e Fog) - ciascuno oggetto di una singola raffigurazione interna curata da Alessandro Balestra, formano Horror Movies '70 – '80.

Ottima idea, ai limiti dell'illecito giuridico (si cerca di ovviare spacciandola come fanfiction) per il suo fare ricorso a personaggi e situazioni di creazione altrui (aspetto questo estraneo al progetto Notte Horror 80), che prende le mosse con una novella che inizia laddove terminava il celebre film di William Friedkin ovvero L'Esorcista. La Promessa del Diavolo, infatti, inizia con col tenente Kinderman e Padre Dyer (personaggi ereditati dal film e, prima ancora, dal romanzo di Blatty) sopraggiunti presso l'abitazione di Regan MacNeil, dopo che Padre Karras si è lanciato nel vuoto dalla cameretta della ragazzina posseduta da Pazuzu. Sequel in piena regola, firmato da Decimo Tagliapietra, finalista Mystfest, menzione al Tohorror Film Festival e più volte pubblicato nelle antologie di Weird Book, che si snoda sulla distanza delle cento pagine. Ha nella scrittura il suo punto di forza. La novella è scritta estremamente bene, soprattutto nella delineazione dei personaggi e nella sicurezza espositiva, con rimandi medici presentati con dovizia. Il tenente Kinderman diviene protagonista assoluto, trasportato dai vezzi che ne contraddistinguevano la figura nel film di Blatty (tra cui il suo offrire biglietti per il cinema). Ahimé, tende a sfumare la componente demoniaca. Non ci sono esorcismi né manifestazioni spettacolari del demonio. Si delinea invece la trama di un thriller, impreziosito da momenti splatter con scene che mi hanno ricordato Cabal (parte in ospedale) e da contenuti paranoici agevolati dalle influenze del maligno. Tagliapietra si muove tra L'Esorcista, L'Esorcista III e Amityville Possession (film non dichiarato dall'autore), proponendo la corruzione mentale e spirituale di un sanitario (soccorritore di Padre Karras) che, consumato da un tumore cerebrale, si ritrova invasato dal demonio tramutandosi in un omicida che fa scempio dei propri familiari.

Testo quadrato, ben strutturato anche se meno “divertente” rispetto ad altri dell'antologia (Tagliapietra non sceglie la strada del B-Movie). Alla fine risulta essere, specie per l'agilità e la brillantezza di scrittura, il migliore racconto dell'antologia, apprezzato anche da critici/scrittori come Aldo Luigi Mancusi.


Un altro racconto che ho apprezzato è Nebbia dell'eccellente Enrico Graglia (che lo ha proposto anche nell'antologia personale Notturno Italico), qua in coppia con Alessandro Cellamare. Il punto di partenza è The Fog di John Carpenter, ma presto il racconto prende una via del tutto propria incontrandosi con soluzioni che rievocano – pur se rimodulate – Pet Semetary di Stephen King. Piace il tentativo di diversificare l'opera dalla storia raccontata da Carpenter. La nebbia di San Antonio Bay, infatti, diviene strumento di guarigione di animali feriti per mano di umani crudeli (teppisti, padroni violenti e cacciatori). Un veterinario infatti dispone di un contenitore che racchiude la nebbia al centro degli eventi del film di Carpenter. La sostanza ha la capacità di curare vittime di lesioni all'apparenza mortali e di ritabilirne in tempi rapidi la salute. Al tempo stesso, però, mette in correlazione tutti i soggetti curati dal veterinario (a sua volta contaminato) e diviene una sorta di richiamo per qualcosa di altro che vive nelle profondità dei mari. La vendetta al centro del romanzo di Carpenter è presente, ma l'epilogo, squisitamente lovecraftiano, sposta il tutto in una dimensione più ampia con una soluzione inflazionata (un finale più originale avrebbe aiutato) che conduce il tutto nelle maglie del racconto ecologista. Alla fine ne emerge un quadro di insieme reinterpretazione di The Terror di Arthur Machen (scrittore omaggiato dallo stesso Carpenter: il cantastorie che, sulla spiaggia, introduce l'orrore del film si chiama proprio Machen).


Buona prova anche per Anna Silvia Armenise, già letta e recensita all'interno delle prime due antologie della serie Horror Academy della Independent Legions (da cui arriva anche Graglia), che centra appieno le atmosfere e il taglio onirico della saga Nightmare (si muove molto bene tra incubo e realtà). Il suo Il Ragazzo degli Incubi è un prequel del tutto personale e diversificato rispetto ai flashback del film del celebre personaggio ideato da Wes Craven. Una storia empatica e sensibile che culmina in un finale cattivissimo in cui viene modificato il background del Freddy Krueger cinematografico. Brava.


Questi sono i tre racconti in grado di giocarsela ad armi pari col meglio di Notte Horror 80, non che gli altri sette siano ciofeche. Sto solo dicendo che non sono forti a sufficienza.


Piace per stile, gestione dei tempi e quadratura Presenze di Marica Petrolati, probabilmente il quarto migliore racconto dell'antologia. Sequel di Poltergeist, dove però Le Demoniache Presenze si tramutano in una fenomenologia parapsicologica che toglie di fascino a un racconto dalla sensibilità molto femminile e dai contenuti cari alla Petrolati (disagi familiari). Mi hanno convinto poco il finale, dove la madre compie ciò che compie senza tanti tentennamenti, e la scelta di inserire un colpo di scena piuttosto telefonato.


Ottimi momenti, seppure a stralci, in Rimorsi e Ritorni di Gloria Contini, che paga tuttavia un finale che, pur volendo essere a sorpresa, si rivela ultra prevedibile. Ben gestita, tuttavia, la componente folk con momenti davvero eccelsi (l'uccisione del pittore) e una velata stoccata sulla cattiveria legata alle dicerie popolari. Tra alti e bassi.


Mi è piaciuto meno Hallorann di Eleonora Della Gatta (disponibile a sua firma, per Scheletri Ebook, l'antologia Crepuscolaria) che, un po' come Tagliapietra, prosegue il film di riferimento partendo da dove era finito. Si torna così all'Overlock Hotel di Shining che, a differenza del romanzo, è ancora in piedi ed è oggetto di visite. Interessante l'accenno al turismo macabro, di cui anche nella nostra penisola abbiamo avuto triste testimonianza (si vedano i filmati dei turisti impegnati a farsi selfie con lo sfondo del traghetto Concordia all'Isola del Giglio), con spiccati rimandi ai personaggi del film. Sarebbe stata buona cosa insistere su tale aspetto piuttosto che sui personaggi del film.


Di livello inferiore, a mio modesto avviso, gli altri quattro racconti, specie se si considera che arrivano da autori di apprezzato valore. Buone premesse per La Morte Viscida di Roberto Ciardiello (plurivincitore di concorsi, tra cui il Terni Horror e Tohorror Fantastic Film Festival: scusate se è poco), che rimodula il fantastico di Blob Il Fluido che Uccide (con echi alla casa viaggiante di Bad Taste di Peter Jackson) in vista di un racconto tragico di presa realistica e dai risvolti thriller del tutto svincolati dal soprannaturali. L'autore scommette infatti nello spiazzare i lettori (e ci riesce con una sorta di black humor che li beffeggia sul concetto del blob, qua in salsa Robocop) mostrando sotto la lente deformante un soggetto fantastico in veste realistica. Non amo poi il taglio tipico dei teen movies americani (ma è un problema mio).


Scelgono la via dell'esercizio di stile gli altri tra autori. Evocativo, ma nulla più, Rossa di Sangue che Miriam Palombi scrive cercando di proporre una sorta di antefatto alla vicenda Carrie. Prequel meno derivativo di altri, resta comunque una storia che punta tutto sulle atmosfere suggerendo accoppiamenti diabolici che, forse, rimandano più a Rosemary's Baby che al film di Brian De Palma (omaggiato soprattutto dal prologo).


Puro esercizio di stile, sebbene gestito con maestria, per la neo sceneggiatrice di Dylan Dog Alberica Sveva Simeone che col suo Di Fame e di Sete ricalca freddamente i canovacci dei cannibal movies anni '70. Storia del tutto impersonale, che non aggiunge niente di nuovo o di originale e che si trasforma in una mera prova di tecnica narrativa senza comunicare alcunché di proprio. Della serie: prendi un film cannibalico, individua le situazioni tipiche e riproponile su carta. Soggetto dunque copiato senza fare alcuno sforzo. Buono il ritmo, taglio estremamente cinematografico ma nulla più. Struttura alla Cannibal Holocaust, ma contenuti che rimandano a Demoni e un po' a Doomsday, per il partner e socio del progetto indie Plutonia, Alessandro Girola, che con Città come Tombe (il più bel titolo del lotto) porta a termine un racconto gestito in modo svogliato cercando comunque di proporre un'innovazione (appiccicata all'epilogo) rispetto alla serie baviana. Un gruppo di ragazzotti social hanno la brutta idea di immettersi in una zona rossa (da trentasette anni!?), un po' come per il film Chernobyl Diaries, e di andare a indagare su cosa sia successo nel 1985 trasmettendo.il tutto in diretta sui social. Girola propone una realtà alternativa dove lo scempio raccontato da Lamberto Bava è davvero accaduto. Debolissimo nei tritatissimi inneschi (l'ennesima goccia di sangue che cade su una creatura mummificata) e incapace di sfruttare la buona idea di fare leva su un nuovo sistema di comunicazione: il cellulare (idea già utilizzata da Stepehn King). Peccato perché Girola aveva qualità tali da poter tirare fuori un racconto più personale e di qualità invece sembra scrivere più per fare un favore a Balestra che per una volontà personale di essere nel progetto. A ogni modo, piace pensare che.il racconto abbia spinto Lamberto Bava a dare seguito alla sua serie, visto che è prossimo all'uscita il romanzo Demoni 3 – La Rinascita per la Cut-Up Publishing.


CONCLUSIONE

Antologia consigliata ai cultori del cinema horror degli anni settanta e ottanta, soprattutto per la scelta di rispettare i contenuti dei film di riferimento e di inserirsi nel solco dagli stessi tracciato. Ciò premesso, piace molto meno rispetto alla concorrenziale e più innovativa Notte Horror 80 (Acheron Books), pur riuscendo a intrattenere i lettori per effetto del lavoro tecnico giostrato da firme che ben conoscono i segreti del mestiere. Arriveranno presto altre recinsioni dei volumi Scheletri Ebook.

 
Il curatore Alessandro Balestra.

sabato 22 marzo 2025

Recensioni Cinematografiche: LA CITTA' PROIBITA di Gabriele Mainetti.

Produzione: Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa, Sonia Rovai e Alessia Sinistro.
Sceneggiatura: Stefano Bises, Davide Serino & Gabriele Mainetti.
Regia: Gabriele Mainetti.
Montaggio: Francesco Di Stefano.
Fotografia: Paolo Carnera.
Colonna Sonora: Fabio Amurri.
Interpreti Principali: Yaxi Liu, Enrico Borello, Chunyu Shanshan, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Luca Zingaretti.
Durata: 138 min.

Commento Matteo Mancini.

Gabriele Mainetti si conferma tra i migliori registi di genere nel contesto del cinema italiano pur senza rinunciare all'anima trasteverina e coatta, vero e proprio marchio di fabbrica dei suoi film e probabile punto debole in un'ottica di esportazione. Dopo Lo Chiamavano Jeeg Robot (2015) e Freaks Out (2021), il regista insiste sul cammino fatto di contaminazioni in salsa romana. Prodotto da un lotto di "nuovi" finanziatori, tra cui i produttori della serie L'Amica Geniale e del film interpretato da Paola Cortellesi C'è Ancora Domani (2023), il "nostro" capitalizza il budget di diciassette milioni di euro (record per Mainetti) con la probabile intenzione di esportare la pellicola all'estero. Al cinema dei supereroi e a quello bellico/fantastico, subentra nientemeno che il gongfu (con tanto di omaggi a Bruce Lee e Jackie Chan) ovvero quel cinema d'azione, tipicamente cinese, salito agli onori delle cronache negli anni '70 in virtù dei successi di Bruce Lee.

La Città Proibita è un rarissimo esempio di cinema marziale, prodotto in Europa, giostrato sul kung-fu. In Italia, negli anni '70, si era tentato di sfruttare la moda del periodo dando luogo a esperimenti poco convinti e sovente virati al farsesco, rappresentati da film come Il Mio Nome è Shangai Joe (1973) di Mario Caiano, Crash! Che Botte... Strippo Strappo Stroppio (1973) di Bitto Albertini e Storia di Karatè, Pugni e Fagioli (1973) di Tonino Ricci. Pellicole, come è facile intuire, uscite lo stesso anno in cui conquistava i botteghini I Tre dell'Operazione Drago (1973), ultima pellicola interpretata da Bruce Lee prima della prematura dipartita. Una parentesi breve e veloce, commistionata ad altri generi (soprattutto il western) e solo in parte ripresa negli anni ottanta con la serie Il Ragazzo dal Kimono d'Oro (1987), a sua volta innescato dal film americano Karate Kid (1984).

A quasi quarant'anni di distanza, Mainetti ripropone la scommessa, guardando sia a Quentin Tarantino (il riferimento va a Kill Bill e al ruolo forte di una donna marziale) sia al nostro cinema noir (richiami a Romanzo Criminale e Gomorra, non a caso tra gli sceneggiatori abbiamo Stefano Bises, tra le firme di Gomorra La Serie e Adagio) con concessioni alla comicità e ai sentimenti amorosi e senza perdere di mira la passione per la musica italiana (come in Lo Chiamavano Jeeg Robot sono continuamente tributati grandi classici della nostra musica popolare) e le battute smargiasse. Ne viene fuori un revenge movie dal ritmo sostenuto (soprattutto nei primi due terzi di film), con fotografia e regia ai livelli internazionali. Paradossalmente funziona meglio la parte action, con attori cinesi in grande spolvero, ivi compresi la protagonista Yaxi Liu (stuntwoman pescata a Hong Kong) e il villain Chunyu Shanshan. La componente italica difatti è altamente tamarra e coatta, con Marco Giallini sopra le righe, Enrico Borello tenerone e frescone, Sabrina Ferilli che non ti attenderesti mai di trovare in un film del genere e Zingaretti che si limita a un cammeo. Ne viene fuori un film action dai toni gangster composto da due anime: l'internazionale che guarda a Hollywood (strepitoso il prologo) e l'italica fortemente legata alla commedia nostrana sebbene calata in un contesto altamente drammatico. La sensazione è che Mainetti voglia dimostrare di saper girare un film sui canoni classici di Hollywood ma, al contempo, decida di non abbandonare le proprie origini pur sapendo di "inquinare" il prodotto finale. L'anima italiana infatti è evidente e non viene schiacciata dalla componente cinese, in un equilibrio che si potrebbe quantificare nel 50%.

La sceneggiatura, che pure lascia un ottimo messaggio anti-razzista (tra cinesi e italiani non si sa chi siano i peggiori sfruttatori), non è priva di difetti, sebbene piazzi un inatteso colpo di scena finale con tanto di momento alla Mario Merola. Si ravvedono diversi vuoti narrativi (ne è un esempio il comportamento del protagonista al ritrovamento del cadavere del padre), ma anche soluzioni inverosimili alla Rambo (la protagonista mena tutti e recupera da un'infinità di ferite e botte nell'arco di qualche giorno) e incongruenze nella gestione dei personaggi (protagonista incazzosa, poi fanciullesca, di nuovo incazzosa, quindi sentimentale etc). A esempio avrei tagliato tutta la parte in cui Borello porta a spasso per Roma la protagonista.


Perfetto sul versante tecnico. Mainetti è scatenato alla regia, tra carrellate, rapidi movimenti di macchina e messa in scena dei combattimenti in vecchio stile cinese (niente bombardamento di montaggio per coprire l'inefficenza degli attori come avviene spesso a Hollywood). Memorabile omaggio a Dalla Cina con Furore con la protagonista accerchiata dai ceffi cinesi e costretta ad affrontarli senza alcun aiuto. Cazzotti, calci e armi bianche, con impiego di inusuali armi improprie (fiori compresi) caratterizzano gli scontri. Visivamente spettacolare, soprattutto per un montaggio eccezionale che esalta la brillante regia. Da notare alla fotografia la presenza di Paolo Carnera, già vincitore di due Nastro d'Argento (Adagio e Favolacce) e di un David di Donatello (Io Capitano). Buone anche le scenografie.

Al netto dei difetti, resta un prodotto notevole, divertente e capace di intrattenere dalla prima all'ultima sequenza. Riceverà sicuri riscontri ai David di Donatello e ai Nastro d'Argento.

Da vedere al cinema e da sovvenzionare per stimolare la realizzazione di prodotti similari. Bravo Mainetti!

Il regista Gabriele Mainetti.

 

sabato 8 marzo 2025

Recensione Narrativa: LA SFERA DEL BUIO di Stephen King.

Autore: Stephen King.
Titolo Originale: Wizard and Glass.
Anno: 1997.
Genere:  Fantastico: IV capitolo saga La Torre Nera.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 670.
Prezzo: 15.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
PROSSIMAMENTE.

giovedì 6 marzo 2025

Recensione Narrativa: PROGENIE DEGLI ABISSI di Fabio Calabrese.

Autore: Fabio Calabrese.
Anno: 2018.
Genere: Horror - Weird.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 204.
Prezzo: 16,50 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Terza antologia (di sei) ispirata alla narrativa di H.P. Lovecraft per Fabio Calabrese, già recensito su queste pagine (https://giurista81.blogspot.com/2024/03/recensione-narrativa-il-segno-di-yog.html - https://giurista81.blogspot.com/2024/07/recensione-narrativa-sulle-orme-di.html ), che conferma il sodalizio con Dagon Press e licenzia questo Progenie degli Abissi.

Il progetto va in porto a distanza di quattro anni dalle precedenti Nel Tempio di Bokrug e Altre Storie Lovecraftiane (2014) e Sulle Orme di Alhazred (2014). Un periodo lungo, sufficiente a predisporre un lotto di racconto qualitativi, se non fosse che Calabrese non progetta il volume ma pare sposare una specifica richiesta di Pietro Guarriello (così interpreto tra le righe). Composto da dieci racconti brevi, Progenie degli Abissi è un'antologia dotata di minore freschezza delle precedenti pur confermandosi godibile. I soggetti sono spesso fortemente derivativi e tendono a non rispettare il proposito di partire da Lovecraft per plasmare qualcosa di nuovo. Calabrese cerca in tutti i modi di rispettare la linea ortodossa (a tal proposito, in un breve saggio a corredo dell'antologia, argomenta e critica i fraintendimenti avvenuti nel corso degli anni sulla narrativa di Lovecraft, cercando di evidenziare la filosofia dell'autore e il suo distacco dall'occultismo e dall'esoterismo), al punto da cercare di essere il più fedele possibile alle impostazioni del Solitario. Ecco che si percepisce, in molti dei dieci racconti, una mancanza di cifra autoriale e di impulsi innovativi. È un po' come se Calabrese temesse di profanare il Maestro. Ne derivano letture che piaceranno sicuramente ai cultisti di Lovecraft ma che, allo stesso tempo e salvo qualche eccezione, lasciano poco al lettore se non il mero intrattenimento. Lo stile è leggero, eppure non banale. Se vengono meno i lirismi, i dialoghi propongono quasi sempre spunti di riflessione e denotano un'invidiabile cura stilistica, talvolta non sfruttata appieno dalla storia. Il punto debole del progetto infatti ricade sui soggetti (un po' il difetto della produzione troppo inflazionata di Calabrese), specie negli epiloghi, più di una volta frettolosi e tali da invalidare le buone costruzioni iniziali (si vedano Il Richiamo e L'Angelo di Legno).

Si ha così l'impressione di un progetto che non viene da una motivazione interna dell'autore, ma piuttosto risponde a una volontà di “sfruttare” la passione dei lettori per il Solitario di Providence così da garantirsi una confort zone di vendite. È lo stesso Calabrese, in prefazione, a suggerire indirettamente una tale impostazione, laddove dichiara di essere arrivato ad “adattare” alcuni racconti pubblicati su altre antologie ed estranei – in origine – ai Miti di Cthulhu”, così da impinguare un'antologia basata su un piccolo gruppo di racconti iniziali (tre o quattro) e una serie di altre storie scritte in “fretta e furia” (questo lo aggiungo io) per raggiungere il limite di pagine richiesto. Tale costruzione traspare nella lettura, seppure mitigata dalle doti narrative dello scrittore (senz'altro superiori alla media dei colleghi italiani che si dilettano nel weird) e dal suo evidente interesse per i testi e le teorie apprese nei manuali di divulgazione scientifica che confluiscono nei racconti.

Ne deriva un'antologia che intrattiene, diverte gli appassionati, ma non osa. Traspare un atteggiamento troppo remissivo dell'editore che avrebbe di certo potuto spingere l'autore a rendere migliori (da un punto di vista di soggetto) almeno tre quattro racconti che evidenziano potenzialità non espresse appieno.

Non definirei omogeneo il livello dei racconti, come altri hanno avuto modo di scrivere. A essere omogeneo è lo stile dell'autore, che sa come mantenere viva l'attenzione dei lettori e palesa un vero e proprio amore per le atmosfere weird e per quell'orrore di inizio novecento. Calabrese non cade in pesantezze filosofiche o in propositi letterari. Un aspetto non certo secondario questo, che può essere già sufficiente a garantire l'acquisto del volume (non a caso ho cinque delle sei antologie che Calabrese ha dedicato a Lovecraft).

In questa occasione, dei dieci racconti proposti, solo tre – a modesto avviso di questo recensore – sono davvero buoni e completi. Un quarto è fortemente derivativo, ma ben condotto in porto, mentre tre ulteriori godono di grande fascino e sono presentati in modo estremamente accattivante pur lasciando l'amaro in bocca per quel che sarebbe potuto essere con una maturazione del testo da estendere su più pagine. Faticano a imporsi, invece, i restanti tre racconti che pur muovendosi sulle coordinate del genere non si staccano da quanto già letto e, in alcuni casi, peccano addirittura di contenuti per rivelarsi meri esercizi di stile.


ANALISI NEL DETTAGLIO

Curioso iniziare l'analisi di un'antologia lovecraftiana, partendo dall'unico racconto che di lovecraftiano non ha nulla. La Casa dei 7 Peccati, infatti, è un tributo – questo sì scritto in chiave “autoriale” e non semplicemente derivativa – a Edgar Allan Poe. Calabrese predispone il miglior soggetto dell'antologia e non è un caso se il racconto si sviluppi su una distanza tale (trentadue pagine) da farne l'elaborato più lungo del progetto. Gli omaggi a Poe, costituiti da Ligeia, The Fall of the House of Usher e soprattutto da The Masque of the Red Death, si miscelano a una storia nera incentrata sulla capacità di suggestionare le menti al fine di far emergere il peggio dalle persone e indurle a scontrarsi tra loro manovrandone le condotte. Il tema del mad doctor, qua costituito da un pianista di eccezionale valore, incontra Poe e la psicanalisi collettiva. Una presentazione di una villa, costruita in modo da ricordare la magione del Principe Prospero del celebre racconto di Poe, con le sue camere colorate e in grado di plasmare gli umori dei presenti, diviene teatro di una vendetta ordita per le vie più spettacolari. Davvero un buon racconto, dal finale onirico, con una parte dedicata alle modalità attraverso le quali il protagonista riesce a sottrarsi dalla trappola in cui è finito. Una parte questa che ricorda Il Gioco di Gerald di Stephen King. Tra i migliori in assoluto di Calabrese. 


Se La Casa dei 7 Peccati è di gran lunga il racconto più completo dell'antologia, Sul Piano Astrale è il più terrorizzante. Calabrese si muove su coordinate ultra collaudate, con un testo che ricorda un po' From Beyond di Lovecraft e L'Anello si Saturno di Meyrink. L'idea è quella di una realtà ulteriore e compresente alla nostra visibile solo attraverso macchinari (qua delle particolari lenti) in grado di superare i limitati sensi umani. Niente di nuovo, ma narrato con il piglio giusto. Punto di forza i dialoghi esistenziali, sospesi tra religione e filosofia che danno sostanza al testo. Sarebbe stato perfetto per una pubblicazione su Weird Tales.


Un altro racconto meritevole di segnalazione è quello che da il titolo all'antologia ovvero Progenie degli Abissi. Qui Calabrese trasla i suoi studi sui manuali di divulgazione scientifica e lo fa proponendo un soggetto che si poggia su un'idea di fondo non dissimile a quella al centro di film come Shark 2 – L'Abisso (2023). Il racconto ha risvolti ambientalisti, giostrato su una pseudo-biologia per la quale quanto per l'ecosistema umano risulta nocivo (a esempio i rifiuti) ben potrebbe rivelarsi nutritivo per un ecosistema alternativo e in competizione al nostro. La comparsa di una strana creatura anfibia, debitamente analizzata dal protagonista a termine di un'autopsia dallo stesso condotta, è il preludio per l'emersione di creature aliene verosimilmente provenienti da una biosfera ombra. Piace la padronanza con cui Calabrese si muove tra scienza e la pseudoscienza, argomentando e cercando di convincere per tali vie i lettori sulla verosimiglianza di quanto proposto.


Calabrese prova a ripetere l'esperimento con il meno riuscito Caccia al Palolo, che fa parte di quei racconti costruiti su premesse affascinanti che poi vengono disattese dalla seconda parte del testo. Storia esotica, addirittura ambientata in Vanuatu, con un certo rimando a Lovecraft, per quanto concerne la presenza di indigeni riconducibili a razze sfuggevoli. Il testo si dipana per vie po' confuse, propone una pesca in cui ci si aspetta qualcosa di terribile che invece non si manifesta. Calabrese predilige proporre teorie scientifiche che, partendo dal regno animale, sconfinano in una pseudoscienza che scomoda Giovanni Pascoli e il concetto del “fanciullino” che vive in ogni individuo e viene “castrato” dallo sviluppo della parte matura. L'epilogo, in odore doppelganger, di presa metaforica, non rende giustizia a una prima parte decisamente affascinante. Resta comunque un racconto ben al di sopra della sufficienza.


Un altro racconto ben introdotto e dal grande fascino, questa volta orientato su una trama dai risvolti gialli, è L'Angelo di Legno, in cui i carabinieri di un villaggio di campagna indagano sul furto di una strana scultura di legno sottratta da una chiesa. Prima parte notevole, con rimandi al folklore dei gargoyle, che purtroppo si sgonfia in un finale non massimizzato che richiama The Hound. Questo è uno di quei racconti su cui l'editore avrebbe potuto insistere, per suggerire un maggiore sviluppo di trama e un epilogo svincolato dalla scorciatoia dei rimandi lovecraftiani.


Interessante, a tratti, La Pietra Sacra (già edito altrove da Calabrese col titolo Ayers Rock) che richiama atmosfere australiane sull'esempio dei film di Peter Weir (L'Ultima Onda) al fine di proporre un racconto ecologista, in cui le popolazioni indigene cercano di proteggere il proprio habitat dallo sfruttamento ambientale dell'uomo bianco. Ottima idea di fondo, ma un po' troppo semplificata nello snodo centrale. Buono, invece, il collegamento tra l'inizio e l'epilogo del racconto. Ricorda certi racconti di Antonio Bellomi.


Calabrese attinge direttamente dal “taccuino delle opere mai scritte” di Lovecraft per Il Libro e l'Abominio, un racconto classico, incentrato su un viaggio astrale indotto dalla lettura di un libro proibito che conduce il protagonista verso mondi lontani e confinati in altre galassie, dove creature dalle forme ittiche si apprestano a banchettare ponendo in sacrificio un uomo: lo stesso protagonista. Racconto estremamente derivativo, che rubacchia anche da William H. Hodgson e da The House on the Borderland. Il finale, pur se efficace, è estremamente inflazionato.


Questo il meglio dell'antologia che per il resto propone racconti – non me ne vogliano – riempitivi. Il Flauto sfrutta gli stessi ingredienti de Il Libro e l'Abominio, ma gioca su uno sviluppo invertito. Laddove nel precedente racconto era il protagonista a finire in mondi alieni per mezzo di un tramite di matrice “culturale” (il libro), qua sono gli alieni a venire nel nostro mondo attraverso il richiamo delle note emesse da un particolare flauto. Carino, ma ultra inflazionato.


Il Sacrificio e Il Richiamo sono due modesti racconti, che ricalcano le vicende legate ai miti di Cthulhu, diluendo i testi con le vicende ultra conosciute legate all'arrivo sulla terra dei Grandi Antichi e alla loro successiva dipartita.

Il Richiamo è un racconto sulla solitudine e sui pericoli a essa connessi, tali da spingere i reietti incapaci di inserirsi nella società nelle maglie dell'occultismo. Calabrese caratterizza bene il personaggio, vittima di paranoie e di una visione xenofoba della società. Peccato che il tutto, a trequarti di racconto, venga portato a conclusione in un modo deludente seppure di presa metaforica.

Il Sacrificio non beneficia neppure di una buona prima parte, ma prende le mosse durante il classico rito dal retrogusto satanico e si conclude in modo ironico richiamando film come Dracula Cerca Sangue di Vergine... E Morì di Sete.

CONCLUSIONE

Questo il contenuto di un'antologia che sa intrattenere, ma che, salvo qualche racconto, propone poco di nuovo. Consigliata ai cultori di Lovecraft senza però attendersi storie in grado di ampliare i Miti. 


La suggestione può ingigantire e scatenare i mostri che dormono dentro di noi, ma non li crea.