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giovedì 2 marzo 2017

Recensioni Narrativa: SUPERBESTIA di David Gerrold.



Autore: David Gerrold.
Titolo Originale: Deathbeast.
Anno: 1978.
Genere: Fantascienza Viaggi nel Tempo.
Editore: Mondadori, collana Urania (n.813).
Pagine: 170.

Commento a cura di Matteo Mancini.
A quasi un anno dalla pubblicazione sulla collana Urania del romanzo Mastodonia di Clifford D. Simak, la Mondadori propone, sempre per la medesima collana, un romanzo che porta ancora una volta l'uomo al cospetto delle creature della preistoria. È il turno di Deathbeast, romanzo minore del pluri-premiato David Gerrold (meglio noto per la saga catastrofica dei Chtorr), da noi pubblicato, con l'orrendo titolo di Superbestia, il nove dicembre del 1979 (numero 813, Urania), ma scritto l'anno prima proprio come Mastodonia.
Gerrold, da leggersi così come si scrive essendo lo pseudonimo di Jerrold David Friedman, è un autore particolarmente blasonato nel panorama sci-fi statunitense, spesso legato alle produzioni televisive. Da sempre fan accanito della saga Star Trek, di cui ha scritto anche qualche episodio unitamente a quelli destinati al serial Ai Confini della Realtà, è stato finalista al Premio Nebula nel 1973 con La Macchina di D.I.O. e nel 1974 con ...Per Proteggere l'Uomo dal Male, e ha poi vinto il Premio Hugo, per il miglior racconto lungo, nel 1995 con Il Bambino Marziano. Il romanzo che ci apprestiamo ad analizzare in queste poche righe è un'opera minore, lo potremmo definire un divertissiment. Gerrold parte dalla tematica tracciata da Ray Bradbury nel 1952, col suo storico Sound of Thunder – Rombo di Tuono (più volte citato, come espressione, nel testo, non so se per volontà dell'autore o della traduttrice Beata Della Frattina), per riproporre l'idea del safari da praticarsi nell'epoca del cretaceo per effetto di macchinari capaci di far viaggiare l'uomo nel tempo. Dunque idea di partenza identica a quella di Bradbury, ripresa anche da Simak (seppur in modo più vicino al fantasy, con intervento persino di alieni capaci di aprire portali dimensionali), ma sviluppo completamente orientato all'azione e all'avventura. Pur caratterizzato da uno stile a tratti poetico, l'opera di Gerrold è contenutisticamente parlando grezza, votata al mero e unico intrattenimento senza offrire particolari spunti di riflessione al lettore. Se Bradbury utilizzava l'elemento del safari nel cretaceo per dare il via a un discorso legato al c.d. effetto farfalla, ovvero la possibilità di alterare completamente il futuro modificando (anche involontariamente) il passato, in Gerrold scompare ogni remora e preoccupazione. Anzi, c'è di più... Gerrold dice che non si può modificare il futuro semplicemente incidendo in minima parte nel passato, come a dire che non si può inquinare il mare determinando uno stravolgimento dell'ecosistema versando una bottiglia di un litro di petrolio sulla superficie marina. Chiarito questo passaggio, utile a tracciare la specie umana come la peggiore mai vissuta al mondo a causa del suo spiccato egoismo, i personaggi del romanzo (odiosi oltre ogni limite e, verrebbe da dire, frustrati persino sotto il profilo sessuale al punto da ricercare le emozioni forti sfidando la morte rappresentata dal T-REX, perché altrimenti privi di scopi nella vita) non hanno alcun accorgimento e rispetto per l'ambiente in cui vengono sparati, attraverso una tecnica similare al teletrasporto. Il romanzo parte subito nel cretaceo, con un fascio di luce e una sorta di astronave che viene vomitata in una vallata attorniata dai dinosauri. Appena arrivati, i nostri, che avranno a disposizione circa tre giorni prima di ritornare a bordo e far ritorno al loro tempo, andranno in giro a sparare a ogni tipologia di dinosauro (uccidono persino un brontosauro) e lo fanno così, per il gusto di uccidere o per riprendere sequenze particolarmente spettacolari da rivendere poi in futuro. Non hanno nessun rispetto né per le prede né per i loro simili. L'egoismo regna sovrano.

La copertina dell'edizione americana.

Gerrold lavora sulle caratterizzazioni dei personaggi, piuttosto stereotipati sul modello cinematografico, in verità. C'è il super macho (che vive per l'azione e il pericolo continuo, visto alla stregua di una droga che provoca astinenza), c'è la spalla fedele che sembra legata al primo da un rapporto di omosessualità repressa di natura narcisista (sono entrambi due valenti combattenti e per questo si attraggano), c'è poi la gatta morta che si innamora del più coraggioso per sopperire al bisogno di protezione, c'è la ritardata e ci sono le due guide incaricate di tenere sotto controllo, per contratto, la spedizione ma che verranno, puntualmente, scalzate dal loro ruolo di comando. Non c'è invece spazio per altre considerazioni, se non quelle legate alle motivazioni psicologiche che spingono delle persone a scegliere di intraprendere un viaggio nel tempo per sfidare il più feroce predatore che sia vissuto sulla terra dall'alba dei tempi: il T-REX. 
Ne deriva una sorta de Il Mondo Perduto, mi riferisco a quello di Crichton, ante litteram con i personaggi che vagano, liberi, in mezzo al bosco (non ci sono le pedane sterilizzate di Bradbury) muniti di fucili laser, balestre con dardi incendiari, sonde che permettono di intercettare fonti di calore, visori notturni e caschi, a sfidare le insidie proprie di un mondo che si è estinto da milioni di anni. Tutto resta confinato nel Cretaceo, persino il finale, e tutto ruota sul conflitto tra questi uomini e un T-Rex, cosa che rende piuttosto ripetitiva la narrazione, martoriato dall'inizio alla fine con bruciature e ferite continue. La bestia viene infatti affrontata in più occasioni e sempre allo stesso modo. Fucilate laser e via... col mostro che, invece di scappare, si incaponisce nel voler annientare gli ospiti che hanno osato invadere il suo regno. Belle le parti in cui li fissa con l'unico occhio rimasto sano (viene in mente la famosa scena con l'occhio del T-Rex che, in Jurassic Park, sbircia dentro la macchina dei bambini). Ma non c'è solo il T-Rex, compaiono anche il già citato Brontosauro, un pterodonte, un allosauro e c'è persino un corpo a corpo tra un cacciatore e un dinosauro della stessa famiglia dei Velociraptor (momento alquanto cruento e sanguinario).

Molto belle le descrizioni dei dinosauri, sia per la conformazione fisica sia per la loro caratterizzazione comportamentale. In particolare si parla di odore di morte, di olezzo di carne marcia, di terra che trema a ogni passo. Crichton, probabilmente, ha letto il romanzo e, in questo, si è ispirato per il suo Jurassic Park. A parte ciò, però, vi è poc'altro che lo rende unico e degno di particolare menzione. Non manca il ritmo e una certa dose di coraggio nel proporre momenti sanguinolenti rispetto, a esempio a Mastodonia, ma, a differenza anche di quest'ultimo, mancano gli spunti di riflessione atti a rendere autoriale il testo e non una semplice cronaca di una spedizione di caccia. Gerrold ricerca l'avventura e il brivido piuttosto che veicolare il soggetto al fine di far luce sulle implicazioni relative alla possibilità di alterare il futuro operando sul passato (cosa analizzata nel testo di Bradbury) o su quelle di natura religiosa (come fatto da Simak). Alla fine allora cosa resta? Semplice, una lettura veloce indicata ai fanatici (me compreso) dei dinosauri e null'altro.

Il racconto lungo di BRADBURY
che funge da ispirazione per questo romanzo
di Gerrold.
Si nota la pedana sterilizzata che isola gli umani dall'ambiente esterno,
accorgimento assente in SUPERBESTIA.


"Ethab sfidava tutto ciò che odiava e temeva di più, perché solo così poteva dimostrare di essere superiore. E quella mattina aveva lanciato la sfida estrema. Aveva sfidato la morte. Doveva sconfiggere il tiranno, abbatterlo, perché solo così sarebbe stato un vero uomo, completo... Ma quello che non sapeva è che non avrebbe mai potuto realizzare la sua aspirazione di compiutezza, perché per una sfida affrontata e vinta, mille altre ne restavano."

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