Autore: Algernon Blackwood.
Genere: Weird/Horror.
Anno: 1908.
Edizione: Utet (Anno 2010).
Pagine: 462.
Prezzo: 19,00 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Questa antologia che raccoglie la celebre raccolta sul detective dell'occulto John Silence, divenuta nel tempo cult ai massimi livelli, ci permette in primo luogo di prendere le mosse dallo scrittore dalla cui penna è nato tutto: l'inglese Algernon Blackwood. Non nascondo un immenso piacere di parlare di questo autore che fa parte di un gruppo di artisti di cui ho massima stima letteraria.
Personalità alquanto turbolenta, verrebbe da dire, guardando il suo curriculum. A tal riguardo, pur avendo molti amici, non si farà mai una famiglia propria. Nasce nel Kent, a Shooter Hill, nel 1869 e viene subito castrato nel suo sviluppo da un'educazione evangelica che lo porta a esser tenuto lontano dai tipici svaghi dell'epoca. Tutte le distrazioni provengono dal regno del maligno gli metton in testa i genitori. Il padre è un segretario finanziario delle poste oltre che Cavaliere dell'Ordine del Bagno, mentre la madre ha origini nobiliari. Viene mandato a studiare in giro per l'Europa, in Germania, Francia e Svizzera. Nella prima parte di vita però, al di là di interessarsi alla cultura orientale e all'induismo (suscitando il disprezzo della famiglia), non dimostra grandi talenti se non la passione per il violino (farà anche l'istruttore). Ricordato come un fine umorista e un grande oratore, passa i primi trent'anni all'avventura più assoluta, spesso anche perché mal consigliato e truffato da approfittatori di turno. Emigra in Canada, poi a New York dove vive passando dall'impiego di giornalista presso il Times a quello di albergatore con fallimenti continui che lo portano addirittura a vivere di espedienti, finendo a fare persino il modello per pittori, l'attore teatrale e l'operaio in un saponificio. Tenta addirittura di improvvisarsi pioniere partecipando alla corsa dell'oro nelle lande del far west. La svolta avviene quando il banchiere James Speyer lo assume come suo segretario. Blackwood ha già trent'anni ed è praticamente sconosciuto sia come scrittore che, quasi del tutto, come giornalista. Ritorna in Inghilterra e compie quel passo che lo trasformerà in uno dei maestri più acclamati della narrativa fantastica. Col nome di fratello Umbram Fugat Veritas, ovvero la realtà disperde l'ombra, entra a far parte dell'Ordine Ermetico della Golden Dawn dove farà la conoscenza di un humus letterario di prima classe che lo convincerà a mettere nero su bianco le sue idee e la sua fantasia. Blackwood fa così tesoro dell'esperienza di vita vissuta, per i boschi del Canada, per esaltare l'immanenza della natura sull'insignificanza e l'arroganza dell'uomo, credendo fermamente nell'ignoto. Conseguenziale diviene così la compenetrazione tra fantasia e insegnamenti esoterici che vengon traslati dalle pratiche iniziatiche per confluire in narrativa divenendo un unicum affascinante e di immediato successo. Non scrive subito però, rimane per alcuni anni in fase di apprendimento e quando decide di passare all'azione lo fa subito con decisa presa di pubblico. La sua prima opera è una raccolta di novelle che va sotto il titolo La Casa Vuota e altre Storie di Fantasmi - The Empty House and Other Ghost Story (1906) che vede la luce grazie all'iniziativa di un amico che decide di presentare questi scritti a un editore che ne resta favorevolmente impressionato. Appena un anno dopo esce la novella Colui che Ascoltava nel Buio (1907) sempre afferente al tema fantasmi. Blackwood è poi abile a modernizzare la tematica classica dei fantasmi, spiriti maligni, diavoli, licantropi e mummie portando sul piano fantastico, col John Silence, Phisician Extraordinary, la figura lanciata dal "compagno di scuderia" Conan Doyle, altro affiliato all'Ordine, del detective Sherlock Holmes. Non è il primo a farlo, prima di lui, al di là dei tentativi non centrali di Le Fanu e di Stoker (con i loro Hesselius e Van Helsing), ci aveva già provato Matthew Shiel (il Principe Zaleski) e gli Heron con il loro poco conosciuto Flaxman Low. E' però nel 1908 con il John Silence che la figura viene effettivamente sdoganata nel fantastico e subito presa a modello da William Hope Hodgson, due anni dopo, col suo Carnacki. Torneremo di seguito su questo personaggio. In particolare il personaggio di Blackwood, come avremo modo di delinearlo di seguito, deve molto a Sherlock Holmes sia per il suo essere londinese, sia per le notevoli capacità di osservazione sia per esser spesso coadiuvato da un assistente. A differenza di Holmes, però, il Silence è un vero e proprio occultista dotato di poteri che vanno oltre al comune poliziotto, in più è laureato in medicina ed è un benestante di famiglia.
Blackwood insiste facendo uscire, nel giro di pochi anni, altri racconti che faranno scuola come I Salici (1907) e Il Wendigo (1910), tutti testi in cui le descrizioni, costruite in modo lento per portare il lettore dalla realtà alla fantasia in modo graduale e progressivo, sono centrali e hanno la funzione di suggestionare il pubblico cui sono destinate togliendogli il fiato non solo per la tensione ma anche per la bellezza scenografica. Opere dove la natura si trasforma, di fatto, in divinità (o comunque in forza trascendentale) e dove l'invisibile grava sulla piccolezza dell'uomo, spesso e volentieri arrogante e ignorante comparsa di un contesto in cui crede di esser protagonista. Sono questi i migliori anni del Blackwood scrittore che, nel frattempo, si mette anche a scrivere, tra un romanzo occultistico e l'altro (in Italia non facilmente trovabili), opere teatrali, musical e finisce esportato negli Stati Uniti dove Howard Philips Lovecraft non tarderà molto a eleggerlo quale maestro indiscusso nel suo L'Orrore Soprannaturale nella Letteratura. "Nessuno ha mai raggiunto la sua maestria con cui accumula, dettaglio su dettaglio, effetti e percezioni che dalla realtà conducono a un'esistenza o una visione soprannaturali" scrive la penna di Providence.
Ribattezzato nell'ambiente letterario Lo Spettro, ovvero The Ghost Man, viene arruolato nella prima guerra mondiale (secondo altre fonti nella seconda) in qualità di agente segreto al servizio di Sua Maestà in quanto abile alpinista e appassionato di sci.
Dal 1934 passa a lavorare in radio e dal 1938 in televisione. Sfugge a un missile V2 precipitato sulla sua abitazione durante la seconda guerra mondiale, sorte simile al corrispettivo collega italiano Libero Samale (Frank Graegorius). E' inoltre ricordato per essere stato il primo volto britannico ad apparire in televisione, nel 1950, durante le trasmissioni sperimentali della BBC nell'atto di parlare di fantasmi durante un programma mandato in onda nella notte di Halloween a cui faranno seguito altre puntate raccolte sotto il titolo Le Storie del Sabato Notte. Muore l'anno dopo a Londra, all'età di ottantadue anni, per una trombosi celebrale.
Mike Ashley nel 2001 gli dedicherà una biografia intitolata The Starlight Man: The Extraordinary Life of Algernon Blackwood.
Una considerazione finale su alcuni aspetti post produttivi, diciamo così. Interessante chiedersi, non che lo facciano molti, la natura del nome che Blackwood ha scelto per il suo personaggio. Sul punto è apprezzabile l'analisi che fa Flavio Santi secondo il quale, a mio avviso a ragione, il nome potrebbe richiamare il tema del silenzio iniziatico, il famoso Silentium. Santi però propone anche altre soluzioni, come una scelta ricollegabile allo pseudonimo del filosofo Kierkegaard ovvero Johannes de Silentio.
Un altro enigma è quello costituito dalla dedica apposta a inizio opera dall'autore: "a M.L.W, il vero John Silence nonché compagno di mille avventure." E' probabile che si tratti del nome in codice usato da un collega di studio all'interno dell'organizzazione segreta di cui faceva parte Blackwood. Santi non riesce a sciogliere il mistero, in altri nemmeno si interrogano seriamente al riguardo. Difficile pensare, ma non impossibile, che Blackwood abbia voluto solleticare la fantasia dei lettori insinuando nelle loro menti la possibile esistenza di un personaggio come il Silence, così da amplificare il fascino delle storie narrate. Difficile, lo abbiamo detto, ma tutt'altro che impossibile.
C'è poi la storia relativa alla divulgazione dell'antologia che, abbiamo più volte detto, esce in Inghilterra nel 1908 e viene ristampata dal suo autore nel 1942, preceduta da una prefazione dallo stesso curata. Proprio in quell'anno esce al cinema, per la regia di Jacques Torneur, un film vagamente ispirato ad Antichi Sabba che viene intitolato Cat People (Il Bacio della Pantera in Italia). Il film avrà un remake nel 1982 con Nastassja Kinski, per la regia dello sceneggiatore di Martin Scorsese ovvero Paul Schrader, reduce dallo script di Toro Scatenato e prossimo a scrivere Mosquito Coast. Da molti viene considerato come un chiaro omaggio a Blackwood, ma chi ha letto il racconto non tarderà a comprendere quanti pochi siano i punti di contatto.
In Italia il testo arriva tardissimo, con ritardo oserei dire scanadoloso, per merito della piccola ma sempre attenta al fantastico Fanucci Editore che lo fa uscire col titolo John Silence, Investigatore dell'Occulto. Nel testo, forse per limiti di spazio, vengon proposti solo cinque dei sei racconti. A esser tagliato è Una Vittima dello Spazio Superiore, pubblicato poi l'anno successivo in un'altra antologia interamente dedicata a Blackwood intitolata Colui che Ascoltava nel Buio. La mancanza non viene colmata dalla ristampa di dodici anni dopo. Solo 2010 (a oltre cento anni dall'uscita del testo inglese), grazie alla Utet, i sei racconti saranno finalmente riuniti in un testo accompagnati da due omaggi, definibili bonus track, con Jim Shorthouse protagonista. Il resto è storia recente, non mi resta che invitarvi a conoscere la narrativa di Blackwood partendo proprio dal suo celebre detective in grado di fare scuola e proselitismi nel campo della narrativa del terrore.
Ps: leggo e dunque riporto per completezza, dalla voce autorevole di Andrea Bonazzi, che sarebbero state pubblicate in Italia altre tre antologie in cui erano inseriti però tre dei racconti della serie. Dalle testuali parole di Bonazzi sarebbe uscita una prima antologia a cura Fratelli Bocca Editori, nel 1946; un'edizione del Gattopardo Editore nel 1972 e una riproposizione di questa a cura de La Bussola Editrice nel 1978. I tra racconti interessati da questi volumi sarebbero stati A Phisical Invasion, Ancient Sorceries e Secret Worship.
Personalità alquanto turbolenta, verrebbe da dire, guardando il suo curriculum. A tal riguardo, pur avendo molti amici, non si farà mai una famiglia propria. Nasce nel Kent, a Shooter Hill, nel 1869 e viene subito castrato nel suo sviluppo da un'educazione evangelica che lo porta a esser tenuto lontano dai tipici svaghi dell'epoca. Tutte le distrazioni provengono dal regno del maligno gli metton in testa i genitori. Il padre è un segretario finanziario delle poste oltre che Cavaliere dell'Ordine del Bagno, mentre la madre ha origini nobiliari. Viene mandato a studiare in giro per l'Europa, in Germania, Francia e Svizzera. Nella prima parte di vita però, al di là di interessarsi alla cultura orientale e all'induismo (suscitando il disprezzo della famiglia), non dimostra grandi talenti se non la passione per il violino (farà anche l'istruttore). Ricordato come un fine umorista e un grande oratore, passa i primi trent'anni all'avventura più assoluta, spesso anche perché mal consigliato e truffato da approfittatori di turno. Emigra in Canada, poi a New York dove vive passando dall'impiego di giornalista presso il Times a quello di albergatore con fallimenti continui che lo portano addirittura a vivere di espedienti, finendo a fare persino il modello per pittori, l'attore teatrale e l'operaio in un saponificio. Tenta addirittura di improvvisarsi pioniere partecipando alla corsa dell'oro nelle lande del far west. La svolta avviene quando il banchiere James Speyer lo assume come suo segretario. Blackwood ha già trent'anni ed è praticamente sconosciuto sia come scrittore che, quasi del tutto, come giornalista. Ritorna in Inghilterra e compie quel passo che lo trasformerà in uno dei maestri più acclamati della narrativa fantastica. Col nome di fratello Umbram Fugat Veritas, ovvero la realtà disperde l'ombra, entra a far parte dell'Ordine Ermetico della Golden Dawn dove farà la conoscenza di un humus letterario di prima classe che lo convincerà a mettere nero su bianco le sue idee e la sua fantasia. Blackwood fa così tesoro dell'esperienza di vita vissuta, per i boschi del Canada, per esaltare l'immanenza della natura sull'insignificanza e l'arroganza dell'uomo, credendo fermamente nell'ignoto. Conseguenziale diviene così la compenetrazione tra fantasia e insegnamenti esoterici che vengon traslati dalle pratiche iniziatiche per confluire in narrativa divenendo un unicum affascinante e di immediato successo. Non scrive subito però, rimane per alcuni anni in fase di apprendimento e quando decide di passare all'azione lo fa subito con decisa presa di pubblico. La sua prima opera è una raccolta di novelle che va sotto il titolo La Casa Vuota e altre Storie di Fantasmi - The Empty House and Other Ghost Story (1906) che vede la luce grazie all'iniziativa di un amico che decide di presentare questi scritti a un editore che ne resta favorevolmente impressionato. Appena un anno dopo esce la novella Colui che Ascoltava nel Buio (1907) sempre afferente al tema fantasmi. Blackwood è poi abile a modernizzare la tematica classica dei fantasmi, spiriti maligni, diavoli, licantropi e mummie portando sul piano fantastico, col John Silence, Phisician Extraordinary, la figura lanciata dal "compagno di scuderia" Conan Doyle, altro affiliato all'Ordine, del detective Sherlock Holmes. Non è il primo a farlo, prima di lui, al di là dei tentativi non centrali di Le Fanu e di Stoker (con i loro Hesselius e Van Helsing), ci aveva già provato Matthew Shiel (il Principe Zaleski) e gli Heron con il loro poco conosciuto Flaxman Low. E' però nel 1908 con il John Silence che la figura viene effettivamente sdoganata nel fantastico e subito presa a modello da William Hope Hodgson, due anni dopo, col suo Carnacki. Torneremo di seguito su questo personaggio. In particolare il personaggio di Blackwood, come avremo modo di delinearlo di seguito, deve molto a Sherlock Holmes sia per il suo essere londinese, sia per le notevoli capacità di osservazione sia per esser spesso coadiuvato da un assistente. A differenza di Holmes, però, il Silence è un vero e proprio occultista dotato di poteri che vanno oltre al comune poliziotto, in più è laureato in medicina ed è un benestante di famiglia.
Blackwood insiste facendo uscire, nel giro di pochi anni, altri racconti che faranno scuola come I Salici (1907) e Il Wendigo (1910), tutti testi in cui le descrizioni, costruite in modo lento per portare il lettore dalla realtà alla fantasia in modo graduale e progressivo, sono centrali e hanno la funzione di suggestionare il pubblico cui sono destinate togliendogli il fiato non solo per la tensione ma anche per la bellezza scenografica. Opere dove la natura si trasforma, di fatto, in divinità (o comunque in forza trascendentale) e dove l'invisibile grava sulla piccolezza dell'uomo, spesso e volentieri arrogante e ignorante comparsa di un contesto in cui crede di esser protagonista. Sono questi i migliori anni del Blackwood scrittore che, nel frattempo, si mette anche a scrivere, tra un romanzo occultistico e l'altro (in Italia non facilmente trovabili), opere teatrali, musical e finisce esportato negli Stati Uniti dove Howard Philips Lovecraft non tarderà molto a eleggerlo quale maestro indiscusso nel suo L'Orrore Soprannaturale nella Letteratura. "Nessuno ha mai raggiunto la sua maestria con cui accumula, dettaglio su dettaglio, effetti e percezioni che dalla realtà conducono a un'esistenza o una visione soprannaturali" scrive la penna di Providence.
Ribattezzato nell'ambiente letterario Lo Spettro, ovvero The Ghost Man, viene arruolato nella prima guerra mondiale (secondo altre fonti nella seconda) in qualità di agente segreto al servizio di Sua Maestà in quanto abile alpinista e appassionato di sci.
Dal 1934 passa a lavorare in radio e dal 1938 in televisione. Sfugge a un missile V2 precipitato sulla sua abitazione durante la seconda guerra mondiale, sorte simile al corrispettivo collega italiano Libero Samale (Frank Graegorius). E' inoltre ricordato per essere stato il primo volto britannico ad apparire in televisione, nel 1950, durante le trasmissioni sperimentali della BBC nell'atto di parlare di fantasmi durante un programma mandato in onda nella notte di Halloween a cui faranno seguito altre puntate raccolte sotto il titolo Le Storie del Sabato Notte. Muore l'anno dopo a Londra, all'età di ottantadue anni, per una trombosi celebrale.
Mike Ashley nel 2001 gli dedicherà una biografia intitolata The Starlight Man: The Extraordinary Life of Algernon Blackwood.
ALGERNON BLACKWOOD
Veniamo ora a parlare del John Silence, probabilmente uno dei
personaggi più famosi nati dalla penna di Blackwood ma non per
questo abusato o sfruttato dal suo creatore. A differenza di Conan
Doyle, Blackwood non proporrà più il suo celebre detective
dell'occulto dopo l'uscita della prima antologia data alle stampe nel
1908. La sua sarà una vera e propria scelta deliberata, cosa che
invece non succederà con William Hope Hodgson che non pubblicherà
altre storie del suo Carnacki perchè semplicemente deceduto, poco
dopo, sul terreno di battaglia, in Belgio, durante uno dei tanti
conflitti della prima guerra mondiale. Nonostante l'uscita di una
sola antologia, tuttavia, il John Silence è ricordato, in via
simbolica piuttosto che reale (lo abbiamo già detto sopra), come il
primo vero detective impegnato con serialità in storie del
paranormale, vero e proprio ispiratore (pur se con profonde
differenze) del “nostro” Dylan Dog al punto che
nell'edizione a cura di Flavio Santi, per UTET, compare svariate
volte l'esclamazione “Giuda ballerino”. Conseguenziale
dunque il ragionamento che porta a fare da ponte storico tra i due
personaggi (col secondo nato a distanza quasi di ottanta anni). La
sensazione è che si sia trattato di un vero e proprio omaggio del
curatore, piuttosto che una fedele traduzione dall'originale ma
questo rimane marginale e non cambia la sostanza dei fatti.
Per delineare il personaggio, stante la diversa struttura e
realizzazione dei vari racconti (contrariamente a quelli del Carnacki
che si avviano sempre alla medesima maniera), sono determinanti il
primo e l'ultimo racconto dell'antologia, quantomeno stando
all'ordine di presentazione proposto da Santi. Ne Un'Invasione
Paranormale ovvero A Psychical Invasion viene fornito
il vero e proprio profilo del personaggio di cui il lettore si
accinge a leggerne le gesta, spesso e volentieri (ma non in via
esclusiva), narrate dal suo fedele assistente (retaggio di Conan
Doyle). John Silence, come il corrispettivo Sherlock Holmes, viene
giudicato dagli amici come un eccentrico o un cane sciolto, per le sue abitudini
e la sua grande capacità deduttiva, ma soprattutto per il suo procedere in modo bizzarro e del tutto sconnesso alle ambizioni della vita comune. Lo spirito di osservazione e la
profonda conoscenza dell'animo umano, nonché la capacità di leggere
il linguaggio corporeo, non sono le uniche capacità di questo
personaggio. Sparito dal mondo per cinque anni, dove sembra sia
andato in Oriente, il Silence, poco più che quarantenne, è un vero e proprio sensitivo che
conosce l'arte della magia, anche senza darlo troppo a vedere come fa
invece il suo collega Carnacki. Alto, con mascelle volitive e una barba nera a renderlo enigmatico al punto giusto, ma soprattutto dai modi gentili, flemmatici tale che in pochi, come dice Blackwood, "avrebbero sospettato dell'energia che gli bruciava dentro come un'immensa fiamma." Appare dunque molto più
professionale del Carnacki, con un modo di fare per niente
smargiasso e assai più riservato rispetto a Sherlock Holmes. Non va
cioè in giro a lodarsi o a recitare formule magiche riprese da testi
più o meno eretici, né ricorre ad amuleti o alla preghiera. Agisce
soprattutto a livello mentale o compie atti senza spiegarne la fonte
di ispirazione. Questo non deve però portare a reputarlo un mero
intellettuale che lavora solo con la mente e risolve i casi, per così
dire, dalla poltrona (mi viene in mente una battuta inserita in Uno
Studio in Rosso di Doyle). No, signori. Anche il Silence è un
uomo d'azione e lo si vedrà correre per boschi e lande in piena
notte, alla caccia di entità vomitate dall'altrove o da dimensioni
non riconducibili alla tridimensione. Così, al riguardo, si esprime
Hubbard, il suo assistente semi-chiaroveggente: “Avevo già
avuto esperienza dell'abilità del mio compagno nella corsa in un
bosco fitto, e adesso avevo un'ulteriore prova della sua capacità di
vedere al buio... Compresi allora quale sensibilità speciale è
quella sviluppata dai ciechi: la percezione degli ostacoli.”
Pur essendo uno dal grande coraggio e d'azione, il Silence non ha
bisogno di armi (intese quelle atte a offendere in un conflitto
bellico) essendo le stesse del tutto inutili contro certe forze. Il suo è un continuo allenamento fisico, mentale e spirituale. A
differenza di Holmes, a cui è accomunato dalla passione per le
materie scientifiche (John Silence è addirittura un medico, mentre
il collega è uno studioso un po' di tutto senza avere laurea), il
Silence non riceve alcun compenso per i suoi incarichi (“sosteneva
che a pagare dovessero essere i ricchi, mentre i più poveri dovevano
godere dell'assistenza gratuita” quando si dice un detective di
sinistra, ndr... quelli che però più lo interessavano erano "i lavoratori sottopagati, spesso amanti delle arti, che non potevano permettersi una parcella corrispondente a una settimana di lavoro magari solo per sentirsi dire di fare un viaggetto") e viene ingaggiato sempre da persone che sono
in difficoltà per disturbi psichici non riconducibili alla medicina
che potremmo definire razionalista. Non interviene dunque su casi di
omicidi su invito della polizia che brancola nel buio, ma in casi che
sconfinano dalla realtà pragmatica per varcare il sottile confine
celato da quelle nebbie che rispondono al nome di ignoto. In questo è
molto simile al successivo Carnacki di Hodgson. I casi del Silence
però non sono mai macchinazioni ordite da qualcuno per acquisire
vantaggi venali (come avviene spesso con Hodgson), ma sono sempre
flagellati dall'irruzione dell'occulto nella banalità quotidiana.
Sono solo questi i casi su cui Silence sceglie di lavorare, andando in giro in mezza Europa (Svezia, Germania, Francia e Inghilterra), in caso
contrario dichiara di non essere interessato alla soluzione del caso.
Questo avviene perché Silence non vive del proprio lavoro, essendo
già ricco sfondato. Il suo dunque è più un lavoro di sfizio, quasi
fosse uno studioso che deve fare una tesi di laurea o un accademico
alla ricerca delle conferme sulle proprie tesi. Nel primo racconto,
dove Blackwood si contraddice, si legge che il dottore non dispone di
un laboratorio né di veri segretari, né ricorre a una metodologia
strettamente professionale. Ho scritto che si contraddice perché
nell'ultimo racconto la storia si svolge proprio nello studio del
dottore (unica delle sei) con un cliente che arriva senza
appuntamento e pretende di ricevere un consulto. Sto facendo cenno a
Una Vittima dello Spazio Superiore – A Victim of
Higher Space – indubbiamente, per farmi intendere, il racconto
più dylandoghiano del testo. Blackwood dunque si sbugiarda da solo e
caratterizza nei minimi dettagli lo studio del Silence, qua assistito
da un maggiordomo diverso dal suo assistente esterno. “C'erano
due distinte stanze per gli ospiti. Una (per le persone che pensavano
di avere bisogno di un'assistenza spirituale quando in realtà erano
candidati al manicomio) aveva le pareti imbottite ed era fornita di
svariati strumenti nascosti per affrontare e dominare un improvviso
accesso di violenza. L'altra, invece, studiata per raccogliere casi
autentici di stress spirituale e insolite manifestazioni di natura
psichica o paranormale”. Questo tanto per cominciare. Inoltre
Blackwood spiega come Silence abbia accessoriato queste stanze.
Scopriamo infatti che nella seconda stanza, di fatto una stanza di
attesa, è stato praticato uno spioncino aperto in una delle pareti
in modo che il dottore possa studiare il cliente prima di riceverlo
(“un uomo seduto da solo presenta una sua espressione psichica,
e questa espressione è l'uomo stesso. Essa scompare nel momento in
cui un'altra persona lo raggiunge”) così da farne un primo
screening. In un secondo momento poi, dunque un metodo c'è e come,
Silence entra nella stanza e interroga l'ospite facendolo accomodare
su una poltrona inchiodata al suolo (per impedirgli la libertà di
movimento e tenerlo concentrato), con la possibilità di azionare dei
comandi per il rilascio di aromi che si liberano dalle mura con anche
la possibilità di scegliere il rilascio di narcotici. Dunque vediamo
che, in realtà, l'organizzazione c'è e in modo molto professionale
e calibrato. Silence lascia poco al caso e, un po' come Holmes,
arriva alla soluzione del caso prima ancora che si sbrogli l'intero
bandolo della matassa. Chiarito con chi si ha a che fare, passiamo ora
alla sei storie, non prima di aver fatto cenno al suo approccio: "La chiave di volta del suo potere consisteva nel sapere che il pensiero può agire a distanza e, in secondo luogo, è dinamico e può ottenere risultati concreti. Imparate a pensare, avvertiva, e attingerete il potere dalla sorgente."
Abbiamo già detto che i sei racconti proposti della serie sono molto
diversi tra loro non solo per i contenuti ma anche per la loro
struttura. Di lunghezza molto eterogenea, si va dal racconto breve
alla vera e propria novella di lunghezza superiore alle cento pagine;
divergono anche per la loro impostazione di partenza. Alcuni di essi,
i più lunghi, costituiscono narrazioni fatte dal non sempre presente
assistente mister Hubbard, altri invece sono in terza persona. In
alcuni casi John Silence appare quando la storia è già ben
inoltrata in avanti nel suo corso, in un caso appare addirittura alla
fine. Dunque grande variabilità che rende ovviamente molto piacevole
un'antologia che altrimenti, come succede a esempio col Carnacki,
avrebbe rischiato di ripetersi divenendo stucchevole (termine che
metto deliberatamente a rimembranza di certe critiche disintegratesi
sul muro dell'evidenza). La bravura di Blackwood sta poi nel
modernizzare tematiche classiche, riplasmandole e, in alcuni casi,
dando vita a visioni, penso di poter dire, originali. Ne è un
esempio Un Licantropo in Campeggio, meglio conosciuto
come The Camp of the Dog. In questa novella, dallo sviluppo in
verità a mio avviso troppo lento, Blackwood riscrive la figura del
licantropo miscelandola alla tematica del corpo astrale. Ne deriva un
soggetto all'apparenza molto classico costruito sulla tematica tanto
cara all'autore, ovvero quella della potenza di un ambiente selvaggio
lontano dalla vita urbana e immerso nella più viva (anche se nel
testo viene definita morta) vegetazione che riesce a modificare nel
profondo gli uomini che si trovano a dover fare i conti con lo
stesso. Blackwood costruisce così la storia su tre tematiche che
confluiranno in una. Silence giunge solo verso la fine, chiamato dal
suo assistente che è il protagonista iniziale della vicenda ma è
incapace di sbrogliarla. L'uomo, insieme ad alcuni amici, parte per
un periodo di vacanza in Svezia, dove vive in mezzo ai boschi in un
campeggio di fortuna collocato in un'isola dove non vi è traccia di
animali. Tutto procede con spensieratezza almeno fino a quando un
insolito lupo non verrà a fare visita al campo. Non scendo nel
merito onde evitare di spoilerare, ma il lettore si accorgerà di
come Silence, in modo del tutto originale, arriverà a dimostrare che
la licantropia è un fenomeno meramente psichico. Il “mostro”
infatti non è da intendersi, in questo caso, come una creatura
maligna riconnessa a riti magici o a maledizioni scagliate da esseri
malevoli, piuttosto un veicolo di passioni, emozioni e desideri
repressi, personificatesi e liberatesi dall'uomo che vanno a
rappresentare, svincolandosi dal sonno dello stesso. In altre parole il
licantropo diviene una creatura interiore partorita dal subinconscio
che si tramuta in carne e ossa nel sonno, quasi come in un sogno o in
un incubo, ma che, anziché restare confinato nella testa del suo
autore, va fuori e interagisce con le creature che han diritto di
stare al mondo. A motivare il tutto, nella fattispecie, un amore
apparentemente non condiviso ma nel profondo voluto da entrambi i
soggetti coinvolti. Blackwood dimostra, non è il solo caso, una
natura romantica spesso riscontrabile negli scrittori di fantastico e
del terrore (potrebbe essere un controsenso ma invece è del tutto
normale, poiché la sensibilità è sempre la massima caratteristica
di un narratore del terrore). Testo dunque molto bello nel soggetto,
ma portato avanti in modo lentissimo con dilungamenti talvolta noiosi
(a mio modo di vedere) nelle caratterizzazioni dei personaggi. “Il
lupo è un fatto psichico di grande importanza, per quanto durante le
epoche buie si sia esagerato con le assurde fantasie di contadini
superstiziosi, visto che il lupo non è nient'altro che l'istinto
selvaggio di un uomo passionale che esplora il mondo con il suo corpo
fluido” così spiega Silence.
Se con Un Licantropo in Campeggio Blackwood modernizza la
tematica licantropia, in Antichi Sabba (Ancient
Sorceries) torna sul classico, con gli unguenti necessari per
trasformarsi da uomini in animali, ma lo fa andando ancora una volta
a modernizzare la figura lavorando, questa volta, su un altro
versante. Introduce cioè i gatti o le pantere mannare, in quello
che è, a mio avviso, il capolavoro della raccolta. Silence, nella
fattispecie, è quasi assente nella vicenda, partecipa solo in un
secondo momento per indagare sul racconto che il protagonista dei
fatti gli rivela. Ancora una volta si intrecciano svariate sotto
trame come quella del treno che si ferma in una località ai limiti
tra il sogno/incubo e la realtà, quella della licantropia diabolica
e quella della reincarnazione e, più centrale di tutte, della
stregoneria. Il protagonista, un viandante inglese che vaga per la
Francia, decide di scendere dal treno su cui si trova, perché
infastidito dall'accalcamento che ha intorno. Suo malgrado finisce
ospite di una sconosciuta cittadina dove le persone si comportano
come gatti e dove, a poco a poco, si troverà sempre più legato,
incapace di allontanarsi, specie quando farà conoscenza di una
giovane diciassettenne figlia della padrona della locanda in cui è
alloggiato. Vivrà così un'esperienza soggettiva, così la
qualificherà a posteriori John Silence, in cui si troverà a
rivivere le emozioni di un suo lontano passato che lo ha visto
partecipe a sabba presieduti da Satana, con streghe e stregoni capaci
di trasformarsi in gatti, dopo essersi spalmati sulla pelle dei
diabolici unguenti. L'esecuzione del testo, mai noioso, è di una
perfezione magistrale e costringe il lettore a leggere senza
staccarsi dal racconto. Emerge il consueto stile dell'autore
caratterizzato dalla cura nella descrizione degli ambienti e dal suo
lento procedere, impreziosito da poetici tocchi di penna in un mix
tra romanticismo e perversità malata dove non mancano splendidi
ammiccamenti erotici. Lo definirei quasi un racconto multi sensoriale
dove i cinque sensi (e anche il mezzo alla Dylan Dog) vengono
stimolati al massimo. Spettacolare la parte finale, con la
trasformazione di tutti i cittadini, per la sua impressionante forza
visiva. Per dare l'idea è come assistere a un'esplosione di luce
lunare che si fa strada nel buio fitto dell'abisso della notte,
dettando la via alle creature che seguono il canto del male che
riecheggia nella vallata. Capolavoro, c'è poco da aggiungere. Uno
dei più bei racconti sulla tematica che riconferma la verve
romantica dell'autore che, ancora una volta, scende
nell'introspettivo: “La vita reale di cui parlo è la vecchia
vita interiore, la vita di tanto tempo fa, la vita cui anche tu un
tempo sei appartenuto e a cui appartieni.”
Più classico, ma costantemente costruito sul filo della tensione, è
La Nemesi del Fuoco (The Nemesis of Fire). Ho
scritto classico, ma anche qua Blackwood miscela più sotto trame. A
quella della mummia unisce una fenomenologia che, ai tempi odierni,
potrebbe esser letta come quella dei foo fighters con
differenze comunque apprezzabili non essendoci aerei da disturbare ma
semplici colonnelli sprovvisti di velivolo. È infatti un militare a
ingaggiare Silence e il suo assistente Hubbard per porre fine agli
strani accadimenti che si verificano nel parco ove ha sede la magione
avuta in eredità dal fratello. L'area, circondata da un fitto bosco,
è oggetto di strani eventi che gravitano attorno a dei globi
infuocati che, in alcuni casi, hanno lasciato delle lunghe strisce
affumicate sui muri e che ondeggiano in aria anche all'altezza degli
alberi. Attraverso un esperimento che prevede l'uso del sangue,
Silence riesce a far manifestare la forza occulta che ricorre a un
elemento igneo per funestare la vita dei residenti. Silence definisce
così questi elementi: “sono forze attive oltre i soliti
elementi, terra, aria, acqua o fuoco, nella loro natura essenziale
sono impersonali, ma possono essere messi a fuoco, incarnati, animati
da coloro che sanno come fare, attraverso le pratiche magiche... Da
soli questi elementi ciechi possono compiere ben poco, ma guidati e
diretti dalla volontà esercitata di un potente manipolatore possono
diventare importanti forze per il bene o il male. Sono la base di
tutta la magia.” Nella fattispecie dietro a tutto ci sarebbe
una maledizione scaturita a seguito della profanazione di una mummia
e al relativo furto dello scarabeo sepolto con la stessa. Tale
sacrilegio avrebbe infatti liberato l'elemento igneo programmato da
un mago per punire chi avesse osato disturbare la pace eterna della
mummia. Bellissimo racconto, pur se lento, con una prima parte
introduttiva, una seconda all'insegna dell'azione tra i boschi alla
caccia di una creatura invisibile. A seguire una terza esoterica e
occulta che ha l'esperimento magico di evocazione come perno su cui
ruotare il tutto, per chiudere con un epilogo claustrofobico tra i
cunicoli scavati nella sabbia, sottoterra, con la terra che cade ed è
sempre sul punto di chiudersi sui tre protagonisti per ingoiarli
nelle sue viscere. Meno affascinante di Antichi Sabba, ma
probabilmente il racconto che gioca di più sulla tensione e sul
mistero.
Molto divertente e veloce il racconto che chiude l'opera ovvero Una
Vittima dello Spazio Superiore, con cui Blackwood – lo
abbiamo già detto – mostra al suo pubblico il laboratorio di
Silence e lo mette al cospetto di una storia dylandoghiana. Silence
sarà infatti chiamato ad aiutare un cliente, quasi un alter ego del
dottore oserei dire (in grado anche di leggere nella mente delle
persone), che, grazie a un lungo studio e alla capacità di
rimembrare i ricordi di una precedente vita (ancora il sotto tema
della reincarnazione), riesce a superare il limite del mondo
tridimensionale entrando nelle dimensioni ulteriori. Blackwood qua si
apre a un'analisi della realtà costruita su scala multidimensionale,
ma limitata, per gli uomini, alle tre dimensioni. Il protagonista, un
po' come in un successivo lavoro di Lovecraft, riuscirà a varcare
questo limite non avendo però il pieno controllo delle chiavi (tra
cui la musica, concetto già usato da Leslin Allin Lewis sul tema)
che consentono di aprire il passaggio dalla c.d. realtà all'altrove
(che è anch'esso realtà, nella fattispecie) e di farvi ritorno.
Esilaranti i passaggi col cliente che scompare nella nulla sotto gli
occhi di un esterrefatto Silence, mentre quest'ultimo prova a tenerlo
saldo tra le sue mani.”Lo spazio superiore esiste e il nostro
mondo confina con esso e su di esso parzialmente giace, ne consegue
necessariamente che noi vediamo solo parti limitate di tutti gli
oggetti. Non vediamo mai la loro forma autentica e completa. Vediamo
le loro tre dimensioni, non la quarta.”
La precedente versione a cura
FANUCCI.
Inferiori, secondo me, gli altri due racconti. Classico Culti
Segreti dove spicca solo la componente melanconica
dell'adolescenza con lo stesso Blackwood che, forse, ricorda i suoi
passati di studente lontano da casa e immagina di rifare ritorno nei
luoghi di studio. Ex studente inglese torna nella campagna tedesca
per visitare il paesino presso il quale ha studiato molti anni prima.
Si tratta di una scuola religiosa. Deciso a salutare i suoi vecchi
maestri vivrà, anche lui, un'esperienza soggettiva tra le mura
decadute del convento tra i vecchi maestri che lo accoglieranno come
uno di loro, tramando però di sacrificarlo al demonio in ossequio
alle loro pratiche segrete. John Silence, di passaggio in zona,
riuscirà a intromettersi nel sogno/incubo del protagonista e a
liberarlo dal concreto pericolo costituito da un'esperienza al
confine tra il sogno e la realtà. Al risveglio, il protagonista si
renderà conto che della sua vecchia scuola, in realtà, non resta
altro che un cumulo di rovine. Il suo sogno però è stato molto
pericoloso perché qualora non fosse intervenuto Silence avrebbe
perso la propria anima trasformandosi in un automa. Anche se non
detto, viene ribaltato e riproposto sotto altra lente il tema del
corpo astrale. Bizzarrissimo, soprattutto per la natura del cliente
del dottore, Un'Invasione Paranormale. Lo abbiamo già
detto, è il racconto in cui l'autore traccia il profilo del suo
detective per poi farlo entrare in azione a esorcizzare uno spirito
maligno che ha preso possesso della casa di uno scrittore satirico
che ha però perso la sua verve comica. Ancora una volta Blackwood
rende personalissime le sue storie. A fungere da catalizzatore è
l'utilizzo di una sostanza allucinogena, la Cannabis Indica,che
viene assunta da questo scrittore per aumentare la propria verve
comica. Una sorta di doping creativo, per intenderci. Uno degli
effetti di questa droga è infatti il provocare un riso
irrefrenabile. La sostanza produce l'effetto voluto, ma apre anche le
porte a quelle che John Silence definisce le “forze di un'altra
regione” mettendo in contatto, involontario, lo scrittore con
gli spiriti che popolano l'invisibile. Tormentato dalle strane figure
che vagano per l'abitazione e che sono riconnesse al precedente
affittuario (ovviamente deceduto e votato al male), lo scrittore
oltre a perdere la propria arte comica cade in una paranoia che lo
conduce alle porte della follia. È la moglie di quest'ultimo a far
sì che il caso finisca sulla scrivania di John Silence, che
interviene in via diretta per esorcizzare la casa. Ad aiutarlo, nel
frangente, non c'è il fido Hubbard, ma un cane e un gatto in vesti di
inconsapevoli assistenti. “Tutti gli scrittori umoristici
meritano di essere aiutati, non possiamo permetterci di perderne
nemmeno uno in questi tempi sciagurati” commenta Silence.
Racconto piuttosto classico che ispirerà Hodgson. Silence agisce
però con i suoi poteri mentali, senza armi o amuleti. Blackwood
divide in due il racconto. Nella prima parte, dopo aver introdotto il
personaggio del John Silence, il protagonista viene notiziato circa i
fatti che hanno portato il cliente a imbattersi con l'occulto. Nella
seconda parte invece abbiamo l'intervento diretto del detective e la
soluzione del caso grazie al ricorso delle formule e della ritualità
dell'alchimia spirituale. In pericolo però, avverte Silence ancora a
sottolineare il tema della vita successiva a quella conosciuta dai
comuni mortali, non è il presente (ovvero l'esistenza fisica), ma la
vita interiore, quella psichica (argomento ritornante come abbiamo
visto) capace di abbandonare il corpo mortale e di sopravvivere allo
stesso ma anche di subire danni, ovvero contaminazioni, nella vita terrestre
da cui non è poi possibile lavarsi in un secondo tempo. Ne deriva
una visione trascendente, che accenna risposte alle domande relative
al senso della vita ultraterrena, peraltro comune a una data cerchia
di autori di narrativa fantastica con la “F” maiuscola. David
Punter, nel suo monumentale Storia della Letteratura del Terrore,
scrive, a ragione, che in Algernon Blackwood “il regno del
soprannaturale è accettato come esistente”. Vi è dunque una
credenza effettiva, il fantastico non viene visto come un mero gioco o una metafora
su cui traslare aspetti della vita, per così dire, materiale. Nel
volume della Edipem de Maestri della Letteratura Fantastica si
accenna quanto in Blackwood vi sia una convinzione marcata circa la
possibilità di ampliare le facoltà umane e gli strani poteri che
dormono nell'uomo. Lovecraft (razionalista e scettico circa
l'effettiva esistenza del mondo del paranormale) parla invece,
pensando a Blackwood, di un universo irreale (l'inglese, come
abbiam detto, non lo avrebbe chiamato così) che preme di continuo
sul nostro. Il solitario di Providence non fa poi giri di parole
nell'esprimere il suo giudizio sulle qualità del collega: “Blackwood
è il più grande e indiscusso maestro nel creare un'atmosfera
soprannaturale... più di ogni altro capisce come certe menti
sensibili possono indugiare ai confini del sogno, e quanto illusoria
sia la distinzione tra le immagini create dagli eventi reali e quelle
stimolate invece dal gioco della fantasia”. Per quel che mi
riguarda sostituirei la parola fantasia e aggiungerei "dalle
interferenze che sfuggono alle leggi umane e che trovano sede oltre
alle dimensioni percepibili con i nostri (limitati) cinque sensi".
Voglio infine soffermarmi sull'ironia un po' beffarda dell'autore che
mette spesso in relazione la comicità con il terrore. Nell'ultimo
racconto analizzato scrive che “dietro il comico si cela sempre
la paura. Un terrore travestito con la maschera da pagliaccio, che
trasforma l'uomo nel campo di battaglia di due emozioni opposte,
armate per lottare fino alla morte.” Sulla stessa falsa riga,
in modo forse anche un po' blasfemo, chiude il racconto Un
Licantropo in Campeggio scrivendo: “E per enfatizzare
l'eterna vicinanza di commedia e tragedia, due piccoli dettagli
spuntarono sulla scena e mi impressionarono così tanto che li
ricordo ancora come fosse ieri. Nella tenda dove avevo appena
lasciato Joan, tutta tremante della nuova felicità, mi arrivarono
all'orecchio i rumori grotteschi di Lupo di Mare che stava russando,
ignaro di tutto quanto, e dalla tenda di Maloney mi giunse il
monotono alzarsi e abbassarsi di una voce umana: era un uomo che
pregava il suo Dio.” Fu così, mi verrebbe da aggiungere prendendomi una licenza narrativa, che dietro il sudario che prende le forme del mantello della copertina scelta dalla Utet, si levò una risata, ma fu difficile per tutti capire se di scherno o di divertimento o forse, più a tema col tutto, di diabolica complicità.
La copertina del film ispirato, vagamente,
ad ANTICHI SABBA,
uscito nel 1942 per la regia di
Jacques Torneur
propio quando Blackwood ripubblicò
una nuova versione dell'antologia.
Una considerazione finale su alcuni aspetti post produttivi, diciamo così. Interessante chiedersi, non che lo facciano molti, la natura del nome che Blackwood ha scelto per il suo personaggio. Sul punto è apprezzabile l'analisi che fa Flavio Santi secondo il quale, a mio avviso a ragione, il nome potrebbe richiamare il tema del silenzio iniziatico, il famoso Silentium. Santi però propone anche altre soluzioni, come una scelta ricollegabile allo pseudonimo del filosofo Kierkegaard ovvero Johannes de Silentio.
Un altro enigma è quello costituito dalla dedica apposta a inizio opera dall'autore: "a M.L.W, il vero John Silence nonché compagno di mille avventure." E' probabile che si tratti del nome in codice usato da un collega di studio all'interno dell'organizzazione segreta di cui faceva parte Blackwood. Santi non riesce a sciogliere il mistero, in altri nemmeno si interrogano seriamente al riguardo. Difficile pensare, ma non impossibile, che Blackwood abbia voluto solleticare la fantasia dei lettori insinuando nelle loro menti la possibile esistenza di un personaggio come il Silence, così da amplificare il fascino delle storie narrate. Difficile, lo abbiamo detto, ma tutt'altro che impossibile.
C'è poi la storia relativa alla divulgazione dell'antologia che, abbiamo più volte detto, esce in Inghilterra nel 1908 e viene ristampata dal suo autore nel 1942, preceduta da una prefazione dallo stesso curata. Proprio in quell'anno esce al cinema, per la regia di Jacques Torneur, un film vagamente ispirato ad Antichi Sabba che viene intitolato Cat People (Il Bacio della Pantera in Italia). Il film avrà un remake nel 1982 con Nastassja Kinski, per la regia dello sceneggiatore di Martin Scorsese ovvero Paul Schrader, reduce dallo script di Toro Scatenato e prossimo a scrivere Mosquito Coast. Da molti viene considerato come un chiaro omaggio a Blackwood, ma chi ha letto il racconto non tarderà a comprendere quanti pochi siano i punti di contatto.
In Italia il testo arriva tardissimo, con ritardo oserei dire scanadoloso, per merito della piccola ma sempre attenta al fantastico Fanucci Editore che lo fa uscire col titolo John Silence, Investigatore dell'Occulto. Nel testo, forse per limiti di spazio, vengon proposti solo cinque dei sei racconti. A esser tagliato è Una Vittima dello Spazio Superiore, pubblicato poi l'anno successivo in un'altra antologia interamente dedicata a Blackwood intitolata Colui che Ascoltava nel Buio. La mancanza non viene colmata dalla ristampa di dodici anni dopo. Solo 2010 (a oltre cento anni dall'uscita del testo inglese), grazie alla Utet, i sei racconti saranno finalmente riuniti in un testo accompagnati da due omaggi, definibili bonus track, con Jim Shorthouse protagonista. Il resto è storia recente, non mi resta che invitarvi a conoscere la narrativa di Blackwood partendo proprio dal suo celebre detective in grado di fare scuola e proselitismi nel campo della narrativa del terrore.
Ps: leggo e dunque riporto per completezza, dalla voce autorevole di Andrea Bonazzi, che sarebbero state pubblicate in Italia altre tre antologie in cui erano inseriti però tre dei racconti della serie. Dalle testuali parole di Bonazzi sarebbe uscita una prima antologia a cura Fratelli Bocca Editori, nel 1946; un'edizione del Gattopardo Editore nel 1972 e una riproposizione di questa a cura de La Bussola Editrice nel 1978. I tra racconti interessati da questi volumi sarebbero stati A Phisical Invasion, Ancient Sorceries e Secret Worship.
Locandina inglese.
"Il vero chiaroveggente odia il suo potere, perché sa di aggiungere
nuovi orrori alla propria vita ed è perciò di natura triste."
Nessun commento:
Posta un commento