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sabato 19 aprile 2014

JESS FRANCO - Intervista a Pier Paolo Dainelli




Ripropongo una mia vecchia intervista a Pierpaolo Dainelli, pubblicata nel 2010 sulla rivista Braviautori. Ho deciso di pubblicarla anche qua sul mio blog, un po' per omaggiare il recentemente scomparso Jess Franco (su cui ruota l'intero colloquio tra me e Dainelli), un po' perché la ritengo molto interessante grazie all'indubbia competenza dell'intervistato.  Buona lettura.
Nelle foto sopra pubblicate compaiono rispettivamente Jess Franco e Pierpaolo Dainelli, immerso tra gli strumenti del mestiere.

Testo e domande a cura di Matteo Mancini.
Il regista protagonista di questa seconda uscita della rivista “Braviautori – Il Foglio Letterario” è un professionista che ha all’attivo più di 200 film di vario genere e che si contraddistingue per un’anarchia che lo porta a distaccarsi dai canoni tradizionali.
Artista (anche se lui odierebbe questo termine) spesso costretto a girare con budget inconsistenti e con tempi di produzione ristrettissimi, aspetti che ne hanno penalizzato la resa, perseguitato costantemente dalla censura e, negli anni ’70, dal Vaticano.
Sto parlando di Jesus Franco Manera meglio conosciuto come Jess Franco. Per l’occasione ho contattato uno dei più affezionati ammiratori del regista spagnolo, nonché un grande conoscitore del cinema bis (e non solo), cioè il regista/montatore Pierpaolo Dainelli.
Peraltro, proprio grazie a Pierpaolo e alla sua idea “I B-Movie di TVR” ho conosciuto capolavori della filmografia italiana di genere che altrimenti difficilmente sarei riuscito a scoprire. Sono quindi in debito con l’amico Pierpaolo e l’indimenticabile rassegna che conduceva ogni domenica sera in prima serata sulla rete televisiva sopra menzionata.
Per tali ragioni, è per me un enorme piacere poterlo avere qui con noi in questa nostra “chiacchierata” telematica. In questo articolo/intervista, dopo alcune domande che riguarderanno Pierpaolo e il suo amore per i b-movie, ripercorreremo la carriera del regista spagnolo limitatamente ai suoi film di punta con particolare attenzione per le pellicole dalle atmosfere horror.

M.M.: Pierpaolo, se gli amanti di b-movie toscani ti conosceranno di sicuro per le epiche presentazioni dei film che lanciavi in prima serata su TVR, non so se lo stesso si possa dire per gli amici delle altre regioni. Per questo, mi piacerebbe tu potessi parlare della splendida “rassegna” che conducevi su TVR e di come e dove recuperavi i film che poi lanciavi in prima serata. È vero che hai salvato pellicole sul punto di essere definitivamente distrutte, perché abbandonate in magazzini fatiscenti?

P.D: Nella vita ho avuto due amori veri, assoluti: il cinema e la televisione. Nel mio caso questi due media si accomunano, perché fu grazie alle primissime tv private e alla loro programmazione selvaggia che mi innamorai dei film più oscuri della settima arte. Il motivo di questi titoli bizzarri inseriti in palinsesto me lo avrebbe svelato Paolo Salvi, presidente di TVR, molti anni dopo: “Dai cataloghi dei distributori sceglievo solo film vietati e che costavano poco”. Vietati perché sicuramente la Rai non li avrebbe mai mandati in onda e quindi di sicuro appeal per il pubblico. Il fatto che dovevano costare poco non ha bisogno di spiegazioni.
Nei primi anni novanta iniziai a lavorare come montatore e operatore tv ed ebbi modo di collaborare con le maggiori emittenti televisive toscane. Internet, come lo conosciamo oggi, all'epoca era fantascienza: i film più curiosi se volevi vederli dovevi trovarli.
E io all'epoca mi davo molto da fare.... Così tra un lavoro e l'altro mi infilavo in una stanza in cui Paolo Salvi teneva vecchie registrazioni delle prime emissioni di TVR, nella speranza di recuperare qualche film raro. Questo mio curiosare non sfuggì agli occhi attenti di Paolo e di Elisangelica Ceccarelli che mi chiesero delucidazioni.
Spiegai che le notti selvagge in cui TVR mandava in onda film ininterrottamente erano state tra i momenti più felici della mia esistenza e che mi avevano insegnato ad apprezzare film prodotti con pochi soldi, ma con molte idee. Paolo ed Elisa rimasero così colpiti dalla mia passione che mi proposero di andare in video a presentare “I B-movie di TVR”, dove “B” sta per BIS come dicono i francesi: l'altro cinema, quello vero..
Con mia grande sorpresa divenne un programma seguitissimo e sia io che Elisangelica spulciavamo continuamente i cataloghi dei distributori televisivi alla ricerca di titoli sempre più rari e interessanti. E di rarità ne sono venute fuori molte, moltissime. Un grande numero delle tracce italiane che oggi impreziosiscono tanti dvd di film rarissimi provengono proprio da “I Bmovie di TVR” e ne sono molto felice. Nel continuo cercare film da mandare in onda non posso non citare la mitica “signora Franca” della “Programmi Tv” di Milano che costringevo ad andare a cercare i suoi titoli più rari negli angoli più remoti del suo magazzino e lei si faceva una bella risata e mi accontentava sempre. Grazie alla “signora Franca” sono saltati fuori titoli come la versione italiana di “Succubus” di Jess Franco. Un altro personaggio particolarissimo e un gran signore è Paolo Nalotto della “Tele Cine Nord” di Padova. Paolo è perennemente in giro per tutta l'Italia con la sua automobile stracolma di nastri da consegnare o ritirati dalle varie emittenti. Era lui che negli anni ‘70 riforniva di film incredibili una “Telemontecarlo” appena agli inizi. Il catalogo di Paolo è sterminato e grazie a lui ho recuperato film come “Paroxismus” e “De sade 2000” di Jess Franco. Mi ricordo ancora quando andai a trovarlo a Padova ed entrai in uno dei suoi magazzini colpiti dal maltempo; con la morte nel cuore aprivo i box contenenti i nastri dei film e li ritrovavo tutti pieni d'acqua. Ma non mi sono mai dato per vinto, spesso quando i nastri non funzionavano, perché pieni di muffa, mi mettevo all'opera con pazienza certosina e li ripulivo sbobinandoli a mano.


M.M: Ricordo che le tue innumerevoli presentazioni erano ricche di aneddoti e che, da buon appassionato del “dietro le quinte”, ti guardavo, tanto per sentire le curiosità, anche quando il film che stavi per lanciare (per il genere) pensavo non potesse interessarmi. Hai mai pensato di raccogliere tutto questo materiale in una sorta di antologia video, un po’ come ha fatto Bruschini per il cinema western italiano?

P.D.: Non è per falsa modestia che lo dico, ma in video non mi sono mai piaciuto. Le mie presentazioni erano spesso fatte al volo tra un montaggio e l'altro. Inoltre non riesco mai a essere pienamente soddisfatto di niente e quindi non ho mai dato peso alle mie presentazioni e non ne ho conservate nemmeno una; forse, visto l'affetto che ancora le persone mi dimostrano, ho sbagliato.

M.M: Voglio poi ricordare che Pierpaolo ha anche una grande passione per la regia e ha girato cortometraggi e spot pubblicitari. Progetti per il futuro?

P.D.: Ho iniziato a occuparmi di montaggio a diciotto anni e ancora oggi, che ho superato la quarantina, sono sempre lì. Ho realizzato di tutto, dai video sperimentali d'arte alle televendite. L'amore che da bambino avevo per cinema e tv mi ha dato molto: un lavoro e una grande passione. Il progetto che più amo e che ormai seguo da oltre dieci anni è Firenze Festival, una rassegna per il cinema fatto dai ragazzi che ha ottenuto riconoscimenti dall'ONU e dall'UNICEF. Ogni anno per il Firenze Festival
ho l'enorme privilegio di realizzare, insieme agli alunni delle scuole, una decina di cortometraggi. Si tratta di un'esperienza di grande soddisfazione che si conclude al Teatro della Pergola di Firenze alla presenza di oltre mille ragazzi. Quest'anno siamo giunti all'undicesima edizione.


M.M.: Prima di passare al personaggio per cui ti ho contattato, pensi che i “b-movie” possano ritornare in prima serata, come un tempo, oppure ci sono dei problemi?

P.D.: Nessun problema. È solo che non si trovano più film adatti da mandare in onda. “I B-Movie di TVR” avevano un senso nella proposta di film difficilmente reperibili e purtroppo quello che potevamo trovare l'abbiamo trovato e proposto. Per un po' abbiamo continuato con i nostri cavalli di battaglia, ma poi mi sono reso conto che forse era meglio tentare nuove strade. Io credo moltissimo nel web e così ho creato una web-tv che in pratica ripropone “I b-movie di TVR” 24 ore su 24 ed è visibile in ogni parte del globo all'indirizzo www.fantastikatv.tk
Mi è sembrata un'esperienza nuova e l'ho abbracciata con entusiasmo. Inoltre le nuove web-tv permettono agli utenti di interagire e discutere durante la visione di un film.
Si tratta di una possibilità nuova che la vecchia Tv non può offrire.
Le web-tv mi ricordano anche il pionierismo e la sperimentazione delle primissime tv private e quindi pur andando avanti è un po’ come tornare indietro nel tempo.


M.M: Veniamo adesso al personaggio per cui ti ho contattato. Come e quando nasce il tuo amore(cinematografico, si intende) per Jess Franco? Se non sbaglio hai anche scritto degli articoli sulle sue “vampire lesbiche” e organizzato serate a tema dove hai fatto proiettare in piccole sale pellicole semisconosciute (tra gli altri) di Franco, vero?

P.D.: All'epoca ero un bambino, ma ricordo un film, che poi non ho più ritrovato nella sua edizione italiana, in cui una magnifica e misteriosa donna avvolta da veli neri, seguita da altre misteriose compagne, saliva su una nave e partiva verso mete ignote, mentre una musica dolcissima sottolineava il tutto. Era una sequenza che mi faceva impazzire e solo molti anni dopo ho scoperto che si trattava di un film di Jess Franco: “Sumuru, regina di foemina”.
Poi iniziò a incuriosirmi il fatto che durante le mie notti folli il nome “Jess Franco” ricorreva spesso alla regia delle più svariate pellicole. E la faccenda iniziò a incuriosirmi...
"I maghi del black horror" strillavano i titoli di testa di “Dracula contro Frankenstein”, "regia di Jess Franco"; “Il conte Dracula”, "regia di Jess Franco" e così via. Inoltre questi film mi sembravano avere un tocco diverso rispetto a tutti gli altri, una visione a volte poetica, a volte torbida. Fu così che nel lontano 1986, all'età di diciotto anni, a chiunque mi chiedesse quale fosse il mio regista preferito, rispondevo convinto: ”JESS FRANCO”, col risultato di lasciare nello sconforto totale chi me lo aveva chiesto.
Il mio articolo sulle "Vampire Lesbiche" comparso sulla rivista "Amarcord" fu un'idea del mio editore, Igor Molino Padovan. Quando me lo propose non mi entusiasmò però mi misi al lavoro e per diverse settimane mi calai in questo strano universo.
Devo dire che, a distanza di oltre un ventennio, ci sono persone che quando mi conoscono rammentano quel pezzo. Igor ci aveva visto giusto...
Le rassegne in sala nacquero come un prolungamento reale dei virtuali "b-movie" televisivi e fu molto interessante conoscere dal vivo i miei telespettatori. L'idea fu della direzione del Cinecittà Cineclub di Firenze che oltre a darmi la possibilità di vedermi molti dei miei film preferiti in pellicola mi fece anche grande piacere.


M.M.: So che, tra i tanti personaggi che hai incontrato e intervistato, hai anche avuto modo di parlare con Jess Franco. In che occasione lo hai incontrato e che tipo era? Mi confermi l’impressione che era una persona molto alla mano, ma anche un po’ sopra le righe e bizzarra?

P.D.: Come tutti coloro che sono davvero grandi, era una persona di un'umiltà disarmante. Quando lo incontrai per la prima volta era seduto al tavolo di un ristorante e allora io per poter parlare con lui mi misi in ginocchio. Era molto divertito da questa mia posa referenziale e da quel momento parlammo ininterrottamente per due giorni... Gli chiesi di tutto e lui mi raccontò una montagna di aneddoti, feci solo una stupidaggine, non registrai la conversazione. Ogni tanto se ne veniva fuori con delle affermazioni sul cinema in generale assolutamente non allineate, ma spesso condivisibili. Trovavo meno nelle mie corde il suo distacco verso i suoi primi film anche se, conoscendo il suo percorso, posso capirne il motivo. Lo rincontrai in occasione del Joe D'Amato Horror Festival, a Livorno, del quale era ospite d'onore. Lui fu molto carino e mi dimostrò tutta la sua simpatia. Ebbi modo di conoscere anche Lina Romay, una persona splendida che mi fece un po’ effetto quando tirò fuori dalla borsa un enorme borsellino per pagare un panino. Anche uno dei miei più grandi miti di celluloide aveva una vita normale...!


M.M.: Da grande appassionato del cinema bis (come piace definirlo a noi), ti chiedo un profilo artistico di Jess Franco. Cosa diresti se tu dovessi presentarlo a chi non ha mai visto un suo film?

P.D.: Su un sito ho letto che il mio modo di presentare i “b-movie” era in “pompa magna” (non ho ancora capito perché) quindi tenterò di usare lo stesso metodo.
Nessuno, nella storia della settima Arte, ha mai saputo illuminare di così tanta luce le tenebre più perverse dell'animo umano e l'inevitabile oscurità profonda che si nasconde tra un fotogramma e l'altro, nello scorrere della pellicola cinematografica. Ed è la verità. Nei film del regista spagnolo il sesso e tutte quelli che sono i nostri desideri più reconditi sono esplorati; i nostri lati più oscuri sono messi in luce, talvolta in modo brutale, talvolta con immagini connotate da un gusto estetico decisamente fuori dal comune.
Jess Franco ha sfidato con violenza iconoclasta tabù morali ed estetici in un cinema spesso decorativo, gratuito fino all'assurdo ma sempre con uno sguardo distaccato grazie alla sua sottile ironia. I temi centrali del suo cinema sono il sadismo, la perversione e un erotismo dagli aspetti torbidi ma allo stesso tempo poetici. Non per niente è stato spesso definito poeta dell'infimo. Incontrare il suo cinema si trasforma spesso in un guardare allo specchio ciò che di noi ci fa più paura e che teniamo nascosto.


M.M: A differenza di molti registi dell’epoca, a oggi, Franco non è stato rivalutato come dovrebbe – a mio avviso anche a causa dei troppi film effettuati, molti dei quali girati con poca cura per esigenze di tempo – eppure ha nel suo curriculum collaborazioni con maestri del calibro di Orson Wells e vanta gusti cinematografici assai raffinati. Come ti spieghi questo atteggiamento di snob nei suoi confronti da parte anche di molti amanti dei film di genere?

P.D.: Jess Franco vive per il cinema e con il cinema. Il cinema gli ha dato tutto: un motivo di vita e un modo per vivere. Quando vivi del tuo lavoro hai bisogno di lavorare e guadagnare. E quella del cinema non è certo una professione delle più semplici. Ecco che molte delle scelte “artistiche” di Jess Franco sono state dettate anche da motivi alimentari. E in questo non c'è niente di male. È anche impossibile tenere livelli qualitativi elevati quando si girano undici film in un anno, come accadde nel 1973.
Per quanto riguarda gli amanti del cinema di genere ci sono degli atteggiamenti che non mi spiego. Non ho mai amato o odiato un autore in toto. Amo il cinema in assoluto e non distinguo tra film di taluno o talaltro ma solo tra film che mi piacciono e che non mi piacciono. Odiare il lavoro di chicchessia in ogni suo aspetto non mi sembra sensato. Però Franco o lo si ama o lo si odia, spesso non sono possibili posizioni intermedie.
Il suo è un cinema che vive su una lunghezza d'onda molto particolare… o si riesce a coglierla oppure non c'è niente da fare.


M.M: Passando ai film del “nostro”, il primo che mi viene in mente, in ordine di tempo, è “Il Diabolico dottor Satana”. Si tratta di un film senza dubbio importante, per varie ragioni. Prima di tutto vede protagonista uno degli attori di riferimento di Jess Franco, cioè Howard Vernon (credo abbia fatto più di trenta film con lui); in seconda battuta, fu il biglietto da visita che permise a Franco di aprirsi la strada in quello che sarà uno dei suoi generi prediletti: l’horror, anche se ancora legato a un certo classicismo.
Mi risulta che il film uscì in Italia in versione tagliata. Che puoi dirci?


P.D.: Il film uscì in Italia distribuito dalla Filmar, una casa specializzata in b-movie che aveva nel proprio reparto edizioni un dipendente dal nome che poi sarebbe diventato familiare per gli amanti del bis: Bruno Mattei.
“Il diabolico dottor Satana” pur essendo un film apparentemente classico in realtà mostrava la voglia del regista di rompere col passato, in quanto si tratta di un melange piuttosto eterogeneo in cui i “soliti” ingredienti sono miscelati in modo anticonvenzionale ed esplosivo. Basti pensare ai seni nudi e alle incisioni dal bisturi prontamente tagliati nell'edizione italiana.
Il film rappresenta il debutto nel cinema fantastico dello svizzero Howard Vernon che spesso, pur di lavorare con Jess Franco, accettava di venire assoldato come fotografo di scena perché altrimenti il suo compenso sarebbe stato troppo alto e la produzione non avrebbe potuto permetterselo. Jess Franco ha sempre considerato Vernon il suo attore preferito.
Dopo il “Dottor Satana”, tra il 1961 e il 1967, Franco dirige una serie di film (tra cui Miss Muerte e Necronomicon) che non sono ricordati tra i suoi masterpiece, tuttavia sono importanti perché lasciano affiorare elementi che caratterizzeranno la cinematografia futura del regista: in particolare la “poetica” dell’erotismo e il ricorso allo zoom che, nei film successivi, diventerà una sorta di vera e propria ossessione (anche se Franco la motiverà per ragioni tecniche piuttosto che stilistiche). Necronomicon, uscito in Italia come Delirium, è un film importantissimo nella filmografia del regista e un capolavoro del cinema fantastico in generale.
Lorna vive una realtà in cui irrompe con violenza la sua dimensione onirica, per giungere a un finale originale in cui i sogni prendono il sopravvento in modo poetico su una realtà sempre meno interessante.
Questo film è anche al centro di un giallo curioso, in quanto proprio nel nostro paese fu distribuito in una versione che non trova corrispettivi su altri mercati. Intere sequenze sono completamente diverse anche se non sembrano avulse dal resto della pellicola e specialmente il finale si scontra concettualmente in modo violento con quello conosciuto. Franco a tal proposito riconosce la piena paternità della versione internazionale, ma alcuni studiosi dell'opera di questo regista (compreso me) ipotizzano che la versione italiana sia la director's cut. Tale teoria è suffragata dal fatto che le riprese in questione non sembrano fatte in un secondo momento e rispecchiano soluzioni visive tipiche dell'opera del regista.
L'utilizzo eccessivo dello zoom deve essere contestualizzato per poter essere compreso. Il pancinor (poi detto zoom) era stato per decenni un miraggio dei cineasti in quanto costosissimo, così quando divenne alla portata di tutti ci fu una voglia smisurata di sperimentarne le possibilità espressive. Negli anni settanta venne percepito come qualcosa di nuovo nel linguaggio cinematografico e quindi se ne fece un uso intenso. Dietro a quel semplice gesto di premere il pulsante dello zoom c'era molto di più di quanto ci possa sembrare ai giorni nostri. Inoltre era un espediente che permetteva di ridurre i costi sia per il fatto che volendo si poteva fare a meno di cambiare le ottiche davanti alla macchina da presa, sia perché in un piano sequenza era possibile cambiare focale senza interruzioni.


M.M: Con i l 1968 e l’incontro con il produttore Harry Alan Towers inizia, a mio avviso, il periodo d’oro di Franco. In questi anni gira film potendo contare su assi come il pazzo Klaus Kinski, Christopher Lee, Herbert Lom e i risultati, da un punto di vista tecnico, non si lasciano attendere con film, come "The Blood of Fu Manchu", "Il conte Dracula" (i cui interni sono stati girati dietro casa mia, a Tirrenia, per la cronaca), “Justine ovvero le disavventure della virtù” dove recita una giovanissima Romina Power (di cui Franco ha sempre detto peste e corna). Si tratta, a mio avviso, dei film più curati di Franco, ma nonostante questo le pellicole non ebbero il successo atteso e portarono alla rottura del regista con il produttore. Cosa non funzionava secondo te in questi film, sempre che tu possa vederci qualche vizio?

P.D: Il conte Dracula è la versione più affascinante che sia mai stata tratta dal romanzo di Stoker. È un film, assai sentito sia dal regista che da Christopher Lee, che portava sullo schermo i dialoghi così come erano stati scritti da Stoker. In questo senso la sequenza in cui Dracula ricorda come in passato il castello fosse un potente baluardo contro i turchi mi emoziona ogni volta che la vedo (menzione d'onore al livornese Emilio Cigoli che doppia Lee in modo formidabile). Il film fu un grande successo in Germania, ma andò male negli USA e per questo motivo la sua uscita nel nostro paese fu cancellata. Solo nel 1974, quando la FILMAR, la società che lo aveva prodotto, fallì, la INDIEF ne acquisì i diritti e finalmente lo fece uscire.
Inoltre sia in questo film che in Justine le musiche sono di Bruno Nicolai che firma delle colonne sonore memorabili che sottolineano in modo potentissimo le sequenze più belle.
Al riguardo di questo secondo film, come non ricordarne l'inizio, con De Sade (Kinski, e chi sennò!?) tormentato nella cella dai fantasmi delle sue creature letterarie, un momento, a mio avviso, tra i più alti di tutta
la produzione di Franco.
Justine ebbe ovunque problemi con la censura e non poteva essere altrimenti. Harry Alan Towers era un produttore inglese assai astuto che con capitali americani riusciva a organizzare film a medio budget per noi europei, ma assolutamente low budget per i canoni dell'industria americana. Towers vide in Franco un regista velocissimo che ben si sposava con i suoi stessi tempi. La leggenda vuole che Towers scrivesse le sue sceneggiature per i suoi film durante i trasferimenti in aereo tra Londra e Los Angeles. In realtà il loro rapporto fu proficuo solo che, a un certo punto, fu Franco a stancarsi di questa collaborazione in esclusiva.
Probabilmente questi film, essendo produzioni più impegnative, non gli garantivano quella libertà assoluta in cui era abituato a lavorare. Franco e Towers inoltre avevano due forti personalità e questo può portare facilmente a immaginare che tra i due fossero frequenti grossi scontri.


M.M: Nel cast tecnico de Il conte Dracula, essendo una co-produzione che coinvolgeva anche l’Italia, c’era anche Bruno Mattei. Ne approfitto per aprire una parentesi su questo artigiano nostrano che so che conoscevi per averlo incontrato di persona. Che aneddoti ci puoi regalare su Mattei?
Ricordo che parlavi sempre delle sue invenzioni quanto montava i film provenienti dalla Cina senza sapere
chi fossero gli attori. 

P.D.: Altra persona di un'umiltà disarmante nonostante fosse dotato di un grande intuito cinematografico e di doti come montatore non comuni. Bruno era una persona abituata a combattere, ad arrangiarsi e nonostante tutto riusciva a imprimere la sua personalità in ciò che faceva.
Posso dirti che è stato sfruttato fino in fondo. Quando ebbe l'idea di adattare per il grande schermo i telefilm della serie UFO in film che incassarono miliardi, a lui non dettero nemmeno i soldi per le sigarette.
Ha curato l'edizione italiana di un numero sterminato di film, tra cui La vendetta del vampiro di Corona Blake e Paroxismus dello stesso Franco di cui tagliò il finale perché non gli piaceva.
Per i film di Kung-Fu non gli mandavano mai le traduzioni in inglese dei nomi degli attori e allora lui se li inventava. Per questo in Italia è un vero problema individuare le versioni originali di molti film di questo genere provenienti da Hong Kong.


M.M: Dopo il periodo Towers, Franco è costretto a girare con pochi soldi, ma è in questo periodo che irrompe il suo talento onirico e bizzarro, peraltro si trova per le mani un’attrice di una bellezza e una sensualità rara: Soledad Miranda (che aveva lanciato ne Il conte Dracula).
So che sei un grande fan di questa attrice (ti confido che siamo in due, detto tra noi), se non sbaglio la ricordavi sempre quando parlavi delle dive horror.

P.D: Soledad Miranda era una donna di rara bellezza e femminilità. Gran parte del fascino de Il conte Dracula risiede proprio nell'eterea bellezza del suo personaggio che, sotto sonno ipnotico indotto dal principe delle tenebre, vaga in una notte resa fantasmatica dalle musiche di Bruno Nicolai.
Anche quando Lucy (il personaggio interpretato da Soledad Miranda) cade preda del Conte vampiro la sua espressione di piacere mista a repulsione riempie lo schermo di picchi di sensualità indescrivibili.
Sono assai interessanti le immagini di Cuadecuc Vampir di Pere Portabella che mostrano l'arrivo dell'attrice
sul set del film. La Miranda sembra una creatura eterea e immaginaria, soprattutto nelle riprese del trucco prima del ciak che ce la mostrano quasi in uno stato di trance. Purtroppo, da lì a poco, l'attrice avrebbe perso la vita in un tragico incidente automobilistico.


M.M: Con la Miranda, Franco gira tre dei film horror con elementi erotici più “poetici” della sua filmografia, insieme al successivo Un caldo corpo di donna (conosciuto anche come Erotikiller o La contessa nera) che vedrà invece protagonista la moglie Lina Romay, la quale raccoglierà il testimone abbandonato dalla sfortunata Miranda. Mi riferisco al suo capolavoro  Vampyros Lesbos, ma anche al thriller She killed in ecstasy e a De Sade 2000. Penso di poter dire che con queste pellicole si assiste a un’evoluzione delle regia di Franco, con una improvvisazione sul set che raggiunge livelli prima mai toccati, con effetti psichedelici che assumono la veste di una vera e propria firma del regista.
Che ci dici su questo lotto di film?

P.D.: Sono sicuramente le cuspidi nella filmografia del regista spagnolo. Queste bellissime donne incarnano creature fantastiche condannate dalla loro diversità alla solitudine eterna. Franco le immortala sullo schermo con soluzioni visive fuori dall'ordinario e con accostamenti di montaggio originali. In Erotikiller, uno dei film che amo di più, Franco crea il personaggio di una vampira che vaga in foreste desolate.
Questa solitudine è sottolineata dal suo essere muta e da un bisogno d'amore che la rende una delle creature più tristi di tutto il cinema fantastico. Un film che, nelle sequenze in cui dalle nebbie fluttuanti si materializzano strane e misteriosi voci, raggiunge assoluti vertici di poesia.
De Sade 2000 è un’opera condotta con estrema libertà. Esplora le zone più oscure dell'animo umano, alla ricerca del piacere e della perdizione assoluta. Un film assai controverso, ma dove il nostro lato oscuro riesce a mostrare tutto il suo ambiguo e ammaliante fascino. Tra l'altro in questa pellicola Soledad Miranda sfodera un magnetismo e un fascino difficili da dimenticare.
Un plauso anche a Paul Muller che tratteggia uno dei personaggi più riusciti di tutta la sua carriera.
L'improvvisazione per Franco è essenziale. Lui è anche un musicista jazz e come tale conosce il potere creativo dell'improvvisazione. Anch'io, nel mio piccolo, ho sperimentato che quando si ha il coraggio di lasciarsi andare sul set si raggiungono risultati assai più originali che non pianificando tutto a tavolino. È che il cinema è un'arte difficile da gestire senza un'adeguata pianificazione perché ha costi altissimi anche nelle produzioni più piccole e permettersi di improvvisare o peggio ancora di sbagliare, perdere tempo e di conseguenza soldi, è un lusso che non ci si può permettere. Eppure l'improvvisazione paga moltissimo in termini creativi , anche Hitchcock, che era uno che arrivava sul set con delle sceneggiature di ferro e storyboard precisissimi, riconobbe che l'improvvisazione che aveva adottato in alcune riprese de Gli uccelli aveva portato a eccellenti risultati. In questo senso Franco è unico, molte testimonianze riportano che questo regista mentre girava un film aveva già in testa il successivo o addirittura iniziava già a girarne alcune scene fino ad arrivare a realizzarne due contemporaneamente, con il secondo film prodotto all'insaputa di troupe e produzione.


M.M.: Con la morte della Miranda, a parte qualche eccezione, il cinema di Franco entra in una parabola discendente. Nel 1976 ritorna a collaborare con Klaus Kinski dirigendo un film con un budget superiore ai suoi ultimi lavori: Jack The Ripper (in Italia presentato con l’orribile titolo Erotico Profondo). Si tratta di un’opera dove il genio ribelle di Franco, seppur ancora riconoscibile, torna a incanalarsi in schemi prefissati. Personalmente ricordo due o tre sequenze degne di nota (tra cui il primo omicidio e quello perpetrato all’interno della foresta), poi una regia piatta e una sceneggiatura che mette in scena Jack lo squartatore per
poi stravolgere i fatti storici e il modus operandi dell’assassino. Un film confuso anche sulla piega da seguire, sospeso tra il thriller e il poliziesco… Sono sicuro che mi contraddirai.

P.D.: Il cinema di Franco ha conosciuto molte fasi e trasformazioni. In linea di massima Franco è uno che il cinema lo conosce molto bene ed è in grado di realizzare qualsiasi cosa. Non c'è quindi da stupirsi del taglio classico con inquadrature stranamente bilanciate di Erotico profondo. Trovo che in questo film la trasgressione, sia nel rappresentare con un taglio visivo da horror del decennio precedente situazioni che sconfinano nello splatter, sia resa ancora più scioccanti dal contrasto che se ne ricava. Eppure l'ironia graffiante del regista è presente in più di una sequenza. Basti pensare a come si diverte a canzonare la sua musa Lina Romay, quando sale sul palco e inizia a cantare con una voce al limite dello sgradevole e dal pubblico si levano grida che dicono: ”Mostra il culo che è la cosa che sai fare meglio!”. Una sequenza
impagabile.


M.M: Un altro film che ricorderai con piacere, e che io non ho visto, è Greta, la donna bestia del 1976. Se non sbaglio è riconducibile al genere women in prison (che in Italia vedrà Bruno Mattei come principale regista di riferimento) e alla serie Ilsa, di cui sei, se la memoria non mi inganna, grande estimatore.

P.D.: La serie Ilsa era in realtà l'incarnazione cinematografica di una cattiva super maggiorata che oltre ad avere delle curiose connotazioni fumettistiche è anche l'incarnazione della mistress per eccellenza. La donna prosperosa in grado di dominare l'uomo: un sogno che da sempre rincorre gli amanti più spinti e trasgressivi del cinema bis. Però c'è da fare un distinguo, mentre nella serie Ilsa tutto il contesto storico è poco più che un pretesto, nel film di Franco la denuncia alla dittatura e ai suoi metodi per esercitare il potere è sentita e sincera. In fondo lo stesso Franco è stato messo all'indice per anni nel suo paese e il Vaticano sembra che lo avesse schedato come un regista pericoloso. Infatti, proprio in questo film, lo sguardo spesso compiaciuto che il regista spagnolo ha nei confronti di torture e sevizie, diventa ancora più cinico, più disincantato.


M.M: Dopo il 1976 inizia quello che io ritengo il periodo buio di Jess Franco. Come farà qualche anno dopo Joe D’Amato, il “nostro” scivola via via nel porno, proponendo, di tanto in tanto, horror di bassa lega di imitazione tra i quali i cannibalici La donna cannibale(con la bella Sabrina Siani e Al Cliver, al secolo Pierluigi Conti, attore feticcio di Lucio Fulci) e Il cacciatore di uomini, ma anche zombie movie come Il lago dei morti viventi e Oasis of the zombies. Non so se ci sia qualcosa da salvare, perché non ho visto tutti i film del periodo. Tu, consigli di recuperare qualcosa?

P.D.: Più che il periodo buio per Jess Franco inizia il periodo buio per tutta la cinematografia cosiddetta “media”. L’uscita di un film come Guerre stellari dette il via a film portati sullo schermo con milioni di dollari, mettendo in scena storie che fino a qualche anno prima sarebbero state realizzate con scotch e fil di ferro, segnando di fatto la crisi dei film artigianali. Ecco che fiorisce lo splatter, un genere che comunque anche con bassi budget permette di colpire e impressionare lo spettatore. Sono film fatti per motivi alimentari
e anche le sue sempre più frequenti incursioni nell'hard la dicono lunga sul bisogno di lavorare. Sinceramente non è il periodo di Franco che preferisco, ma l'inizio de La dea cannibale con la bambina rapita dagli indigeni e il carillon che suona mi ha sempre colpito. Inoltre Franco si ritaglia in questa pellicola una delle sue tante apparizioni da attore che spesso, di film in film, sembrano lanciare messaggi autobiografici. In La dea cannibale, Franco interpreta una specie di contrabbandiere che, a un certo punto, esclama: ”Non è colpa mia se mi fanno fare certe cose… devo pur lavorare!”.
Lo stesso Franco mi confermò questa mia impressione.


M.M.: Nel 1988 si registra il canto del cigno di Jess Franco, con un film criticato da molti ma che io considero un cult, cioè I violentatori della notte. Il film ha uno dei più grandi cast che Franco abbia mai avuto a disposizione (Helmut Berger, Caroline Munro, Telly Savalas, Brigitte Lahaie, Howard Vernon, Lina Romay). La sceneggiatura non è originale, cita un film degli anni ’60, ma riesce a intrattenere a dovere e offre momenti gore molto interessanti (alcuni citano Fulci). Peraltro, c’è una scena che Stivaletti riproporrà pari pari per il suo I tre volti del terrore
Come presenteresti questo film se tu lo dovessi lanciare ai “B movie di TVR”?

P.D.: In realtà ho avuto l'onore di programmarlo e presentarlo su TVR e chiaramente fu una di quelle presentazioni in cui avrei voluto dire mille cose e alla fine, forse, non riuscii a dire niente. Comunque lo lanciai come “il canto del cigno dell'horror classico del vecchio continente”. Il tema della bellezza perduta, cardine del cinema fantastico europeo, viene qui attualizzato e portato alle estreme conseguenze.
Il tipico mad-doctor è qui un chirurgo estetico che tenta di rendere la bellezza alla sorella dal volto sfigurato dall'acido. I due sono oltretutto legati da un rapporto incestuoso nella migliore tradizione franchiana. In
questo film trovano posto tutti gli elementi che hanno accompagnato la lunga carriera del regista spagnolo: il dottor Orloff, la sua musa Lina Romay e la trama stessa che è in pratica un remake del suo primo film fantastico.
Les predateurs de la nuit nasce per volontà del potentissimo distributore e produttore francese Renè Chateau che, desideroso di lanciare sul piano internazionale Brigitte Lahaie, mette insieme un cast davvero sorprendente che va da Telly Savalas a Chris Mitchum, da Caroline Munro a Stephane Audran, da Brigitte Lahaie a Helmut Berger. Per non parlare di Howard Vernon che ricopre il ruolo che già aveva interpretato ne Il diabolico dottor Satana e Lina Romay che il professor Orloff presenta come il suo capolavoro. Il gioco dei rimandi si fa quindi davvero interessante. Si tratta di un film dal punto di vista tecnico ineccepibile tanto a sottolineare, per chi non lo avesse ancora capito, che quando Franco è tecnicamente sciatto lo fa o per cifra stilistica o perché non gli importa niente di quello che sta facendo. Les predateurs de la nuit è un film ancora più cinico e disincantato di tutti gli altri realizzati dal regista spagnolo e si chiude con un finale che lascia pochi dubbi: i cattivi sono destinati a vincere, il male trionfa. Alla fine c'è un minimo segnale positivo, ma che il bene vinca è davvero molto incerto. Questo è Jess Franco.


M.M: Negli anni ’90 si scivola pian piano nell’ultima fase del regista, dove irrompe la sua cospicua produzione digitale, a me del tutto ignota.
Hai visto qualcosa di questa ultima fase, c’è del buono?

P.D.: Sono riuscito a vedere alcuni di questi titoli e devo dire che Incubus del 2002 e più che altro Snakewoman del 2005 sono un bel tuffo nel cinema di Jess Franco.
Altri titoli sono un delirio puro che sembrano realizzati più per accondiscendere i motivi della sua fama presso le nuove generazioni che altro. Io conservo nel cuore altri film..


M.M: Venendo agli attori “secondari” che hanno lavorato con Jess Franco, non posso non ricordare Horst Tapper, meglio conosciuto per aver interpretato l’ispettore Derrick. Ce  ne erano però altri che ricordi con simpatia?

P.D.: Sono molti i caratteristi che hanno lavorato con Jess Franco, primo tra tutti lo svizzero Howard Vernon, il suo attore preferito, indimenticabile nel ruolo dello zio Howard ne Una vergine nella terra dei morti viventi (1971) che in realtà è un morto vivente che abita le fredde acque dello stagno prospiciente il castello in cui si svolge tutta la vicenda.
Altro attore svizzero che spesso collabora con Franco è Paul Muller, famoso in Italia per le sue partecipazioni alla saga di Fantozzi. Attore dalla lunghissima carriera ha ricoperto il ruolo da protagonista solo in De Sade 2000 di Jess Franco. Paul Muller è sicuramente un attore che andrebbe rivalutato specie per i suoi ruoli da raffinato villain nel nostro peplum e horror gotico.
Altri due attori ricorrenti nella filmografia di Franco sono Fred Williams e Jack Taylor. Il primo dopo un importante incursione nel cinema di Federico Fellini si dedicò alla moda aprendo una serie di negozi a Berlino, il secondo ha continuato a lavorare come attore e lo si ricorda piacevolmente ne La nona porta di Roman Polanski.


M.M: Una caratteristica di Franco, ma anche di molti altri registi importanti (tra i quali Hitchcock e Fulci) era quella di ritagliarsi sempre dei piccoli cammei.
Come valuti il Jess Franco attore?

P.D.: Ne parlavo prima. Quando Jess Franco partecipa ai suoi film si ritaglia sempre ruoli di personaggi ai margini. Spesso sono maniaci e malati di mente. In uno dei suoi film più controversi, Le viziose (1975), riveste addirittura il ruolo di uno spretato coinvolto in messe nere. Ma il suo cammeo più divertente lo si può vedere nel rimontaggio di due film di Jess Franco operato da Joe D'Amato (Aristide Massaccesi): Justine (1979). In questo film Franco interpreta il ruolo di un cliente di una prostituta che essendo impotente cerca di eccitarsi con la copertina di una rivista di cinema che mostra Lorna, la protagonista di Delirium, uno dei suoi
film più belli.
È esilarante quando in Una vergine tra i morti viventi tenta di dare fuoco alla casa con una scatola di fiammiferi...


M.M: Chiudo con una domanda sul cinema contemporaneo di genere, sia italiano che americano. Cosa ne pensa un amante di cinema bis come te dei film di ultima generazione e pensi che in Italia possa rinascere il cinema di genere?

P.D.: So che rischio di passare per snob e fanatico, ma siccome non lo sono esprimo tranquillamente il mio giudizio: non c'è rimasto più niente. Il cinema di oggi è solo un guazzabuglio senza senso montato con ritmi frenetici e ossessivi nella remota speranza di interessare in qualche modo lo spettatore. Abbiamo perso completamente i tempi e il gusto della narrazione cinematografica e i film mi ricordano di più una partita giocata al Nintendo o alla Playstation fatta con i miei figli. Ma niente cinema, quello è un'altra cosa! Certo è vero che poi dalla Francia arrivano perle come Calvaire di Fabrice Du Welz oppure Them di Moreau e Palud. Ma sono sprazzi, il resto è desolante.


M.M.: Un caloroso ringraziamento a un vero amico del cinema di genere come Pierpaolo Dainelli, meritevole di avermi fatto scoprire film come Femina Ridens, La corta notte delle bambole di vetro, Le orme, Gli occhi al cielo e moltissimi altri. Grazie di cuore.

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