Autore: Felice Pozzo.
Sottotitolo: Percorsi dell'Immaginario, tra Avventure e Misteri.
Anno: 2013.
Anno: 2013.
Genere: Saggio narrativo.
Editore: Il Foglio.
Collana: Archivi Diversi.
Pagine: 200
Pagine: 200
Prezzo: 14 euro.
Commento di Matteo Mancini.
"Il
titolo di questo libro è una scommessa” avvisa
Felice Pozzo, l'autore di questo saggio narrativo, un vero e proprio
esperto di lunga data dell'intera bibliografia del nostro
Emilio Salgari.
In
realtà a essere una scommessa non è il titolo, ma l'intero volume.
Una scommessa vinta sicuramente dal punto di vista qualitativo, ma
probabilmente non dal punto di vista commerciale, ma su quest'ultimo
punto la colpa non può certo attribuirsi all'autore bensì a un
pubblico di lettori a volte un po' troppo oziosi e legati alle mode
del momento.
È
lo stesso Pozzo a spiegarci, in quarta di copertina, il fine e il
contenuto di questa nuova e ulteriore perla firmata dalle edizioni Il
Foglio Letterario
di Piombino. “Si
tratta di un percorso insolito, affrontato in modo sciolto ma
argomentato e non privo di visuali inedite, dove prevale
l'associazione di idee. Sono così riproposti famosi autore del
passato – da Edgar Allan Poe a Jules Verne, da Alexandre Dumas a
John Dickson Carr – accanto ad altri caduti a torto nel
dimenticatoio, come a esempio Louis Jacolliot. Ritornano inoltre in
scena, con risalto innovativo, personaggi mai dimenticati, sia reali,
come Cagliostro, Houdini, Wandohobb, che d'immaginazione, come il
Vampiro, il Fantasma dell'Opera e molti altri. Sono inoltre rievocati
luoghi fantastici, altrettanto e forse ancora più noti, come
Atlantide, Agarthi e la Terra Cava. Per non parlare delle sette
segrete, del mesmerismo e del mentalismo da spettacolo, dei delitti
nelle camere chiuse, di streghe e fate, robot, polipi giganti e
mostri, di esplorazioni bizzarre e di investigatori
dell'impossibile”.
Nessun
altra parola potrebbe ben sintetizzare il contenuto del testo
proposto dal veterano Felice Pozzo, vercellese classe 1945 con alle
spalle una lunga trafila di pubblicazioni.
La
lettura del saggio è spassosissima per un appassionato di narrativa
fantastica e di misteri collegati al mondo orientale (in particolare
le Indie). Pozzo procede, forse in un modo un po' dispersivo per chi
è a digiuno di certe materie, utilizzando l'opera di Salgari come
trait
d'union
che gli consente di passare da un argomento all'altro, avendo però
come minimo comun denominatore il fascino del mistero e dei segreti
rimasti tutt'oggi “insondati”. L'ideale viaggio nel mondo
dell'ignoto non può che partire, vista la costruzione che ne sta
alla base, dalle problematiche di Salgari e famiglia, che Pozzo va a
ricostruire con cura maniacale (nel senso buono del termine)
attingendo dalle più disparate fonti. Il lavoro dell'autore denota
una padronanza e uno studio da vero e proprio professionista della
materia. Tanto di cappello, davvero. Pozzo porta avanti la
trattazione, con particolare attenzione per i mondi sotterranei,
citando interi passaggi di racconti e romanzi dello scrittore
piemontese (d'adozione). La sua è un'analisi obiettiva e non da fanatico
dell'autore, infatti non perde occasione per sottolineare le fonti di
ispirazioni di Salgari a volte autore di veri e propri furti da
maestri del calibro di Verne e Jacolliot (dipinto come anticipatore e
superiore rispetto al più famoso collega francese) e altri persino
esoterici riconducibili alla Blavatskij. Da qui si passa a trattare
la misteriosa figura di Franz Anton Mesmer, con la sua pratica del
mesmerismo
- ovvero una scienza non riconosciuta caratterizzata dall'impiego di
un fluido capace di restituire
la saluta agli ammalati, il senno ai folli e la follia agli assennati
-
e le sue influenze nella narrativa e nella politica dell'epoca (cenni
addirittura all'inchiesta fatta condurre dal re Luigi XVI). Non
mancano cenni all'ipnotismo da palcoscenico ovviamente subito
recepito da fumetti e letteratura, con citazioni abbastanza
approfondite su personaggi quali Mandrake
e... E poi ancora spazio a Bulwer-Lytton, maestro oggi poco apprezzato
imprescindibile in un'analisi seria dedicata al mondo del fantastico
in modo particolare per il suo studio sul c.d. vril:
l'enorme energia di cui non utilizziamo che una minima parte nella
vita ordinaria, il nerbo della nostra possibile divinità.
Il
passaggio dagli ipnotisti ai mentalisti/alchimisti viene effettuato
giungendo al trasformista Cagliostro, sia quello reale sia quello
narrato dal grande Dumas (Pozzo non lesina aneddoti), presentato come
“esperto
nella lettura di quella che oggi si chiama comunicazione non verbale
che consente di leggere il pensiero altrui.” L'analisi
anche qua è curatissima, Pozzo mostra come il personaggio Cagliostro
sia stato fondamentale per la creazione di altri due personaggi
immaginari carichi di fascino e che non necessitano presentazioni: La
Primula Rossa di
Emmuska Magdalena Orczy e Zorro
ideato
dal canadese Johnston McCulley. Altrettanto breve è il successivo
passo verso lo spiritismo, con Pozzo che va a rinverdire figure
sbiadite dal tempo come il mago Daniel Dunglas Hope, apprezzatissimo
da Conan Doyle, e l'illusionismo dove non poteva non essere
analizzato il grande Houdini, a cui faranno seguito nelle pagine
successive i vari Pickman e Wandohobb.
Si
torna al parallelo narrativo usando come scrittore l'incredibile
Gaston Leroux, che l'autore presenta con un passaggio che mi ha fatto
sorridere di gusto: “Quasi
ogni scrittore coltiva un vezzo personale o si attiene a rituali a
volte estrosi. Leroux, quando scriveva un romanzo si chiudeva nella
sua stanza e pretendeva da tutta la famiglia un silenzio assoluto per
periodi anche lunghi. Questo atteggiamento è piuttosto comune, lui
però segnalava la fine del lavoro in modo che pochi si sentirebbero
di consigliare agli amici: spalancava la finestra e scaricava un
intero caricatore di pistola. A quel segnale, la moglie e i figli si
precipitavano sulle stoviglie, i piatti volavano in pezzi, in un
assordante fracasso di casseruole.” Mitico
già da qui, segue un'analisi approfondita sui trucchi e sugli
incantesimi diabolici raccontati ne Il
Fantasma dell'opera nonché
sul protagonista del romanzo, definito da Leroux “il
più geniale dei prestigiatori, un Houdini feroce e burlone, un uomo
che si rende visibile soltanto quando vuole e che vede tutto attorno
a sé... Uomo a cui una scienza bizzarra, acume, immaginazione e
abilità consentono di disporre di tutte le forze naturali, combinate
per creare l'illusione che vi rende perduti”. Pozzo
va oltre, sfruttando alcuni testi misconosciuti di Leroux (L'automa
insanguinato
e La
macchina per uccidere),
per trattare romanzi e racconti pionieristici nel portare in scena
automi e robot nella letteratura ma anche nella realtà (esilarante
il cenno sul Turco
giocatore di scacchi, un
truffatore che si spacciava per robot attorno al 1770 esibendosi
persino al cospetto di Maria Teresa d'Austria). Viene così
affrontato il tedesco Hoffmann, il primo, con L'uomo
della sabbia,
ad avviare il sottogenere e che Pozzo definisce“artista
poliedrico, dal carattere spregiudicato e godereccio, con i suoi
personaggi maniaci, inquietanti, oltremodo estrosi, e anche con le
sue concessioni al paranormale, le sue trame a volte aggrovigliate e
ondivaghe tra la realtà e il piano magico, volle delineare da un
lato la frattura insanabile tra la prosaica condizione umana,
rispetto alla grandezza dell'arte, e dall'altro sottolineare il
divario esistente tra la quotidianità spesso meschina e le
aspettative di ogni spirito inquieto che ami elevarsi verso traguardi
a volte indefinibili.”
L'analisi
di Leroux non può che terminare con il capolavoro giallo Il
Mistero della Camera Gialla
testo fondante del sotto filone c.d. delle
camere chiuse ovvero
omicidi perpetrati in camere ritrovate post
mortem
con finestre e porte chiuse dall'interno.
Pozzo
chiarisce subito il trucco: “uno
dei modi per evitare i limiti di una stanza chiusa consiste nel non
utilizzare le dimensioni dello spazio, bensì quella del tempo”,
rinviando
poi al romanzo “Le
tre bare”.
Ecco che si giunge al maestro del genere, lo specialista John
Dickson Carr, il quale paragonò la propria attività di giallista a
quella di un prestigiatore definendo “l'arte
di un assassino uguale a quella di un mago, così abile da attirare
l'attenzione del pubblico nella direzione sbagliata.”
Pozzo va sulla stessa linea tanto da presentare Carr quale “mago
della ragione umiliata che inserisce nel cuore del racconto
l'ambiguità, ponendo il lettore al centro di un gioco di specchi in
cui le immagini si mescolano a tal punto che non è possibile tenere
conto dei fatti e ogni dettaglio è ambivalente.”
In
questo sotto filone si annovera anche il celebre I
Delitti della Rue Morgue
dell'insuperabile Edgar Allan Poe, a cui Pozzo dedica svariate pagine
con un interessante studio sui racconti che utilizzano Poe come
personaggio protagonista delle più bizzarre avventure. Il passaggio
da Dupin a Sherlock Holmes è uno schiocco di dita, infatti Pozzo non
tradisce le attese spiegando le evoluzioni dei due personaggi
portando in mezzo ai due il meno conosciuto Locoq, ideato dal
francese Emile Gaboriau. Spacconissimo Conan Doyle che fa dire al suo
celebre investigatore: “Senza
dubbio lei crede di farmi un complimento paragonandomi a Dupin, ma
secondo la mia opinione Dupin era un mediocre. Quel suo trucco di
intervenire nei pensieri del suo amico, dopo un quarto d'ora di
silenzio, è pretenzioso e superficiale. Senza dubbio, Dupin aveva
una certa capacità analitica, ma non era quel fenomeno che Poe
sembrava considerarlo. Lecoq invece era un misero pasticcione che
aveva una sola dote al suo attivo: l'energia. La lettura di monsieur
Lecoq potrebbe servire come libro di testo agli investigatori perché
imparino quel che devono evitare” passaggi,
questi, che mi ricordano prologhi di certi spaghetti western. Pozzo
potrebbe fermarsi qui, ma ecco che un altro francese arriva col
proposito di superare i tre contendenti: è monsieur Leblanc che
schiera in campo nientemeno che Arsenio Lupin.
Gli
ultimi due capitoli sono dedicati alle piovre (Verne in cattedra) e
ancora a Salgari, in quella che si presenta come una vera e propria
chiusura circolare.
In
sintesi un saggio indicatissimo per gli amanti di misteri che
interagiscono, in reciproca relazione, tra realtà e fantasia. Stile
scorrevole, testo fluido e ricco di riferimenti bibliografici e
grande cultura di genere da parte dell'autore. Leggerete un Salgari e
un'altra dozzina di autore come pochi professori potrebbero
presentarvi.
Acquisto
consigliatissimo. Gran volume, pur nella sua sinteticità.
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