Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

martedì 27 febbraio 2024

Recensione Saggi: IL PORTIERE DI ASTRACHAN' di Romano Lupi.

Autore: Romano Lupi.
Anno: 2019.
Genere:  Saggio Sport.
Editore: Fila 37.
Pagine: 186.
Prezzo: 15.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Secondo dei tre volumi, editi dalla romana Fila 37 dedicati al calcio sovietico, acquistati dal sottoscritto in occasione del Pisa Bookfestival del 2023. Scritto dal giornalista pubblicista sanremese Romano Lupi, Il Portiere di Astrachan è la biografia di un mito sportivo degli anni '80. Miglior portiere del mondo nel 1988, miglior calciatore sovietico del 1982, miglior portiere del mondiale del 1982, sei volte miglior portiere sovietico tra il 1980 e il 1988, due volte campione dell'Urss con lo Spartak Mosca, medaglia d'argento agli Europei del 1988 e medaglia di bronzo alle olimpiadi del 1980, Rinat Dasaev è un must per chi, come il sottoscritto, si è avvicinato al calcio da bimbo negli anni ottanta. Ho avuto la fortuna di vedere giocare questo portiere, all'epoca oggetto anche di critiche (come ben ricorda Lupi nel suo testo, facendo riferimento a Gianni Brera, Walter Zenga e Minà) ma, al tempo stesso, osannato dalla critica e dai preparatori dei portieri (lo posso ben dire avendo iniziato a giocare in porta nel 1989). Lupi ne sottolinea correttamente le doti, lo stile unico e tipico che ne faceva uno sperimentatore di stili e scuole calcistiche. Discepolo per corrispondenza di Harald Schumacher - numero uno della Germania Ovest dell'epoca - erede designato di Lev Yasin, ma soprattutto primo giocatore d'attacco della sua squadra. Il suo, per l'epoca, era un approccio innovativo nell'interpretare il ruolo dell'estremo difensore. Non più un solitario chiamato a interpretare un ruolo singolo all'interno di uno sport di squadra, bensi il primo elemento all'interno di un collettivo (quello dell'URSS del “colonnello” Lobanovskij) schierato con una tattica antesignana prossima a surclassare e mandare in pensione il cosiddetto gioco a uomo in favore della zona più estrema. Uno spartito di gioco basato sull'esaltazione del collettivo a discapito dell'individualità tecnica dei singoli. Talento e individualismi sacrificati sull'altare della pragmaticità e della sostanza. Tanta corsa, verticalizzazioni e una cultura votata al bene supremo non solo della squadra ma di una nazione chiamata al canto del cigno onde evitare di cedere il passo al capitalismo.

Il Portiere di Astrachan segue passo per passo le vicende di Dasaev, soprattutto quelle conosciute in occidente, parlando delle partite internazionali della sua squadra di club (lo Spartak Mosca) e in modo assai più approfondito delle competizioni mondiali ed europee dell'Unione Sovietica. Lupi descrive le azioni, le parate e i momenti salienti delle varie partite (non ci sono cenni, se non telegrafici, ai match interni del campionato sovietico). Ecco che il volume, di maggiore presa sportiva rispetto al già recensito Spartak Mosca di Mario Alessandro Curletto (vedi http://giurista81.blogspot.com/2023/10/recensione-saggi-spartak-mosca-di-mario.html), diventa un testo sulle sorti dell'ultimo decennio della nazionale sovietica, di cui Dasaev è stato pilastro e capitano. È l'Unione Sovietica degli juventini Alenikov e Zavarov, del pallone d'oro Belanov, della punta Protasov e del futuro sampdoriano Mychailychenko, oltre che di Blochin, Rats e Demianenko. Un collettivo “operaio” giostrato dai brutali allenamenti di Lobanovskij (su cui Lupi non indaga, nell'occasione, troppo), idolo assoluto di Kiev che non risparmia critiche e non entrerà mai in grande sintonia con Dasaev (probabilmente per gli ammiccamenti dell'occidente verso il portiere) pur preferendolo al “pretoriano” Chanov (portiere della Dinamo Kiev).

Il volume parte dall'importanza del ruolo del portiere nella cultura sovietica, proseguendo con gli inevitabili rimandi al mito Lev Jasin (unico portiere a vincere un pallone d'oro) per spostare progressivamente l'attenzione su Dasaev. L'attitudine al nuoto, la fede islamica, gli esordi ad Astrachan, quindi l'approdo allo Spartak e da qui la scalata verso la conquista della nazionale e della fascia da capitano fino al declino a Siviglia tra papere, incidenti stradali e il sospetto dell'alcolismo (che Lupi sconfessa). Dasaev, negli anni ottanta, incarna il ruolo del portiere moderno: “fornisce un'interpretazione innovativa del ruolo, dimostrando di essere uno dei portieri più completi della sua generazione. La capacità di far ripartire l'azione una volta catturata la sfera, diventando così l'ispiratore dei contropiede. Con lui il portiere non è più un corpo avulso dagli altri dieci giocatori, ma è parte integrante di tutta la squadra.”

Lupi parla di tutto questo, fornendo un volume nostalgico per chi quegli anni li ha vissuti. Il Portiere di Astrachan è un libro di nicchia, indirizzato ai cultori del calcio internazionale e soprattutto est europeo. Fila 37 si conferma una casa editrice interessata alle vicende sportive del mondo sovietico e offre ai suoi lettori l'opportunità di approfondire la conoscenza su un'epoca ormai lontana, eppure affascinante e molto diversa da quella patinata e viziata che siamo abituati a conoscere.

Qualche refuso in qua e in là non inficia il valore del volume, facile da leggere e sufficientemente impreziosito da interviste ed estratti estrapolati da altri volumi, giornali e siti. Per cultori. Acquisto obbligatorio per il sottoscritto.

La nazionale sovietica a matrice ucraina (quando russi e ucraini giocavano assieme)
giunta seconda negli Europei del 1988.
Dasaev, in completo giallo, è il primo da sinistra verso destra.

"Ci sono delle regole auree per i portieri: o si rimane fermi o, se si va avanti, bisogna continuare e gettarsi sul pallone."

Nessun commento:

Posta un commento