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mercoledì 6 ottobre 2021

Recensioni Narrativa: LA GUERRA DEI MONDI DI SHERLOCK HOLMES di Manly W. Wellman & Wade Wellman.


Autore: Manly W. Wellman & Wade Wellman.
Titolo Originale: Sherlock Holmes's War of the Worlds.
Anno: 1975.
Genere:  Sci-fi.
Editore: Mondadori, Collana Urania, 1981.
Pagine: 188.
Prezzo: Fuori Mercato.

Commento a cura di Matteo Mancini.  

Romanzo fortemente derivativo che conferma la curiosa alchimia che lega La Guerra dei Mondi ad autori dal cognome con il prefisso “Well”. Dopo The War of the Worlds (1897) di H. G. Wells e la relativa trasposizione radiofonica curata nel 1938 da Orson Welles, nel 1969 Wade Wellman, figlio del celebre autore di narrativa fantastica Manly Wade Wellman (di cui si ricordano, tra gli altri, i cicli legati ai detective dell'occulto John Thunstone e del giudice Pursuivant), pensa di fondere il romanzo di Wells con le storie di Sherlock Holmes. ”Tutta la nostra fatica sarebbe puro plagio, se non dichiarassimo quanto siamo riconoscenti al romanzo di Wells” rivelano gli autori.

L'idea sorge a seguito della visione del film Sherlock Holmes: Notti di Terrore, una pellicola, diretta nel 1965 da James Hill, di tale successo da spingere l'anno seguente il maestro del giallo Ellery Queen a curarne una sorta di novelization dal titolo A Study in Terror (“Uno Studio in Nero”). L'opera vede Sherlock Holmes impegnato nelle indagini sugli omicidi di Jack lo Squartatore.

Wade Wellman, fondamentalmente un poeta, pensa di poter ripetere l'esperimento, spostando Holmes nelle location dello sbarco dei marziani, nel Surrey. Ne parla al padre, ben più esperto nel campo della narrativa. Un po' come avvenne per la stesura di War of the Worlds, che fu realizzato a seguito di un colloquio tra H.G. Wells e suo fratello, prende forma Sherlock Holmes's War of the Worlds. Manly Wade Wellman convince il figlio a introdurre un ulteriore personaggio legato alla penna del creatore di Holmes, l'immenso Arthur Conan Doyle. Entra così nella storia il professor Challenger, celebre protagonista di capisaldi del fantastico d'avventura quali The Lost World (“Il Mondo Perduto”, 1912) o l'apocalittico The Poison Belt (“La Nube Avvelenata”, 1913).

A differenza del capolavoro di Wells, il testo nasce a rate, con singoli episodi, poi divisi in capitoli, scritti in epoche diverse e, originariamente, pubblicati quali singoli racconti. È il 1972 quando Wade Wellman pensa di ampliare quanto già scritto. “Bisognava scrivere un'altra storia, una specie di seguito a rovescio” spiega. Questa impostazione provoca, nella lettura, continui déjà vu per il suo insistere sulla medesima scansione temporale riproposta dai punti di vista dei diversi personaggi. Un senso di disturbo che viene altresì amplificato dalla decisione di mutuare abbastanza fedelmente i fatti narrati da Wells in War of the Worlds, non riuscendo però a instaurare un medesimo clima di orrore. Wells trasmette la paura e la follia, i Wellman invece, con piglio anche ironico e per certi versi parodistico, delineano un'impostazione speranzosa dove l'uomo continua a controllare il suo mondo e si riserva di poter vincere il mostro alieno. In altri termini, i Wellman prendono il romanzo di Wells e lo trattano come se fosse una storia realmente successa. I fatti narrati dallo scrittore inglese sono gli stessi. Ciò che cambia sono i personaggi e le prospettive con i relativi punti di vista. Arrivano da Conan Doyle i vari Sherlock Holmes (più cinematografico che letterario, col suo modo di dire “elementare” estraneo a Doyle), il dottor Watson e Challenger. Dei tre, tende a essere dominante proprio quest'ultimo, con la sua boria e la sua finta umiltà. Il professore, in totale contrasto con i colleghi, è focoso, energico e non pecca di fiducia in sé stesso, definendosi la mente più intelligente nel creato (“gli alieni devono aver capito che la mia intelligenza è unica su questo pianeta”). Holmes è decisamente più in ombra, rispetto a quanto si è abituati a leggere, surclassato dalla maggiore personalità del professore.

A differenza del romanzo di Wells, i Wellman usano quale filo conduttore della vicenda un uovo di cristallo di origine aliena (idea ripresa da un altro celebre racconto di Wells, peraltro inserito nell'antologia Le Meraviglie del Possibile curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero) che mette in comunicazione la Terra con i marziani, ben prima che gli stessi arrivino a Londra (lo sbarco è ambientato nel 1902), alla maniera di una moderna telecamera che funge da ponte visivo tra i due mondi. Ho scritto marziani perché gli alieni si lanciano dal pianeta rosso proprio come nel romanzo di Wells, ma mentre Wells li classifica tali, i Wellman, forse per sopperire all'ormai appurata mancanza di vita su Marte, li tratteggiano quali zingari provenienti da un'altra costellazione e in cerca di un nuovo mondo in cui vivere. Marte è quindi una mera base di appoggio di una spedizione che parte da molto più lontano. Giungono a questa deduzione sulla base di una descrizione morfolofica (viene quasi condotta un'autopsia da Challenger, in cui si tende a sottolineare la particolare grandezza dei polmoni a dimostrazione di un origine legata a un pianeta ricco di ossigeno) e psicologica (gli alieni si gettano nell'oceano suggerendo di conoscere l'acqua, un elemento assente su Marte).

Vengono poi meno tutte le disquisizioni di matrice filosofico/politica che avevano contraddistinto il romanzo di Wells. I Wellman criticano apertamente le idee di Wells, troppo rivoluzionario per i loro gusti.“Wells non mi piace perché disapprova manifestamente la nostra civiltà e il nostro governo” sentenzia Watson. I Wellman confermano solo l'approccio di matrice darwiniana e lavorano su un piano di indagine all'insegna dell'ottimismo (in Wells vi era il pessimismo). Sherlock Holmes cerca di comprendere lo scopo dell'invasione, mentre Challenger lavora sull'origine della vita degli esseri e sui loro organismi. Alla fine gli alieni, compreso di non poter resistere ai batteri presenti sulla Terra, decidono di invadere Venere e di tenersi in contatto con gli umani, attraverso l'uovo di cristallo, facendo uno scambio di comunicazioni che potremmo definire di natura culturale e formativa. “Arrivare a uno scambio articolato con queste creature marziane dev'essere compito dell'unica mente terrestre dotata della necessaria intelligenza e del necessario metodo” afferma un Challenger assai odiosetto. Nel romanzo convergono anche alcuni cattivoni della saga Holmes (più volte citato Moriarty) e si citano casi risolti dall'indagatore. Non mancano i ladri e coloro che cercano di venire a capo del mistero legato al raggio inceneritore. Uno di questi riesce a capire la funzione dell'arma, ma Holmes, certo che le scoperte scientifiche possano essere pericolose se dirottate in mani poco raccomandabili, brucia il progetto impedendo a Challenger di poterlo studiare.

I Wellman citano le scoperte di Schiapparelli, menzionano le erronee deduzioni secondo le quali su Marte sarebbero presenti dei canali di origine architettonica, e seguono in modo pedissequo i fatti narrati da Wells, menzionando lo stesso quale altro cronista dei fatti. Watson lancia evidenti strali contro lo scrittore inglese definendolo “uno scribacchino ateo che si diletta a raccontare storie d'effetto e che ha idee un po' rivoluzionarie.”

Alla fine ne viene fuori un romanzo divertente, soprattutto nel suo primo e nell'ultimo capitolo, parti che fungono da prefazione (la preparazione all'assalto alieno) e da postfazione (il dopo della moria aliena sulla Terra) del tutto assenti nel romanzo di Wells. Questo non è tuttavia sufficiente a fare del lavoro un qualcosa che vada oltre al mero intrattenimento. Divertente dunque, tuttavia trascurabile.

Ripeto, Sherlock Holmes's War of the Worlds è un romanzo fortemente derivativo, completato nel 1975 e proposto in Italia dalla Mondadori, nella collana Urania, il 26 aprile del 1981 (numero 885). Un volume per completisti, che sembra esser stato scritto in un periodo di scarsa vena inventiva dei due autori, impegnati a giocare con due mostri sacri del fantastico del periodo vittoriano ovvero Arthur Conan Doyle e Herbert G. Wells. In verità vi è una terza forte ispirazione. Wade Wellman infatti individua, e lo dice anche nel corpo del romanzo, nel celebre racconto Le Horla (1886) di Guy de Maupassant una fonte di influenzamento di Wells. Più specificatamente confessa di aver subito il fascino di un ulteriore film, oltre a quello indicato in premessa, ovvero di Diary of Madman (“Diario di un Pazzo”, 1963). Quest'ultima è una pellicola diretta da Robert E. Kent ispirata alla novella Le Horla, in cui il “pazzo”, interpretato dalla pietra miliare Vincent Price, “mette nel scacco ed elimina un essere superiore in un modo che sarebbe ben degno di Holmes.” Non esistono dunque mostri imbattibili, neppure quando sembrano colossi al cospetto dei quali il povero Davide, secondo ogni più ovvio pronostico al cospetto di un Golia, dovrebbere soccombere. Mai perdere la speranza nelle facoltà dell'uomo e mai arrendersi.

 
Manly W. Wellman.

Quello del pensiero è un processo con cui la gran parte dell'umanità purtroppo non ha molta familiarità. Richiede il saper riconoscere i dati generali inerenti alla situazione data. Il saperne valutare il senso e gli effetti, e il sapere decidere di conseguenza la linea d'azione più opportuna.”

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