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domenica 13 luglio 2014

Filosofia Greca in pillole, da Socrate in poi

SOCRATE. Eccoci giunti al mio filosofo preferito in assoluto, quanto meno del periodo greco. Nasce ad Atene nel 470 A.C. Non ha mai scritto niente in quanto preferiva il dialogo. Il suo pensiero ci giunge grazie alle opere dei suoi allievi, in particolare Platone e Aristotele, nonché da Senofonte. E' ricordato come un soldato privo di paure e soprattutto in grado di superare i disagi della guerra con la massima indifferenza.
Disinteressato a ogni forma di lusso, esteticamente di brutto aspetto e dall'apparenza di un buffone, vestiva in modo dismesso ed era spesso propenso a cadere in catalessi. A quest'ultimo riguardo sosteneva di avere un Demone interiore che lo consigliava nei momenti difficili. Non a caso affermava la superiorità dell'anima (intesa come l'essenza dell'Io ed essenza della persona umana) sui piaceri del corpo e sulle ricchezze materiali: "Non del corpo dovete aver cura, nè delle ricchezze né di alcun altra cosa, prima e più dell'animaCiò che veramente conta è la mente, l'anima e l'intelligenza. L'Io non si identifica con il corpo, infatti esso permane anche quando il corpo deperisce con la vecchiaia."

Apprezzato da tutti, forse anche troppo anche perché utilizzava un linguaggio da uomo del popolo, finì con l'essere ingiustamente accusato di empietà. "Sono troppi quelli che si sentono stupidi al suo confronto, e nessuno è più vendicativo di colui che si accorge di essere inferiore" dice giustamente un cittadino interrogandosi sulle ragioni dell'accusa. 
Socrate si difese energicamente durante il processo, celebri alcuni suoi monologhi: "Io invece non cesserò mai di stimolarvi, di perseuadervi, di rampognarvi uno per uno, di starvi addosso tutto il giorno, dovunque voi siate, come un tafano che punge ai fianchi una cavalla che vuol dormire, perché è questo che mi chiede il Dio Apollo. O cittadini, la cavalla di cui sto parlando è Atene, e se voi mi condannerete a morte non troverete tanto facilmente un altro tafano che potrà tenere sveglia la vostra coscienza!"
La giuria però non si fece convincere, a ogni buon conto, dopo aver letto il dispositivo di condanna, chiese all'imputato di proporre una pena alternativa alla condanna a morte. Socrate, in grande stile e per nulla disposto ad accettare compromessi, rispose in modo provocatorio: "Una pena alternativa? E cosa mai ho fatto per meritare una pena? Per tutta la vita ho trascurato gli interessi personali, la famiglia e la casa. Non ho mai aspirato a comandi militari, né a pubblici onori. Non mi sono immischiato in congiure. Non vorrei sbagliarmi, ma credo di aver diritto a un premio, quello di essere ospitato nel Pritaneo a spese dello Stato!" Fu così condannato a morte, condanna da cui non si sottrasse, nonostante le proposte di evasione, per coerenza filosofica: "E quali ragionamenti potrei ancora fare sulla virtù e sulla giustizia se dovessi infrangere le leggi?"

Socrate affermava di essere il più saggio degli uomini perché sapeva di non sapere. Era mosso da un impulso interiore che lo faceva sentire investito da una missione etica tesa a sviluppare le personalità che trovava sul suo cammino (si definiva un esaminatore di anime), tanto da rifiutare ogni forma di pagamento per i suoi insegnamenti. "Conosci te stesso, i tuoi limiti e le tue potenzialità" diceva agli allievi per richiamare la loro attenzione su loro stessi.
Il suo fine era quello di risvegliare le coscienze, rendere gli uomini consapevoli delle proprie idee e delle proprie azioni, attraverso un continuo autoesame, liberandoli così dai pregiudizi e dalle influenze esterne e ricercare quindi la verità in un modo razionale.

E' famoso soprattutto per la Maieutica ovvero l'arte di far partorire le menti, che Socrate contrapponeva alla retorica dei Sofisti anch'essi cultori del dialogo. In altre parole Socrate non si presentava come un depositario di una sua verità ma, a differenza dei Sofisti, non ne negava l'esistenza ("la verità esiste, solo che io non la conosco e quindi la ricerco"). Dunque un approccio flessibile, libero da forme e preconcetti. Si presentava agli occhi degli interlocutori convinti di una fede o di un ragionamento qualsiasi (i c.d. sapienti), dichiarandosi ignorante e bramoso di sapere e chiedeva continue precisazioni per farsi convincere. Alla fine della chiacchierata, però, evidenziava le contraddizioni e i punti di rottura della verità altrui e lasciava l'interlocutore spiazzato (e a volte ridicolizzato) al cospetto dei punti deboli del suo discorso. Se invece l'interlocutore si dichiarava ignorante, Socrate procedeva con un percorso inverso per giungere da certezze minori a certezze più complesse. Socrate voleva così dimostare l'importanza di discutere ogni insegnamento e ogni dottrina senza accettarle passivamente (c.d. lotta al principio di autorità).

Socrate

I SOCRATICI. Tra i vari discepoli del grande maestro, sette si distinsero per il loro pensiero, i loro nomi sono: Antistene, Aristippo, Euclide, Fedone, Platone, Eschine e Senofonte. Nonostante la comune fonte di origine questi filosofi si odiarono profondamente ritenendosi ciascuno di loro il solo depositario del pensiero del maestro. Vediamoli uno a uno.

ANTISTENE. Nato ad Atene nel 446 A.C., è il più estremo degli allievi di Socrate, al punto da rifiutare la vita esteriore concentrandosi invece solo su quella interiore e sul concetto della privazione totale dai piaceri. "La virtù consiste nel seguire la natura e perseguire la libertà interiore". Viveva per la strada avvolgendosi in un mantello che gli faceva da vestito e da coperta, sostenendo che "nessun uomo amante del denaro può essere buono". In altre parole, citando il film Fight Club, sposava la tesi secondo la quale "le cose che possiedi alla fine ti possiedono" e quindi riteneva necessario liberarsi da ogni bene in modo da lavorare sul proprio Io ("accontentarsi di poco per non subire la schiavitù dei piaceri").
Fondò la scuola cinica (il nome deriva dal luogo di ritrovo, il concetto richiama l'idea del cane randagio) basata soprattutto sull'astensione e sulla sofferenza come via per apprezzare ciò che ci sta intorno. I filosofi che ne fecero parte si disinteressarono alla politica, alla fisica, concentrandosi unicamente sull'etica poiché si definivano "cittadini del mondo". "Per far diventare più desiderabili i cibi, sfrutto il mio stesso appetito: mi astengo dal mangiare per un po' così che qualsiasi cibo io mi porti alla bocca diventa di grande pregio. Quando il mio corpo ha bisogno di amore, mi accoppio con una donna brutta, così che lei, proprio perché nessuno la desidera, mi possa accogliere con grandissima gioia "

Suo allievo principale fu Diogene di Sinope, nato nel 404 A.C., il quale viveva all'interno di una botte e andava in giro con una lanterna, anche in pieno giorno, urlando: "Io cerco l'uomo!". Anche lui aveva un mantello come abito e come letto. Era un teorizzatore della pratica della masturbazione che considerava più sbrigativa e quindi preferibile al sesso di coppia.
Per temprarsi era solito rotolarsi nella neve d'inverno e sdraiarsi sulla sabbia rovente d'estate.
Dotato di una forte ironia, si divertiva a mettere a disagio il prossimo. Una volta fu visto interrogare una statua, avvicinato da alcuni disse: "Mi alleno a chiedere invano!" Un'altra volta, assistendo a un'esercitazione di un arciere particolarmente maldestro, andò a sedersi accanto al bersaglio: "E' l'unico punto dove mi sento al sicuro!"

ARISTIPPO. A differenza di Antistene, Aristippo era uno snob individualista, nato in una famiglia ricca e aveva un pensiero quasi diametralmente opposto. A differenza di Socrate si faceva pagare per le sue lezioni, praticando prezzi diversi a seconda degli allievi, più questi erano bravi meno pagavano.
Era un teorizzatore della filosofia del presente e dell'edonismo, cioè sosteneva che bisogna esser capaci di saper vivere l'attimo che fugge attraversando i piaceri della vita senza restarne invischiati poiché la felicità umana risiede nel piacere. A tal proposito dichiarava di possedere un equilibrio interno tale da poter attraversare senza paura i mari della ricchezza, del potere e dell'eros.

Fondò la scuola Cirenaica, di cui fece parte Teodoro detto l'Ateo, il quale era persino più individualista e arrogante del suo maestro, visto che sosteneva l'importanza di conquistare il piacere rigettando falsi moralismi e persino ritenendo superfluo e ipocrita il valore dell'amicizia. "I saggi, in quanto autosufficienti, non avvertono il bisogno dell'amicizia."

Un altro componente della scuola era Egesia, che tuttavia si caratterizzava per un pessimismo di fondo talmente radicato da andare in giro a cercare di convincere i cittadini a suicidarsi, poiché il piacere, un po' come dirà Leopardi, è una pace troppo effimera sospesa tra una tempesta di dolori e un'altra.

EUCLIDE. E' l'allievo più giovane di Socrate. Si caratterizza per aver cercato di fondere la dottrina di Parmenide a quella del maestro. A suo avviso le cose di questo mondo hanno un valore intrinseco e uno soggettivo dato dai singoli soggetti; il primo valore è chiamato essere mentre il secondo apparenza. Il bene si può raggiungere avvicinandosi il più possibile all'essere. "Il bene è l'essere, il male il divenire."

Fondò la scuola Megarica che si caratterizzava per l'abitudine di intaurare i discorsi partendendo sempre da una domanda seguita dalla relativa risposta.

PLATONE. E' l'allievo più importante di Socrate. Conosciuto come Platone, si chiamava Aristocle per via del fisico da Marcantonio. Era nato nel 428 A.C., di origine aristocratica e di atteggiamenti austeri, si dice che nessuno l'abbia mai visto ridere.
Inizialmente interessato alla politica, se ne discostò perché perse ogni fiducia negli uomini politici. Seguì gli insegnamenti di Socrate e fondò la scuola Accademia, così chiamata perché posta nei giardini dedicati all'eroe Academo, con l'obiettivo di "formare una classe dirigente intellettualmente preparata".

Il pensiero di Platone si sostanzia nel culto della filosofia, vista come arte e forma di vita superiore da anteporre al tutto: "solo la retta filosofia rende possibile vedere la giustizia negli affari pubblici e privati."

E' famoso soprattutto per La Repubblica, opera in cui delinea quello che per lui dovrebbe essere lo Stato ideale ovvero una società retta da tre categorie di soggetti in rapporto gerarchico tra loro. La posizione di comando deve essere riservata ai filosofi ("perché hanno realizzato in sé la giustizia e possono così condurre gli altri a questa meta") che daranno gli ordini ai combattenti, mentre a tutti gli altri (coloro che sono portati alla ricerca del benessere individuale) spetterà lavorare. La classificazione deve essere meritoria e non per nascita: "Se tra i figli dei lavoratori dovesse esser presente un ragazzo con chiare tracce d'oro e d'argento, sarà compito dei filosofi elevarlo al rango dovuto, così come se tra i figli dei filosofi ci dovesse essere un ragazzo fatto di bronzo sarà compito degli stessi farlo retrocedere nelle categorie inferiori".

I soldati devono essere formati con un misto fatto di arte (musica e poesia) e arti marziali, poiché "una formazione basata unicamente sulla forza li renderebbe belve non pensanti incapaci di persuadere gli altri con la forza della parola."

Platone, che sarà poi accusato di essere un ispiratore dei regimi totalitari del novecento, indica come si devono allevare gli uomini, con una concezione tutt'altro che romantica. Vede le donne come delle fattrici da destinare agli "stalloni" più belli (gli accoppiamenti saranno i migliori con i migliori e i peggiori con i peggiori, usando dei sistemi di sorteggio pilotati per non suscitare le ire dei più sfortunati). I figli non saranno allevati dalle madri, ma saranno gestiti in comune (per sviluppare l'amore per lo Stato in luogo che alla famiglia) senza che i genitori possano riconoscerli.

Lo scopo dei Filosofi e dei Soldati non deve essere quello di raggiungere la felicità personale, bensì quella di garantire il benessere dell'intero Stato. Chi si trova in posizione di vertice non dovrà mai avere sostanze personali (altrimenti si dedicherebbe a queste), esse devono esser redistribuite al popolo a cui invece non spetteranno diritti politici (spetteranno solo ai soldati e ai filosofi): "La grande ricchezza e l'estrema povertà rendono l'uomo infelice, in quanto la prima produce pigrizia mentre la seconda moti rivoluzionari".

La giustizia sociale si avrà quando il coraggio (classe dei soldati) sarà al servizio della razionalità (filosofi) e mai del popolo. In virtù di tale massima, Platone ritiene, facendo ben attenzione a dire che i governanti devono essere dei buoni che agiscono nell'interesse collettivo, la Monarchia il miglior sistema politico possibile (con a capo un filosofo), seguito dall'Aristocrazia e mettendo all'ultimo posto la Democrazia.

Come lo Stato ha tre classi di cittadini, l'individuo ha tre anime, anche esse in rapporto gerarchico, rette dalla:
- Ragione: Serve a ragionare e che punta alla conoscenza del vero. E' tipica del filosofo.
- Passione: Rende l'uomo intrepido. E' tipica del combattente.
- Appetitiva: Spinge l'uomo alla ricerca del benessere individuale. E' tipica dei lavoratori.

Il Mito della Caverna: Parabola attraverso la quale Platone evidenzia come la conoscenza  effettiva (l'essere) sia sospesa tra l'apparenza e l'opinione che sono mero frutto della conoscenza sensibile. Quest'ultima differisce dalla conoscenza poiché non vede le cose come effettivamente sono, ma le immagina in forma sbiadita e confusa, appunto intermedia tra l'essere e il non essere. Il filosofo è uno dei pochi che è riuscito a liberarsi dalle catene e ha visto in faccia la verità. Spetta a lui illuminare coloro che ricercano falsi obiettivi (denaro, successo, potere), ovvero ombre di una realtà ben più vera e posta al di là delle apparenze. Una realtà parzialmente intuibile, dato che esiste una sorgente di luce (Dio) che ce la proietta.
"Uscire dalla caverna è giungere alla conoscenza delle Idee immutabili." Per spiegare questo Platone usa l'esempio di alcuni uomini cresciuti in una grotta e che ignorano del tutto cosa si trovi all'esterno, convincendosi così che la realtà effettiva sia quella da loro conosciuta e scoprendo poi, grazie alla fuga di uno di loro nel mondo esterno, che essa è ben diversa.

Teoria Gnoseologica di Platone: Secondo Platone chi commette il male lo fa perché non conosce il bene. Platone divide tra cose materiali (corpo) e cose immateriali (anima), il primo modo attraverso il quale percepiamo le cose è attraverso i sensi ma questo non è sufficiente per conoscere. Esiste una realtà empirica (fatta di corpi sottoposti al divenire) che è intuibile con i sensi, ed esiste una realtà iperurania (fatta di idee immutabili e permanente) che sta oltre il cielo e in cui risiede la verità delle cose. In questa seconda dimensione si trovano gli originali delle cose presenti, in forma duplicata, nella realtà empirica.
E' l'anima la protagonista, attraverso la ragione, della conoscenza vera, in quanto ha assimilato delle conoscenza prima di entrare nel corpo in cui è prigioniera e pertanto, se ben guidata, può andarle a ripescare.

I Livelli di conoscenza platonica: Platone fissa tre livelli di conoscenza plasmando la filosofia di Parmenide a quella di Eraclito:
1. La Scienza: rappresenta la perfetta comprensione dei concetti immutabili (l'essere, che è immutabile ed eterno ed è costituito dalle idee. Il bene è l'idea più importante di tutte perché è la causa di tutte le altre);
2. L'Opinione: consente di avere sul mondo sensibile giudizi diversi (divenire);
3. L'Ignoranza: che è propria di chi vive alla giornata senza chiedersi il perché delle cose (il non essere).

L'Amore Platonico: L'amore per Platone ha una scala di valori. Al primo posto c'è il bene assoluto quindi, in ordine di importanza, la vera conoscenza, la scienza, la giustizia, l'arte, l'amore spirituale e infine l'amore carnale. L'amore (del conoscere) è il mediatore che partendo dalla realtà sensibile ci conduce a quella ideale ed eterna, spingendo l'anima alla ricerca della verità ovvero al mondo delle idee.

La concezione platonica dell'anima: Platone sosteneva che l'anima era immortale (perché altrimenti non avrebbe senso di esistere) e che il corpo era una sorta di contenitore temporaneo dell'anima. A ogni morte l'anima sale o scende nella gerarchia delle vite (al primo posto c'è l'amante della sapienza e del bello) a seconda di quanto l'uomo si sia avvicinato alla verità o comunque abbia improntato la propria vita alla ricerca della stessa, mantenendo delle conoscenze che possono permetterle di ricercare la verità (fatta di idee).


Platone.

Continua...

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