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martedì 2 settembre 2025

Recensione Narrativa: CATTIVI SEGNI - The X-Files di Easton Royce (Neal Shusterman).

Autore: Neal Shusterman (sotto lo pseudonimo Easton Royce).
Titolo Originale: Bad Sign.
Anno: 1997.
Genere: Horror.
Editore: Fanucci (1998).
Pagine: 164.
Prezzo: 12.000 lire.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Nella seconda metà degli anni '90 una serie televisiva si impose in Italia come poche altre erano riuscite a fare, passando dalla seconda alla prima serata e, per giunta, di domenica e su Italia 1 prima della trasmissione sportiva Pressing. Di cosa sto parlando? Di X-Files, una serie di cui venivano trasmessi due episodi per volta, dal 1993 al 2002 e successivamente dal 2016 al 2018. Undici stagioni per 218 episodi che di televisivo avevano assai poco. Intrecci accattivanti costruiti con la struttura del poliziesco e della storia di indagine. Casi insoliti, spesso commistionati con l'horror o la fantascienza, ma anche con l'azione e lo spionaggio. Non c'era argomento del paranormale che non venisse toccato e affrontato dal doppio punto di vista garantito dall'equilibrata coppia di poliziotti protagonisti: da una parte Fox Mulder (interpretato da David Duchovny), aperto all'insolito al punto da essere rappresentato dallo storico poster con la scritta I Want to Believe, e dall'altra l'affascinante Dana Scully (la convincente e sempre più carina Gillian Anderson) a rappresentare la componente razionale della coppia in virtù delle conoscenze medico-legali e scientifiche. Un format ben confezionato da Chris Carter (l'ideatore della serie), costruito pescando da testi di ufologia, ipotesi complottiste, revisioni di eventi storici riproposti sotto diverse ottiche e, non da ultimo, altre serie come Twilight Zone (Ai Confini della Realtà, 1959), l'italiana Il Segno del Comando (1971) fino ai Visitors (1984).

Ricordo il mio primo contatto con la serie, in una seconda serata estiva sui canali Mediaset. Solo in casa, davanti alla televisione del salotto, vidi Morte tra i Ghiacci, un episodio che sembrava fare il verso a The Thing (“La Cosa”) di John Carpenter. Ne rimasi subito colpito tanto che, a settembre, quando la serie fu spostata in prima serata, non persi più un episodio. X-Files, di cui rammento ancora con grandissimo affetto la sigla di apertura con la semplice ma magnifica colonna sonora di Mark Snow, è l'unica serie che io abbia seguito nella sua interezza. Un vero e proprio tormentone negli anni novanta, tanto da scatenare una lunga serie di trasmissioni e approfondimenti dedicati a ufologia, occulto e mistero come Misteri (1994) di Lorenza Foschini, Miracoli (1999) di Elena Guarnieri, Top Secret (2002) di Claudio Brachino (nettamente il migliore del gruppo, tanto che registravo le puntate), Voyager (2003) di Roberto Giacobbo fino a Mistero (2009) inizialmente diretto da Enrico Ruggeri e infine da Aurora Ramazzotti con la misteriosa figura di Adam Kadmon a risollevare le sorti di una trasmissione, in verità, un po' spenta. Rispolvero dai cassetti della memoria con grande affetto e nostalgia quell'epoca (in cui frequentavo le superiori). Il successo fu clamoroso, coinvolse il cinema (furono realizzati due film), le edicole in cui presero a fiorire riviste dedicate a quanto sfugge alla ragione e alla scienza fino a interessare, dal 1995 al 2000, il mercato editoriale. In Italia, divisi tra Mondadori e Fanucci, furono tradotti circa venti romanzi della serie The X-Files, molti dei quali tratti dagli episodi televisivi con scrittori di un certo prestigio, quali Charles L. Grant e Kevin J. Anderson, ingaggiati per proporre romanzi originali. 

 

I due detective FBI Dana Scully e Fox Mulder

Cattivi Segni, uscito nel 1997 negli Stati Uniti col titolo Bad Sign e arrivato in Italia l'anno dopo, rientra nel gruppo delle novelization. Lo firma Easton Royce, pseudonimo dello scrittore per ragazzi Neal Shusterman, dall'episodio Congiunzione Astrale (“Syzygy”) incluso nella terza stagione per la regia di Rob Bowman (poi regista di validi film dark-fantasy quali Elektra e Il Regno del Fuoco).

La caratteristica del romanzo è la sua facile lettura e il suo rivolgersi a un pubblico di young adult. Pur prendendo le mosse suggerendo il coinvolgimento di sette sataniche, sacrifici e omicidi rituali, il romanzo si muove nel mondo dei teenager delle superiori, tra giocatori di football e ragazze ancora in cerca del primo amore. In questo, il plot ricorda molto certi romanzi di Charles L. Grant, come The Pet (“La Carezza della Paura”, 1987), o Carrie di Stephen King. Dall'isteria di massa e dalla convinzione di avere a che fare con qualche gruppo di deviati inneggianti al demonio, ci si sposta presto nel campo dei poltergeist e, più specificatamente, dei poteri parapsicologici sebbene alimentati da particolari congiunzioni astrali. Shusterman è bravo a caratterizzare i due protagonisti. Mulder è piuttosto svampito, invaghito di una detective locale che finisce persino per sbaciucchiarlo. Scully non la prende bene. Lo riconduce continuamente con i piedi per terra e non apprezza l'ironia graffiante del collega. Questa parte è molto divertente, così come sono ben descritte alcune sequenze fantastiche a forte presa horror come un ragazzo che finisce stritolato dalle gradinate mobili della palestra, una bara che prende fuoco durante il funerale oppure uno stormo di uccelli che, in stile Gli Uccelli di Hitchcock, cade in massa sulla strada colpendo l'auto su cui viaggia Scully. Se questi sono gli aspetti positivi, tra i difetti si segnala un intreccio giallo che svela presto la sua soluzione e una scarsa cura nelle scene di raccordo, aspetto che, da un lato, velocizza la trama ma, dall'altro, non approfondisce a dovere gli sviluppi. Il volume, formato da poco più di centosessanta pagine, si legge in circa tre ore. Shusterman, all'epoca trentacinquenne e già soggettista al cinema (Double Dragon), confeziona quello che potremmo definire un vero e proprio turn page di consumo. Pluri-pubblicato da Piemme, ma anche da Mondadori, Il Castoro e Hotspot, lo scrittore è conosciuto soprattutto quale autore di romanzi per adolescenti con titoli quali The Schwa was Here (“Calvin L'Invisibile”, 2004). The Dark Side of Nowhere (“Gli Alieni sono tra Noi”, 1997), Downsiders (“Il Popolo degli Oscuri”, 1999), Unwind (“La Divisione”, 2007) e Dry (2018) da annoverarsi tra i più riusciti. Ha anche scritto romanzi fantascientifici e horror per adulti come quella che è forse la sua opera più famosa e acclamata: la serie distopica Scythe (“La Trilogia della Falce”, 2016-2019) pubblicata da Mondadori. Ha inoltre scritto due ulteriori romanzi per la serie X-Files, uno dei quali, Voltage (“Alta Tensione”, 1997), giunto anche in Italia, e una lunga serie di libri game.


Cattivi Segni è dunque un horror più che sufficiente, scritto da un autore ancora giovane che si farà valere nel campo della sci-fi young adult. Divertente nel delineare i rapporti tra i due protagonisti, non lesina nei momenti horror. Non sarà tra i migliori della serie, tuttavia intrattiene e lascia intravedere un certo gusto per il genere da parte di un autore che, una decina di anni dopo, troverà molti consensi nel campo del distopico per ragazzi. Per completisti.

 
Easton Royce ovvero Neal Shusterman.

martedì 26 agosto 2025

Recensione Narrativa: RACCONTI ITALIANI GOTICI E FANTASTICI - ESPERIMENTI di AA.VV.

Autore: AA.VV.
Anno: 2019.
Genere: Antologia Horror / Grottesco.
Editore: Black Dog.
Pagine: 314.
Prezzo: 17.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Bella iniziativa della Black Dog Edizioni che, pur non inventandosi nulla, propone con questa prima di cinque antologie la riscoperta del fantastico italiano estrazione dark della seconda metà dell'ottocento. Un'occasione dunque imperdibile per chi voglia tracciare le coordinante della genesi della narrativa del terrore in Italia. Niente di nuovo sul mercato editoriale, tuttavia, i racconti dell'intero progetto vengono spalmati su più volumi e ripresi, per lo più, da antologie quali Notturno Italiano: Racconti Fantastici dell'Ottocento (Editori Riuniti, 1984), da cui nella fattispecie arrivano cinque racconti, Da uno Spiraglio: Racconti Neri e Fantastici dell'Ottocento Italiano (Newton & Compton, 1992), da cui sono rispolverati cinque ulteriori racconti (più un sesto già presente nella precedente antologia) e Racconti Neri della Scapigliatura (Mondadori, 1988). Data la scarsa reperibilità delle antologie indicate, i volumi della Black Dog Edizioni – peraltro illustrati – concretizzano l'occasione di riunire e rendere disponibili circa cinquanta “piccoli” classici della narrativa del terrore, dando spazio a tutte le voci e a tutti gli interpreti del periodo (col sacrificio di qualche racconto di un certo tenore).

Questa prima antologia, introdotta da una prefazione di Dario Pontuale in cui si cerca di spiegare cosa sia il genere fantastico, raccoglie tredici racconti sul tema “esperimenti” scritti tra il 1867 e l'inizio novecento. Un tema interessante che suggerisce argomenti portati al successo da scrittori quali Herbert G. Wells e Robert Louis Stevenson, si pensi a The Island of Dr Moreau (1896) e a The Strange Case of Dottor Jekyll & Mr Hide (1886) che, per certi versi, vengono qua anticipati dai “nostri” scrittori. A ogni modo la selezione, discutibile (grida vendetta l'esclusione di una serie di racconti di Capuana, di sicuro più indicati dei tre proposti), tradisce un po' gli intenti. Gli esempi di mad doctor sono infatti in minoranza rispetto al resto dell'antologia, ne contiamo “appena” quattro (Il Corpo di Camillo Boito, Il Dottor Cymbalus di Capuana, Brutus di Salvatore Di Giacomo e Lo Specifico del Dottor Menghi di Italo Svevo) dove, sovente, il dottore/scienziato è vittima degli eventi quale mero osservatore costretto a fare i conti con l'imprevedibilità e l'irrazionalità del soprannaturale (Un Vampiro di Capuana e Le Due Mogli di Federigo Verdinois) o addirittura col paradosso di matrice allegorica piuttosto che soprannaturale (Il Pugno Chiuso di Arrigo Boito e Caterina Barlausen di Emilio De Marchi). Spicca l'eleganza antiquata del lessico, che i curatori dell'antologia hanno scelto di mantenere inalterato senza ammodernare i vocaboli (come invece ha fatto La Biblioteca di Lovecraft per Il Vampiro di Franco Mistrali), talvolta non più corretti secondo l'italiano corrente. Niente che renda illeggibile o faticosi i testi, sia chiaro. L'orrore ottocentesco, qua condito da un romanticismo tragico in cui il destino appare ineluttabile e inevitabile, matura in modo lento, con progressione crescente e spirito artistico più orientato alla dimensione letteraria che popolare. Non siamo al cospetto di racconti pulp o destinati ai lettori del volgo. Le influenze di E.T.A. Hoffmann sono tanto forti che molti dei soggetti sono ambientati in paesi di lingua tedesca, in un clima tipicamente ottocentesco dove il sovrannaturale interessa i salotti e gli studi medici e viene a scontrarsi con un positivismo materialista che vorrebbe escluderlo dalla storia umana senza, tuttavia, riuscirci.

Brilla in modo evidente il talento di Luigi Capuana, a mio modo di vedere il grande maestro nostrano del periodo nel delineare le trame e nel modernizzare l'esposizione orientando il racconto verso una dimensione di interesse popolare. Un Vampiro (1904), per l'epoca e pur arrivando dopo l'uscita del Dracula (1897) di Bram Stoker, è un eccellente esempio di racconto del terrore italiano, forse addirittura il più conosciuto dell'antologia. Fu pubblicato sul Corriere della Sera nel 1904 e costituisce l'emblema di una visione spiritualista contrapposta alla scientifica, in cui la razionalità dello scienziato deve cedere il passo alla potenza del mondo dell'aldilà. Folklore e scienza si contrappongono nello studiare lo strano fenomeno di una culla assediata di notte da una forza invisibile che pare suggere energia vitale dalla carne di un neonato. Capuana, da convinto spiritista, pone la scienza sull'orlo della pazzia, alle prese con un qualcosa che non può avere spiegazione e la fa soccombere (“la pretesa superstizione popolare ha avuto ragione sulle negazioni della scienza).La scienza è la più grande prova della nostra ignoranza” scrive nel proporre il caso di un assedio ectoplasmatico posto in essere da un vampiro particolare: il marito defunto di una donna che è convolata a nozze con un altro uomo. Il vampiro nella fattispecie è un fantasma che può essere debellato in un solo modo: bruciando il corpo sepolto nella tomba. L'epilogo ironico e farsesco alleggerisce i contenuti di una storia decisamente agghiacciante e in linea con gli esempi internazionali.

Sceglie il mix tra orrore e ironia anche l'altro grande autore del periodo ovvero Igino Ugo Tarchetti. Il suo Un Osso di Morto colloca di nuovo la scienza al cospetto col mondo degli spiriti, ma lo fa in modo comico e dissacrante. Un professore di patologia e di clinica dona a un pittore la rotula di un amico deceduto di cui ha sezionato il corpo. L'artista usa l'oggetto come fermacarte finché, durante una seduta spiritica, il diretto interessato non chiede di essere rimesso in possesso dell'osso che gli è stato sottratto, in quanto la mancanza del pezzo lo costringe a utilizzare una specie di fascia per tenere unito lo scheletro. Interessante per l'epoca, sebbene sdrammatizzi il tutto facendo fare persino delle considerazioni e delle critiche al fantasma circa la conservazione del reperto.


Un marcato esempio di orrore soprannaturale lo fornisce, invece, Remigio Zena con Confessione Postuma (1897), un racconto assai macabro, non troppo dissimile, per sviluppi, alle ghost stories inglesi. Un prete viene risvegliato nella notte da una serie di colpi alla porta della propria abitazione. Uscito in strada a vedere chi sia lo sconosciuto che lo importuna, si troverà a seguire un individuo che pare essere suo fratello fino a ritrovarsi, dopo un lungo peregrinare per le vie urbane, nella camera di una poveretta defunta la mattina ma ancora in attesa di essere liberata dal peccato. Mi ha ricordato un po' certi racconti di Algernon Blackwood.


Bello il romantico decadente Un Corpo (1870) di Camillo Boito, elaborato che ricorderò per essere stato l'ultimo letto in compagnia del mio defunto zio (colpito da un'emorragia cerebrale non appena finito di leggere il racconto). È un altro grande classico del genere italico. Qui il fantastico sfuma in un macabro perturbante che guarda all'ineluttabilità del fato, tra bellezze femminili da cristallizzare nel tempo, precognizioni (sensoriali) ineluttabili, obitori, pittori e dottori alla ricerca del segreto della bellezza dei corpi. Pesante in alcuni passaggi centrali, spicca per i dialoghi filosofici che vertono sul mistero della vita e sull'illusione di una vita ulteriore alla morte (“la morte è la putrefazione dell'anima”). A differenza di Capuana, Boito ha un approccio illuminista (“la sola cosa effettiva, la sola cosa reale, è la scienza. Il resto è illusione o fantasmagoria”) ritenendo materiale persino l'anima (“Ciò che i più dicono anima, forma una cosa sola con ciò che tutti usano chiamare materia”).


Simile, ma più povero nei contenuti, Le Due Mogli (1886) di Federigo Verdinois che ripropone il tema della precognizione (qua dovuta a una doppia e inspiegabile visione, come se lo spirito della persona vivesse un caso di dissociazione muovendosi indietro nel tempo per avvisare i diretti interessati di quanto sta per accadere) al fine di anticipare un dramma che, puntualmente, si concretizza nella forma del colera.


Verte sul giallo Un Caso di Sonnambulismo (1881), sempre dell'eccelso Luigi Capuana. Un ispettore di polizia risolve un omicidio plurimo grazie alle visioni avute in sogno e appuntate inconsapevolmente di notte sotto l'effetto di una strana forma di sonnambulismo che gli consente di scrivere gli avvenimenti del giorno successivo. Molto carino, ma un po' fuori tema e, anche questo, dai toni dissacranti (sembra parodiare i nascenti detective del giallo).


Dal retrogusto russo, penso ai racconti di Nikolaj Gogol (tipo Il Cappotto, 1842), Macchia Grigia (1877), un altro classico di Camillo Boito incentrato su un rimorso che prende la forma di una macchia grigia che, al calare delle tenebre, copre la retina del protagonista reo di aver provocato indirettamente la morte di una giovane e del padre di questa. Soggetto infarcito di un romanticismo che tende a essere ampolloso e ad aprire parentesi che dilatano oltremisura il narrato. Bella comunque la chiusura edgarallapoeniana.


In odore di narrativa russa anche Il Pugno Chiuso (1870) di Arrigo Boito, fratello di Camillo, dove l'avarizia di uno strozzino viene punita da una deficienza fisica, susseguente alla morte di un debitore, che porta alla paralisi di una mano del protagonista, convinto che all'interno del pugno rimasto chiuso vi sia un fiorino d'oro. Ha così inizio un peregrinare tra dottori e ciarlatani che porta l'uomo a fare di tutto, compreso farsi esplodere la mano, pur di rientrare in possesso della moneta. Finale allegorico in cui lo strozzino, per recuperare la moneta, perderà tutti i soldi accantonati negli anni a discapito degli altri. L'ironia esplode all'ennesima potenza con Caterina Barlausen di Emilio De Marchi, storia riscoperta solo nel 1993. Qui si vira su un grottesco ai limiti del comico, giocando tutto sulla civetteria e sul gusto per il chiacchiericcio delle comari. Una donna, costretta a mantenere il segreto circa il ritorno dall'America del nipote, sviluppa una malattia che la porta a ingrassare a vista d'occhio, finché non potrà tornare a dar sfogo alla parola e raccontare tutti i misteri e le ragioni per cui era stata costretta a tacere. Un racconto alla Leo Perutz, è il caso di dire.


Il dottor Cymbalus di Capuana ricorda che amore e sentimenti, pur provocando dolori e rimorsi, sono la vera ragione di vita e che un'esistenza di pace e apatia non varrebbe la pena di essere vissuta se non accompagnata dalla passione. Capuana racconta tutto questo, proponendo le vicissitudini di un giovane che, per non soffrire più, decide di farsi recidere la componente cerebrale che trasmette le emozioni al corpo. Se ne pentirà.


Delude La Lettera U di Igino Tarchetti, un racconto sperimentale più volte riproposto e incentrato sui deliri di un pazzo che si è dato il fine ultimo di eliminare la lettera U dall'alfabeto, al punto da condizionare tutti gli avvenimenti della propria vita (a partire dalla scelta delle donne da amare che non dovranno avere la lettera “u” nel nome di battesimo). Finirà rinchiuso in manicomio.


Un altro racconto deludente, non a caso uscito postumo (addirittura nel 1967), è Lo Specifico del Dottor Menghi, che porta la firma dell'illustre Italo Svevo (l'autore de La Coscienza di Zeno). Si tratta di un classico, peraltro uno dei pochi a tema col concept dell'antologia. Abbiamo infatti un mad doctor alla caccia di un siero in grado di ringiovanire l'uomo così da vincere la demenza senile. Interessante su alcuni passaggi, che anticipano The Fly (1957) di George Langelaan, col dottore che si introietta il siero e sperimenta su sé stesso gli effetti per poi tentare di salvare la madre, è penalizzato da controindicazioni non di poco conto, quali l'ampollosità del narrato e una certa pesantezza espositiva. Buono per lo spunto iniziale.


Ben costruito, ma finalizzato male (a mio modo di vedere), Brutus (1893) di Salvatore Di Giacomo che propone una moria di cani e gatti finiti sul tavolo di studio di uno strano dottore che contrarrà la rabbia.


Dunque, per concludere, una prima antologia, cui faranno seguito altre quattro, che offre l'opportunità ai curiosi e agli studiosi della narrativa macabra di focalizzare le attenzioni sulle origini del fantastico italiano. Si tratta di racconti lontani dalla moderna narrativa del terrore, più profondi nei contenuti, talvolta in grado di far sorgere domande esistenziali nei lettori, e anche più eleganti nel lessico di matrice letteraria. Il limite del progetto sta nello stretto legame con una concezione del genere tipicamente ottocentesca. Il lotto di autori, a parte Capuana, fatica a rendersi moderno e innovatore. A mio avviso, si tratta comunque di racconti che non possono mancare nella biblioteca di un appassionato dei racconti del terrore. Bene ha fatto la Black Dog a riproporli. Acquisterò a breve anche gli altri quattro.

 

Uno degli autori proposti:
Emilio De Marchi.

"Un libro può ben essere senza cartone, ma non senza morale. Chi a libro chiuso si accorge di non aver acquistata nessuna nuova e bella persuasione, era meglio per lui che l'autore fosse annegato nell'inchiostro" (Emilio De Marchi).

venerdì 25 luglio 2025

Recensione Narrativa: IL LATO SINISTRO DEL CUORE di Carlo Lucarelli.

Autore: Carlo Lucarelli.
Anno: 2003.
Genere: Antologia (Giallo, Horror e Fantascienza).
Editore: Einaudi.
Pagine: 370.
Prezzo: 14.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini

Antologia monstre del mio “scopritore” (se di scoperta si può parlare) Carlo Lucarelli pubblicata, nel 2003, all'apice della sua notorietà, dopo i successi degli anni novanta (vincitore del Premio Tedeschi nel 1993 con Indagine non Autorizzata e, nel 1996, del Premio Scerbanenco con Via delle Oche) ottenuti dalla serie Ispettore Coliandro (che sarà trasposta anni dopo nel serial televisivo diretto dai Manetti Bros) e da romanzi quali Lupo Mannaro (1994), Almost Blue (1997) e L'Isola dell'Angelo Caduto (1999), senza dimenticare i riscontri favorevoli garantiti dalla conduzione sulla Rai del programma Blu Notte – Misteri Italiani (1999-2009), vero e proprio appuntamento immancabile per gli appassionati di cronaca nera italiana tanto da fare di Carlo Lucarelli uno dei volti più noti della televisione (con tanto di imitatori). Associato al criminologo e psichiatra Massimo Picozzi, Lucarelli è stato uno dei primi scrittori/giornalisti ad analizzare in televisione le figure dei serial killer, cercando di garantire un approccio scientifico allineato agli stilemi degli indagatori americani. Un'intuizione che ha contribuito a lanciare una vera e propria moda sulla tematica, alimentata da saggi divulgativi - spesso scritti a quattro mani - come Compagni di Sangue (1998), Serial Killer. Storie di Ossessione Omicida (2003), Scena del Crimine. Storie di Delitti Efferati e di Investigazioni Scientifiche (2005) e Tracce Criminali. Storie di Omicidi Imperfetti (2006) sempre proposti con un linguaggio semplice e orientativo rivolto a una categoria eterogenea di lettori. Un vero e proprio faro illuminante per chiunque fosse a caccia di storie malate, perverse, legate alla storia criminologica italiana e non solo a essa. Lucarelli è stato ed è ancora un grandissimo comunicatore dai modi flemmatici e dalla postura studiata a tavolino. Voce ammaliante, sempre alla ricerca di metafore cinematografiche funzionali a rendere avvolgente il racconto, tra sagome cartonate e giochi di luce. Impossibile dimenticarlo.

Un nome, a inizio duemila, in rampa di lancio nel panorama crime e del giallo italiano, al punto da essere attenzionato da Dario Argento ed essere coinvolto, dopo il successo ottenuto da Alex Infascelli con la trasposizione (premiata con un Ciak d'Oro) di Almost Blue (2000), nella stesura della sceneggiatura del film Non ho Sonno (2001).

Un curriculum importante che porta Il Lato Sinistro del Cuore a caricarsi di attese che, per buona parte, verranno deluse. Lucarelli guarda al suo passato, probabilmente ai racconti degli inizi (penso anni ottanta), quando partecipava a concorsi narrativi o proponeva racconti finalizzati a pubblicizzare un prodotto alimentare o altro. L'Einaudi gli concede carta bianca e lo scrittore tributa il proprio passato (emblematico il ricordo della vittoria del mondiale del 1982 con il comico, ma modestisssimo, La Notte in cui mio Nonno Diventò un Lupo Mannaro) senza operare una vera e propria selezione dei racconti, tendendo piuttosto a pubblicare tutto. Vengono così proposti cinquantatré racconti, molti dei quali fulminei e gestiti da una a cinque pagine. Poche sono le storie davvero articolate. Sebbene la scrittura e con essa la lettura siano scorrevoli, molto materiale è contenutisticamente acerbo, riflettendo la natura di uno scrittore alle prime armi. Ci sono racconti (Amore e Spaziatura I, Il Racconto) addirittura sperimentali, privi di una trama, che rispondono a un tentativo metaletterario di giocare tra la gestione delle battute e il testo o tra questo e la sua ideazione.

Le tematiche sono molto variegate. Si spazia dal giallo classico all’horror, passando - almeno per un paio di racconti - alla sci-fi (Etienne) senza tralasciare incursioni nel genere comico-grottesco e nel noir. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Evidenti le tematiche ricorrenti, quali i flashback sul passato legato ai ricordi (probabilmente provenienti dai racconti del nonno) della seconda guerra mondiale (esaltazione della resistenza partigiana/comunista contrapposta all'infamia fascista, ne sono un'evidenza Comunisti e Los Fucilados), il gusto per l'erotismo spesso e volentieri di matrice esotica in cui l'uomo è un feticista destinato alla dannazione (La Domestica, Cornelius, Francisca) o alla ritorsione (Come uno Zombie), una curiosa anticipazione dell'ideologia woke (abbiamo due racconti con indagatori e poliziotti omosessuali o che comunque intrattengono rapporti con trans, tanto che uno dei racconti presta il proprio titolo a quello dell'antologia, mentre l'altro si intitola Il Giorno di San Valentino), la spiccata predisposizione per l'horror iperbolico (Julian, L'Uomo che Uccideva i Sogni e Il Silenzio dei Musei), ma anche per le sperimentazioni radiofoniche che ricordano il celebre scherzo di Orson Welles a cavallo tra le due grandi guerre (Radiopanico) e poi il tributo alla cucina emiliana (Cucina, Troppo Piccanti), l'ossessione per i paradossi temporali (Domani, Chi va Piano, Tempo), l'insistenza sulle sostituzioni di persona che determinano delle sliding doors a volte letali (Carissimo Oskar) e a volte provvidenziali (Telefono Sostitutivo) e infine la cronaca nera caratterizzata dall'azione di uomini dello Stato che hanno scelto la devianza al posto della fede nella patria, tra sette sataniche (Tenda Nera), attentati terroristici di matrice fascista (Omissis 25) e collusioni mafiose (Cornelius). Sono questi, a grandi linee, le idee attorno alle quali Lucarelli propone i suoi racconti. Non mancano ovviamente storie gialle proposte con stile beffardo ed elementi orrorifici impliciti deducibili con la corretta interpretazione del testo (Garganelli al Ragù della Linina), risoluzioni di vecchi delitti in cui viene omaggiato Edgar Allan Poe (L'Appartamento), indagini assurde votate al grottesco con crimini impossibili (in Delitto di Natale si scopre un omicidio commesso da Babbo Natale poi fuggito al seguito delle sue renne volanti; in Tiro Mancino, un ladro, dotato di due mani sinistre, riesce a convincere che il soggetto immortalato dalle telecamere non può essere lui perché le prove indicano che a commettere il colpo è stato un destrorso, salvo poi scoprire che il sospettato ha un fratello gemello dotato di due mani destre; in Moby Dick, un paziente di una clinica psichiatrica di nome Acabbi è ossessionato dalla balena bianca di Melville e uccide con una forchetta di plastica un uomo di duecento chili vestito tutto di bianco che ha visto passeggiare nel parco) o situazioni tali che portano persino all'assoluzione di un vecchio gerarca nazista tornato sul teatro dell'eccidio da lui stesso perpetrato allo scopo, un po' come Gian Maria Volonté in Un Indagine su un Cittadino al di sopra di Ogni Sospetto, di farsi condannare (Reinhardt Klotz).

Come è facile intuire, l’enorme quantità di racconti abbassa la media generale dell’opera. Tanti elaborati risultano bruttini, altri fiacchi e altri ancora prevedibili o scritti per mero esercizio. Tuttavia, vi sono dei gioielli che meritano di essere letti e che stranamente esulano dal genere tanto amato dall’autore (cioè il giallo). Vediamo nel dettaglio quali sono i racconti più riusciti.

La volta in cui fui selezionato da Lucarelli.

 
ANALISI NEL DETTAGLIO

Acquistai questa antologia alla Libreria Libraccio di Pisa circa venti anni fa, per sette euro, in versione usata, con una macchia di senape che negli anni è ormai diventata irrintracciabile. Era il periodo in cui leggevo spesso Carlo Lucarelli, soprattutto saggi ma anche novelle, tanto che ebbi persino la fortuna di essere scelto da lui (!!) al mio debutto narrativo (arrivai al mio solito al terzo posto), scrivendo un finale di un racconto che aveva scritto a quattro mani con Matteo Bortolotti. Non amai in modo particolare l'antologia, di cui curai una breve recensione per il sito scheletri, sebbene fui colpito soprattutto da due racconti che, a distanza di venti anni, continuavano a vivere nella mia memoria (cosa non da poco).

La perla dell'antologia è indubbiamente il folle Julian, non a caso riproposto dalla Cut-Up, nel 2024, in versione fumetto, adattato da Stefano Fantelli. Si tratta di un racconto grandguignolesco iperbolico, ambientato nella Francia del 1793. Un deputato francese viene condannato alla ghigliottina, ma durante l’esecuzione la testa gli viene mozzata così velocemente da impedire agli impulsi nervosi di comunicare la morte al cervello. La testa rimane pertanto cosciente e inizia un lungo pellegrinaggio che la conduce da una fossa comune infestata dai topi al tavolo degli esperimenti del dottor Frankenstein, il tutto passando dai laboratori medici, circhi, spettacoli del grandguignol e passioni necrofile inconfessabili. Gioiello, che consente all'autore di giocare su scenografie, usi d'epoca e soprattutto dissacrare con intelligenza il genere horror.


Se Julian è il miglior racconto del lotto, quello che avrei voluto annoverare nella mia produzione è Radiopanico. Una storia semplice, cadenzata con maestria eccezionale, giocando sui dialoghi tra un Dj, rinchiuso in una stanza davanti al poster di Nek, e una serie di radioascoltatori che telefonano in redazione impressionati dalla straordinaria lucentezza della luna. Tra una serie di titoli che omaggiano il nostro satellite naturale, la situazione precipita quando un sedicente astronomo svela che il sole è andato in supernova e che, dall'altro capo del mondo, la terra è ridotta in cenere. La fine del mondo, pertanto, è arrivata. Non resta che attendere quindici minuti. Lucarelli omaggia senza nascondersi lo scrittore sci-fi Larry Niven e il racconto Incostant Moon (“La Luna Incostante), salvo sgonfiare il tutto all'epilogo, virando in modo secco verso una leggenda del mondo del cinema e il suo capolavoro radiofonico. Roba da pazzi o, meglio ancora, che fare impazzire. Il racconto, infatti, è un evidente omaggio all'esperimento sociale, non si sa all'epoca quanto voluto (l'autore scriveva i monologhi al Presidente degli Stati Uniti), condotto il 30 ottobre del 1938 via radio da Orson Welles, in occasione dello spettacolo radiofonico incentrato su The War of the Worlds (“La Guerra dei Mondi”) di Herbert G. Wells. Welles che cita Wells. Si scrivono in modo diverso, ma si pronunciano allo stesso modo. Uno scherzetto che costò all'attore e regista americano un'accusa di procurato allarme come ben ha spiegato lo stesso Carlo Lucarelli nello speciale per Dee Giallo.


Altre due perle sono gli erotici Il Gatto ed Etienne. Il primo è un racconto in cui una donna - abbandonata dal fidanzato - instaura una relazione particolare con un gatto che, ogni sera, le cammina sul balcone del terrazzo e le scivola nel letto. Zoofilia allo stato puro. L'idillio avrà tuttavia un epilogo tragico quando la protagonista si rimetterà assieme al fidanzato. Qui Lucarelli abbandona la farsa ironico e umoristica, per chiudere in modo davvero triste e di effetto. Verte invece sulla fantascienza neurologica a sfondo cyberpunk Etienne. Il soggetto ricorda passaggi alla Dreamscape (1984) o alla Total Recall (“Atto di Forza”), con soluzioni “potenzialmente” riprese dai vari eXistenZ (1999), Matrix (1999) e Nirvana (1997). Lucarelli affonda ancora nell’erotico (ingrediente sovente presente in questi racconti), allestendo un programma di sesso virtuale infettato da un virus che uccide i clienti. L’infezione consiste nell’apparizione, durante i giochi erotici, di una donna dalle forme libidinose, che uccide i partner esaudendo le loro più recondite e inconfessabili fantasie erotiche, fino a farli collassare dal piacere. I progrmmatori ricorreranno a un energumeno soprannominato King Kong ma, tra la bella e la bestia, vincerà la bella (e senza rivincita, altrimenti non sarebbe la bella).


Altro racconto di qualità è l'horror Il Silenzio dei Musei, che propone il sottotema dei personaggi che dai quadri si materializzano nella realtà, fuoriuscendo dalla cornice di riferimento. L'ambientazione si sposta all'interno di un museo dove dei ladri hanno avuto la cattiva idea di compiere un furto. Il delitto viene sventato da un insolito guardiano: il protagonista del dipinto Il Boia, che porta con sé le teste delle vittime per conservarle nella cesta che si tiene alle spalle. Discreta ghost story dalla potente atmosfera.


Queste sono, a mio modo di vedere, le cinque perle dell'antologia, nessuna delle quali ascrivibile al giallo o al noir. La cosa potrebbe sorprendere, eppure proseguendo nell'analisi constatiamo come la componente horror sia molto presente e spesso più efficace e indicata alla brevità dei racconti proposti. In La Morte è un Maestro Tedesco, ambientato in un campo di concentramento nazista, entrano in azione i licantropi. Lucarelli gestisce una tensione crescente alla distanza, cela la natura dei mostri con indizi che suggeriscono la via ai lettori smaliziati (la presenza dello zingaro, i cerchi protettivi disegnati a terra, la musica incessante dei violini) fino all'epilogo (tragico) rivelatore. Protagonista è un quartetto di musicisti reclutato tra i prigionieri del campo per ravvivare una serata di gala della Gestapo. Le ragazze invitate, che ballano e scherzano con gli ufficiali, finiranno sbranate dai lupi mannari. Pur se limitato nel soggetto (tema che è stato di seguito utilizzato anche da Rob Zombie per il trailer fake di Grind House), Lucarelli gioca col lettore, allude e garantisce un buon ritmo senza scendere nel volgare.


Divertentissimo L'Omino coi Baffi che sembra uscito dalla penna di Stephen King. Al centro della narrazione c'è uno iettatore che provoca indirettamente incidenti e disgrazie rivolgendo, a chi sta lavorando o sta per compiere una data azione, la semplice frase “eh si, si, si... Sembra facile...” Simpatico il finale, dove l'attentato studiato per eliminare lo strano personaggio che trasuda una magia dai tratti infernali finisce per ritorcersi contro chi lo ha organizzato, col nostro che canzona il malintenzionato con l'immancabile adagio “eh si, si, si... Sembra facile...”


Giocano con l'horror gli erotici La Domestica e Come uno Zombie. Il primo è un racconto ben costruito, con un protagonista di quattordici anni che fantastica sulla nuova domestica proveniente da Capo Verde, raccontando a scuola di intrattenere una relazione inconfessabile con la neo assunta. Il racconto potrebbe essere perfetto per un Harmony o per Confidenze, ma a tenere la penna eretta è Carlo Lucarelli e la storia prende sviluppi inattesi ai cuor leggeri. Così, quando i due ragazzi restano soli in casa, perché i genitori del protagonista devono recarsi al funerale di una parente, non arriva alcuna focosa notte d'amore, ma prende forma un epilogo squisitamente horror in cui trovano collocazione i vari indizi disseminati nel corso del testo (si parla di voodoo, maledizioni e riti di riduzione in schiavitù). Bella costruzione, ma forzato nel movente (perché la domestica ha scelto proprio quel ragazzo?) e con un epilogo narrativamente coerente ma debole sul piano realistico. A ogni modo è un valido racconto che, senza difetto finale, sarebbe potuto essere annoverato tra le storie più riuscite del lotto. Lavora in modo opposto Come uno Zombie che suggerisce fin da subito la componente horror salvo virare alla fine verso un'altra forma di sottomissione: il ricatto. Meno difficile da scrivere e più coerente sul piano concettuale.


L'Uomo che Uccideva i Sogni è un pezzo onirico, che mi ha un po' ricordato il recente racconto La Bambola (2024) di Pier Francesco Grasselli. Tutto ruota attorno a un protagonista che finisce per prediligere (fino a intossicarsi di sonniferi) la dimensione del sogno notturno (dove può compiere qualsiasi forma di nefandezza provandone eccitazione erotica) alla realtà. Interessante verificare come Lucarelli ribalti gli ingredienti di base di Nightmare di Wes Craven, a cui viene reso un omaggio iniziale soffermandosi su un primo piano di Freddy Krueger che passa alla tv.


Ancora horror, seppure meno articolato, con C'è un Insetto nel Muro, un racconto di genere fantastico fulmineo ultra derivativo, tipico di uno scrittore alle prime armi, che guarda a The Outsider di Lovecraft (e a un precedente racconto di Edgar Allan Poe) e un pizzico a La Metamorfosi di Kafka. Manca qualcosa per giustificare l'involuzione che porta il protagonista alla mutazione in un mega insettone (forse qualcosa di ingerito durante una festa). Non dissimile L'Ombra sul Muro, breve storia di valenza orrorifica con un ragazzino intimorito da un'ombra sul muro dalla forma della testa di un diavolo. Finale stereotipato dove il protagonista scopre di aver avuto paura di un'ombra prodotta dai soprammobili e altri oggetti della nonna, salvo non accorgersi che qualcosa di diabolico si cela davvero in quell'ombra. Pressoché identico, con l'irrazionale che trova spiegazione razionale salvo poi piegarsi al sovrannaturale, è Ottobre, in cui due ragazzini per sottrarsi dalla vendemmia finiscono per nascondersi in una cantina che si dice essere infestata dal fantasma di una ragazzina. La diceria soverchia la ragione e quanto di narrato diventa reale, quantomeno nella mente di chi interpreta. Ma dietro ogni leggenda già sapete cosa si nasconda.

Con Il Libro Lucarelli prova a riscrivere, non senza ironia graffiante, il sottogenere dei libri maledetti. Due giovani sposi, che utilizzano i libri come soprammobili, acquistano un libro sulla base delle sue dimensioni, senza neppure preoccuparsi del suo contenuto. Il volume, infatti, è perfetto per riempire lo spazio vuoto rimasto nella libreria che è stata loro donata dai parenti. Il libro, tuttavia, è un volume usato ed è stato maledetto dalla donna che lo aveva avuto in dono. Provoca infatti degli strani effetti che arrivano a indurre in catalessi la moglie del protagonista. Per poterla risvegliare, il “nostro” dovrà aprire il testo e studiarne il contenuto (è un libro di cucina), sebbene il mistero sia legato alla dedica che si legge sul frontespizio. Ai limiti della parodia, ma intelligente. 

 

Julian è diventato un fumetto.

Vedete dunque che quasi un terzo di antologia è incentrata o gioca sul fantastico di matrice horror, piuttosto che sulle tematiche per le quali è conosciuto Carlo Lucarelli che, tuttavia, non possono mancare. Immergiamoci allora nei gialli e nei noir dove, come vedrete, il macabro e gli spunti fantastici saranno ingredienti ricorrenti.

Sono storie tutt'altro che commerciali. In questi racconti il poliziotto è marcio, il politico colluso con la mala, il Vaticano trama nell'ombra e i carabinieri spesso sono contrapposti tra loro, tra i buoni di qui e i cattivi di là. Due sono le storie più riuscite e note tra le tante proposte. Garganelli al Ragù della Linina risente degli studi criminologici di Carlo Lucarelli, tanto che nel clima di ilarità che domina il racconto, quasi integralmente ambientato in un'osteria di un paese della provincia romagnola, va in scena un'indagine, tra sindaco, consiglieri e il nuovo comandante di stazione dei carabinieri per venire a capo del mistero culinario che lascia tutti spiazzati. Clima da commedia all'italiana, una roba da Beppone e Don Camillo, se non fosse che alla direzione c'è sempre lui: Carlo Lucarelli. E così ecco emergere strani indizi, che il lettore più attento non perderà tempo a riconnettere sulla giusta sintonia con echi a personaggi quali Fritz Haarmann, Nikolaj Dzhurmongaliev o, se vi aiuta di più, a Ed Gein e Albert Fish (che certe cose le hanno fatte davvero e nessuno, prima di scoprire gli ingredienti, mai è andato a lamentarsi, anzi...). C'è infatti un ingrediente segreto nel ragù che manda fuori di testa, qualcosa che è stato recuperato in clima di guerra, quando il cibo latitava... ma di cosa si tratterà? Tra una risata e l'altra, vuoi vedere che...? Il Comandante dei Carabinieri non riesce a resistere (peraltro come già programmato dai due protagonisti) e si sfocia in orrore modalità allusiva, tipo le tre città della Lombardia di cui nessuno sa fornire il nome della terza. Seppure tutto messo davanti al lettore, quanto accaduto resta sfumato e sta al lettore comprendere il come del ragù. Forse un po' lento nella preparazione (c'è una catena di omicidi disseminata nel tempo), in vista di un epilogo shock assai bene confezionato. È subito dietro la mia top five e guida la mia top five crime.


L'altro racconto più noto, peraltro amatissimo da una mia collega che si diletta nella scrittura, è La Tenda Nera. Qui comincia a uscire il marcio delle forze dell'ordine. Ne Il Lato Sinistro del Cuore sono prevalenti gli agenti deviati e/o corrotti. Non c'è spazio per eroi che piacerebbero tanto alla televisione di stato o alle istituzioni. Tutt'altro. Qui però c'è ancora lotta tra due fazioni. Un'indagine oscura che parte dai gatti e si gonfia, ancora una volta tra una risata e l'altra, in un caso oscuro, in odore di organizzazione segreta, forse addirittura satanica che ha il suo simbolo in una strana tenda nera. Un prete esorcista cerca di mettere sulla giusta strada il nuovo Comandante di stazione, ma muore misteriosamente (evidente omaggio al finale de L'Esorcista). Chi voleva parlare cambia versione. Il male però, più che all'esterno, sembra essere all'interno della stazione dei carabinieri, anche i colonnelli ne sono toccati. Si innesca un vero e proprio conflitto tra buoni e cattivi. Finale cupo, con epilogo beffardo per un racconto dal potenziale forse non pienamente espresso. Il regista Luciano Manuzzi lo pesca da Nero Italiano e ne trae uno sceneggiato televisivo che esce su Rai 2 nel febbraio del 1996, con Luca Barbareschi e la ex miss Italia Anna Kanakis. Niente di memorabile.


Gode di ottima costruzione Cornelius, forse il migliore per intreccio. Insieme ai due sopramenzionati e ai cinque miei top, è tra i migliori testi dell'antologia. Costruzione da giallo, anche se non in versione whodunit. Qui ci si chiede cosa succederà, tra gesuiti in collusione con servizi segreti e alti prelati con il vizio per le belle ragazze. Tutto viene studiato a tavolino e tutto si svolge secondo programma, da perfetto orologio svizzero. Bella costruzione. Il villain, un gesuita agli ordini del Vaticano specializzato in lavori sporchi, torna nell'affascinante ma non eccelso Jubileo. Qui la longa manus del vaticano deve intervenire per coprire un segreto che sconvolgerebbe la gestione del Giubileo in corso: il papa che si muove tra i fedeli è una controfigura, perché il vero papa è morto. Per la guardia svizzera che è a conoscenza del segreto non c'è scampo. Bella la parte nei sotterranei del Vaticano al servizio di una trama che avrebbe potuto prendere pieghe alla Dan Brown ma, purtroppo, non lo fa.


Molto carino Reinhardt Klotz, una sorta di Indagine su un Cittadino al di sopra di ogni Sospetto, con un gerarca nazista, scomparso nel nulla, che ritorna sul luogo dell'eccidio per farsi condannare senza tuttavia riuscirci.


Cattivo e crudo il drammatico È Notte e sembra che Faccia Ancora più Freddo, dove una retata condotta dai fascisti a caccia di ebrei celati nelle abitazioni non consente alla spia di turno di salvare la propria moglie affetta da un male incurabile. Forse la storia più triste e cattiva dell'antologia.


Attrazioni fisiche pericolose per il racconto che da il titolo alla raccolta: Il Lato Sinistro del Cuore, che ricorda molto da vicino la seconda parte del film La Sindrome di Stendahl. Un investigatore privato, celerino radiato per omicidio colposo (ancora poliziotti marci, sembra che Lucarelli abbia un rapporto conflittuale con le forze dell'ordine), viene ingaggiato da una ragazza molto attraente che non perde tempo a rivelarsi per quel che è: un transessuale. L'investigatore è chiamato a risolvere l'enigma dell'uomo che, ogni notte, appare nella camera della cliente, intento a guardarla. L'indagine si dipana tra strani incidenti stradali e tentati omicidi capitati ai precedenti fidanzati del transessuale che nel frattempo ha una tresca col protagonista. Chi è il misterioso molestatore? Il principale sospettato (un ex fidanzato) viene trovato impiccato, infine, seppur prevedibile, la soluzione si materializza e l'indagatore si troverà davanti a un dilemma: denunciare oppure... Da annoverare nella top ten.

 

Luca Barbareschi interpreta il protagonista de LA TENDA NERA.

Sono gialli di qualità, soprattutto per come viene risolto l'enigma prospettato, Il Conte ed Eleonora. Il primo è tra i gialli più riusciti, sebbene si chiuda con un finale tipico per Lucarelli ovvero il protagonista che scopre il mistero legato a una scena del delitto intricata ma, dopo aver svelato il tutto al responsabile, decide di graziarlo. Più qualitativo Eleonora (completa la mia top ten), più o meno concepito alla stessa maniera sebbene con tocco allusivo, che sfrutta la sensibilità particolarmente sviluppata di un ragazzino cieco (qualcosa del genere, seppure giostrato sull'udito piuttosto che sul tatto, si leggerà in Almost Blue) per ricostruire l'identità nascosta di un killer e monetizzare quanto scoperto ottenendo un riconoscimento economico per evitare la denuncia.


L'idea dei Carabinieri deviati torna alla carica con Omissis 25, questa volta orchestrata attorno al clima di terrore degli anni ottanta legato al gladio. Ancora una volta si assisterà a un confronto tra Carabinieri buoni e Carabinieri cattivi, vinceranno i primi ma a quale prezzo?


Poliziotti corrotti al centro del beffardo (ed efficace) Il Giorno di San Valentino in cui Lucarelli gioca con il lettore, illudendolo di raccontare una storia fantastica dalla prospettiva di un uomo defunto che ricorda il giorno in cui è morto. Il finale, in chiave metaforica, consente al racconto di distinguersi e riscrive sotto diversa ottica quanto si era dato per scontato. Di cattivissimo gusto e con gravi problemi di verosimiglianza (specie alla fine storia) Nero, dove addirittura il poliziotto è marcio tanto da essere uno psicopatico che trucida coppiette per frustrazione dopo essere andato in bianco con la collega.


Carissimo Oskar è un distopico che rievoca il dramma dei campi di concentramento (anche se sembra più di essere in un carcere di massima sicurezza) con un tocco orwelliano che fa del paradosso il suo punto di forza. Costruito su uno spunto pressoché identico, ovvero quello di un soggetto che si finge un altro e alla fine lo diventa (nel caso di Oskar simulando la scrittura di un detenuto defunto), è Telefono Sostitutivo dove un telefono di cortesia diviene fonte di telefonate alquanto bizzarre, tra femme fatale, spacciatori inviperiti e attentatori che cercano tutti una persona diversa dal possessore del telefono, finendo però per identificarla con lo stesso. Più riuscito di Carissimo Oskar per quel tocco che lo renderebbe perfetto per un episodio di Ai Confini della Realtà.

Interessanti altri due racconti che ci fanno riflettere su quanto siano rilevanti le notizie riservate e personali che non vorremmo fare emergere, specie quando divengono alternative alla scelta di denunciare o meno un crimine di cui si è stati testimoni. Lo vediamo con Stazione Ostiense e Roma non far la Stupida Stasera, due crime story dall'epilogo pressoché identico e ingrediente di fondo costituito dall'egoismo dei protagonisti che preferiscono evitare di denunciare un omicidio di cui sono stati – a diverso modo – testimoni, pur di coprire le loro scappatelle amorose. Più riuscito, tra i due, Roma non far la Stupida Stasera, se non altro per il taglio giallo e per la rivelazione finale (abbiamo un procuratore della Repubblica che si emoziona nell'intercettare abusivamente le coppiette al Gianicolo, finendo per ascoltare un omicidio di un serial killer). Emozioni ed eiaculazioni uditive anche con Quinto Piano, Interno B, un erotico sullo stile de La Finestra sul Cortile (o se preferite Piedipiatti, con la vecchietta “arrapona”) che si chiude con l'arresto di un ricercato. Una buona gestione dei tempi, per una storia che non decolla mai e che, alla fine, è mediocre.


Divertenti sono invece i racconti sui paradossi temporali. Domani propone un inseguimento, tra scali e voli aerei, finalizzato ad arrestare un incensurato sospettato di avere collusioni mafiose. Il fuso orario vanifica il mandato d'arresto, in quanto la data di emissione dell'atto non è allineata al calendario rendendo impossibile il documento che sarà spendibile solo il giorno successivo... Medesimi ingredienti ma gestiti in modo più beffardo per Chi va Piano, dove la frenesia dell'inseguimento da parte dei Carabinieri supera l'effettiva velocità del bandito (non a caso chiamato “Lumegha”) che si trova a inseguire chi gli da la caccia. Divertissment. Tempo giostra su tematiche simili senza incidere.


Tra gli altri racconti meritano giusto un cenno L'Appartamento e Il Giudice. Sono storie sull'ossessione di soggetti in pensione (un poliziotto nel primo caso, un giudice nel secondo) convinti che dietro la scomparsa di una donna o la morte di una ragazzina, avvenuta decenni prima, si celi un omicidio compiuto da un dato sospettato. Nel primo caso Lucarelli piazza un omaggio evidente a Edgar Allan Poe.


Cerca e trova l'azione Francisca, ambientato a Trinidad, dove una seducente mulatta balla inosservata in un bar dove è a caccia di nuovi amanti. La giovane infatti viene ignorata da tutti, perché è la fidanzata di un malavitoso che si nasconde nella giungla. Chi la guarda, viene uccisa dall'uomo. Un giorno, in paese, arriva un maestro che pare non preoccuparsi degli avvertimenti del poliziotto del posto. Western caraibico.


Comunisti e Los Fucilados rivelano – penso di potere azzardare – la passione politica di Lucarelli, andando a esaltare la componente eroica di chi subisce pestaggi dall'autorità senza rivelare i nomi dei compagni. Sulla stessa lunghezza d'onda ma disincantato e disilluso Photoricordo, dove la passione per gli ideali di sinistra viene corrotta e dominata dall'imperante capitalismo.

Di cattivissimo gusto il pornazzo (inutile) con epilogo splatter Un Chien Andalou che mi ha ricordato la canzoncina sconcia “Oh Susanna”, quella che dice: eravamo nella valle con le palle ciondolon...

Allucinato Blue Suede Shoes che culmina nell'omicidio del protagonista.

Il resto è più che trascurabile, con apertura e chiusura dell'antologia dedicata a due sperimentazioni stilistiche.

CONCLUSIONI

Più di una ventina di racconti da salvare, con due perle (Julian e Radiopanico), una dozzina abbondante di buoni racconti (Il Silenzio nei Musei, Il Gatto, Etienne, Garganelli al Ragù della Linina, Cornelius, La Tenda Nera, Il Lato Sinistro del Cuore, Eleonora, Reinhardt Klotz, Telefono Sostitutivo, L'Uomo che Uccideva i Sogni e Il Conte) e una mezza dozzina di racconti interessanti (L'Omino con i Baffi, Il Giorno di San Valentino, La Domestica, Domani, Omissis 25 e L'Appartamento), seguiti da altrettanti sufficienti (Francisca, È Notte e sembra che faccia più Freddo, Jubileo, Carissimo Oskar, Ottobre e Roma non far la Stupida Stasera). Dunque ventisei racconti da salvare su cinquantatré, poco meno della metà se facciamo un calcolo aritmetico. Va tuttavia considerata la generosità di Lucarelli che ha proposto anche storie di una pagina o di pochissime pagine, quasi a operare intermezzi tra un elaborato e l'altro. È chiaro che il giudizio finale ne risente, andando ad abbassare la valutazione che si sarebbe potuta dare con una rosa più concentrata di racconti. Vediamola allora da un'altra prospettiva ovvero quella di poter inserire in libreria più racconti di Lucarelli senza rischiare di vedere tagliare proprio uno dei pezzi a noi più graditi. Promuoviamo allora il volume che, non a caso, ho riletto dopo venti anni dalla prima lettura. E se non c'è due senza tre, non mi resta che darvi appuntamento per la pensione, morte permettendo.

 
Carlo Lucarelli.
 
 "In Italia esistono almeno quattro verità. La verità giudiziaria, l'unica che si può raccontare senza venire querelato. Ma mica è detto che sia la verità. Poi c'è la verità storica. Ma viene revisionata. Poi c'è la verità del buon senso. Tipo Pasolini che diceva che lui sapeva anche se non aveva prove. Infine la verità politica. Un bel macello. Come si fa a dire che c'è una storia di cui si sa tutto? Se pernsi che non ci si può fidare di nessuo, nemmeno degli organi preposti all'accertamento della verità."