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giovedì 1 maggio 2025

Recensione Narrativa: IL POSTO DEL BUIO di Dean R. Koontz.

Autore: Dean R. Koontz. 
Titolo originale: The Bad Place.
Anno: 1990. 
Genere: Thriller. 
Editore: Sperling & Kupfer (1995). 
Pagine: 430. 
Prezzo: Fuori catalogo.
 
Commento a cura di Matteo Mancini.  

Classico thriller alla Dean Koontz, crudo (proposte anche uccisioni di neonati) e con elementi parapsicologici - questa volta marcati - che torna sui caratteristici cliché della sterminata produzione dell'autore. The Bad Place (1990) si inserisce nel solco tracciato da Whispers (“Sussurri”, 1980) che abbiamo già analizzato su queste pagine (http://giurista81.blogspot.com/2025/01/recensione-narrativa-sussurri-di-dean-r.html) riproponendone tutti gli ingredienti base. Abbiamo infatti una coppia di innamorati in veste di protagonisti (nella fattispecie due detective privati), un villain muscolare generato da un incesto, un serial killer che irrompe nelle abitazioni e che ha spiccati problemi nella sfera sessuale (già presente in Funhouse - "Il Tunnell dell'Orrore"), il tema della vendetta delirante che anima il killer, un medico privo di etica che per soldi tiene condotte amorali, poteri parapsicologici, omicidi crudi messi in scena con taglio cinematografico (rimando allo slasher, tanto che in una scena è esplicitamente omaggiato Jason Voorhees della saga Venerdì 13), maltrattamenti familiari ed educazione religiosa castrante alla base della genesi criminale, mirabolanti poteri riconnessi all'uso delle droghe e vaghi rimandi erotici. Niente di nuovo, dunque, nella produzione dell'autore, se non fosse per l'influenza patita dal film The Fly (“La Mosca”, 1986) diretto da David Cronenberg. Koontz infatti inserisce nel suo canonico soggetto di “fuga e assalto” - costituito da un serial killer che si è dato l'obiettivo di uccidere un dato soggetto in costante fuga - il tema del teletrasporto umano, arrivando a proporre squarci altamente visionari che penetrano nella fantascienza spaziale (addirittura astronavi alieni, scarafaggi che defecano diamanti e un pianeta sconosciuto lontano dalla via lattea). Un'introduzione coraggiosa che alza la media del testo nonostante l'autore non approfondisca la questione (davvero un peccato). Dimenticate quindi soluzioni alla Philip Fracassi in Commodore.

Il romanzo ruota attorno a un personaggio con vuoti di memoria e in via di disgregazione fisica e mentale che ha il dono di teletrasportarsi col pensiero nei luoghi in cui ha vissuto. A dargli la caccia è il fratello, anch'esso dotato di poteri parapsicologici molto sviluppati, che vuole ucciderlo per vendicare la madre assassinata. Koontz, dunque, prosegue su un sentiero già battuto, si pensi a The Door to December (“Incubi”, 1985) che abbiamo analizzato la passata stagione (http://giurista81.blogspot.com/2024/08/recensione-narrativa-incubi-di-dean-r.html), in linea alla narrativa di Stephen King (si pensi ai poteri parapsicologici sviluppati dalla protagonista di Firestarter, in conseguenza delle droghe somministrate ai genitori) senza, tuttavia, avere la capacità di variare strutturalmente i soggetti delle proprie storie. La costruzione dei singoli romanzi dell'autore tende quindi a essere sempre la stessa (grosso limite nella produzione di Koontz). Nell'occasione c'è da sottolineare una migliore quadratura della storia, che – a differenza di Whispers - non si concede parentesi estranee alla vicenda principale (a parte l'adrenalinica presentazione iniziale dei protagonisti) mantenendo il ritmo su livelli di guardia e sopratutto si rivela (almeno per due terzi di storia) molto più accattivante della media dei romanzi di Koontz. A un certo sembra quasi di essere alle prese con una trama alla Buick 8 (2002) di King, con un soggetto che scompare e si ricompone portando con sé oggetti alieni su cui gli indagatori investigano per venire a capo del mistero. Un processo continuo che porterà il soggetto a contaminare il proprio corpo, incorporando all'interno di sé stesso elementi estranei (topi, scarafaggi, pezzi di vestiti) che lo condurranno a un epilogo body horror tra David Cronenberg e Brian Yuzna, con Koontz che sottolinea gli omaggi facendo continuo riferimento al concetto di “carne” con frasi come: “Noi siamo carne, soltanto carne, e in cuor nostro lo sappiamo, e in segreto applaudiamo gli uomini che hanno il coraggio di trattarci per quello che siamo. Carne”.

Buona la caratterizzazione del villain (addirittura generato da una donna ermafrodita che si è auto-inseminata!?) che, oltre a teletrasportarsi con la forza della mente, si nutre di sangue umano e animale, rilasciando scariche elettriche dalle mani che provocano la fuga degli animali dalla boscaglia così che possa agguantarne alcuni e azzannarli al collo. Koontz diluisce nella trama alcuni momenti agghiaccianti contraddistinti da rara cattiveria. Altro aspetto da rimarcare è il clima promiscuo e malsano (stile The Texas Chainsaw Massacre) che domina la famiglia del villain con rapporti interpersonali malati che hanno nella repressione sessuale la loro ragione d'essere. Non a caso il villain è dotato di quattro testicoli, ma è privo di pene, mentre le sorelle hanno la capacità di calarsi nella mente degli animali e di percepirne le emozioni.

Dunque un Koontz, a suo modo coraggioso, che propone interessanti varianti all'interno di un intreccio ampiamente collaudato.

Tra le sottotracce trapela anche un ragionamento sul mistero della vita, sospeso tra una visione nichilista (siamo carne da macello) e il sogno che la morte non sia la fine di tutto. “Osarono cullarsi nel sogno più grande di tutti: il sogno che non esiste una vera morte”. Eloquente, come in King, il fatto che i soggetti dotati di poteri soprannaturali siano i diversi e gli ultimi, tra cui un ragazzino down non poi così lontano dal modello kinghiano di Dreamcatcher (“L'Acchiappasogni”, 2003). Altresì kinghiano è il messaggio finale sull'amicizia: “uno dei doveri più sacri dell'amicizia è tenere accesa la fiamma del ricordo, in modo che la morte non significhi la sparizione immediata dal mondo. In un certo senso, i morti possono continuare a vivere, finché vive chi li ha amati. I ricordi sono un'arma essenziale contro il caos della vita e della morte, la via che assicura la continuità di generazione in generazione, un segno di rispetto per l'ordine e il senso dell'esistenza umana.”

Dunque un romanzo dalla struttura classica, nell'ambito della narrativa di Koontz, ma con guizzi, caratterizzazioni e una voglia di osare superiore alla media delle opere dell'autore. Probabilmente tra i più folli e visionari mai scritti da Koontz.

 
 
"Ma provate a immaginarlo. La figlia ermafrodita di un rapporto incestuoso tra fratello e sorella che si ingravida da sola! La madre del bambino è anche il padre. La nonna è anche la prozia, e il nonno il prozio! Una linea genetica incredibile... e non dimentichiamo i geni di Yarnell, danneggiati dall'uso di allucinogeni. Praticamente, la garanzia sicura al cento per cento di un altro mostro di natura."

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