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venerdì 7 giugno 2019

Recensione Narrativa: LOVECRAFT MUSEUM di Steve Rasnic Tem


Autore: Steve Rasnic Tem.
Titolo Originale: In The Lovecraft Museum.
Anno: 2015.
Genere: Fantastico.
Editore: Edizioni Hypnos, 2016.
Collana: Visioni.
Pagine: 83.
Prezzo: 8,90 euro.

A cura di Matteo Mancini.
"La paranoia è soltanto avere l'informazione giusta" questa la citazione a William S. Burroghs con cui si apre la novella edita dalle Edizioni Hypnos nella collana Visioni. Ottanta pagine abbondanti di delirio, con un protagonista americano, un vero e proprio fallito, che si rifugia nella letteratura weird per sovrapporre una vita di fantasia alla solitudine e alla perdita del figlio che è scappato da lui durante un viaggio in Inghilterra. Un escamotage tuttavia inidoneo a mantenere sommerse negli abissi della memoria i dolori e le delusioni di una vita di insoddisfazioni. "Con un figlio, la famiglia era possibile, e James poteva immaginare se stesso come parte di una comunità" massima che si rivelerà una pericolosa illusione che genera mostri, quelli della mente.

Dietro al progetto c'è l'autore americano, classe 1950, Steve Rasnic Tem, quattro volte vincitore del Bram Stoker Award e più volte antolocizzato in Italia, al fianco di Stephen King, Clive Barker, Ramsey Campbell, Robert Bloch e altri, in opere collettive quali Profondo Horror (1993), Estate Horror 1993: Mostri (1993), Popsy e Altri Racconti (1995), 25 Storie di Magia Nera (1996) e Il Libro dei Morti Viventi (2000). Autore conosciuto nella nostra penisola soprattutto quale scrittore di racconti, alcuni ideati a quattro mani con la moglie Melanie Kubachko, si è destreggiato anche nel formato del romanzo sebbene in Italia nessuno abbia deciso di scommettere su di lui in via autonoma. Fa eccezione una piccola novella pubblicata dalla Delos: Dolcetto o Scherzetto ad Halloween Street. Testo comunque insufficiente a valergli una menzione nella Guida alla Letteratura Horror dell'Odoya. 

Le edizioni Hypnos, probabilmente anche per l'idea che funge da sfondo a quello che è un romanzo alienante e paranoico, anziché weird e fantastico, hanno pescato questo In The Lovecraft Museum (2015) tra i finalisti degli Shirley Jackson Award del 2016. Si tratta di una novella che ben rappresenta il marchio di fabbrica dell'autore, più votato all'introspezione piuttosto che all'azione. Rasnic è conosciuto soprattutto per opere psicologiche e surreali dove l'orrore resta di sfondo, simile a qualcosa che corrompe la quotidianità e modifica la normalità inserendo elementi destabilizzanti. Un imprinting che ha portato alcuni critici ad assimilare l'autore a Franz Kafka. Non fa eccezione questo Lovecraft Museum, dove persino gli animali domestici assumono una veste minacciosa, alla stessa maniera dei bambini. L'impressione è quella di un'alienità, non meglio precisata, che crea angonscia e ansia perché non conosciuta e dunque potenzialmente minacciosa. Ne viene fuori un testo non sempre facile da seguire, solo a tratti coinvolgente, infarcito di un'inquietudine soprattutto soggettiva, quella del protagonista, un vero e proprio estraneo alla vita sociale.
Risultano molto fascinose le descrizioni del museo eretto, nella campagna londinese, a tributo di Lovecraft, con stanze che riproducono in modo tridimensionale le location dei racconti più famosi del maestro di Providence. Il protagonista si muove all'interno di esse, spaesato e impressionato, sebbene la sua mente corra perennemente a quel figlio che ha perso alcuni anni prima, preferendo annullarsi in una folla di sconosciuti e in un terreno straniero piuttosto che continuare a vivere col padre. E così tutta la permanenza in Inghilterra del protagonista sarà caratterizzata da una lunga corsa, innescata da un corrispondente che lo ha invitato in Regno Unito per parlare di weird, all'inseguimento di un fantasma. A ogni angolo svoltato, infatti, il protagonista si convincerà di aver visto il figlio e si lancerà sulle sue tracce pur se ostacolato dalla folla. Lovecraft resta di sfondo, forse solo vagamente richiamato in un'ideale corrispondenza psicologica col protagonista. L'autore da vita a un incubo psicanalitico in cui il trauma si decompone e si riforma, sotto diversa veste, proponendo quell'abbandono disgregante che ha definitivamente disintegrato la personalità del protagonista.
La storia procede tra flashback e interrogatori condotti dalla polizia, delineando un dramma (il fallimento umano) anziché un'opera votata alla ricerca del sense of wonder o orientata a un fantastico esoterico. L'epilogo è di una tristezza unica, con un aereo caricato di reietti che sembrano esser stati espulsi dall'Inghilterra perché non graditi.

Opera tra luci e ombre, assai allucinata. Personalmente non l'ho amata, essendo più cerebrale che concreta, penalizzata (ma per qualcuno potrebbe essere il punto di forza) dal punto di vista del protagonista che, da disturbato psicologicamente, rende spiazzante il testo, passando spesso da un argomento all'altro con la fastidiosa controindicazione di una dilatazione testuale che spegne l'attenzione del lettore.

L'autore STEVE RASNIC TEM

"Tutto di ciò di cui era convinto era quanto facilmente un cultura possa essere infettata poste le giuste circostanze fauste o infauste, possa diventare un virus e diffondersi attraverso l'architettura o la religione, o il design o la politica, quanto poco i sogni che creiamo ogni notte siano effettivamente i nostri."

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