Autore: Gordiano Lupi.
Anno: 2014.
Genere: Sportivo - "Vita reale".
Editore: A Car Edizioni.
Pagine: 190.
Prezzo: 12,50 euro.
A cura di Matteo Mancini.
Questa sarà una recensione lievemente diversa da quelle canoniche, un'analisi dove i miei commenti personali e le mie valutazioni andranno a pari passo con gli aneddoti e i processi formativi del testo che hanno portato l'autore, Gordiano Lupi, all'ideazione e poi alla stesura di quello che reputa, probabilmente non a torto, la sua migliore opera di scrittura creativa. Ho deciso anche io di prendere le mosse di questa recensione con una prefazione musicale. Lupi utilizza la sognante e famossissima La Leva Calcistica della Classe '68, ascoltata milioni di volte anche dal sottoscritto quando da ragazzino inseguivo i palloni nell'improbabile ruolo di centravanti (processo opposto a quello del protagonista del romanzo), per tratteggiare l'ideale cornice in cui andrà a incastonarsi il testo che si dipanerà nelle pagine successive. A mio modo cerco di fare altrettanto, con il testo di una canzone cantata da uno storico portiere di serie A scomparso qualche anno fa, che decise di autoprodursi un album senza grandi speranze di riconoscimento, così per sfizio e per passione, semplicemente perché gli amici gli avevan detto che proprio male non era alla chitarra e che, guarda caso, il suo stile somigliava proprio a quello di Francesco De Gregori. Una pubblicazione destinata a finire nel nulla, penserete voi, o al massimo nelle collezioni di qualche tifoso nostalgico. E invece no, perché i sogni, come racconta Lupi, si devono coltivare sempre, anche quando sembran impossibili e anche quando il crepuscolo inizia a cancellare i colori all'orizzonte. Quell'album autoprodotto da un cantante, verrebbe da dire "improvvisato" o comunque non professionista (neppure dilettante, in verità), è arrivato a ricevere il riconoscimento e il premio da un certo Mogol. Scusate se è poco. Il Cantante e Calciatore (che è pure il testo di una sua ulteriore canzone) di cui sto parlando è Andrea Pazzagli, storico portiere di Perugia, Ascoli e Milan, ma anche della nazionale italiana Beach Soccer capitanata dal capitano della squadra in cui, io che vi scrivo, ho debuttato nei campionati nazionali di Calcio a 5 a Pisa. E allora spazio alle note della canzone (notevole tanto quanto quella di De Gregori), per poi tuffarsi nelle atmosfere di Calcio e Acciao - Dimenticare Piombino..
PREFAZIONE MUSICALE
Rettangolo Verde
di Andea Pazzagli.
Colonna sonora calcistica
Per tutti è iniziata alla stessa maniera, dietro un pallone a primavera,
poi con gli amici in mezzo alla strada, che bello sentirsi una squadra,
la prima maglietta col numero dietro, il tiro e il rumore di un vetro,
e i tuoi scarpini fatti di cuoio l'odore di canfora d'olio, la tua squadretta la prima partita ma quant'è bella la vita,
tuo padre e tua madre sempre scontenti quei libri non li hai mai aperti,
il primo torneo il primo rigore perdere è un grande dolore,
e la finale il goal vittoria e finalmente l'odore di Gloria,
la prima squadra e quell'esordio incacellabile dolce ricordo,
tante persone tu al centro del prato la vita che hai sempre sognato,
poi sul più bello quell'infortunio e tutto diventa più buio,
ma la tua forza il tuo grande amore presto ritorni a giocare,
gli amici veri e quelli finti adesso di soldi ne hai tanti,
e la tua donna seduta in tribuna fra tanta gente ma sempre più sola,
i suoi gioielli il suo visone l'invidia di tante persone,
passano gli anni gli allenatori i primi acciacchi e i primi dolori,
dopo trent'anni ti senti già vecchio è brutto guardarsi allo specchio,
l'ultimo triste allenamento i tuoi anni migliori sono nel vento,
alla tua età la gioia arriva ma tu ti senti alla deriva,
e vedere quel campo dovere andar via nel cuore ti scoppia la nostalgia,
ma non disperare c'è sempre tuo figlio a cui puoi dare qualche consiglio,
ma non disperare c'è sempre tuo figlio a cui puoi dare qualche consiglio.
LA RECENSIONE DI MATTEO MANCINI
Calcio Acciaio è un romanzo che Gordiano Lupi, l'autore, ha covato per lungo tempo e che ha iniziato a prendere forma con un vecchio libro intitolato Lettere da Lontano (1997), pubblicato anche da Il Foglio di Piombino. Un'opera quest'ultima che non riscosse grande successo, ma che ha giocato un ruolo importante sia per la realizzazione del volume che ci accingiamo ad analizzare sia del "gemello" Miracolo a Piombino. Pubblicato nel febbraio del 2014 dalle Edizioni A. Car srl di Lainate, provincia di Milano, Calcio Acciaio costituisce una delle opere di maggior cuore, se mi concedete l'espressione, di Gordiano Lupi. Non c'è dunque da stupirsi nel leggere che è il libro che l'autore ama di più, dato che la cosa è facilmente percebile anche nella lettura.
Autore classe 1960, ex arbitro di calcio e appassionato di cinema di genere, Lupi abbandona la via della narrativa fantastica, talvolta truculenta - si pensi a Una Terribile Eredità (2009) - per confezionare un romanzo tributo alla sua Piombino, ma soprattutto al rimpianto tempo perduto, il tempo dell'adolescenza, gli sfumati anni in cui ognuno di noi cullava i propri sogni guardando al futuro con gli occhi tipici di un bimbo che non si pone limiti di sorta.
Ne viene fuori, sotto la forma del romanzo dalle forti attinenze sportive, un'opera molto particolare che definirei dai toni crepuscolari e agrodolci. Il "calcio" da una parte come evasione dalla triste realtà, l'acciaio dall'altra come il presente costituito dal lavoro in fabbrica che debilita ma garantisce il pane con cui tirare avanti. Lupi usa lo strumento della finzione narrativa per plasmare un qualcosa che non è proprio un romanzo. La storia diviene marginale, secondaria. Si parla di un ex campione della serie A che, appese le scarpette al chiodo, decide di ritornare nel paese di infanzia nei panni di allenatore di calcio dopo alcune esperienze negative sulle panchine della C1. Il suo è un ritorno che sa più di necessità di ritornare alle origini, a un tempo scomparso troppo presto e che mai più ritornerà. Un bisogno fisiologico che potremmo paragonare alla necessità di un pesce di riprendere la via del mare. Il ritorno alle origini non vuole dunque essere la ricerca di un trampolino per il rilancio verso nuovi traguardi, ma più una sorta di fuga da un presente non accettato e alla ricerca della sicurezza che solo il ricordo di una sana infanzia può rievocare. "Rincorrere il passato è una soluzione, quando il presente non possiede niente di magico, non profuma di sogni ma porta con sé un acre sapore di sconfitta."
L'ex campione abbandona i palcoscenici del calcio che conta per tornare in provincia, nei campionati di promozione ed eccellenza, a battersi nei polverosi campi dei dilettanti in onore di una cittadina, la Piombino città natale dell'autore, che attraversa una crisi profonda e versa in una situazione di decadenza. Lupi è chiaro nel caratterizzare con aggettivi e immagini decrepite sia le fabbriche che costituiscono la fonte di reddito della cittadina sia le strutture che vi gravitano attorno. "Vuol guidare la sola squadra che conseva un posto nel suo cuore, in uno stadio che non è più lo stesso, che l'incedere degli anni ha modificato, distrutto, logorato, ma che resta il suo stadio."
Lupi decide così di usare la storia di questo cinquantenne, che ha raggiunto la notorietà a sacrificio della vita privata, per rendere omaggio ai valori che dovrebbero costituire la base della vita genuina ma che troppo spesso sono diametralmente opposti all'arrivismo sociale e persino alla conquista della felicità. Il suo Giovanni è, di fatto, un fallito pur essendo un idolo delle folle. La scalata al successo, alla notorietà, si è trasfomata in un allontanamento da quella semplicità, talvolta sofferta e faticosa, in cui risiede la vera felicità e in cui trova terreno fertile la vera amicizia e il vero amore. Giovanni, con i suoi soldi e i suoi trofei, non è riuscito a costruirsi una famiglia (cosa che gli rimprovera di continuo la madre), vive di rimpianti e soprattutto di ricordi, rintanato in un passato di cui non trova più corrispondenza nella nuova Piombino, vuoi per la speculazione edilizia, vuoi per i tempi che cambiano. La storia dell'allenatore e delle gesta del Piombino Calcio diventano così strumento per parlare di altro. Un'occasione per veicolare emozioni e sensazioni, operazione che Lupi conduce molto bene in virtù di un romanticismo struggente assimilabile alla figura di un gabbiano che plana al tramonto liberando sopra le onde l'ultimo canto della giornata.
Lupi pizzica dunque le corde emotive dei lettori, specie quelli legati a un certo contesto (vuoi che siano sognatori o sportivi passionali), e lo fa non tanto facendo immedesimare gli stessi con i personaggi, ma portandoli a misurarsi con la propria infanzia, i propri ricordi del paese di origine e le vicende scolastiche, perché, in fondo, se è vero che non c'è più la Piombino degli anni settanta, non ci sono più neppure le altre realtà di provincia, con i loro cinema di seconda visione, i loro bar e gli innocui passatempi di una volta. Persino io che sono nato nel 1981 ricordo molte delle cose che Lupi racconta nel romanzo e che oggi, ahimè, non ci sono più.
Il romanzo pecca forse di una certa ripetitività. Lupi ritorna spesso sulle sue riflessioni, concentrandosi più sulla parte introspettiva dei personaggi che sull'azione vera e propria, tuttavia l'opera è ricchissima di passaggi e dialoghi notevoli, conditi da una malinconia e da una tristezza tipica dei bei tempi che non ci son più. Calcio e Acciaio commuove, genera una sorta di stretta al cuore, per il suo far rivivere i ricordi personali sepolti nel passato dei lettori. A mio avviso, infatti, parlando del contesto sociale e delle abitudini dei cittadini della Piombino degli anni settanta, Lupi confeziona un cocktail di emozioni e situazioni in cui i lettori finiscono col rispecchiarsi con la diretta conseguenza di innescare i propri ricordi. Qualcuno, il solito con la puzza sotto il naso, potrebbe parlare di "retorica" e "luoghi comuni" invece non è vero. In Calcio e Acciaio Lupi apre il proprio cuore, dispensa omaggi ai propri amori (cinematografici, calcistici e musicali) e confeziona un sentito tributo alla sua città, ma anche e soprattutto a una società, senz'altro più familiare e umana dell'attuale, che si è estinta.
Ecco che la storia raccontata, in sé e per sé, diviene secondaria, funge da background, mentre il contesto ambientale, che di solito è esso il background di una storia classica, diviene la parte centrale del romanzo. Ciò si verifica nonostante i personaggi siano ben caratterizzati e siano essi stessi strumenti per mettere in scena problematiche attuali (l'immigrazione dall'Africa, il calcio scommesse, la disoccupazione e la chiusura delle fabbriche). Mi pare inoltre di intuire, in alcuni personaggi, l'introduzione di forti componenti autobiografiche. Si veda i ricordi del nonno del protagonista, appassionato di lettura e fondamentale per la formazione del futuro campione per il suo spingerlo a sognare a occhi aperti; oppure il personaggio dell'arbitro che trova a Cuba la propria futura moglie, proprio come fatto da Lupi, e via dicendo.
Un romanzo dunque che suscita tenerezza per la sua sensibilità e che è profondamente diverso da altri lavori di Lupi. Traspare una certa dose di sano pessimismo verso il futuro e il voler sottolineare che il periodo più bello della vita è quello dell'infanzia ovvero prima che la disullusione venga a presentare il materiale volto della cruda realtà. Ma forse, in fin dei conti, la realtà è un'altra, è un qualcosa di molto più soggettivo, e Lupi ha ragione quando scrive che se "il tempo passa e i sapori cambiano" è pur vero che "siamo noi che cambiamo le medeleines della nostra vita per fermare il tempo, sapori e odori che non torneranno, ricordi confusi nella memoria, sogni di bambino."
A completamento della recensione c'è da dire che Calcio e Acciaio ha avuto una buona accoglienza da parte dei lettori e della critica. E' stato presentato allo Strega ed è stato premiato a Trani (Premio Bovio, ironia della sorte il protagonista del romanzo è un ex calciatore che ha lasciato a Trani il cuore e l'amore della sua vita) e a Massa (Premio Città di Massa). Considerazioni e soddisfazioni che hanno spinto Lupi a valutare l'opportunità di dar corso a un sequel e persino a realizzare una trasposizione cinematografica (a mio avviso non facile da fare per la natura prevalentemente introspettiva del romanzo).
Lettura consigliata soprattutto agli amanti di storie malinconiche. Mi è piaciuto molto, anche perché sono io stesso un malinconico a cui piace parlare del passato con una punta di sana nostalgia.
"Ci sono stati tempi duri. Non ho fatto altro che sognare"
"E hai realizzato quei sogni?"
"No. E neppure vorrei."
"Perché, nonno?"
"Non potrei vivere senza sogni."
Calcio Acciaio è un romanzo che Gordiano Lupi, l'autore, ha covato per lungo tempo e che ha iniziato a prendere forma con un vecchio libro intitolato Lettere da Lontano (1997), pubblicato anche da Il Foglio di Piombino. Un'opera quest'ultima che non riscosse grande successo, ma che ha giocato un ruolo importante sia per la realizzazione del volume che ci accingiamo ad analizzare sia del "gemello" Miracolo a Piombino. Pubblicato nel febbraio del 2014 dalle Edizioni A. Car srl di Lainate, provincia di Milano, Calcio Acciaio costituisce una delle opere di maggior cuore, se mi concedete l'espressione, di Gordiano Lupi. Non c'è dunque da stupirsi nel leggere che è il libro che l'autore ama di più, dato che la cosa è facilmente percebile anche nella lettura.
Autore classe 1960, ex arbitro di calcio e appassionato di cinema di genere, Lupi abbandona la via della narrativa fantastica, talvolta truculenta - si pensi a Una Terribile Eredità (2009) - per confezionare un romanzo tributo alla sua Piombino, ma soprattutto al rimpianto tempo perduto, il tempo dell'adolescenza, gli sfumati anni in cui ognuno di noi cullava i propri sogni guardando al futuro con gli occhi tipici di un bimbo che non si pone limiti di sorta.
Ne viene fuori, sotto la forma del romanzo dalle forti attinenze sportive, un'opera molto particolare che definirei dai toni crepuscolari e agrodolci. Il "calcio" da una parte come evasione dalla triste realtà, l'acciaio dall'altra come il presente costituito dal lavoro in fabbrica che debilita ma garantisce il pane con cui tirare avanti. Lupi usa lo strumento della finzione narrativa per plasmare un qualcosa che non è proprio un romanzo. La storia diviene marginale, secondaria. Si parla di un ex campione della serie A che, appese le scarpette al chiodo, decide di ritornare nel paese di infanzia nei panni di allenatore di calcio dopo alcune esperienze negative sulle panchine della C1. Il suo è un ritorno che sa più di necessità di ritornare alle origini, a un tempo scomparso troppo presto e che mai più ritornerà. Un bisogno fisiologico che potremmo paragonare alla necessità di un pesce di riprendere la via del mare. Il ritorno alle origini non vuole dunque essere la ricerca di un trampolino per il rilancio verso nuovi traguardi, ma più una sorta di fuga da un presente non accettato e alla ricerca della sicurezza che solo il ricordo di una sana infanzia può rievocare. "Rincorrere il passato è una soluzione, quando il presente non possiede niente di magico, non profuma di sogni ma porta con sé un acre sapore di sconfitta."
L'ex campione abbandona i palcoscenici del calcio che conta per tornare in provincia, nei campionati di promozione ed eccellenza, a battersi nei polverosi campi dei dilettanti in onore di una cittadina, la Piombino città natale dell'autore, che attraversa una crisi profonda e versa in una situazione di decadenza. Lupi è chiaro nel caratterizzare con aggettivi e immagini decrepite sia le fabbriche che costituiscono la fonte di reddito della cittadina sia le strutture che vi gravitano attorno. "Vuol guidare la sola squadra che conseva un posto nel suo cuore, in uno stadio che non è più lo stesso, che l'incedere degli anni ha modificato, distrutto, logorato, ma che resta il suo stadio."
Lupi decide così di usare la storia di questo cinquantenne, che ha raggiunto la notorietà a sacrificio della vita privata, per rendere omaggio ai valori che dovrebbero costituire la base della vita genuina ma che troppo spesso sono diametralmente opposti all'arrivismo sociale e persino alla conquista della felicità. Il suo Giovanni è, di fatto, un fallito pur essendo un idolo delle folle. La scalata al successo, alla notorietà, si è trasfomata in un allontanamento da quella semplicità, talvolta sofferta e faticosa, in cui risiede la vera felicità e in cui trova terreno fertile la vera amicizia e il vero amore. Giovanni, con i suoi soldi e i suoi trofei, non è riuscito a costruirsi una famiglia (cosa che gli rimprovera di continuo la madre), vive di rimpianti e soprattutto di ricordi, rintanato in un passato di cui non trova più corrispondenza nella nuova Piombino, vuoi per la speculazione edilizia, vuoi per i tempi che cambiano. La storia dell'allenatore e delle gesta del Piombino Calcio diventano così strumento per parlare di altro. Un'occasione per veicolare emozioni e sensazioni, operazione che Lupi conduce molto bene in virtù di un romanticismo struggente assimilabile alla figura di un gabbiano che plana al tramonto liberando sopra le onde l'ultimo canto della giornata.
Lupi pizzica dunque le corde emotive dei lettori, specie quelli legati a un certo contesto (vuoi che siano sognatori o sportivi passionali), e lo fa non tanto facendo immedesimare gli stessi con i personaggi, ma portandoli a misurarsi con la propria infanzia, i propri ricordi del paese di origine e le vicende scolastiche, perché, in fondo, se è vero che non c'è più la Piombino degli anni settanta, non ci sono più neppure le altre realtà di provincia, con i loro cinema di seconda visione, i loro bar e gli innocui passatempi di una volta. Persino io che sono nato nel 1981 ricordo molte delle cose che Lupi racconta nel romanzo e che oggi, ahimè, non ci sono più.
Il romanzo pecca forse di una certa ripetitività. Lupi ritorna spesso sulle sue riflessioni, concentrandosi più sulla parte introspettiva dei personaggi che sull'azione vera e propria, tuttavia l'opera è ricchissima di passaggi e dialoghi notevoli, conditi da una malinconia e da una tristezza tipica dei bei tempi che non ci son più. Calcio e Acciaio commuove, genera una sorta di stretta al cuore, per il suo far rivivere i ricordi personali sepolti nel passato dei lettori. A mio avviso, infatti, parlando del contesto sociale e delle abitudini dei cittadini della Piombino degli anni settanta, Lupi confeziona un cocktail di emozioni e situazioni in cui i lettori finiscono col rispecchiarsi con la diretta conseguenza di innescare i propri ricordi. Qualcuno, il solito con la puzza sotto il naso, potrebbe parlare di "retorica" e "luoghi comuni" invece non è vero. In Calcio e Acciaio Lupi apre il proprio cuore, dispensa omaggi ai propri amori (cinematografici, calcistici e musicali) e confeziona un sentito tributo alla sua città, ma anche e soprattutto a una società, senz'altro più familiare e umana dell'attuale, che si è estinta.
Ecco che la storia raccontata, in sé e per sé, diviene secondaria, funge da background, mentre il contesto ambientale, che di solito è esso il background di una storia classica, diviene la parte centrale del romanzo. Ciò si verifica nonostante i personaggi siano ben caratterizzati e siano essi stessi strumenti per mettere in scena problematiche attuali (l'immigrazione dall'Africa, il calcio scommesse, la disoccupazione e la chiusura delle fabbriche). Mi pare inoltre di intuire, in alcuni personaggi, l'introduzione di forti componenti autobiografiche. Si veda i ricordi del nonno del protagonista, appassionato di lettura e fondamentale per la formazione del futuro campione per il suo spingerlo a sognare a occhi aperti; oppure il personaggio dell'arbitro che trova a Cuba la propria futura moglie, proprio come fatto da Lupi, e via dicendo.
Un romanzo dunque che suscita tenerezza per la sua sensibilità e che è profondamente diverso da altri lavori di Lupi. Traspare una certa dose di sano pessimismo verso il futuro e il voler sottolineare che il periodo più bello della vita è quello dell'infanzia ovvero prima che la disullusione venga a presentare il materiale volto della cruda realtà. Ma forse, in fin dei conti, la realtà è un'altra, è un qualcosa di molto più soggettivo, e Lupi ha ragione quando scrive che se "il tempo passa e i sapori cambiano" è pur vero che "siamo noi che cambiamo le medeleines della nostra vita per fermare il tempo, sapori e odori che non torneranno, ricordi confusi nella memoria, sogni di bambino."
A completamento della recensione c'è da dire che Calcio e Acciaio ha avuto una buona accoglienza da parte dei lettori e della critica. E' stato presentato allo Strega ed è stato premiato a Trani (Premio Bovio, ironia della sorte il protagonista del romanzo è un ex calciatore che ha lasciato a Trani il cuore e l'amore della sua vita) e a Massa (Premio Città di Massa). Considerazioni e soddisfazioni che hanno spinto Lupi a valutare l'opportunità di dar corso a un sequel e persino a realizzare una trasposizione cinematografica (a mio avviso non facile da fare per la natura prevalentemente introspettiva del romanzo).
Lettura consigliata soprattutto agli amanti di storie malinconiche. Mi è piaciuto molto, anche perché sono io stesso un malinconico a cui piace parlare del passato con una punta di sana nostalgia.
L'autore GORDIANO LUPI
e un articolo sul suo romanzo.
"Ci sono stati tempi duri. Non ho fatto altro che sognare"
"E hai realizzato quei sogni?"
"No. E neppure vorrei."
"Perché, nonno?"
"Non potrei vivere senza sogni."
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