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sabato 17 giugno 2017

Recensione Narrativa: L'OMBRA DELLO SCORPIONE di Stephen King.




Autore: Stephen King.
Titolo Originale: The Stand.
Anno: 1978.
Genere: Fantascienza Post apocalittica / Horror.
Editore: Bompiani.
Pagine: 686.
Prezzo: 11.000 lire.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Romanzo chilometrico, circa 700 pagine nella versione originale ampliata a circa 900 nella riedizione datata 1990. Stephen King lo scrive nel 1978 e lo fa uscire, per ragioni editoriali e di contenimento prezzi, in una versione rimaneggiata col titolo The Stand ovvero La Resistenza. È uno Stephen King ancora alle prime armi, ma in grande vena creativa quello che stende (in sedici mesi) il romanzo, basti pensare che arriva subito dopo a Shining, quale quarto volume “ufficiale” griffato King. In Italia viene tradotto solo cinque anni dopo, addirittura dopo i successivi La Zona Morta e L'Incendiaria, con l'incomprensibile titolo de L'Ombra dello Scorpione. Grazie alla sua atmosfera post apocalittica (resa in modo ottimo, tanto da sembrare lo sviluppo di quella de Io Sono Leggenda di Matheson) e al traino offerto dai film tratti dai volumi di King, si rivela un enorme successo commerciale e viene fin da subito considerato, dai fan, come "il capolavoro del maestro del terrore". Anni dopo, negli indici di gradimento, sarà superato dall'ancora più lungo It (1986), mantenendo comunque il rango di opera culto in grado di esser indicata tra le migliori cinque storie di tutti tempi dell'intera produzione kinghiana. 
Eppure il soggetto, al di là di quel che si dica, non brilla di particolare originalità e, a dispetto delle sue 700 pagine, può esser sintetizzato in poche righe. Una letale influenza, scatenata dalla fuga di un virus sviluppato quale arma batteriologica dai soliti militari americani (succederà una cosa similare anche in The Mist), falcidia nel giro di pochi giorni l'intera popolazione mondiale riducendola di oltre il 99%. A seguito della catastrofe, che assume i contorni di un'apocalisse, i superstiti cercano di spostarsi dalle città di origine nella speranza di trovare altri sopravvissuti e ricostituire una nuova società. I collegamenti radio e quelli televisivi sono saltati e, sebbene i militari cerchino di contenere gli spostamenti della popolazione mettendo in quarantena le varie città, ogni tentativo di censura viene di fatto cancellato dalla diffusione della malattia che uccide tutti, indistintamente, lasciando solo pochi in vita (non si capisce il perché, in tutto il testo, questi soggetti siano immuni). Non esiste vaccino né possibilità di sfuggire al male con maschere antigas o bunker.
Cancellata la razza umana, così come noi oggi la conosciamo, venuta meno l'energia elettrica, il mondo piomba in un nuovo medioevo in cui si fanno spazio due personaggi che, inizialmente, vivono nei sogni/incubi dei vari superstiti. Da una parte abbiamo una vecchia ultracentenaria afroamericana di nome Mother Abagail, dall'altra un uomo bianco che calza stivali da cowboy e che si fa chiamare Randall Flagg. I due, un po' come avviene nella parte terminale del Dracula di Bram Stoker, entrano nei sogni dei vari superstiti e cercano di guidarli dalla loro parte. Il mondo, anche se sarebbe il caso di dire l'America (dato che King omette di parlare di tutto quello che succede fuori dai confini nazionali), deve fare una scelta e deve decidere da che parte stare (il famoso libero arbitrio cristiano). Mother Abagail si appresta a dirigersi in direzione Boulder, a 30 km dalla città di Golden, in Colorado; Randall Flagg invece è diretto a Las Vegas, la città del peccato per antonomasia. Le due città diventano i due principali fortini dei due gruppi di superstiti che si radunano attorno a questi due personaggi con la speranza di ricostituire una società. Da una parte prende forma quella che potremmo definire una dittatura, dall'altra la democrazia. King sul punto spiega dettagliatamente tutti i passaggi. Mother Abagail è nelle grazie di Dio, quanto meno ne è convinta (a ragione) e incarna il bene; Randall Flagg, detto anche colui che cammina o l'uomo nero, invece rappresenta la scelta del diavolo ed è votato alla distruzione e al dominio. La purezza e la sincerità da una parte contro la corruzione e la menzogna dall'altra. I due gruppi, per volontà del secondo personaggio, entrano in contrasto tra loro e avrà inizio una sorta di riscrittura del San Giovanni dell'Apocalisse con Flagg che pianifica di cancellare dalla cartina geografica la Zona Libera di Boulder (così viene battezzata la comunità di Mother Abagail) per assumere il pieno controllo di ciò che resta degli Stati Uniti.

La cover originale del libro.

Facciamo tutti parte di una partita a scacchi tra Dio e Satana; il rappresentante principale di Satana è l'avversario che si chiama Randall Flagg. Dio ha scelto come suo rappresentante Mother Abagail”. E' questo il fulcro che si innesca su una partenza fantascientifica, da annoverarsi nel classico romanzo del filone catastrofico. King, come l'influenza denominata Captain Trips che da avvio alla catastrofe, muta, nel corso dell'opera, genere e tematica e costruisce sull'intelaiatura sci-fi una vera e propria storia horror dal forte gusto religioso con intervento diretto di Dio e del diavolo. La soluzione non riesce molto bene. La prima parte del volume, il primo libro dei tre in cui è diviso il romanzo, è accattivante e ben gestita ma, a mano a mano che si va avanti, il romanzo perde di consistenza contenutistica e si rivela piuttosto pesante nella parte centrale (il libro secondo). King è bravissimo a caratterizzare e sviluppare le scenografie (le descrizioni delle città abbandonate e desolate, con file interminabili di auto trasformatesi in bare a cielo aperto, sono perfette) e soprattutto i suoi moltissimi personaggi, peraltro facendo diventare i veri aghi della bilancia dei soggetti (sia nel bene che nel male) che sono dei ritardati o affetti da gravi handicap.  Nel corso della storia i pazzi e i ritardati mentali sono stati considerati spesso vicini alla divinità, così l'autore scrive più volte nel romanzo per giustificare questa curiosa scelta. Ed è poi maestro nel tratteggiare i cambiamenti comportamentali e psicologici dei suoi personaggi che non sono mai monocordi o mono dimensionali. Abbiamo chi evolve e chi involve, persino chi passa da uno schieramento all'altro vuoi per invidia o vuoi perché è stato ingannato o tradito. Se questo è il punto di forza del romanzo (le caratterizzazioni), l'anello debole sta nello sviluppo del soggetto che, a mano a mano che si procede, pende sempre più sul fracassone. Randall Flagg più che un demone diviene una macchietta che si comporta in modo fanciullesco e superficiale. Un altro difetto è quello costituito dagli abbozzati riferimenti magici e religiosi. King accenna argomenti che dimostra, a mio avviso, di masticare poco e che cita tanto per rendere più affascinante il tutto al cospetto di un pubblico non ferrato in materia. Prende verosimilmente le mosse dal più tecnico e di nicchia Pasqua Nera (1970) e dal suo sequel L'Apocalisse e Dopo (1972) di James Blish, da dove ricalca quasi pari pari l'idea di un mondo flagellato da un olocausto su cui si innesca la battaglia tra magia bianca e magia nera (stessa idea di caos generato dagli errori e dall'egoismo dell'uomo su cui poi si innesca la sfida più alta tra paradiso e inferno), dimostrando ancora una volta una falsa originalità, e "riduce" il tutto in un'opera che gioca molto più sullo studio dei personaggi che sulle trame esoteriche o comunque filosofiche che stanno (o dovrebbero stare) alla base della costruzione fantastico/esoterica. Ne deriva un romanzo che evidenza sufficientemente bene i concetti hobbsiani dell'homo homini lupus e anche quello della necessità per l'uomo di organizzarsi in una società basata su regole e su gerarchie predefinite proprio per evitare il caos (da qui l'eguaglianza uomo = animale sociale), ma è poi farsesco e fracassone nella sua componente fantastica. Interessante anche la punta di pessimismo che aleggia come messaggio di fondo. Si veda infatti come, a termine romanzo, la stessa comunità di Boulder stia per riprendere quei difetti insiti che stanno alla base della precedente società (il punto centrale è costituito dal fucile della sentinella che accoglie a fine romanzo i superstiti, ovvero un atteggiamento identico alle sentinelle che sorvegliavano le porte di Las Vegas e che i tre inviati da Boulder avevano subito additato come diverse dai loro consociati proprio per la presenza dei fucili). 
Ci sono comunque dei buoni momenti horror, penso al terzo occhio di Flagg che si libra in volo per sbirciare il viaggio delle spie che la Zona Libera di Boulder spedisce a Las Vegas, o alla scena in cui Flagg si accoppia con una vergine attempata (King sembra omaggiare lo stupro che va in scena nel film Rosemary's Baby) o ancora all'incubo di Mother Abagail braccata dalle faine, ma si tratta di fiammate che non si legano bene a una forte struttura narrativa incanalata nel vero underground magico (cosa che invece si verifica, a esempio, nei due romanzi di Blish). In altri termini, si respira forte aria cinematografica da blockbusterone piuttosto che da studiosi della materia e ne deriva una spiccata sensazione di posticcio e di superficialità. Non mancano tuttavia dei bei momenti dotati di importante crisma visionario (si veda l'epilogo a Las Vegas) ma, lo ripeto, fa un po' sorridere il tentativo di King di costruire quella che, forse, vorrebbe essere la sua opera più esoterica o, quanto meno, occulta (la potremma definire una riscrittura dell'Apocalisse di San Giovanni) e che invece diviene, al di là delle ottime caratterizzazioni dei personaggi, un polpettone. Ho trovato poi fastidiosi i continui riferimenti sul versante sessuale con una serie di personaggi che dire allupati è dir poco, con sviluppi talvolta da telenovela stile beautiful con facili innamoramenti e scappatelle. Passatemi poi la battuta relativa alla decisione di uno dei principali soggetti, respinto dalla ragazza che ama, di trasferirsi permanentemente in zona Arapahoe. 

Lo stile è prolisso, ma non pesante. Alcune parti si sarebbero potute anche omettere, ma la scrittura è molto lineare e la lettura procede veloce. In definitiva e per le ragioni che ho cercato di spiegare si tratta di un romanzo che evidenzia sufficientemente bene i "limiti" della razza umana, la necessità per la stessa di vivere in contesti dove sussistono gerarchie e dove l'uso della forza e delle regole diviene sempre necessario al fine di garantire l'ordine in un atteggiamento, tuttavia, paranoico che può persino ritorcersi contro chi gestisce il potere (si vedano i militari prima che cadono vittima dei loro esperimenti e si veda Flagg poi) con effetto a cascata su milioni di estranei e di innocenti. Al di là di questo e dell'ottimo sviluppo dei personaggi e delle loro interelazioni, è un romanzo a mio avviso sopravvalutato e molto meno originale di quanto potrebbe apparire a lettori poco ferrati nel genere.

Per completezza, ricordo che nel 1994 Mick Garris, regista specializzato in serial televisivi horror, ha tratto dal romanzo, con l'aiuto anche di King, una serie televisiva di quattro puntate, per un totale di circa sei ore, di livello piuttosto scialbo e di successo tutt'altro che fortunoso intitolata L'Ombra dello Scorpione

Da sx a dx STEPHEN KING e MICK GARRIS
ovvero sceneggiatore e regista del serial televisivo
L'OMBRA DELLO SCORPIONE (1994).

Mostrami un uomo o una donna soli e io ti mostrerò un santo o una santa. Dammene due, e quelli si innamoreranno. Dammene tre, e quelli inventeranno quella cosa affascinante che chiamiamo società. Quattro, ed edificheranno una piramide. Cinque, e uno lo metteranno fuori legge. Dammene sei, e reinventeranno il pregiudizio. Dammene sette e in sette anni reinventeranno la guerra. L'uomo può essere fatto a immagine di Dio, ma la società umana è stata fatta a immagine del suo opposto”.

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