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domenica 18 gennaio 2015

Recensione saggi: LAGHAT - Il cavallo Normalmente Diverso di Enrico Querci.


Autore: Enrico Querci.
Editore: Pacini.
Genere: Saggio Sportivo.
Anno: 2014.
Pagine: 120.
Prezzo: 11.90 euro.

Commento di Matteo Mancini.
Acquistato appena giovedì scorso, 15 gennaio, all'ippodromo di San Rossore, e letto in appena due giorni. Volume che segna il debutto nell'editoria di Enrico Querci, speaker del campo a Pisa nonché giornalista di vecchia data (se mi legge forse mi lancia il microfono con fare lesionistico, anche se si tratta di un modo di dire per sottolinearne la compentenza e la longevità vista la sua esperienza ultraventennale); dunque un addetto ai lavori nel mondo dell'ippica in veste di cronista e di commentatore. A cinquanta anni suonati, Querci ha finalmente deciso di affrontare il mondo della carta stampata debuttando proprio con un volume dedicato a quello che, con tutta probabilità, è il suo mondo. Sto parlando naturalmente del mondo dell'ippica dove in Italia, per motivi a me ignoti, escono assai raramente dei libri a tema nonostante si stia parlando di uno sport un tempo tanto amato da politici e imprenditori (lo stesso Re di Italia aveva una scuderia e il suo fantino di fiducia era quel Thomas Rook che vinse il primo derby disputato a Roma e che ha altresì una via dedicata in quel di Pisa). Senza contare gli storici volumi firmati dal maestro Federico Tesio (una trilogia a base scientifica che costituisce il punto di partenza degli allevatori per lo studio degli incroci da praticare), sono appena una decina i saggi in italiano sull'ippica, molti dei quali riconducibili a una penna pisana: Renzo Castelli, più volte recensito in questo blog. Ebbene da novembre è uscito anche Laghat - Il Cavallo Normalmente Diverso con la prefazione del giornalista sportivo della RAI Claudio Icardi, un altro sempre presente quando si parla di ippica. 

L'autore Enrico Querci.

Di che tipo di volume si tratta? Siamo alle prese con un testo a metà strada tra il saggio giornalistico, la biografia e la narrativa. Enrico Querci parla di questo cavallo speciale, colpito da una malattia incurabile che lo ha reso cieco quando era ancora yearling (termine inglese per indicare i puledri di età superiore all'anno ma inferiore ai due, come spiegherebbe, penso, l'autore attento alla terminologia inglese definita la lingua ufficiale dell'ippica), e delle preoccupazioni del suo allevatore dapprima per il rischio di dover abbattere il proprio cavallo poi per quello di non poterlo mai vedere scendere in pista. E invece grazie alla caparbietà di un allenatore, Emilio Borromeo, all'epoca fresco vincitore del Derby di Roma (la più importante corsa nel panorama ippico italiano) con un cavallo dal nome che più cinematografico non si può ovvero De Sica (tanto per fare il verso a Icardi che inizia la prefazione parlando di Walt Disney Cinematografica), non solo è sceso in pista, ma in quasi dieci anni di attività ha vinto qualcosa come circa trenta corse (una cifra iperbolica per un cavallo impegnato nelle corse al galoppo). 

Laghat - Il Cavallo Normalmente Diverso però non è un libro solo sul cavallo, così chiamato in onore di una piccola cittadina del Nepal, ma è anche la storia dei due uomini che lo hanno più volte montato in pista. Da una parte il giovane Giuseppe Virdis, di cui sono narrati i sogni adolescenziali, la fatica per essere ammesso alla scuola di allievi fantini e poi la dura gavetta prima di poter alzare il frustino al cielo il giorno della consacrazione in pista. Pagine che scorrono via veloci e che regalano uno squarcio sul duro lavoro che sta dietro alle quinte di una corsa dei cavalli. Un lavoro fatto di passione, levatacce mattutine, sacrifici alimentari, trasferte continue e tempo libero ridotto al lumicino. Enrico Querci, a ragione, scrive: "Ci vuole una vera motivazione, una reale passione per fare il mestiere del fantino. Chi ci prova perché non ha di meglio da fare o perché sono della misura giusta per fare il fantino o perché in famiglia questo si è sempre fatto, dura poco e cambia strada." Dall'altra parte abbiamo l'altra faccia della medaglia, quella non professionistica ma altrettando appassionata e professionale. La storia, seppur meno dettagliata, di un gentleman (cioè amatore) di Pisa ovvero Federico De Paola (che io ricordo in sella anche al "mio" Fighter). Dei suoi inizi nei concorsi ippici e dell'improvviso amore per l'agonismo in pista. Querci omette le prime esperienze, di cui ho memoria, in cross country quando il buon Federico era spesso per le terre in quel di Novi Ligure, se la memoria non mi inganna. Non si dice neppure nulla circa i successi che poi il buon Federico riuscì a ottenere in pista, quando divenne forse il miglior gentleman toscano (mi preme qua ricordare anche un altro mitico ovvero l'attore Massimo Reale, il Montini del serial televisivo Classe di Ferro) prima di dover subire l'ascesa del figlio d'arte Stefano Botti, uno che dilettante era assai poco (infatti era un fantino appesantito che per questo correva con i "dilettanti" vincendo praticamente tutto). E' anche menzionato il mitico Frozen Look, che ricordo personalmente quando da bimbo passavo davanti al reparto in cui erano alloggiati i cavalli affidati alle cure di Romolo Valeri, primo allenatore ufficiale di De Paola (se non vado errato). Peraltro su Frozen Look mi piace ricordare un aneddoto legato al padre, Looking For, che ebbe un'altra storia che meriterebbe di essere scritta: fu sostituito al momento dell'acquisto da puledrino, credo, con un altro cavallo (Dentz). E' altresì curioso che i proprietari di Looking For avessero una giubba quasi identica a quella con cui corre oggi De Paola (un tempo in pista con una giubba simile a quella con cui correva il mio "Fighter").

Querci al microfono: Cavalli al tondino. 
L'occhio azzurro di LAGHAT.

Querci miscela il tutto usando come elemento per scandire la narrazione quello cronologico. Si parte dalla primavera del 2003 e si arriva al 2014, mostrando così gli sviluppi nella vita dei vari personaggi che si incontrano nella narrazione e che hanno intrecciato le proprie vicende con quelle del cavallo cieco. Ci sono parole per l'allevatore di Laghat ovvero quel Rosati Colarieti che quest'anno ha strappato con Dar Said (che pure non ha vinto, ma è stato il primo cavallo tra quelli allevati in Italia a classificarsi nell'ordine di arrivo) il premio destinato agli allevatori dei partecipanti al G.P.Merano meglio classificati, quindi per "Lupo" soprannome di colui che ha domato Laghat (passaggio obbligato per preparare un cavallo alle corse).

Molto belle le descrizioni dei lavori mattutini, delle soluzioni adottate per vincere la brutta abitudine di Laghat di girare la notte all'interno del box (non vi anticipo la soluzione, pigroni che non siete altro) e di vari aneddoti che per gli addetti ai lavori potrebbero sembrare scontati, ma che Querci fa molto bene a indicare essendo questo libro indirizzato in modo particolare a chi di ippica non ne mastichi tanto. Tra questi ultimi ci sono anche vari passaggi in cui il giornalista spiega aspetti tecnici elementari che stanno alle base delle corse, ci sono persino alcuni omaggi a Federico Tesio (lo storico allevatore di Ribot nonché creatore della Razza Dormello Olgiata) e qualche aneddoto storico culturale legato al settore (episodio di Shergar, a esempio).

LAGHAT gira al tondino con Federio De Paola.

L'ultima parte, a mio avviso la meno riuscita, è dedicata alle cronache delle corse del cavallo. Querci tende a diluire il materiale giocando sui vari punti di vista dei personaggi, inventa addirittura il punto di vista del cavallo (di qui la componente narrativa del lavoro) rifacendosi forse al volume Io, Ribot, La mia Vita da Figlio del Vento di Nicola Melillo (volume scritto proprio dal punto di vista del cavallo e che si diversifica, per questo, dal più convenzionale Ribot, Cavallo del Secolo di Renzo Castelli) . Quest'ultima soluzione permette all'autore di dar sfogo al romanticismo, alla vena sentimentale e al tentativo, direi riuscito, di stimolare le corde emozionali dei lettori che possono così immedesimarsi con le paure e lo stato minorato di un animale che corre alla cieca su quattro zampe.

Ne esce fuori un volume soprattutto biografico che costituisce la proverbiale ciliegina sulla torta nella lunga carriera di Laghat, il quale vede affiancare il proprio nome a quello di Ribot, essendo, insieme al portacolori della Dormello, l'unico cavallo a cui è stato dedicato un intero volume in italiano. Si tratta poi di un inno alla combattività, al superamento di quelli che potrebbero sembrare limiti insormontabili (De Paola afferma di aver sconfitto la timidezza grazie all'esempio del suo cavallo), ma anche un volume sulla fiducia reciproca tra uomini e animali, perché di fiducia un cavallo che corre nonostante la cecità deve averne tanta, più di chi decida di cavalcarlo. Ecco che trova spazio il sottotitolo Il Cavallo Normalmente Diverso, dove la diversità non è intesa quale handicap ma quale caratteristica distintiva da valorizzare e su cui ricostruire una carriera che possa, proprio per questo, rivelarsi un esempio per tutti. Sotto questa luce, a mio avviso, il testo avrebbe guadagnato ulteriori punti se fosse stato costruito attorno a più storie, poiché se è vero che il caso di Laghat è straordinario è altresì vero che di favole come quella del cavallo allevato da Rosati Colarieti ce ne sono. Tre cavalli al volo, tutti impegnati in corse a ostacoli: Aldaniti (citato da Icardi) che guarì da una zoppia dichiarata inguaribile peraltro condotto da un fantino che era stato dato per morto a causa di un tumore, Vilagos (che fu operato al palato molle, se non ricordo male) e Bashoofek che aveva anch'egli problemi di vista (vado sempre a memoria, anche perché reperire queste informazioni è quasi impossbile se non si è dell'ambiente) e che inziò la propria carriera ostacolistica da vincente proprio a Pisa (quel giorno c'ero!).

Dunque un volume per tutta la famiglia, che piacerà molto ai bambini come dimostra l'affetto di cui ha beneficiato il cavallo tanto da esser invitato in trasmissioni televisive e a eventi ippici a tema come quello organizzato dalla Società Merano Galoppo nella scorsa primavara.

Cavalli in pista... Lettori in libreria!

Bene, come direbbe Claudio Icardi, anche se in prefazione si è "limitato" ad accennare alla favola (reale) di Aldaniti e Bob Champion, non c'è più tempo per i ripensamenti, bisogna correre a esorcizzare il demone dellla svogliatezza e immergersi in una storia che ha dell'incredibile. Buona lettura!




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