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mercoledì 24 dicembre 2014

Recensioni Narrativa: TUTTO QUEL BLU di Cristiana Astori


Autore: Cristiana Astori.
Genere: Thriller.
Anno: 2014.
Editore: Mondadori, collana Il Giallo Mondadori.
Pagine:257.
Prezzo: 4,90 Euro.

Commento di Matteo Mancini.
Terzo capitolo della mini saga che vede per protagonista la cacciatrice di pellicole Susanna Marino, personaggio creato dalla scrittrice piemontese Cristiana Astori in occasione dell'uscita del romanzo Tutto quel Nero (2011) e riproposto nel romanzo Tutto quel Rosso (2012).
Il volume qui oggetto di esame, uscito come i precedenti per la collana Il Giallo Mondadori, costituisce il terzo e, per ora, ultimo capitolo della serie. L'autrice ce lo presenta quale sequel ideale dei precedenti sforzi, prendendo le mosse proprio laddove si chiudeva il secondo episodio. Assistiamo infatti alla laurea della protagonista, con tutti i problemi connessi al difficile sbocco nel mondo del lavoro. L'inizio è lento, quasi teso a tracciare un profilo della società moderna. I giovani non riescono ad affermarsi come vorrebbero, non godono della comprensione dei genitori tanto che la protagonista viene rimproverata per aver studiato una materia (lo studio del cinema), all'apparenza, non spendibile sul mercato: "Te l'avevo detto io che non ti conveniva studiare" sbuffano i genitori della Marino che avrà modo di commentare in modo graffiante e comprensibile: "La classica saggezza retorica del genitore che ha sempre consigli da impartire per trasformarti in un clone a sua immagine e somiglianza." Sorte pressoché analoga si riscontrerà pure nella situazione di un giovane adolescente, che non conosce il padre, soffocato da una madre con un passato libertino ma passata agli ideali propri di un integralismo religioso che limita le forme di libertà. Il giovane si troverà così costretto a interloquire con un fantasma, il cantante degli AC/DC (Bon Scott) deceduto nel 1980 e ritornato dal Paradiso (o dall'Inferno) per compiere una missione (forse per riscattare i peccati di una gioventù bruciata): aiutare il ragazzo a ritrovare suo padre. Quindi assistiamo a due giovani in fuga dalla realtà. La Marino trova la sua pace nella ricerca di pellicole perdute, sogna il cinema e diviene parte integrante dello stesso in un gioco bizzarro dove il reale diviene fantastico e il fantastico diviene reale (eloquente, da questo punto di vista, Tutto Quel Rosso, ma anche questo numero, dove si verificano fatti identici a quelli mostrati nella finzione cinematografica); l'adolescente, invece, è proiettato in una realtà parallela che, allo stesso modo di quella della finzione, interagisce e determina la realtà.
Un altro tema trattato nella prima parte del romanzo è quello del problema del lavoro. Per lavorare, sembra suggerire la Astori, occorrono aiuti, spinte politiche, infatti la nostra verrà avvicinata da assessori e personaggi che le prometteranno un posto in un'istituzione pubblica a condizione di essere eletti. Insomma, un quadretto generale a immagine e somiglianza della nostra società, in particolare di quella contemporanea, caratterizzata dalla corruzione e da inflitrazioni, più o meno, mafiose negli organi di governo.

I tre capitoli della serie.

In questa cornice la Astori va a delineare l'intelaiatura del romanzo strutturato su tre livelli inizilamente l'uno indipendente dall'altro, ma che poi andranno a convergere e a intersecarsi verso la parte finale. Così abbiamo la nostra Marino che viene incaricata, da un detective privato a sua volta assoldato da un cliente sconosciuto, di recuperare la VHS del film L'Autuomo (1984) del regista Marco Masi. Naturalmente si tratta della traccia principale sviluppata parallelamente alle vicessitudini di un giovane adolescente, in fuga dalla madre, alla ricerca del padre potenzialmente minacciato da un assassino che uccide tutti coloro che si chiamano come quest'ultimo. Il giovane vaga dalla Lombardia al Piemonte protetto dal fantasma di Bon Scott. Le due tracce sono tenute unite dagli omicidi, sporadici, di un killer che uccide scimiottando il modus operandi del killer di Terminator (1984), uscito, guarda caso, proprio lo stesso anno del film di Masi. Seguiranno inoltre altri eventi strani (pirati della strada, topi di appartamento, pestaggi) su cui si innesteranno una serie di colpi di scena funzionali a depistare le indagini degli inquirenti (ancora una volta abbiamo poliziotti ottusi e pasticcioni) e dei lettori.
La Astori gioca molto sulle coincidenze, chissà forse fa parte di quelle persone secondo le quali la realtà non è mai frutto del caso e che credono che dietro a ogni coincidenza si nasconda un filo invisibile orchestrato da chi sta oltre la cortina del sensibile (da qui l'interferenza, come già avvenuto nel primo romanzo, di persone che non sono più tra noi). Di fatti è curioso, ma non certo casuale nella scelta operata dall'autrice, che Bon Scott sia nato lo stesso giorno di Soledad Miranda (il nove luglio), ovvero l'attrice tributata nel primo capitolo, e che lo stesso interferisca, proprio come aveva fatto la Miranda, nei fatti della vicenda.
Compaiono poi altre coincidenze come, a esempio, la citazione di un Marco Masi, omonimo del regista, che faceva il calciatore nel Pisa. Curioso poi notare come l'autore della colonna sonora di Terminator (peraltro citata in parte nel volume, il riferimento va a Bad to the Bone), Brad Fiedel, sia quasi omonimo dell'ex portiere della nazionale di calcio statunitense che si chiamava Brad Friedel. In una sorta di scambio di pedine che ricorda le battute di una partita di dama giocata da due scacchisti intrepidi e burloni. Per chi non ha letto il romanzo potrebbero sembrare aspetti marginali, ma non è così. Si tratta di elementi che diventano centrali data la presenza di un assassino che uccide tutti coloro che hanno un nome determinato, legato peraltro a un personaggio storico della trilogia e che, chiaramente, non corrisponde a Sarah Connor.

Cristiana Astori in assetto T 1000.

Il ritmo è meno sollecito rispetto ai due precedenti capitoli. Cala la componente orrorifica, ma anche il giallo subisce un ridimensionamento. Il tema centrale è quello del primo volume, la ricerca della VHS scomparsa (in luogo della pellicola), cambiano però le ragioni che stanno alla base di questa ricerca, anche se la protagonista ne è all'oscuro. Questa volta non ha a che fare con collezionisti malati e fanatici, sotto c'è qualcosa di più bieco e spiccio che non svelo per ragioni di opportunità.
L'attenzione principale dell'autrice, più che all'intreccio, è dedicata alla caratterizzazione psicologica dei personaggi. Lo abbiamo già detto a inizio articolo, e poi all'atmosfera generale che pervade il romanzo. Lo stile è fortemente visivo, asciutto, privo di fronzoli. Sembra quasi di leggere una sceneggiatura finalizzata a un'ipotetica messa in scena dominata da una fotografia dalle tonalità blu e fredde. Molte, inoltre, le citazioni di canzoni che gravitano attorno al blu, a sottolineare un gusto musicale assai sviluppato nell'autrice e che funge da commento sonoro della vicenda.
Un altro aspetto che traspare, ma non è certo una novità, è l'amore verso il cinema visto nell'ottica del fruitore finale, ovvero dello spettatore. La Astori regala spaccati che sembrano usciti dalla penna di Quentin Tarantino (mi riferisco a sequenze come quella presente in Bastardi senza Gloria quando si parla di come venivano materialmente realizzate le vecchie pellicole). Nell'ocassione ci si sofferma sulle abitudini illegali che negli anni '80 dominavano il mercato nero dei videonoleggi, periodo che ricordo bene anche io. Per mezzo del racconto del gestore di un videonoleggio chiamato Videodrome, in omaggio all'omonimo film di Cronenberg (nome peraltro del videonoleggio di un critico cinematografico di Livorno che furoreggia in internet ovvero il ferrato appassionato Federico Frusciante; chissà se la Astori abbia voluto omaggiarlo...), viene descritto come venivano "piratate" le vhs di film ancora distribuiti nelle sale e quindi prima che uscissero per il mercato home video. Nel mio piccolo ricordo quando, verso la fine degli anni '80, di ritorno dagli allenamenti della scuola calcio, mi fermavo in compagnia dello zio al videonoleggio a vedere la sterminata pila delle cassette vuote ammasate in ordine negli scaffali. Ricordo che avevo la fissa per la locandina de Il Replicante, film che poi riuscii a farmi noleggiare. Ebbene, rammento sempre come venissi preso in disparte da parte del gestore che mi diceva: "lascia perdere quelle, ho qui gli ultimi arrivi da Napoli. Ne ho visti un paio che sono una forza...!" Così venivano smerciate una serie di videocassette "sotto banco", perché pirata. Ricordo di aver visto in questo modo film come Leviathan, Predator e Terminator il Giorno del Giudizio, tempi che mi sono tornati alla memoria con grande nostalgia durante la lettura, perché una volta recuperare certi film non era a portata di click come oggi. La Astori è brava a rendere centrale questa pratica, con uno sviluppo decisivo ai fini della risoluzione del giallo. Ancora una volta abbiamo un omicidio avvenuto all'interno di una saletta cinematografica, sviluppato in modo tale da dar vita a una scatola cinese fondata su una matrice metacinematografica. Non posso dire di più onde evitare di svelare aspetti troppo rilevanti.

Una foto metacinematogfrafica, tra sceneggiatori, scrittrici, critici cinematografici,
presentatori Tv e organizzatori di Festival.
Foto de LA SERRA TREMA 2014.

Bello e sentito, nonché condiviso dal sottoscritto, il ringraziamento che viene fatto a fine romanzo, in un'ottica circolare dove nel momento dei saluti si innesca un nuovo inizio, alla stregua di un'avventura che non ha un vero epilogo così come è priva di un vero prologo, in un panta rei di eraclitiana memoria in cui tutto scorre, si trasforma, si modifica ma non termina mai il proprio corso. "Questa storia è nata non solo dalla mia passione per i film degli anni ottanta, ma anche e soprattutto dal desiderio di riprodurre lo sguardo con cui in quel decennio si vedevano certi film... storie dai personaggi "grandi" e dagli effetti speciali pionieristici, ma che ti facevano venir voglia di provarci, e di sognare almeno per un istante di diventare come James Cameron o John Carpenter. Ed è questo cinema che ringrazio, insieme alla possibilità di averne potuto godere proprio in quegli anni, quando particolari film erano introvabili e ogni visione era una conquista, e da ragazzina tutto ti colpisce, ti meraviglia..." 
In questo ringraziamento risiede lo spirito della trilogia, il manifesto che ne sta alla base e che la rende degna di un grosso plauso. E se Tutto quel Blu è forse inferiore rispetto ai precendeti capitoli (soffre di un pizzico di dejà vù e spinge più sul lato romantico/sentimentale, piuttosto che sul brivido), sono certo che quel mondo che la Astori va a ringraziare (quello dei vari Masi, Cavallone, Jess Franco, Mattei, Lenzi, Margheriti fino a Dario Argento e Lucio Fulci) è altrettanto grato a un'autrice che ha regalato tre volumi di pregevole livello, pubblicati, peraltro, in una collana storica e "mainstream" come Il Giallo Mondadori. Non a caso nei volumi dell'Astori, in veste di personaggi, fanno la comparsa individui reali, legati al mondo del cinema e della musica; in questo numero abbiamo critici del calibro di Steve Della Casa, lo stesso Masi e Bon Scott, uomini che, con la loro presenza, rendono più affascinante la lettura. Si può pertanto dire che, per una volta, l'underground è salito in superficie a far sentire la propria voce, in barba a quelle critiche, giustamente riportate a inizio romanzo, avanzate da accademici con la puzza sotto il naso e che si rispecchiano nella battuta messa in bocca al relatore della tesi della Marino: "Argento è un autore di genere, e quindi il suo contributo di regista è limitato all'arte dell'intrattenimento. Non ha nulla a che spartire con la cultura cinematografica." Un'analisi che, in certi ambienti, riguarda anche la letteratura di genere, sempre snobbata a favore di quella definita autoriale.

La dedica di cui Cristiana mi ha fatto dono in Tutto Quel Nero.

E adesso, visto che la Astori è attenta alle coincidenze, pubblico alcune considerazioni personali che mi hanno fatto sorridere (di divertimento) nel corso della lettura. La prima riguarda il giorno di uscita del romanzo, il 5 dicembre, che è la data del compleanno di mio padre.
La seconda considerazione è legata al volume che ho comprato subito dopo Tutto Quel Blu, cioè 1984 di George Orwell. Data quest'ultima su cui si regge l'intero romanzo, essendo la stessa dell'uscita dei film L'Autuomo e Terminator. Curioso poi notare come lo stesso 1984 ruoti attorno al tema delle telecamere e delle riprese.
La terza e ultima curiosità, la più succosa, che, forse, sorprenderà anche una maestra del giallo come Cristiana Astori, è legata a un fatto avvenuto molti anni fa. Si può dire che ho quasi vissuto una situazione analoga (chiaramente non estremizzata come nel romanzo) a quella in cui si viene a trovare uno dei personaggi principali del romanzo, senza chiamare in causa Piano 17 dei Manetti Bros (dove c'è un personaggio con il mio stesso nome e cognome). Nel 2001, mentre me ne stavo a tavola a pranzare, il telegiornale se ne venne fuori con una notizia che mi ghiacciò, almeno per un secondo. Sentii infatti proferire dal giornalista la seguente frase: "Assassinato, a Foggia, il giovane ventenne Matteo Mancini. Ucciso con venti colpi di pistola...". Ebbene, non solo il tipo era mio omonimo, ma era nato anche il mio stesso anno!? Non pubblico il commento (un po' opportunista) che feci all'epoca, subito dopo aver appreso la morte del ragazzo... Qua l'articolo:

 http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/03/Agguato_davanti_bar_Ucciso_operaio_co_8_010903799.shtml

L'omaggio inverso con cui si chiude TQB.

Chiudo con un momento di romanticismo, di cui Tutto quel Blu tende a far sfoggio rispetto ai due precedenti capitoli, che pone fine alla storia quasi a voler far scendere una lacrimuccia sul volto dei lettori più sensibili e legati ai ricordi passati. Percepisco in questo una Astori meno "cattiva" e più protettiva (si veda anche gli atteggiamenti del padre del ragazzo o della coppia di protagonisti verso quest'ultimo). A parlare, con fare paterno, è Bon Scott, prima di congedarsi dal suo giovane amico e tornare da dove è arrivato (un po' come il Terminator del Giorno del Giudizio): "Lo vuoi sapere quale è stato il mio ultimo pensiero mentre collassavo nella Renault 5 in Overhill Road? Be'... non ho pensato alla mia musica, né agli amici e alla tournée, e neanche a quanto ero stato coglione per andarmi a rovinare in quel modo. Il mio ultimo pensiero è andato a quella ragazza dai capelli rossi che stava nel banco davanti al mio in prima superiore, a quello che avrei voluto dirle e non le ho mai detto... e al fatto che se le avessi parlato forse sarei stato una persona diversa  e non mi sarei ridotto a quel modo... Addio, Bad Boy, e ricorda, sii perfezionista, sempre.

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