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venerdì 29 agosto 2014

Recensione Narrativa: L'UOMO CHE VIDE IL DIAVOLO (Gaston Leroux).


Autore: Gaston Leroux.
Titolo Originale: L'Homme qui a vu Le Diable.
Anno: 1908.
Genere: Narrativa del Terrore.
Edizioni: Galaad.
Pagine: 90.
Prezzo: 10 euro.

Commento Matteo Mancini.
Novella di circa ottanta pagine recuperata dalla Galaad Edizioni e pubblicata a cento anni dalla sua stesura, nel 2008, probabilmente perché sgravata dai diritti d'autore.
L'Uomo che Vide il Diavolo, o meglio L'Homme qui a vu Le Diable, non si segnala certo tra le opere più memorabili nate dalla penna del grande scrittore di gialli Gaston Leroux, tuttavia risale al periodo più felice dell'ex avvocato parigino. L'opera infatti viene stesa in concomitanza con i due gialli più noti dell'autore, Il Mistero della Camera Gialla (1907) e Il Profumo della Dama in Nero (1908), appena due anni prima del capolavoro Il Fantasma dell'Opera (1910) e mette subito in mostra, fin dal primo capitolo, la passione dello scrittore per la narrativa del terrore. Per gli studiosi della materia segnalo inoltre che, col titolo Letters of Fire, il testo apparve nella prestigiosa rivista americana weird tales nel marzo del 1930 (fonte Studilovecraftiani).

La storia è piuttosto semplice e convenzionale. Quattro studenti, due dei quali provenienti dalla città e dunque meno inclini alle leggende mentre altri due campagnoli e creduloni, rimangono sorpresi in piena montagna da una bufera che li costringe a rintanarsi in una grotta. I quattro vengono soccorsi da un gentiluomo dall'aspetto elegante ma decadente, che vive da eremita, in compagnia di un cane muto e di una inserviente, all'interno di un castelletto disperso tra i boschi sul confine tra Francia e Svizzera. Strane voci circolano su questo individuo sospettato di aver stretto un patto col demonio. Costretti però dalla necessità, i quattro accettano l'invito di passare una nottata nella magione dello sconosciuto. Nonostante quanto sia lecito pensare, dato che ci si trova al cospetto di un racconto del terrore, i giovani vengono accolti in ottimo modo, cenano a base di capriolo e ascoltano una storia assurda. Il vecchio narra infatti di come sia caduto in disgrazia, per amore di una donzella che avrebbe voluto sposare senza però averne le possibilità economiche e per il suo vizio per il gioco d'azzardo, finché, fuggito dal mondo, un giorno ebbe a incontrare il Principe delle Tenebre in persona. L'incontro col diavolo, quasi involontario e avvenuto sull'orlo del suicidio in camera da letto e con una pistola in mano (la scena ricorda un po' un momento cardinale nella storia dello scrittore Gustav Meyrink, quando l'austriaco abbandonato dall'ennesima fidanzata prese la strada dll'occultismo), diviene decisivo nella vita dell'uomo. Da quel giorno in poi una grottesca maledizione graverà sul poveretto, è lo stesso soggetto a raccontare la portata della maledizione: "Il Demonio, con due parole, aveva scritto il mio destino a lettere di fuoco. Aveva lasciato la sua firma. La prova ultraterrena del patto abominevole che strinsi con lui quella notte. TU VINCERAI!"  E così, da allora in poi, il dannato aveva vinto in continuazione a ogni partita e  a ogni puntata senza alcuna possibilità di perdere. Un vantaggio non da poco, potrebbe pensare qualcuno, se non fosse che il tizio è un fervente cattolico e un uomo dall'indole buona, al punto da rifiutare le vincite (date in beneficenza) e da rinunciare all'amore (perché sarebbe stato benedetto dai soldi avuti per intercessione diabolica) con la speranza (vana) di aver salva l'anima.
L'arrivo dei quattro, che lo costringeranno a giocare a carte ("al cinque secco") perché convinti che sia pazzo, sarà l'ennesima dimostrazione per provare la veridicità di quanto narrato oltre che che per risvegliare certe forze malevole che sembrano aggirarsi nei pressi del castelletto. Su tutto graverà poi un clima surreale con un giocatore che gioca con la speranza di perdere, ma che non vi riesce neppur giocando male.

Copertina di un'edizione francese.

Sebbene il soggetto non sia dei più originali, la bravura di Leroux non tarda a comparire. Fin dalle prime battute lo scrittore transalpino dimostra grandissimo talento nel costruire un'atmosfera claustrofobica tratteggiando i contorni di una tempesta da romanzo gotico, con ululati, squarci di luce nel buio e grugniti dei cinghialotti catturati dai quattro studenti. Molto belle poi le descrizioni del cane muto, che abbaia e si dimena incapace di fare rumore, così come la serie di rumori che rompono la quiete del castelletto. Piuttosto scialba, invece, la descrizione della partita tra il padrone di casa e gli sfidanti, così come non è all'altezza delle premesse il frettoloso epilogo in cui fa capolino la deformazione professionale di Leroux che ricorda di esser stato un giornalista di cronaca nera.

Chiarito il contenuto del testo, è bene spendere una parola sull'idea che sta alla base del racconto, ovvero il vizio del gioco, una malattia che Leroux conosceva assai bene essendo lui stesso un giocatore incallito al punto da dilapidare un'intera eredità ai tavoli verdi della Parigi bene (proprio come il protagonista del racconto, chiaramente prima di incontrare il demonio). Leroux, pià o meno consciamente, intende lasciare un monito ai lettori, consapevole della propria esperienza personale, celandolo tra le righe di un racconto fantastico dove si ribaltano gli incubi di un giocatore d'azzardo (si passa dal terrore della sconfitta a quello della vincita). A questo tema principale si aggiungono poi due sotto temi cari agli autori del fantastico, cioè il rapporto tra orrore soprannaturale (molto evanescente la descrizione del demonio) e pazzia, vista quale arma per fuggire dalle fauci dell'ignoto laddove ogni spiegazione razionale sia destinata a soccombere (non a caso il protagonista cerca in tutti i modi di convincersi di esser stato vittima di un'allucinazione), e il rapporto tra amore impossibile e parabola esistenziale discendente dell'uomo sensibile che è stato respinto e che, per effetto di ciò, viene proiettato verso la morte (aspetto, quest'ultimo, che ritornerà dirompente ne Il Fantasma dell'Opera).

Gaston Leroux.

Una considerazione finale per l'edizione curata dalla Galaad, casa editrice milanese specializzata in edizioni formato tascabile, la quale, forse (dato il prezzo non più di tanto contenuto), farebbe meglio a dotare i propri volumi di una introduzione al testo e all'autore o, quanto meno, a rimpolparli  a dovere; nella fattispecie, a mio avviso, sarebbe stata buona cosa unire alla novella in questione qualche altro racconto fantastico, magari inedito, di Gaston Leroux in modo da rendere più appetibile il tutto (così come è si tratta di un volume per "maniaci" dell'autore, in senso positivo, o del genere, non essendo una lettura essenziale).

Chiudo la recensione con una frase pronunciata dal protagonista che ben sintetizza il cuore della vicenda trattata: "Ecco dunque dove conduce la mania del gioco: Conduce alla follia, puramente e semplicemente!"





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