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domenica 29 dicembre 2013

Recensione Narrativa: LA STORIA DI RED HANRAHAN (William B. Yeats)

Autore: William Butler Yeats.
Editore: Galaad Edizioni.
Pag.: 102
Prezzo: 7 euro.

Commento Matteo Mancini.
Poeta premiato col Nobel alla letteratura, William B. Yeats è conosciuto come uno dei migliori artisti irlandesi vissuti a cavallo tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento.
Grande appassionato di occultismo nonché del folklore celtico, Yeats ha da sempre cercato di rappresentare e divulgare la cultura del suo popolo interessandosi in modo particolare alla poesia e alla raccolta di fiabe irlandesi.

L'antologia/romanzo La Storia di Red Hanrahan è una di via di mezzo tra le due passioni dell'autore. Yeats propone le vicessitudini del dotto poeta e paroliere Hanrahan, articolandole in sei brevi capitoli (alcuni dei quali persino superflui) non sempre ben collegati tra loro. L'artista, un tempo maestro e cantautore d'eccezione, si trova costretto a vivere da nomade, trasferendosi di continuo per i boschi e le campagne d'Irlanda. Sull'uomo grava infatti una maledizione subita la vigilia della notte di Samhain, per mano di un misterioso vecchio, proveniente dalla Francia, dotato di poteri paranormali (belle le descrizioni con quest'ultimo che ipnotizza, manovrando delle carte da gioco, gli avventori di un'osteria). A seguito del maleficio, Hanrahan, sul punto di sposare la sua amata (che non vedrà mai più), si trova a inseguire nella foresta una lepre braccata da una muta di cani (generati dal sortilegio del vecchio), perdendo un anno della propria vita volato via in un battibaleno (si respira forte aria di stregoniera, peraltro con la presenza di quattro vecchie poste a presidio di una ragazza di rara bellezza, ma schiava di un sonno perenne). Yeats cita vagamente Carroll (Alice nel Paese delle Meraviglie, Alice entra nel mondo fatato inseguendo un coniglio) trasferendo il suo personaggio in una dimensione distorta che lo allontana dalla vita per un periodo che ad Hanrahan sembra di una notte, ma che in realtà corrisponde a dodici mesi.

Sul poeta, da principio smemorato, iniziano così a circolare strane voci: si mormora che su di lui gravi una maledizione e che la sua presenza sia indice di sventure; intanto la sua amata si è sposata con un altro uomo e la cosa non viene accettata dal poeta. Ferito nell'animo, Hanrahan si trova a dover emigrare di continuo di paese in paese, trovando la consolazione al pianto solo nel decantare canzoni ai quattro venti o a gruppi di giovani a cui si manifesta in vesti di maestro. I concittadini, pur riconoscendogli l'immenso talento, non vogliono avere troppo a che fare con lui (accettano di sentirlo cantare ma nulla più), c'è persino che escogita stratagemmi per sbatterlo fuori di casa, e di questo il povero Hanrahan se ne duole senza mai infierire nonostante di lui si dica che "quando la gente della terra d'Irlanda gli faccia male, lui conosca il modo di darle male per male".

Yeats condisce la storia (dai chiari contorni fiabeschi), con spruzzate oniriche (poche, per la verità) e soprattutto con una massiccia dose di malinconia (Hanrahan incarna l'archetipo del poeta romantico ma maledetto, destinato alla sofferenza perenne). Non mancano stralci di poesia (con musicalità delle parole penalizzata dalla traduzione), campo di elezione dell'autore, ma alla fine, eccetto l'ottimo capitolo iniziale, la noia discende presto a farla da padrona.

Epilogo tragico, con un Hanrahan, ormai vecchio, destinato ad aver vita felice solo nell'aldilà, dove dominano gli spiriti del Popolo Eterno.

Il volume è assai breve, anche in considerazione del formato tascabile (15.50 cm * 10,50 cm), e si legge in poco meno di due ore. Nel complesso si rivela piuttosto deludente, vista la firma apposta sul progetto, anche se molto elegante nella prosa.

Tra i passaggi criptici il fulcro della vicenda (nonchè del maleficio) ruota attorno ai semi delle carte manovrate dal vecchio a inizio racconto: "Picche e Quadri, Coraggio e Potere; Fiori e Cuori, Conoscenza e Piacere"; nonché alle frasi, dal vago sapore di una sentenza di condanna, mormorate dalle quattro streghe - rappresentanti dei semi delle carte - ignorate da Hanrahan nel suo viaggio all'inseguimento della lepre: "Non ha alcun desiderio di noi; E' debole, è debole; Ha paura; Ha perso il senno. Echtge, la figlia di Mano d'Argento, dovrà dormire ancora. E' un peccato, un gran peccato!"


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