Genere: Antologia Horror.
Editore: Dagon Press.
Pagine: 120.
Prezzo: 12.90 euro.
Commento a cura di Matteo Mancini.
Omaggio “anti-accademico” di Roberto Del Piano alla narrativa di H.P. Lovecraft, in linea a quanto fatto da Andrea Berneschi (qua la recensione di alcuni racconti raccolti nell'antologia del 2024 Abissi del Tempo e dello Spazio https://giurista81.blogspot.com/2024/07/recensioni-narrativa-abissi-del-tempo-e.html). Del Piano, noto soprattutto come bassista elettrico legato al mondo del jazz degli anni settanta, parte dagli insegnamenti degli scrittori facenti parte del cosiddetto “circolo lovecraftiano” e contribuisce ad ampliare il pantheon dei Grandi Antichi col suo Trnt-Asy'-hh altrimenti detto “Tarantasio”, un'entità decerebrata che vivrebbe nei sotterranei di una misteriosa cappella nel lodigiano. L'essere, definito un “Antico minore”, è assistito direttamente da un Nyarlathotep mutaforma, capace persino di assumere sembianze umane (il signor Niarlo Toteppi!?) e di penetrare nei sogni dei lodigiani al punto da influenzarne il voto alle elezioni comunali (evidente critica delle modalità attraverso le quali i cittadini scelgono i propri rappresentanti e, al tempo stesso, i partiti politici coloro che possono garantire voti a prescindere dalla loro natura). Proprio in quest'ultimo aspetto viene a brillare il poker di racconti di Del Piano, che trovano il loro epilogo nel delirante contributo di Andrea Cattaneo (apprezzato dal sottoscritto in occasione della lettura dell'antologia Animali Notturni: https://giurista81.blogspot.com/2024/07/recensione-narrativa-animali-notturni.html). La parodia, l'ironia e la satira socio-politica si intrecciano con una sottotrama che porta Lovecraft sull'inusuale versante erotico/pornografico. Trnt-Asy'-hh infatti vive nutrendosi di sperma umano (che è poi anche il seme da cui nasce la vita degli uomini) e per farlo porta all'estasi i cittadini di Lodi che si fanno irretire dai suoi richiami. Trama dunque folle, ma divertente e narrata con uno stile leggero, sufficientemente colto, che evita di scadere (nonostante alcune scene memorabili che mai avevo letto in un'opera del genere) in un lessico inquinato dalle scurrilità.
Tutto parte dal rinvenimento di un volumetto firmato von Junzt (direttamente dalla narrativa di Lovecraft), in cui si parla di una mitologica creatura che vivrebbe nei sotterranei di Lodi. La lettura del testo provoca una serie di sogni erotici che finiscono per condurre il ritrovatore del testo nella tana in cui il mostro, ovviamente tentacolare come nella più classica delle tradizioni lovecraftiane, vive davvero. Il racconto Trnt-Asy'-hh (segnalato qualche anno fa al Premio Hypnos) apre il via a una tetralogia di brevi racconti (per un totale di una sessantina di pagine scarse) e viene superato in qualità dallo scatenato Non è Facile Fare il Vicesindaco a Lodi, un racconto squisitamente pazzesco e dissacrante in cui Del Piano ironizza anche sul presunto “razzismo” del Solitario di Providence, utilizzando quale profeta della corruzione dei costumi un colored venuto dal nulla che finisce per essere eletto alle elezioni comunali con un plebiscito tale da ricevere la carica di “vicesindaco”. Qui entra in scena il protagonista della serie che è lo stesso Roberto Del Piano (che si autodefinisce “una curiosa figura di musicista d'avanguardia con interessi anche nella letteratura del bizzarro e dell'orrore, una persona colta e gentile”), supportato dalla moglie e dalla gatta Albertina che balza da una dimensione all'altra scatenando un vero e proprio esercito di gatti. Evidenti i richiami a The Cats of Ulthar ma anche al recente I Predatori dell'Abisso di Ivo Torello. Saranno proprio i gatti, infatti, a mettere in fuga gli adepti allupati di un Trnt-Asy'-hh abbandonato persino da Nyarlathotep, stanco dell'idiozia umana.
L'odio amore per Lodi diventa dunque palpabile. La città lombarda, di cui sono originari i tre scrittori del testo, viene descritta nelle sue particolarità logistiche, eppure dissacrata e paragonata ai luoghi teatro delle vicende di Lovecraft (si pensi a Innsmouth). Così come il mostro è decerebrato tanto da essere definito la “parodia di un Dio”, Lodi viene descritta una “sonnolenta parodia di città”.
Ne viene fuori una tetralogia che trova la via dell'originalità pur muovendosi su una matrice classica. Curioso il criptico epilogo di Cattaneo (bravo a tracciare i momenti più horror dell'intero testo, come un gruppo di pseudo bambini intenti a divorare una nutria) che, addirittura, amplifica la “follia” delle storie di Del Piano con un vero e proprio trip (gatti parlanti, rilevatori geiger ideati da gatti, donne morte da settantacinque anni misteriosamente in vita etc) che non troverà una vera e propria conclusione.
Dopo i cinque racconti interconnessi, tanto da poter essere considerati un'opera unica, il volume viene ultimato da un ampio racconto di Cesare Buttaboni (circa metà libro), conosciuto soprattutto come recensore di libri del fantastico e di album heavy metal. Buttaboni riesce a combinare saggistica e narrativa in un riuscitissimo mix che riconduce i contenuti lovecraftiani nell'alveo accademico. Il suo La Maschera di H.P. Lovecraft è un omaggio piuttosto classico, che fa il verso ai racconti già pubblicati dallo stesso autore in Grimoria (qua la mia recensione https://giurista81.blogspot.com/2024/07/recensioni-narrativa-grimoria-di-aavv.html), sebbene lo stile appaia più moderno e leggero. Buttaboni propone, attraverso l'artificio della registrazione inserita in un album musicale ascoltato alla rovescia (super classico), un messaggio inedito di H.P. Lovecraft, impresso poco prima della morte, in cui il Solitario svela i misteri del dietro le quinte dei suoi racconti. Leggenda (Lovecraft profeta di una setta legata alla Saggezza Stellare, il viaggio in Italia sulla scia di Road to L) e realtà (ex il nonno affiliato a un'organizzazione segreta di stampo esoterico) si mischiano e aprono la via alla vicenda di un collezionista lodigiano che va a caccia in quel di Londra del mistero legato a un disco pubblicato in 33 copie dietro cui si scoprirà muoversi un'oscura setta iniziatica. Tutto molto coinvolgente e affascinante. Seppur classico, si tratta del miglior racconto di Buttaboni che trova persino la via per omaggiare i voli astrali de The House on the Borderland e, per certi versi, superare il nichilismo di un Lovecraft che sopravvive (oltre la morte) nello spirito mentre la materia attorno a sé si sgretola. Memorabile la parte nel cimitero dei grandi maestri del fantastico.
Un buon prodotto, in definitiva, licenziato da una Dagon Press che esce dalla sua "solita" comfort zone (si pensi ai racconti del valido Fabio Calabrese) per provare ad abbracciare il campo dell'ironia dissacrante e sfrenata. Consigliato ai cultori del solitario che non siano così ortodossi da reputare sacrilega la scelta di parodiare il Maestro.
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