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sabato 16 settembre 2023

Recensione Narrativa: STAGIONE DIVERSE di Stephen King.

Autore: Stephen King.
Titolo Originale: Different Seasons.
Anno: 1982.
Genere:  Drammatico / Antologia.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 588.
Prezzo: 16.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Opera simbolo nell'ambito della produzione di Stephen King che conferma qua di sapersi misurare anche con storie non calate nel soprannaturale (che fa comunque capolino nell'ultima storia). Le quattro novelle che compongono il volume, infatti, toccano tematiche più vicine a romanzi come Ossessione (“Rage”) che alle tradizionali storie dell'autore. Qui è l'orrore del quotidiano a venire in ballo, una follia calata nel sociale, tra stupri, omicidi, incidenti, ingiustizie e pestaggi su cui si fanno largo la perdita della libertà personale per effetto di una condanna ingiusta, la corruzione della mente giostrata dal fascino del male, i riti di passaggio dall'infanzia all'adolescenza e, infine, la determinazione di una futura ragazza madre per nulla intimorita dal parto. Sebbene il fantastico resti ai margini, la vena oscura di King si palesa in tutte le storie che si tingono di contenuti macabri e di violenza.

Scritte in periodi diversi, tra il 1975 e il 1980, le novelle vedono la luce nel 1982, raccolte nella prima raccolta di novelle dell'autore che, a cadenza periodica, ne sfornerà altre tre (oltre a quelle dei racconti brevi).

Più che il rimando alle stagioni, le quattro avventure, tre delle quali riscuoteranno grossa fortuna anche al cinema, sono storie legate al ricordo. È il passato a riemergere, ora nostalgico e ora affascinato. King prepara il terreno per importanti classici della sua successiva produzione, quali Il Miglio Verde, It e L'acchiappasogni che pescheranno qua parte della loro magia.

In parte osteggiata dall'editore dello scrittore, che avrebbe preferito un romanzo sugli archetipi “classici” dell'orrore, Stagioni Diverse ha conquistato un posto di privilegio nelle graduatorie di molti dei lettori del Maestro, soprattutto per il suo allontanarsi da quelle sfumature da terrore "adolescenziale". Spesso indicata quale la migliore antologia di King, ha spinto l'autore a proseguire verso un'evoluzione orientata verso orrori di valenza sociale disancorati da giustificazioni paranormali come avverrà, tra gli altri, con i successivi Misery (1987), Il Gioco di Gerald (1992) e Dolores Clairborne (1992). Da qui è anche partita la mia lettura di King, di cui in Italia già si faceva un gran parlare a metà anni ottanta (quando andavo alle elementari). Stagioni Diverse è stato infatti il mio primo libro acquistato tra quegli dell'autore. Lo comprai, credo nel 1999, all'Ipercoop, in coincidenza dell'uscita del film L'Allievo, il cui titolo, infatti, spicca in rilievo in copertina. Ne rimasi (a quell'epoca) in parte deluso (perché mi aspettavo storie soprannaturali) pur apprezzando fin da subito la novella Un Ragazzo Sveglio che resta uno degli apici nella produzione dell'autore. Nel corso degli anni e con la maturazione dovuta a un'eta' non piu' giovanile ho rivalutato il tutto. Ecco qui di seguito il mio pensiero.

 
RECENSIONE NEL DETTAGLIO

Rita Hayworth e la Redenzione di Shawshank (Rita Hayworth and Shawshank Redemption) apre la raccolta, mostrando fin da subito la natura drammatica del volume. Non particolarmente lungo, appena centodieci pagine, si sviluppa quasi tutto in flashback, con l'artificio di un narratore che racconta, da testimone oculare, l'esperienza carceraria del protagonista, un bancario ingiustamente incarcerato nella prigione di massima sicurezza di Shawshank con l'accusa di omicidio. Classico men in prison con un King che ricorre a tutti gli stereotipi del genere per intavolare un discorso sulla speranza e sul creare tutti i presupposti affinché questa possa potenzialmente concretizzarsi.

A parte l'ingiusta incarcerazione di un condannato per un omicidio che non ha commesso, abbiamo direttori carcerari che non concedono chance di redenzione ai detenuti, guardie che abusano del loro ruolo correttivo, detenuti molestatori (presente una dura scena di stupro omosessuale), attività ricreative e, immancabile, la spettacolare evasione che lascia tutti basiti (narrativamente interessante la scena nelle fogne). Molto viene concesso alla sospensione dell'incredulità. Come si può infatti prendere sul serio la presenza di un vero e proprio tunnel che parte dalla cella di un detenuto e si dirama nei sotterranei senza che nessuno, in trent'anni, si accorga della lenta e costante attività di erosione giostrata dal prigioniero (il foro è coperto da un poster)? Lo stesso discorso, inoltre, è da farsi per lo stratagemma (un particolare pezzo di vetro conficcato nel terreno in un campo utilizzato a mo' di segnalaratore!?) attraverso il quale l'evaso rinviene la chiave, sotterrata anni prima, di una cassetta di sicurezza dove è custodita un'ingente somma di denaro. Lo stesso King pare non credere alle soluzioni prospettate, tanto che evidenzia le basse percentuali di riuscita di un similare piano. Ecco che Rita Hayworth e la Redenzione di Shawshank, che poi verrà trasposto da Frank Darabont al cinema sotto il titolo Le Ali della Libertà (1994), piuttosto che una storia realistica (per lunghi tratti lo è, con un'eccezionale riproduzione del mondo carcerario), diviene soprattutto un'allegoria sulla speranza. Del resto lo stesso sottotitolo “L'Eterna Primavera della Speranza” non nasconde le intenzioni dell'autore.

Fulcro di tutto è la spiegazione che il protagonista da al compagno di cella: “Quando arrivano i pasticci ci sono due tipi di uomini al mondo. Uno dei due tipi di uomo si limita a sperare per il meglio. L'altro prevede il peggio. Questo secondo tipo sa che non c'è niente di male a sperare per il meglio finché sei preparato al peggio.” Questo è quello che fa Andy Dufresne, un uomo che spera nell'impossibile ma che, nel contempo, lavora sulle soluzioni alternative, qualora dovesse concretizzarsi quel peggio che la prima categoria di soggetti ha deciso di ignorare col rischio di farsi trovare impreparata all'appuntamento. Dufresne lavora da lontano sul suo futuro, facendo il tutto da stratega, così sognatore da sfiorare la lucida follia. Le abilità contabili e finanziarie gli consentono di conseguire, a breve tempo, vantaggi e trattamenti di favore, dando dritte e consulenze a guardie e direttori che allenano nei suoi confronti le maglie dei controlli. Diviene protetto e intoccabile, uno status dietro il quale, all'insaputa di tutti, lavora per la grande fuga dopo aver toccato con mano che lo stato di carcerario lo ha involuto, agli occhi delle presunte "persone perbene" (non lo sono), al rango di subumano. Gli andrà tutto bene, come si intuisce dal melodrammatico epilogo, dove King si concede una vena poetica in onore di un'amicizia che va al di là dallo stato di colpevole e innocente. La libertà tuttavia, dopo tanti anni di reclusione, si sgretola in un qualcosa di inutile, un vantaggio di cui non si può godere, poiché quando si sta in cattività per tanto tempo si finisce per percepire la realtà di un mondo altro, con regole altre, in cui, tutto sommato e nella pochezza della situazione, si finisce per recitare un ruolo mentre là fuori si è guardati con sospetto e si è dei soggetti da evitare, incapaci di sostenere quella vastità infinita che è la libertà. Una sorta di agorafobia che porta a rimpiangere lo stato di detenzione, un'esistenza scandita da regole, procedure e regolamenti che cadenzano le fasi di un tempo che ha svestito la natura convenzionale dell'ordinario vivere per divenire indefinito e costantemente uguale (a parte per il deperimento del corpo). "O fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire" questo il quesito finale di fronte al quale si troverà a scegliere il narratore, la scelta da demandare al volteggiare aereo di un'ideale monetina a cui affidare le sorti del proprio futuro: gioco o non gioco la partita?

 

Un Ragazzo Sveglio (Art Pupil) è un vero e proprio romanzo breve, lungo duecentoventi pagine, tante quante La Lunga Marcia e qualcosa in più de L'Uomo in Fuga. King lo colloca come seconda storia della raccolta che, pertanto, prosegue la via del genere drammatico senza toccare il soprannaturale. Ciò detto, il senso dell'orrore raggiunge i livelli apicali dell'intera produzione di King. Cattivo, brutale, senza freni inibitori e con rimandi espliciti al sesso (si veda l'incubo in cui il protagonista stupra con un vibratore d'acciaio un'ebrea), tanto da costringere i produttori della trasposizione cinematografica (intitolata "L'Allievo"), diretta sedici anni dopo da Bryan Singer (“I Soliti Sospetti”, “X-Men” e “Bohemian Rhapsody”), a edulcorare e modificare il soggetto (con tanto di finale addolcito) per renderlo presentabile alle grandi masse. Il male, nella storia, trionfa e contamina un ragazzo sveglio e talentuoso, quasi a voler sottolineare il pericolo di certe idee capaci di insinuarsi persino nei cervelli più raziocinanti e svegli.

Art Pupil è la storia di un rapporto perverso e sadico tra un giovane ragazzino di tredici anni e un vecchio settantenne che vive, sotto falso nome, nella tranquilla provincia americana cercando di dimenticare il passato. L'uomo, infatti, è un gerarca nazista, responsabile di una lunga scia di morte ai tempi della seconda guerra mondiale. Un tempo comandante del campo di concentramento di Patin, Dussander, che ora si fa chiamare Denker, si è macchiato di atroci delitti tanto da esser ricordato come “Il Sanguinario di Patin”. Un giovane adolescente con la passione per le storie legate ai massacri nazisti, Todd Bowden, lo riconosce e, sotto la minaccia di denunciarlo alle autorità, lo costringe giorno per giorno a rivelargli i particolari più macabri legati alle mattanze naziste, arrivando a obbligarlo a indossare una divisa delle SS. Ha così inizio un vortice di follia che finirà per travolgere la psiche di entrambi i soggetti. Spalmato su un periodo di quattro anni, il soggetto viene sviluppato per effetto di una lunga serie di incontri tra i protagonisti. Todd si reca a trovare il vecchio, apparentemente per leggergli dei romanzi, col solo intento di estorcergli informazioni. Il rivangare sul passato risveglia l'istinto omicida di Dussander che trova pace solo uccidendo animali (un gatto viene bruciato vivo in un forno) e poi barboni. Al tempo stesso le storie truci degli stupri, degli esperimenti genetici e delle uccisioni barbariche stimolano la fantasia del giovane Todd che, a poco a poco, alimenta una fantasia malata che lo condurrà nel vortice del male distorcendogli anche la sfera sessuale. Ecco dunque trovare giustificazione il sottotitolo “L'Estate della Corruzione”. Art Pupil propone una vera e propria corruzione dei valori. Alla maniera di un virus, la follia e la malvagità nazista attecchisce nel subconscio del giovane protagonista, facendo dello stesso un mostro (serial killer).

King lavora molto attentamente sulle psicologie dei due personaggi principali, proponendo sviluppi che portano gli stessi a modificare i relativi rapporti di subordinazione fino a giungere a una reciproca collaborazione e immedesimazione. “Lui e il ragazzo erano esseri spregevoli che si nutrivano a vicenda...”

Epilogo quadrato e verosimile per quella che è, a tutti gli effetti, una delle migliori opere in assoluto di King, peraltro la prima che io abbia letto molti anni fa.

Da sottolineare come la storia sia uno spin-off di Rita Hayworth e la Redenzione di Shawshank, visti i rimandi al banchiere Dufresne che avrebbe fatto acquistare a Dussander una serie di azioni prima di venire arrestato per uxoricidio.


Il Corpo (The Body) avventura di formazione dai contenuti autobiografici che King ambienta nell'immaginifica e ritornante Castle Rock (ci sono rinvii anche al precedente romanzo Cujo). Fatto salvo un paio di racconti a sè stati inseriti nel testo (il protagonista è uno scrittore in erba che si diverte  a intrattenere gli amici con le sue storie) nonché l'epilogo in cui il narratore rivela ai lettori cosa sia poi successo nel futuro ai vari personaggi, i fatti si svolgono in tre giorni. Quattro ragazzini partono a piedi, lungo i binari della nascente ferrovia, verso un viaggio boschivo che li porterà a imbattersi nel cadavere di un loro coetaneo. È uno dei quattro a rivelare agli altri di aver sentito il fratello più grande parlare della presenza nel bosco di un corpo privo di vita non ancora scoperto dalle autorità.

King plasma qua il substrato da cui nasceranno i vari It, L'Acchiappasogni e La Bambina che Amava Tom Gordon. Si parla di un gruppo di ragazzini perdenti, che se la dovranno vedere con i bulli più grandi e con vere e proprie prove iniziatiche (un cane su cui circolano voci leggendarie, un ponte su cui sfreccia un treno in corsa da precedere nella traversata e un bagno in un ruscello infestato da sanguisughe). L'orrore lascia spazio all'amicizia infantile, nell'epoca in cui l'adolescenza bussa alle porte rimodulando i rapporti e le amicizie, ma anche gettando le basi per il futuro. Il volgere a termine dell'estate segna il momento in cui i sogni e le speranze si infrangono con la cruda realtà di un paese di campagna che non concede vie di sviluppo. La fuga e l'abbandono delle vecchie conoscenze divengono l'unica strada percorribile per provare ad ambire a quel successo che possa consentire di evitare le sabbie mobili del fallimento sociale. Strutturato tutto in flashback, è una novella di discreta lunghezza (quasi duecento pagine) incentrata sul ricordo e focalizzata su quello che è, in tutta probabilità, il periodo più felice per ogni essere umano. “C'erano i film da andare a vedere al Gem, che da tempo è stato abbattuto... C'erano le partite e i pasti mandati giù di fretta, prati da falciare, posti dove correre, muri da tirarci contro le monetine, gente che ti dava le pacche sulla spalla. E ora sto qui seduto e cerco di guardare attraverso la tastiera di un IBM e di vederci quel tempo, cerco di ricordarmi il meglio e il peggio di quell'estate verde e bruna, e riesco quasi a sentire quel ragazzino smilzo e pieno di croste ancora sepolto in questo corpo che avanza, a sentire quei suoni.

Rob Reiner, che poi dirigerà anche la trasposizione cinematografica di Misery, trarrà dalla novella il fortunato Stand By Me (1986), primo film incentrato su una delle novelle della raccolta. La sceneggiatura strapperà una nomination agli oscar quale migliore sceneggiatura non originale, mentre il film riceverà due nomination ai golden globe come "miglior film" e "migliore regia".

Il Metodo di Respirazione (The Breathing Method) è un'opera che ho rivalutato nel corso degli anni, soprattutto per le confermate abilità di King di calarsi nella psicologia femminile. Con le sue settanta pagine, è la storia più breve della tetralogia. King plasma il tutto costruendo un vero e proprio racconto nel racconto. Protagonista è un sessantenne, dipendente di uno studio legale, che ricorda la sua esperienza in uno strano club dove viene ammesso dal suo superiore. Invitato a prendere parte alle riunioni, l'uomo parla di un ambiente ricreativo quasi fuori dal mondo (sebbene l'ingresso sia da un portone di un palazzo di New York), gestito da uno strano maggiordomo, dove annualmente gli ospiti si intrattengono raccontando storie davanti al focolare. La natura e le atmosfere del club sono sovrannaturali e misteriose. All'interno dei locali si trovano libri, juke-box, biliardi che non hanno riscontri nella realtà. Il nome degli scrittori che figurano nella biblioteca del club sono del tutto sconosciuti presso le librerie, così come le casi editrici dei loro libri non sono indicate nei cataloghi. Allo stesso modo le marche dei biliardi o degli altri oggetti presenti nei labirintici locali del club sono del tutto aliene sul mercato. In tale contesto, il protagonista è destinatario di una serie di avventure raccontate dagli altri soci. Proprio una di queste è quella che da il titolo alla storia. Si tratta di una drammatica avventura, verificatasi negli anni '30, che vede quale protagonista una ragazza madre impegnata nei preparativi pre-parto. Abbandonata dal fidanzato e costretta a sostenere gli appuntamenti presso il medico senza alcun accompagnamento, la giovane deve far fronte anche all'atteggiamento bigotto della società. Una volta emerso lo stato di gravidanza, infatti, viene cacciata dal posto di lavoro e dall'abitazione presso la quale è in affitto, in quanto non essendo maritata viene reputata una sgualdrina. Si troverà dunque costretta ad acquistare una fede in un banco dei pegni, così da spargere in giro la notizia di essere rimasta vedova. Solo attraverso tale soluzione riuscirà ad avere il rispetto dei nuovi vicini. Attraverso il narratore, King propone una severa critica alla società americana di inizio secolo scorso, evidenziando il netto contrasto tra i pregiudizi e l'effettivo carattere combattivo della poveretta. L'epilogo è crudele e grandguignolesco, a voler suggerire un destino segnato da cui non è possibile sottrarsi. La forza di volontà della giovane, tuttavia, è tale da sovvertire i disegni del fato. Grazie allo sperimentale metodo di respirazione suggeritogli dal ginecologo di fiducia, in modo da ottimizzare le fasi del parto, la giovane confeziona un vero e proprio miracolo che le consente di vincere la morte. Coinvolta in uno spaventoso incidente stradale, riesce infatti a sopravvivere alcuni minuti pur rimanendo decapitata, così da consentire al medico, giunto in soccorso, di farla partorire e salvare il piccolo che porta in grembo.

Un po' come per Rita Hayworth e la Redenzione di Shawshank siamo dalle parti della metafora: la forza di volontà vince sulle avversità. King non vuole essere verosimile, proponendo un momento così surreale da stravolgere l'impianto realistico della vicenda. Quest'ultimo, peraltro, viene bypassato anche dalle allusioni finali che virano decisamente verso il fantastico distorcendo i contorni della realtà. King suggerisce l'esistenza di una quarta dimensione, all'interno della quale si troverebbero i locali del misterioso club, anticipando sviluppi che saranno al centro della successiva raccolta di novelle Quattro dopo Mezzanotte. Chiari gli omaggi a Stevenson e al suo celebre Il Club dei Suicidi. Forse citato volontariamente da T.E.D. Klein e da Dario Argento (si ricorda la testa decapitata parlante nel film Trauma), Il Metodo della Respirazione è l'unica delle quattro storie a non essere stata trasposta al cinema, sebbene qualche anno fa vi sia stato un interessamento (per la regia di Scott Derrickson) poi non tramutato in effettivo progetto. Inferiore alle precedenti storie, vanta comunque un certo fascino. Memorabile la scena dell'incidente stradale e il relativo sviluppo successivo.


In conclusione Stagioni Diverse è un riuscito tentativo operato dall'autore di svincolarsi dalle storie horror, pur continuando a mantenerne le sfumature e il registro linguistico. La cifra stilistica di King è evidente, così come la sua dote di curare lo sviluppo dei personaggi, ma velocizzata a causa del format ridotto delle storie. I contenuti sono più maturi e, probabilmente, di maggiore presa in quel mondo della critica editoriale che negli anni ottanta era assai refrattario all'arte di King. Non è certo uno dei volumi da cui partire (come invece ho fatto io) nell'affrontare la produzione dell'autore, ma è di certo uno dei suoi migliori volumi, sebbene meno spassoso di altri. Non è infatti il divertimento che King ricerca in queste storie, essendo ognuna di esse, a diverso grado, un dramma sociale che sfocia sovente nella tragedia e nel fallimento umano.

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