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domenica 23 aprile 2023

Recensione Narrativa I MAGHI DEL BRIVIDO della serie Alfred Hitchcock presenta

 
 
Autore: AA.VV. (a cura di Alfred Hitchcock) 
Curatore: Alfred Hitchcock & Robert Arthur.
Titolo Originale: Spellbinders in Suspense. 
Anno: 1967. 
Genere:  Antologia Giallo / Horror. 
Editore: Rizzoli / Amica (1980-1990). 
Pagine: 278. 
Prezzo: Fuori catalogo


Commento a cura di Matteo Mancini.
Spellbinders in Suspense, da noi più semplicemente “I Maghi del Brivido”, è una delle tante antologie messe in commercio sotto la firma “Alfred Hitchcock”. Un modo come un altro per sponsorizzarne l'uscita e tentare di incrementarne le vendite. Hitchcock, in realtà, si limita a donare una paginetta di prefazione dove parla della suspense (vera protagonista della selezione), lasciando di fatto (ma non in apparenza) al fidato Robert Arthur il compito di mettere assieme il lotto assortito di racconti.

Pubblicata in origine nel 1967, Spellbinders in Suspense è giunta alle nostre latitudini tredici anni dopo grazie a Rizzoli, che ne ha pubblicato una seconda edizione nel 1988 e una terza nel 1990 data in omaggio, quale supplemento al numero 5 del periodico Amica del 29 gennaio 1990.

Ci troviamo al cospetto di tredici racconti, di autori anglo-americani, pubblicati tra il 1924 e il 1965 e aventi in comune il gusto per il mystery. Prevale di gran lunga la componente gialla, talvolta miscelata all'umorismo, ma vi sono anche un paio di racconti del terrore e alcuni di azione che hanno acquistato nel corso degli anni particolare importanza.

Almeno tre i racconti famosi, così come si nota la presenza di assoluti maestri del genere quali Agatha Christie, Sax Rohmer, Edgar Wallace, Robert Bloch e Daphne du Maurier.

Brilla tra tutti il racconto The Birds (1952) portato alla notorietà dalla trasposizione cinematografica diretta nel 1963 da Alfred Hitchcock. Si tratta di un celebre racconto, in precedenza già apparso in Italia in cinque pubblicazioni a partire dall'apparizione nel 1954 in appendice ai romanzi Urania. Lo firma l'inglese Daphne du Maurier che guarda da una parte a The Terror (1917) di Arthur Machen, dall'altra a The War of the Worlds (1938) di Herbert G. Wells e per tali vie spiana la strada al nascente filone zombie che sarà avviato da George A. Romero nel 1968. “Gli Uccelli” costituisce una metafora sull'inadeguatezza delle istituzioni a far fronte a problematiche improvvise. A fungere da spunto è la pazzia degli uccelli, forse suscitata dalle tempeste del nord, ma si ipotizzano anche soluzioni batteriologiche ordite dai russi contro l'occidente. Si respira, in altri termini, una vera e propria rivolta animale verso l'uomo e la sua inclinazione guerrafondaia (si vedano i cannoneggiamenti dal mare della marina militare, i tentativi dei caccia di far fronte alla vicenda e l'insistenza con cui si chiede l'intervento delle forze armate). Gli stessi attacchi delle sule e dei gabbiani ricordano i bombardamenti degli stukas tedeschi. “Allora li vide. I gabbiani. Laggiù, che cavalcavano le onde. Ciò che in un primo momento aveva creduto che fossero le creste bianche delle onde, erano gabbiani. Centinaia, migliaia, decine di migliaia... Si sollevavano e ricadevano nei solchi del mare, con la testa in direzione del vento, in tutto simili a una potente flotta all'ancora che attende l'alta marea. A est, e a ovest, c'erano gabbiani. Si stendevano a perdita d'occhio, in formazioni compatte, riga su riga. Se il mare fosse stato calmo, avrebbero coperto la baia come una nuvola bianca, testa contro testa, corpo contro corpo. Solo il vento dell'est, fustigando il mare e suscitando i cavalloni, li nascondeva a chi li guardava dalla costa.
Ambientato nella campagna inglese, suggerisce una contaminazione estesa anche sul resto del mondo fungendo da ideale prologo di un survival tutto da scrivere. Non a caso il protagonista si barrica in casa anticipando il corrispettivo de La Notte dei Morti Viventi. Finale aperto in cui tutto è lasciato alla libera interpretazione del lettore. Un'autentica perla del terrore.

Non meno noto è Yours Truly, Jack the Ripper (1943), Cordialmente, Jack lo Squartatore, di un altro scrittore portato all'apice da Hitchcock: Robert Bloch. L'autore di Psyco, fornisce qua un'altra prova incentrata su una serie di omicidi, chiamando in causa nientemeno che Jack lo Squartatore. Bloch tornerà sulla questione col romanzo Night of the Ripper (1984), che sarà ambientato proprio nel quartiere di Whitechapel all'epoca dei delitti. Qua, invece, sceglie una via fantastica ed esoterica strutturata sull'idea che Jack lo Squartatore sia una sorta di alchimista che abbia trovato nell'assassinio la via per mantenersi giovane. Braccato da un improbabile ambasciatore britannico, il killer sarebbe sbarcato in incognito a Chicago (città in cui Bloch ambienterà il celebre American Gothic) e ucciderebbe donne a cadenze regolari e secondo schemi rituali. Poco importa se sono trascorsi oltre cinquant'anni dalla catena omicida di partenza. Secondo il suo cacciatore, infatti, l'assassino avrebbe compiuto una lunga scia di delitti in giro per il mondo, spostandosi di volta in volta da un posto all'altro. 
Si dice che in cambio dell'offerta di sangue, le divinità infernali concedono benefici, se l'offerta di sangue viene fatta quando la luna e le stelle si trovano nella giusta posizione e con le cerimonie appropriate.” Basato su un'ottima premessa e su descrizioni ambientali che rievocano le atmosfere di Whitechapel, il racconto si perde in un finale dove Bloch forza la storia con un colpo di coda all'insegna della sorpresa. Anche questo racconto era già apparso in due precedenti antologie.

Un altro celebre elaborato, più volte trasposto al cinema ed evidente ispirazione per la narrativa dello scrittore fantascientifico Robert Sheckley, è The Most Dangerous Game (1924) dello sceneggiatore pulp (due nomination agli Oscar) Richard Connell. Tradotto come "La Preda Pericolosa" (ma anche come “La Partita più Pericolosa”, “La Selvaggina più Pericolosa”, “La Preda Umana” e ”Lo Sport più Pericoloso”) e già proposto in Italia in quattro precedenti uscite, tra cui l'antologia 25 Racconti del Terrore (Vietati alla Tv), si tratta di un racconto che fonde l'orrore gotico con quello marinaresco e l'azione, anticipando di molti anni pellicole quali Rambo II e soprattutto Predator. Per l'anno di uscita, è un piccolo capolavoro d'azione che risente delle atmosfere di romanzi come Dracula. Un celebre cacciatore in viaggio verso i mari del sud si ritrova, naufrago, su un'isola dove trova ad accoglierlo un generale russo di nome Zaroff. Quest'ultimo è l'unico abitante dell'isola, se si eccettua il suo maggiordomo muto. Zaroff ha costruito sull'isola una reggia dove si diletta nel suo passatempo preferito, la caccia alla preda più pericolosa: l'uomo. Ha infatti escogitato una maniera per fare incagliare le imbarcazioni di passaggio al cospetto dell'isola, così da costringere i marinai ad approdare sulla terra ferma e qui cacciarli, non prima di averli forniti di armi e aver dato tempo loro di nascondersi. Insomma, un antesignano di serial killer quali Robert Hansen e Ivan Milat. Braccato dal generale, il protagonista venderà cara la pelle con trappole e soluzioni in largo anticipo sulla successiva esperienza vietnamita.

Un altro racconto famoso, trasposto nel 1960 nella serie televisiva Alfred Hitchcock Presenta (con le interpretazioni di Steve McQueen e Peter Lorre) ma soprattutto ispirazione per l'ultimo episodio del film Four Rooms (1995) diretto da Quentin Tarantino, è Man from South (1948) dello scrittore e sceneggiatore inglese Roald Dahl. Si tratta di un altro nome importante, sceneggiatore di Agente 007 – Si vive solo due volte (1967) e soprattutto autore di romanzi quali La Fabbrica di Cioccolato, Il GGG e Le Streghe poi portati al cinema rispettivamente da Tim Burton, Steven Spielberg e Robert Zemeckis.
Con L'Uomo del Sud Dahl offre ai lettori un divertissement sulla febbre del gioco d'azzardo. In un'isola caraibica, un uomo attempato sfida un giovane americano a una bizzarra scommessa. Se il giovane riuscirà ad accendere per dieci volte di fila il proprio acciarino senza alcun flop, l'altro si impegnerà a cedergli a titolo gratuito la sua Cadillac. Caso contrario il giovane subirà l'amputazione del mignolo. Bel ritmo e ottimi dialoghi, con un finale sarcastico che sarà modificato da Tarantino.

Spiccano inoltre per qualità due racconti incentrati sulla magia occulta e su quella da show. Il curatore dell'antologia Robert Arthur, autore di diverse sceneggiature della serie Ai Confini della Realtà e Alfred Hitchcock Presenta, regala col suo Eyewitness (1939), Testimone Oculare, il racconto più adrenalinico dell'antologia. Un mentalista ante litteram fornisce l'aiuto decisivo per permettere alla polizia di arrestare un attore di Hollywood che ha approfittato di un blackout cittadino per uccidere e occultare il cadavere della moglie. Notevole seconda parte, giocata sulla pressione psicologica messa in atto dal mentalista a carico del principale sospettato, con uno studio sul linguaggio corporeo di quest'ultimo utilizzato per individuare il luogo di occultamento del cadavere e far cadere in trappola il killer. Bella la parte finale all'interno di un villaggio cinematografico, tra set western e ricostruzioni di ambientazioni egizie. “Esiste sempre un testimone oculare” afferma il mentalista: l'assassino.

Un altro mago da palco protagonista lo troviamo nel racconto Black Magic (1938), Magia Nera, scritto da Sax Rohmer (l'ideatore del Fu Manchu). Si tratta di un elaborato estremamente interessante, in quanto al centro dell'indagine vi è un personaggio palesemente costruito su Aleister Crowley (qua chiamato Servius Jerome). Si parla infatti di un truffatore (“uno dei più astuti criminali viventi”) espulso dalla Sicilia, dopo la morte di alcuni suoi accoliti avvenuta in un tempio (“di Adone”) dedicato a una religione di ideazione del manigoldo (il riferimento va a Cefalù e all'Abbazia di Thelema). “In cambio di somme molto considerevoli, iniziava le sue vittime a strani riti. La rovina e, in tre casi, la morte aveva segnato il suo passaggio in Europa.” Jerome è un seduttore che calibra ogni azione sugli altri. Nella fattispecie ha adescato la figlia di un milionario, convincendola di volerla sposare. In realtà ha messo in piedi una farsa al fine di estorcere denaro alla famiglia della giovane così da non sposarla in cambio di soldi. Sax Rohmer, che con Crowley aveva fatto parte dell'Ordine Esoterico della Golden Dawn, si allinea a quanto fatto in precedenza da colleghi quali Somerset Maugham (The Magician, 1908) e Dennis Wheatley (The Devil Rides Out, 1935) per fornire un'immagine laida e subdola di Crowley.
È la magia la grande protagonista della storia, in una sorta di scontro tra operatore occulto e illusionista da spettacolo (tale Bazarada). Prevalerà il secondo, nonostante le apparenze iniziali, con un colpo di scena finale di grande effetto. “La magia è il potere di controllare il prossimo.”


Sceglie la strada del divertimento Percival Wilde col suo P.Moran, Diamond Hunter (1947). Pur essendo lo scrittore meno noto del lotto, Wilde fornisce un'esilarante parodia del genere, utilizzando quale protagonista un imbranato indagatore che si vanta di aver preso 60/100 alla seconda lezione per divenire detective. Il disgraziato proverà a venire a capo del mistero legato alla scomparsa di un lotto di diamanti dall'abitazione di un facoltoso collezionista. Quest'ultimo, intenzionato a recuperare il maltolto, ha congelato lo stato dei luoghi così da consentire a chi di dovere di capire dove siano finiti i diamanti, dando per scontato che nessuno dei suoi ospiti della sera appena trascorsa
(tutti collezionisti) li abbia occultati su sé stesso. Sarà la giovane fidanzata dell'indagatore, grazie ad acute capacità di osservazione e alla presenza di oggetti estranei rivenuti a terra, a risolvere l'arcano. Prima di ciò però andrà in scena la distruzione di molti degli oggetti di valore del proprietario della casa, con l'improvvisato indagatore che si dirà, ogni volta, certo di aver compreso il mistero citando uno scrittore di volta in volta diverso e specialista del giallo. Siamo nell'ambito del giallo comico.

Pur se gradevoli da leggere, piacciono meno gli altri cinque soggetti, senz'altro meno dotati sul versante della tensione. The Man Who Knew How (1933) di Dorothy Sayers è probabilmente il migliore ed è giocato sulla suggestione che è capace di sfociare in una vera e propria paranoia. La convinzione che un misterioso individuo conosciuto in treno sia l'autore di una serie di decessi, archiviati quali morti naturali dovute ad arresto cardiaco, trasforma una banale persona in assassino. Al centro della convinzione vi è uno strano scambio di battute avuto con il soggetto stesso (un burlone che si diletta nel sconcertare il prossimo), che, nel corso di un bizzarro scambio di battute, si è detto certo di aver ideato una modalità di assassinio in grado di sfuggire alle indagini degli inquirenti. La Sayers gioca sul fatto che un'idea, una volta penetrata nella mente di una persona, può divenire così catalizzante da indurre la stessa a pensare che ogni cosa gravi attorno a tale idea, così da tramutarsi in un'ossessione. “È davvero curioso come una particolare serie di circostanze, quando ha richiamato la nostra attenzione, sembri ossessionarci. Abbiamo l'appendicite: immediatamente, i giornali si riempiono di articoli dedicati a uomini politici che soffrono di appendicite, e a persone che ne muoiono...

The Chinese Puzzle Box di Agatha Christie mette in luce le abilità del celebre Hercule Poirot, indagatore protagonista di tanti romanzi di culto (citiamo Assassinio sull'Orient Express). L'indagatore è chiamato a offrire il suo aiuto a una damigella che afferma di essere ricattata da un estorsore. Niente di più facile per il nostro. Farà in modo di liberare dal giogo la giovane, ma i motivi che hanno spinto la donna a rivolgersi all'indagatore nascondono un'altra verità che non sfugge all'occhio attento dell'uomo. Piuttosto simile è The Treasure Hunt (1965) del maestro Edgar Wallace che, tuttavia, propone un indagatore decisamente provocatore e manipolatore. Odiato dai truffatori finiti in galera a seguito delle sue ricostruzioni, l'indagatore di Wallace riesce a risolvere il caso che gli è stato assegnato (la scomparsa di una donna) utilizzando a proprio vantaggio i propositi di un bandito che vorrebbe assassinarlo per vendetta e sottrargli il leggendario gruzzolo di denaro che, secondo le voci di corridoio, l'investigatore occulterebbe in un posto segreto. Una storia, dunque, dove la caratterizzazione e l'acume del protagonista assumono valenza superiore rispetto al valore della storia.

Puzzle for Poppy (1946) di Patrick Quentin è il classico giallo con al centro un animale domestico (qua un cane). Il timore di una tutrice circa il rischio che l'animale, un San Bernardo destinatario dell'eredità della padrona deceduta, possa venire ucciso dagli altri potenziali eredi trova conferma nei fatti. Un'attrice e suo marito, vicini di casa della donna, riusciranno a salvare il cane e a far scattare le manette per tentato omicidio, associazione a delinquere e detenzione illecita di sostanze tossiche agli aggressori. Questi ultimi, convinti di aver avvelenato il mangiare del San Bernardo sulla base di una semplice deduzione, finiranno per attentare alla vita della tutrice, perché non hano tenuto conto al fatto che la signora tiene più all'animale che a sé stessa. Racconto un po' ironico che segue la struttura del whodunit, tra una girandola di sospettati ed errori di valutazione determinanti ai fini della salvezza dell'animale.

Fiacco Treasure Trove (1928) di Tennyson Jesse che non è neppure un giallo. Il rinvenimento di un pugno di monete, dissotterrate da un terreno agricolo, è motivo di litigio tra due contadini che si sono sempre considerati fratelli, finché i soldi non si sono messi di mezzo. Lo scontro è così acceso da portare all'assassinio di uno dei litiganti. Parabola sulla valenza diabolica del denaro, a cui si ricollega un episodio biblico. Recuperato il malloppo, il narratore avverte uno strano flusso proveniente dalla monete. Si tratta di oggetti discoidali che riportano delle effigi romane, sono d'argento e... sono proprio trenta denari! Che sia il compenso di Giuda?

Dunque un'antologia vecchia, con racconti che hanno quasi cento anni e che, letta oggi, appare un po' superata e prevedibile. Molti racconti sono stati antologizzati più volte. Per l'epoca, tuttavia, era sicuramente una buona lettura e tuttora si presta per essere regalata a un giovane lettore che si appresta per addentrarsi nell'infinito mondo della narrativa mystery. Gradevole da leggere.

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