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mercoledì 8 luglio 2020

Recensione Narrativa: I RACCONTI DELLA BESTIA di Aleister Crowley



Autore: Aleister Crowley.
Curatori: Jacopo Corazza & Gianluca Venditti.
Anno: 2019.
Genere: Antologia horror.
Editore: Edizioni Arcoiris.
Collana: La Biblioteca di Lovecraft.
Pagine: 146.
Prezzo: 13,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Volume destinato a diventare una punta della collana La Biblioteca di Lovecraft per le Edizioni Arcoiris di Salerno, ma soprattutto per il duo fiorentino composto da Gianluca Venditti e Jacopo Corazza che ne sono i curatori e ideatori. Erano decenni che si attendeva una proposta del Crowley narratore di racconti brevi. Nel mio piccolo avevo cercato di incentivare un'opera del genere, vedendovi in prima battuta un doveroso tributo a una figura che, al di là delle provocazioni e dei suoi vezzi discutibili, è da ritenersi una pietra miliare nell'ambito della narrativa fantastica ed esoterica, e, in seconda battuta, intuendo una presa sotto il profilo commerciale non certo da trascurare. Purtroppo, vittima di un ingiustificato ostracismo, "la grande bestia", come amava autodefinirsi, non era mai stato tradotto in Italia, se si eccettuano due racconti proposti - in anticipo di alcuni mesi rispetto al volume dell'Arcoiris - dalla Hypnos, il romanzo La Figlia della Luna edito nel 2005 dalla Arktos e, ovviamente, i testi più impegnati di magia (Magick su tutti).
Dunque questo recensore non può che lodare oltremisura l'iniziativa della casa editrice di Salerno che viene così, seppur parzialmente, a coprire una falla che non aveva motivo di esistere.

Esoterista, scalatatore di montagne, scrittore, poeta, pittore, agente segreto di sua maestrà britannica, inventore di un nuovo credo, affiliato a ordini massonici (prima tra tutti la Golden Dawn), operatore di magia rossa, questo e altro era Aleister Crowley, vera e propria icona maledetta del novecento. Personaggio capace di ispirare romanzi e opere di maestri della letteratura mondiale quali Maugham, Hemingway, Pessoa, oltre che diventare un mito per l'hard rock e l'heavy metal, al centro di capolavori firmati Led Zeppelin, Iron Maiden e Ozzy Osbourne (che a lui dedicherà il celebre pezzo Mr. Crowley), nonché della cinematografia.
Perché allora un personaggio di tale caratura è stato così bistrattato nella nostra penisola? Verrebbe da dire per bigottismo e per l'incapacità di scindere l'uomo dall'artista o comunque dall'operatore di magia, spesso e volentieri associata (a torto) col satanismo. Crowley è stato un seccente, uno squallido opportunista che usava le donne per piaceri sessuali, dilapidatore di capitali, personaggio indesiderato da stati esteri (fu cacciato dall'Italia), cocainomane, implicato in operazioni sempre ai limiti del lecito dove talvolta si sono pure verificate morti sospette, nonché provocatore e organizzatore di scherzi prossimi al procurato allarme. Insomma, Aleister Crowley era un qualcuno a cui piaceva attirarsi le attenzioni e che sapeva calamitare l'opinione pubblica in ossequio al motto per cui non importa che se ne parli bene o male, purché se ne parli.

Quanto sopra non interessa e non deve interessare, se non per tracciarne un profilo, a uno studioso o a un appassionato di narrativa. I Racconti della Bestia è una raccolta non ufficiale, realizzata, pescando tra i circa sessanta racconti dell'autore, dai curatori in funzione del loro gusto personale. Il volume dimostra a chiare note le qualità narrative, clamorosamente sottostimate, dell'autore. I dieci racconti presentati, molti dei quali pubblicati postumi, evidenziano un'illuminata capacità nel costruire un'atmosfera allucinata ed estraniante, spesso prevalente sull'intreccio. Luca Baldoni, traduttore dei racconti, ha dovuto metterci del suo per rappresentare la verietà lessicale inseguita dall'autore. Prosa prossima alla poesia, linguaggio ricercato e frasi brevi e secche costituiscono il marchio di fabbrica di Crowley. Salvo un paio di eccezioni, i racconti sono fulminei, piccoli quadri resi dinamici dall'arte della parola. Ne emerge la visione di un Crowley sadico, contraddistinto da un'ironia macabra tendente al black humor. Spicca anche l'innegabile componente narcisistica che lo caratterizzava, ne è un esempio l'ottimo At The Fork of The Roads (Al Bivio, 1909), in cui Crowley beffeggia un personaggio che rimanda al Premio Nobel per la letteratura William Butler Yeats, suo antagonista per la direzione della Golden Dawn. Crowley, non senza arroganza (che però fa simpatia, concedetemi di spezzare questa lancia in suo favore, data l'importanza monumentale del personaggio attaccato), parla di "poetastro, mago dilettante" affetto da una "cupa gelosia per un uomo più giovane e di gran lunga miglior poeta." Come si fa a non trattenere il sorriso di fronte a tanto ardimento, coraggio e intraprendenza? Il confronto tra Yeats e Crowley, ovviamente, è tutto in favore dell'irlandese, eppure il magus dimostra di non essere uno sprovveduto. Il Bivio, pur nella sua pomposità, è un autentico gioiello che tratta di magia nera con punte di un sadismo che sconfinano nella necrofilia e nello splatter. La parte terminale del racconto è eccezionale e di spaventosa presa onirica. Spiriti ectoplasmatici, fatture e contro fatture sono al centro del narrato. Sempre sulla magia nera, con un'evocazione satanica stimolata dal sapiente pizzicare delle corde di un violino, è The Violinist (La Violinista, 1910). Testo criptico che giunge alle porte dell'ipnotismo, carico di rilievi simbolici non di facile presa. Una donna, sembra l'amante di Crowley, evoca un succubo suonando davanti a un grande pannello a mosaico formato da quadranti su cui sono riportate lettere di una lingua sconosciuta, così da formare una partitura impossibile per la mente umana.
Legato a un orrore più convenzionale, eppur intriso di un sadismo compiaciuto e di una blasfemia di fondo che rimanda al Cristo, è The Vixen (La Volpe, 1911), storia di una licantropia molto particolare che si innesta in una competizione tra due donne che pretendono di conquistare l'amore del medesimo uomo.
Piomba nella crudeltà più profonda l'atmosferico A Masque (In Maschera, 2010), racconto riscoperto nel 2010, in cui la magia e il romanticismo di un amore in riva al mare si trasformano nel più bieco degli omicidi. Un essere mostruoso, un nano peloso, irrompe nella casa della donna che lo ama, una creatura di fascino quasi mariano, per attendere la nascita del proprio figlio, così da "tirargli il collo come una gallina e gettarlo contro il muro." Non avrà miglior sorte l'amata, penetrata da una coltellata nel ventre, mentre il crocifisso appeso al muro cade a terra nel segno della sconfitta del Dio dei cieli. Il racconto fa da contraltare al romantico The Color of my Eyes (Il Colore dei Miei Occhi, 2010) sorta di fantasy in cui Dio disquisisce con l'arcangelo Sandalfon i misteri della creazione.

Se i cinque racconti sopra menzionati sono forse i più interessanti per la capacità di scioccare il lettore e di colpirlo allo stomaco o, anche, di impressionarlo per il sense of wonder, rientrano in schemi più classici e prossimi al giallo The Face (La Faccia, 1920) e Robbing Miss Horniman (Il Furto della Signorina Horniman, 1918). Nel primo dei due racconti, il più riuscito ed elegante, un medico cinese offeso per esser reputato di razza inferiore rispetto a quella europea, e dunque inadatto a sposare una ragazza scozzese che ha preso una cotta (corrisposta) per lui, organizza una tremenda vendetta inducendo i suoi calunniatori a ucciderlo sotto ipnosi, così da macchiarli a vita quale corrispettivo della offesa ricevuta. Questo perché un cinese "deve salvare la faccia anche a costo della morte, ma si rifiuta di ferire gli altri." L'altro racconto è una macchinosa avventura, all'insegna dell'astuzia, ordita da più soggetti in contemporanea per sottrarre una collezione di diamanti a una donna inferma.

Gli altri tre racconti appaiono più allucinati, ma dimostrano la verve di un poeta del macabro. Illusion d'Amoreux (1909) è la delirante invocazione di una donna che pretende di copulare con un Dio nero che la condurrà all'annichilimento. The Soul Hunter (Il Cacciatore di Anime, 1910) è il pazzesco diario di un mad doctor che compie sperimentazioni sadiche su una cavia umana allo scopo di sottrarne l'anima e capirne la natura.Which Things are an Allegory (Queste Cose sono un'Allegoria, 1990) è una critica alla società inglese che intende mostrare su uno stesso piano personaggi squallidi e quelli considerati autorevoli per dire che, alla fine, siamo tutti uguali.

Tutto questo fa de I Racconti della Bestia una delle uscite più attese e degne di menzione tra tutte quelle pubblicate dall'editoria del fantastico tra il 2019 e il 2020, portando i riflettori degli appassionati sui cataloghi, ancora in formazione, de La Biblioteca di Lovecraft.
Un ultimo cenno per l'edizione, che predilige la velocità e il formato tascabile ai volumi Mammut. Raffigurazioni interne e una quarta di copertina assai ispirata amplificano le sensazioni positive. Manca forse un'analisi sull'autore in premessa, ma su questo si può ovviare ricorrendo ad altri testi. Si spera che il connubio Crowley-La Biblioteca di Lovecraft possa continunare, magari con la proposizione in italiano delle avventure dell'indagatore dell'occulto dell'autore ossia Simon Iff.

Volume da avere in biblioteca e destinato a divenire oggetto da collezionisti.

ALEISTER CROWLEY

"L'anima non è che una parola, una parola vana - un campo di battaglia per gli stolti filosofi, gli stolti teologi. Un giocattolo. Ma la consapevolezza? E' questo che intendiamo quando diciamo anima, noi altri. Nel dopo dobbiamo ben vivere da qualche parte. Ma è forse, come pensava Descartes, atomica? Oppure fluida, ora qui, ora là? O è solo una parola per la totalità della sensibilità corporea? Come supponeva Weir Mitchell. Bene, vedremo."




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