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domenica 21 giugno 2020

Recensione narrativa TUTTO QUEL BUIO di Cristiana Astori.



Autore: Cristiana Astori.
Anno: 2018.
Genere: Giallo citazionista cinematografico.
Editore: Lit Edizioni Srl.
Pagine: 254.
Prezzo: 17,50 euro.

A cura di Matteo Mancini.
A distanza di quattro anni da Tutto quel Blu, torna Cristiana Astori col suo celebre personaggio Susanna Marino. Dopo aver scandagliato gli anni settanta e ottanta, la cacciatrice di pellicole perdute, una sorta di Lucas Corso italiano (il protagonista del romanzo spagnolo Il Club Dumas, esaltato dalla trasposizione cinematografica di Polanski intitolata La Nona Porta), regredisce alle origini del cinema, negli anni venti, nello sterminato e incompleto mondo del cinema muto. Si forma così un crocevia tra cinema horror dei primordi e letteratura, sviluppato, dall'ormai matura scrittrice piemontese, per effetto di un intrigo non così complesso ma sapientemente orchestrato, in un mix di giallo e narrativa del terrore. Susanna si trova a muoversi tra musiche ipnotizzanti plasmate dal lento incedere dei violini zigani, tra furti e omicidi che la vedono coinvolta e costretta a ripiegare su scantinati sotterranei che si muovono al di sotto della Budapest quotidiana, attorniata da personaggi ambigui e doppiogiochisti ma anche da apparizioni che rappresentano il graduale manifestarsi dei fantasmi delle epoche sepolte; epoche di morte, privazioni e cancellazione dei diritti umani.
La Lit Edizioni srl va così sul sicuro, scommettendo su un progetto ampiamente avviato e garantito nel suo successo dalla presenza di uno zoccolo duro di lettori pronti a fare calte false per accaparrarsi la nuova avventura di Susanna Marino (sembra tra l'altro che sia prossima l'uscita di un quinto volume). Ormai giunto al quarto capitolo, oltre un racconto pubblicato in un'antologia collettiva, la serie dedicata al cinema perduto espatria per tale via dalla Mondadori e, più specificatamente, dalla collana Il Giallo Mondadori, senza tuttavia subire battute di arresto.
Susanna si sposta in Ungheria, al soldo dell'ennesimo collezionista a caccia del gioiello perduto. Costruito su due piani temporali divergenti, uno ancorato ai tempi della pellicola ricercata e l'altro ai tempi odierni, Tutto Quel Buio si snoda nei meandri di una Budapest magica che ricorda, con i suoi ghetti ebraici e gli edifici diroccati, la Praga de Il Golem (1915) di Gustav Meyrink. Al centro della vicenda c'è un film ungherese, realizzato con maestranze austro-ungariche, ricordato quale il primo vero film tratto dal romanzo culto Dracula (1897) di Bram Stoker: Drakula Halala ovvero La Morte di Dracula. Un accostamento maledetto quello costituito tra il Dracula e il cinema. Realizzato nel 1920, il film è tuttora introvabile e oggetto di ricerche in giro per l'Europa. L'Astori ci ricama sopra e cerca di ricostruire la vita della misteriosa attrice Margit Lux, chiamata a interpretare la sposa di Dracula, vedendovi un'attrice di origine ebraica bruciata nella carriera e nella psiche da questo lavoro (non sarebbe l'unica attrice ad aver subito il fascino del male, permettendo allo stesso di insinuarsi dalla finzione alla realtà non riuscendo più a discernere tra le due e perdere così la retta via). In altri termini, la Astori ricorre alla figura di questa giovane ragazza sedicenne, che nella realtà non si sa chi fosse (secondo alcuni era uno pseudonimo di Lene Myl), per rappresentare la purezza contaminata dal male ovvero da un regista dracula (inteso però in chiave machiavellica) intenzionato ad appropriarsi della bellezza per un mero cruccio e senza valori di fondo. Tutto si muove da fatti concreti ma, ovviamente, poi si delinea in modo fantasioso. Si prende le mosse dalle due uniche fotografie sopravvissute di un film andato probabilmente distrutto nel corso dell'occupazione nazista e proiettato negli anni venti in sole due circostanze. Un destino che ha rischiato di ripetersi due anni dopo anche col Nosferatu (1922) di Murnau, ovvero il primo grande film su Dracula. Girato e realizzato in Germania, l'opera di Murnau fu predisposta sul modello proposto da Stoker senza tuttavia pagare i diritti d'autore con conseguenziale causa giudiziaria e condanna della casa di produzione, peraltro fallita a seguito della contesa, a distruggere tutte le copie messe in circolazione. Fatti e circostanze che hanno ammantato i personaggi e i film sul principe della notte di un'aura maledetta, basti pensare al destino dello stesso Murnau (trasportato cadavere sull'oceano a bordo di una nave, era morto a Tahiti, e poi tenuto per giorni in una cantina una volta sbarcato in Germania, proprio come il vampiro protagonista del suo film, oltre che esser vittima di una successiva profanazione con decapitazione del cadavere, proprio come successo a Dracula, e scomparsa definitiva della testa) o del più celebre attore che abbia mai interpretato Dracula ovvero Bela Lugosi (morto con la convinzione di essere davvero un vampiro e sepolto con gli indumenti di Dracula) o ancora Libero Samale, autore di punta col celebre pseudonimo Frank Graegorius della celebre collana italiana degli anni sessanta/settanta I Racconti di Dracula, trovato morto senza sangue nelle vene (a causa di un'emorragia interna).

"Uno degli aspetti che mi divertono" scrive l'autrice "consiste nel far sembrare reale l'immaginario e immaginario ciò che è reale." Un proposito che sembra calzare assai a pennello sia in riferimento al personaggio al centro della vicenda (Dracula) sia in riferimento all'autrice. Con Tutto quel Buio, Cristiana Astori tenta la duplice fortuna caratterizzata dal curioso miscelarsi tra finzione e realtà, così da sfidare la sorte e vedere se, nel prossimo immediato futuro, il film Drakula Halala salti davvero fuori come avvenuto nel romanzo e come effettivamente successo, con le altre pellicole interessate dall'attenzione della scrittrice nostrana (celebre anche per le traduzioni dall'inglese all'italiano di Jeffrey Deaver e Jeff Lindsay), dopo l'uscita dei precedenti romanzi. Infatti Un Dia en Lisboa e L'Autuomo, fulcri dei precedenti intrecci, sono effettivamente stati ritrovati a dimostrazione di quanto i propositi dell'Astori siano, di fatto, tutt'altro che fantasiosi.

TUTTO QUEL BUIO
si presenta quale quarto capitolo
delle avventure "dei colori" che hanno la cacciatrice di pellicole scomparse
Susanna Marino quale protagonista.

Sul romanzo giova evidenziare la meticolosa cura nella descrizione delle scenografie ungheresi. Per esser maggiormente efficace, l'Astori ha dichiarato di aver passato svariati giorni nella capitale magiara e questo ha indubbiamente portato lustro all'opera. Budapest viene utilizzata in ogni sua parte per conferire fascino al narrato e diviene personaggio aggiuntivo col suo lungo incrocio di culture, il retaggio dei regimi contrapposti - dall'imponenza imperiale alle simpatie naziste fino alla povertà nel periodo di influenza russa - ma anche con la sua cultura e i suoi cibi. Curate le caratterizzazioni dei personaggi, forse addirittura prevalenti sul soggetto. Questo infatti ricalca un po' le precedenti avventure, se non fosse per una maggiore attenzione nella ricostruzione storica. Il contesto ambientale e le deportazioni ebraiche degli anni quaranta diventano occasione per ricordare le follie e i veri orrori che hanno funestato il novecento. Una male oscuro andato ben oltre alle fantasie dei narratori del terrore. L'Astori, con tatto e anche con importante dose di studio pregresso, penetra nel delicato contesto della memoria, tornando a esumare piaghe che hanno lasciato ferite che non possono saturarsi neppure nei passaggi di consegna generazionali.
Lo stile è un calibrato mix di eleganza e di immediatezza, così da poter esser apprezzato da diverse categorie di lettori, sia i c.d. lettori usa e getta sia quelli che ricercano un'eleganza che trascenda dalla mera narrazione. Manca forse, a livello di intrigo giallo, qualcosa nell'intreccio (la soluzione finale appare didascalica in perfetto stile film giallo all'italiana degli anni settanta e, forse, un po' forzata ed estremamente improbabile), carenza comunque ampiamente compensata dalle atmosfere e dalla cura nella descrizione ambientale e dagli usi locali. L'epilogo, all'insegna del cinismo, mostra un'Astori romantica ma, al tempo stesso, concreta e poco in linea con la società in cui si muove la sua protagonista (aspetto che era emerso in modo più marcato già in Tutto quel Blu). I collezionisti sono raffigurati, più che come appassionati e amanti del cinema, quali biechi opportunisti ed egoisti, non orientati alla divulgazione, bensì speculatori che sfruttano il lavoro altrui per fare ricchezza personale.
La parte più bella? Direi quella portata in scena al Memento Park, in mezzo alle statue decadute del comunismo.
Molte le citazioni disseminate nel testo. Le più evidenti sono quelle al sopracitato Golem di Meyrink (per la cura scenografica) e un vero e proprio plagio ovvero la morte della Novak. L'Astori costruisce la scena a immagine e somiglianza del decesso della Baronessa Kessler nel film La Nona Porta. "Io l'ho visto prima di te" affermava la nobildonna, in riferimento al diavolo; qua invece a interessare è l'altro principe della notte, il Dracula, in una girandola che vede agire, tramite cacciatori di pellicole, collezionisti intenzionati a ridurre il numero di pellicole ancora in circolazione proprio come Boris Balkam (cognome che suona alla stessa maniera del cognome della moglie di Bram Stoker, ovvero Balcombe, intenzionata a far bruciare tutte le pellicole del Nosferatu) faceva nel citato film di Polanski col volume Le Cinque Porte. Poco da dire, quando si chiama in causa Dracula si finisce sempre con il rimanere legati al fascino del male finché quanto scritto sulla carta si concretizza alla maniera di un fumo sulfureo che, a poco a poco, assume consistenza fisica e materiale bruciando quanto di innocente è rimasto. Quando questo avviene è troppo tardi per destarsi dall'incubo e svegliarsi dalla catalessi. Gli artigli della notte affondano nella carne sotto forma di due canini appuntiti, mentre tu, vittima consapevole eppure ammaliata, resti rapita da quel giallo... tutto quel giallo, che ti scruta e ti penetra nell'anima e allora urlare diviene impossibile, perché il dolore si confonde col piacere e la sanità mentale si unisce alla pazzia in un amplesso di morte. In quell'istante comprendi cosa siano paura e terrore, eppure il tuo urlo si fa muto, in tutto quel buio che cala implacabile sul palcoscenico e rende simile la vita al cinema, trasformandoti in una pellicola perduta diretta da un regista maledetto.

DI TUTTI I COLORI: 
SUSANNA NON DEVB MORIRE.
Il terrore più vivo dell'autrice CRISTIANA ASTORI
prossimo a trudursi dalla finizione in realtà.

"La paura è immotivata, ma il terrore ha sempre un motivo."

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