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sabato 9 marzo 2019

Recensione Narrativa: LA VALLE PERDUTA di Algernon Blackwood.



Autore: Algernon Blackwood.
Titolo Originale: The Lost Valley.
Anno: 1910.
Genere: Fantastico.
Editore: Dagon Press, 2017.
Pagine: 139.
Prezzo: ___.

A cura di Matteo Mancini.
Terzo volume di Algernon Blackwood che recensiamo su queste pagine. Siamo alle prese con una delle opere secondarie dell'autore globe trotter originario del Kent. The Lost Valley vede la luce nel 1910, nel periodo di massimo splendore dell'autore, che ha appena dato alle stampe l'antologia dedicata al John Silence (1908) e i celebri racconti I Salici (1907) e Il Wendigo (1910). A differenza delle opere citate, The Lost Valley resta nel dimenticatoio, in Italia, fino al 2017 quando la piccola Dagon Press dello studioso e competente Pietro Guarriello decide di proporne una versione italiana.
Dalla lettura del testo si comprende il motivo per il quale il racconto è rimasto per oltre un secolo sotto una coltre di ideale polvere. Si tratta infatti di un "finto" racconto fantastico, più vicino a un'opera autoriale che a una di intrattenimento. Blackwood, col suo consueto stile poetico ma anche lento nello sviluppo e ripetitivo nei concetti, incentra la storia sul tema "una ragazza in due", tanto per fare il verso ai Giganti (storico gruppo musicale degli anni '60) o alla famosa canzone "Riderà" di Little Tony.
Protagonisti della vicenda sono due scienziati gemelli di trentacinque anni, Mark & Stephen Winters. "Due anime fatte con lo stesso stampo. I loro caratteri identici: gusti, aspirazioni, paure, desideri, tutto quanto." I due vivono un vero e proprio rapporto simbiotico, che sfiora la telepatia. La loro è una dipendenza tale da dare l'impressione che formino un unico organismo. Il loro terrore ricorrente è quello della divisione, del vedere separe le proprie strade. E quale motivo più probabile dell'innamoramento per una donna potrebbe essere la causa della rottura del loro rapporto?
Così i due fanno di tutto per esorcizzare questo rischio ("La loro grande pausa era che uno dei due venisse conquistato da una donna e lasciasse solo l'altro"), ma il destino spesso e volentieri lo si incontra proprio sulla strada presa per evitarlo. E così, durante una vacanza sulle alpi, uno di loro, Stephen, si imbatte durante una passeggiata in un bosco in un viso femminile dai tratti orientali. La visione, assimilabile al nascere di una venere dalla spuma del greco mar, ha su di lui la valenza di una freccia scoccata da cupido o di un fulmine che, a ciel sereno, piove giù dal cielo per folgorare l'ignaro passante. Non parla neppure alla giovane, non la conosce non sa come si chiami né chi essa sia. Nonostante questo perde la testa, cade in amore, "una vera e propria malattia dell'anima, tanto dolce quanto mortale", e la cosa lo spaventa, lo terrorizza. Non sa come dirlo al fratello, cerca di sopprimere il sentimento, ma la tentazione e il richiamo della foresta, verrebbe da dire, è tale da spingerlo a cercare, quantomeno, una visione ristoratrice di quell'impulso che ha su di lui la medesima valenza che la droga ha su un tossicodipendente. "Era qualcosa di incontrastabile e non fece neppure il tentativo di sottrarsi o opporsi. Però non sapeva cosa poteva aspettarsi di vedere o di fare, ma nel suo profondo, quella parte più remota del cuore che rifiutava di essere soffocata, urlava per avere anche una sola goccia di quella linfa che ora era tutta la sua vita... Se solo avesse potuta vederla un'altra volta, anche da lontano, un solo istante! Vedendola una seconda volta, avrebbe potuto ricaricarsi di energia e forse anche di coraggio!"
Il sogno, seppure temuto, però si sgretola, perché Stephen scopre che il fratello l'ha preceduto. Anche lui si è innamorato della giovane ragazza; non solo, la conosce e la tiene tra le braccia e sembra ricambiato. E' il momento, l'immagine che nessun innamorato vorrebbe vedere. Il mondo si sgretola, il suolo si apre e precipitare nel baratro della perdizione senza via di ritorno in balia di un dolore inconsolabile è un attimo, specie quando l'obiettivo si conferma raggiungibile come nel caso di un gemello che ti precede. Stephen viene colpito dai sentimenti più disparati. L'amore fraterno, enorme, per un attimo viene debellato. Accarezza il proposito di assassinare Mark, come un novello Caino, pur di aver per sé la bella, poi ci ripensa. Che fare? Medita il suicidio, ma non per vendetta, quanto per liberare dal peso il fratello, che potrebbe rinunciare alla ragazza per stare con lui, e permettergli di godere l'amore della giovane. Poi ci ripensa. Perché mollare? Perché non provarci? Blackwood riesce a trasmettere l'angoscia altalenante del momento, rende partecipe il lettore, contando magari di evocare esperienze personali.
"Il viso, il profumo di lei, il potere travolgente dei suoi splendidi occhi malinconici lo avevano stravolto con una forza imperiosa, tanto da costringerlo a sedere su di una roccia, con il viso tra le mani, tormentato dal dolore. Il pensiero lo lacerava come una vera ferita. Lasciarla perdere era impossibile...rinunciare al fratello era ugualmente impossibile. L'amore consolidato in trentacinque anni si trovava in battaglia contro l'esplosione irrefrenabile dell'amore di un singolo momento. Il primo era forte di tutta una vita di condivisione in cui la sua personalità si era formata, il secondo racchiudeva una potente magia, l'enorme invito seduttivo di ciò che poteva essere il futuro con lei." Bellissimi passaggi in cui Algernon Blackwood traccia i contorni di un amore ideale, dell'amore dei sogni e non di quello ricercato per prove o verificando strada facendo se le cose possono funzionare. Blackwood parla della passione, del fuoco improvviso che incendia la ragione, la estromette dalla cabina di regia che guida l'involucro che racchiude le anime di ogni singolo uomo. Amore come follia, amore come impulso che travolge la vita, facendola danzare in una roulette che può condurla dalle stelle alla tomba. Dolce inebriarsi in lande pacifiche con l'incertezza di un risveglio che può essere mortale quanto estatico.
Stephen è combattuto, scivola sul punto di abbandonarsi alla sconfitta per amore del fratello. Si lascia andare in un lungo viaggio in una vallata che sembra popolata da anime intangibili e non individuabili dai sensi umani e che, eppure, sono lì, se ne sente la percezione. Anime di milioni di uomini e donne che lo hanno preceduto nel triste e, a volte, crudele cammino che è la vita di tutti i giorni, la vita di coloro che sono stati rifiutati o sconfitti dagli episodi. Algernon Blackwood entra qua nel suo campo d'elezione, nella sua capacità evocativa, a tratti ipnotica, che rende l'ambiente e la natura presenze sovraordinate all'arroganza e all'irrilevanza dell'uomo. E' in questo pellegrinaggio, accompagnato dalla pace del verde circostante, che Stephen matura l'idea del suicidio. Non può vivere senza colei che il fato gli ha posto sul suo cammino, l'ideale dolce metà, la donna della vita, sfumata proprio quanto stava per averla per sé, solo perché è giunto tardi all'appuntamento. Un dolore amplificato dalla perdita anche del fratello, proprio lui, l'autore del furto. Senza accorgersene si trova a passeggiare nella Valle Perduta, un luogo immaginario in cui "gli spiriti dei suicidi, o di chi è morto di morte violenta, trovano la pace eterna, quella pace che è negata loro in tutte le altre religioni", quando qualcosa gli fa capire che il suo pessimismo è ingiustificato. Cade vittima di visioni che assumono valenza di allucinazioni dettate, tuttavia, da accadimenti reali. Tutto si capovolge. Colui che sembrava sconfitto diviene il vincitore e viceversa. Mark, infatti, così come lo ha anticipato nel conquistare la ragazza lo ha altresì anticipato nel togliersi di mezzo, proprio per amor fraterno. Non può tollerare di condurre Stephen alla morte, non potrebbe vivere di simil rimorso. L'amore fraterno viene così a prevalere su quello della vita, in un'ottica di sacrificio. Mark diventa martire che si immola in favore del  fratello per la felicità di lui e della donna dallo stesso amata. Quest'ultima, infatti, cade vittima di un combattimento interno che la porta all'incapacità di decidere chi dei due preferire ("Ci ama entrambi... ma... ama più te" ovvero il fratello con cui non sta insieme). Siamo al cospetto, come si evince, di una vera e propria tragedia degna della penna di uno scrittore dell'antica Grecia. "L'ho amata troppo, come l'hai amata troppo tu. E te la lascio, perché sono certo che lei ti ami ora proprio quanto credeva amare me, e anche di più. Quella sera non ha fatto che piangere per te."

Dunque le coordinate di un racconto lungo, o romanzo breve se preferite, formato da 136 pagine, in cui Blackwood plasma una storia incentrata sulla lotta tra due tipologie di amore: quello fraterno e quello per una donna. La visione che ne esce fuori è di incompatibilità, in un'interpretazione alquanto pessimista che non lascia spazio a soluzioni di compromesso.
The Lost Valley è così un romanzo atipico nella narrativa di Blackwood, una storia dove la componente fantastica è di mero contorno, atmosferica verrebbe da dire, e dove invece entrano in gioco, con stile estremamente romantico e fatalistico, emozioni proprie della vita di tutti i giorni. Il vero amore è una scossa che rivoluziona i rapporti, che scuote gli equilibri e getta in una piacevole sensazione di incertezza che morde il cuore e indebolisce la ragione.
Lo stile è ricercato, seppur non eccessivamente lirico, un po' appesantito da una traduzione che non taglia gli avverbi e ricorre alle "d" eufoniche anche quando non dovrebbe (cosa di minimo conto, ma che segnaliamo). Il ritmo è lento e non adatto ai lettori alla ricerca dell'azione. Non è un testo per fan del terrore o dell'esoterico, ma una storia di un amore tragico che per sbocciare in rosa pretende un sacrificio di inestimabile valore. Un modo come un altro per dire che ogni cosa ha un suo prezzo e che al mondo si devono saper fare, anche rischiando la morte, le scelte giuste per la felicità propria e di chi ci sta intorno.

Un giovane
ALGERNON BLACKWOOD.

"Lei gli stava tessendo una rete intorno, una rete d'amore che fa credere a un uomo di agire liberamente, ma che in realtà lo costringe a comportarsi secondo le forze inevitabili dell'amore che sanno smuovere mari e monti."

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