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domenica 12 agosto 2018

Recensione Narrativa: IL VOLTO VERDE di Gustav Meyrink



Autore: Gustav Meyrink.
Titolo Originale: Das Gruene Gesicht.
Anno: 1916.
Genere: Esoterico.
Editore: Adelphi, 2000.
Pagine: 260.
Prezzo: 10,33 euro..

A cura di Matteo Mancini
Dopo Il Golem(1915) e La Notte di Valpurga (1917), torniamo a parlare di Gustav Meyrink, il maestro austriaco, ex aderente dell'ordine esoterico della Loggia della Stella Blu, nel suo graduale ma imperterrito cammino da scrittore e, al tempo stesso, studioso di esoterismo. L'occasione ci è propizia grazie alla lettura de La Faccia Verde, Das Grune Gesicht, romanzo dato alle stampe nel 1916, a cavallo tra i due romanzi sopracitati.
Prima di scendere nel merito mi preme fare una premessa, utile soprattutto a chi non conosca l'autore (monumentale) di cui ci approcciamo a parlare.
Leggere Meyrink, lo abbiamo già indicato nelle scorse recensioni, non è prerogativa da tutti. I suoi romanzi non sono opere di intrattenimento, ma, sotto la parvenza del fantastico, sono dei veri e propri percorsi iniziatici, tracciati, di volta in volta, in nome di tradizioni esoteriche diverse, intrisi di una filosofia ascetica che va oltre al mero narrato. In altri termini, siamo alle prese con opere che utilizzano il “veicolo” narrativo per fare filosofia, stimolare domande esistenziali e, per certi versi, dare risposte alternative rispetto a quelle offerte dalle religioni tradizionali. Ne deriva l'ideazione e la stesura di opere non adatte a un lettore medio o orientato su letture banali o frivole. Leggere Meyrink è, prima di tutto, impegno e studio. Il suo stile elegantissimo e attento alla descrizione dei contesti ambientali e dei tessuti sociali, in special modo legati alla cultura ebraica, offre squarci sociologici del primo novecento europeo (nel romanzo in questione alla tradizionale Praga si sostituisce Amsterdam), con i ghetti e quell'atmosfera in cui si odono ancora gli echi di guerra e in cui inizia ad alzarsi un vento antisemita che esploderà, nell'indifferenza generale, negli anni trenta. Meyrink è anche questo, ovvero storia, ma è soprattutto un percorso ascetico, che fa forza sui diversi e possibili cammini atti a scoprire il vero senso della vita dell'uomo in modo da spendere l'esistenza terrena in vista della conquista futura, oltre questo mondo, oltre gli insegnamenti essoterici. Ne deriva dunque un'impostazione che diventa non di agevole lettura, pur se non impossibile al neofita, con veri e propri pezzi di dottrina esoterica che vengono inseriti, sotto forma di dialoghi o di visioni estatiche, all'interno di una storia che funge da mero pretesto per mettere in scena il campionario di volta in volta esaminato. Ecco allora che chi si approccia a Meyrink lo deve fare da studioso, da lettore che vuole essere iniziato o, quanto meno, indottrinato circa le conoscenze esoteriche (si badi bene, non paccottiglia occulta, come la definirebbe Arthur Machen) del primo novecento. Non deve invece indirizzarsi a questo autore chi intende leggere una storia per il gusto di ricercare il brivido facile (che comunque Meyrink riesce a regalare) o per divertirsi cercando di capire come andrà a finire la storia che coinvolge i vari personaggi. Tutto questo è marginale e incidentale rispetto al fine, assai più alto, che giustifica l'impegno dell'autore. Meyrink non scrive per divertimento né per divertire, Meyrink, da Grande Maestro, scrive per formare. Ecco allora che la narrativa fantastica evolve a narrativa esoterica, quella con la “E” maiuscola.

Dopo questa premessa veniamo al romanzo in questione che segna, in un certo qual verso, l'anticipazione della dottrina del risveglio (conosciuta quale la Quarta Via ovvero la Via dell'Uomo Astuto) su cui costruirà, cinque anni dopo, la propria fortuna l'esoterista armeno Georges Ivanovic Gurdjieff, un maestro apprezzato e omaggiato da artisti del calibro di Franco Battiato (si pensi alla canzone Centro di Gravità Permanente).

Ci troviamo in una Amsterdam povera, fosca e triste, eppure divenuta cosmopolita, meta di arrivi da ogni parte d'Europa, tanto da esser definita “un'arena internazionale di istinti selvaggi e confusi.” È l'epoca legata alla fine della grande guerra, la prima guerra mondiale, che non è stata sufficiente a ridestare l'umanità da un imminente kali yuga, ovvero l'epoca buia da cui la società è sempre più inghiottita. “È vicino il tempo in cui all'umanità saranno strappati gli ultimi punti di appoggio e una tempesta spirituale spazzerà via qualsiasi cosa che mano d'uomo abbia costruito. Dalla rovina si salveranno solo coloro che saranno riusciti a vedere dentro di sé il volto verde, colui che mai assaporerà la morte.” Per tutto il corso del romanzo spira un'atmosfera profetica da catastrofe imminente, cosa che peraltro in chiave metaforica (col crollo di una Chiesa) si registrerà alla fine, necessaria a indurre gli uomini a modificare l'atteggiamento materialista che sta conducendo la quasi intera stirpe alla morte spirituale e all'impossibilità di conquistare la vita eterna. “Era questo a farlo restare senza fiato: che il tempo, di solito così paziente nel procedere, precipitasse al galoppo sfrenato nel buio della notte spirituale.
Il ventesimo secolo viene visto alla stregua di un volume dalla sfarzosa copertina che promette un contenuto di gran valore per poi scemare in una banalità spiccia e volgare. “Sembra davvero l'essenza del ventesimo secolo: fuori spocchiosa alterigia da eruditi e dentro brama di donne e di denaro.” È in questo contesto di condanna sociologica e di pessimismo, in cui si riconoscono le vicende biografiche di Meyrink, che si muovono i bizzarri personaggi plasmati dall'autore e lo fanno, a loro insaputa iniziale, orchestrati da quella che viene definita “una mano invisibile che sfida a un gioco diabolico” e che è a caccia di eletti (in realtà sono gli stessi eletti a evocare il volto verde e non viceversa, ma questo lo scopriranno alla fine) capaci di superare un percorso che può portare alla perdizione così come al paradiso. Centrale, infatti, è l'apparizione di un volto verde che, in diverso modo (chi in visione, chi nel ricordo di un quadro, chi avendolo visto in un manoscritto trovato per caso, chi materializzato in uomo trovato in strada e chi nei ricordi raccontati dal padre), si manifesta ai numerosi personaggi del romanzo. “Nel nostro sviluppo interiore esistono certe pietre miliari che ci indicano quando entriamo in un altro territorio e questa pietra miliare si rivela nella coscienza di tutti coloro che sono maturi per viverla con un'uguale esperienza interiore” così cerca di giustificare le strane coincidenze uno dei vari personaggi del romanzo, specificando che il volto verde altro non sarebbe che una di queste pietre miliari. Possiamo allora già intuire la caratterizzazione dei personaggi del romanzo, dei veri e propri individui che, nel loro procedere da eremiti, vivono un rapporto inverso rispetto alla massa fino a tramutarsi in uomini che si muovono in un mondo di spettri (e non viceversa come potrebbe dedurre un osservatore medio). A Meyrink piace giocare con le contraddizioni, gettando le coordinate di un romanzo che è un vero e proprio percorso iniziatico di risveglio, diretto alla conoscenza di sé stessi e al dominio dei propri pensieri per vincere il corpo e i desideri carnali così da ascendere alla conquista spirituale e con questa all'immortalità

Ne deriva la presenza di soggetti che si interrogano sul senso della vita e su quale sia il fine della stessa, ormai disgustati dal resto. Persino l'amore, perché Il Volto Verde è anche un romanzo d'amore, evolve dal piano carnale a quello mentale e spirituale. “Se voleva salvarsi dal suicidio per tedio non gli restava lasciarsi guidare senza opporre resistenza finché la sorte non gli avesse offerto un punto di vista stabile o non avesse invece proclamato con parole definitive: Non c'è nulla di nuovo sotto il sole; lo scopo della vita è morire” così viene presentato il protagonista, un ingegnere austriaco che si è annoiato della vita convenzionale e si è rintanato ad Amsterdam vagando, di strada in strada, senza conoscere il nome delle vie e senza aver programmi, fino a entrare, per puro caso (sottrarsi al cattivo odore di pesce marcio di alcuni ragazzi), in una bottega delle meraviglie in cui si vendono cianfrusaglie e magie. Una situazione questa che ricorda molto da vicino l'esperienza di vita di Meyrink, che giunse al punto di spararsi un proiettile nel cervello, per poi arrestarsi vedendo passare sotto la porta della propria camera un opuscoletto che pubblicizzava oggetti legati al mondo magico e occulto. Da questo episodio si dipaneranno tutti i fatti, l'uno concatenato all'altro da una visione che finisce per coinvolgere tutti i protagonisti.
Sulla stessa lunghezza d'onda è il secondo personaggio centrale dell'opera, un dottore ebreo studioso di tradizioni e di filosofia. “Ho riflettuto sulle cose dell'aldilà molto più di quanto lei pensi: un'intera vita ho torturato il mio cuore e il mio cervello per scoprire se davvero esista alcuna possibilità di fuga dal carcere terreno. No, non esiste! Lo scopo della vita è attendere la morte” così sentenzia il dottore, dovendo poi ricredersi. Pressoché identici sono tutti gli altri personaggi, tra cui uno zulu africano. Individui che ripudiano la vita terrestre e che hanno mire e obiettivi molto più stoici dell'atteggiamento epicureo che ammorba gli uomini del ventesimo secolo.
Il rinvenimento di un manoscritto, che sembra sintetizzare tutte le varie visioni dei personaggi in questione e che sarà fondamentale per l'evoluzione del protagonista, alimenterà la riflessione e soprattutto spronerà allo studio tutti i personaggi coinvolti. Le coincidenze, ritornanti, sono così tante da celare una realtà invisibile che suggerisce sempre più il superamento del materialismo e dell'atteggiamento rinunciatario proprio delle religioni convenzionali, giudicate cammini per deboli (“uno sperare in Dio e nella venuta del Messia”, dunque un percorso che vede l'uomo in veste passiva, intento solo a confidare nell'altissimo). Ed ecco allora che la speranza di una vita ulteriore prende di nuovo a montare. “Chi crede di aver ricevuto la vita per aprire la strada ai posteri vuole illudersi... Quelli che credono che la vita cominci con la nascita e finisca con la morte non vedono il cerchio. Come possono allora spezzarlo?

Prima di rispondere a questa domanda c'è da comprendere quale sia lo scopo della vita? Meyrink non fa giochi di parole ma, per mezzo del suo romanzo, è chiarissimo, anche se a tratti complesso. “La vita esteriore è un processo di guarigione spirituale.
Compito dell'uomo è conquistare l'anima immortale ovvero trasformarsi, ancora in vita (e non a seguito della morte), in spirito disgiungendosi dal corpo ed evolvere così dallo stato di schiavo (in balia del corpo e dei comportamenti indotti dalle abitudini) a quello di onnipotente. Il corpo muore, lo spirito se sviluppato è immortale. Primo passo da compiere è superare lo stato di sonno e conquistare la veglia in una sorta di corsa contro il tempo. Gli uomini medi vengono visti come “ottusi, indifferenti e spensierati” alla stregua di un “branco di animali diretti al macello”. “L'umanità si è costruita inconsapevolmente un muro: il materialismo. Tale muro è una protezione infallibile, è un simbolo del corpo, ed è il muro di una prigione che impedisce la visuale.” Occorre imparare a evocare lo spirito che deve indicare la via e a cui si può accedere solo in nome dell'amore di un altro individuo, onde evitare di risvegliare le forze delle tenebre. Non c'è spazio per gli egoismi, sembra quasi che Meyrink introduca questo correttivo per fare dell'amore una delle chiavi atte a scardinare le serrature che proteggono i segreti del mistero della vita. “Con le proprie forze nessuno è in grado di compiere questo cammino, è necessario che qualcuno dall'altro mondo venga a spostare i lumi.” L'uomo infatti è ottenebrato, è un individuo dormiente che crede di esser sveglio. Un contenitore in balia di comportamenti automatici e non veramente coscienti. “Tutto ciò che l'uomo crede prima che i lumi in lui vengano spostati è falso... Si crede di ricevere e invece si dà. Si crede di stare fermi, in attesa, e invece si va e si cerca.” L'autocoscienza, relativa al proprio stato di dormiente, diviene dunque il primo passo su cui lavorare. 

Vincere gli ordini del corpo è il secondo gradino su cui muovere. Il corpo altro non è che un limite avente la funzione di fungere da chioccia presso cui stare sereni e tranquilli, ma che, alla fine della vita, condurrà a morte spirituale chi non ha saputo avventurarsi all'esterno di esso, trasformando il proprio Io in puro spirito. Intraprendere il cammino del risveglio significa avventurarsi in un percorso che conduce al di là dell'umanità mortale, tra insidie non di poco conto e su cui si può incontrare la follia. L'uomo può imparare a separarsi dal proprio corpo e giungere all'altro capo del “ponte della vita”, una condizione quest'ultima, ultimo stadio dell'evoluzione, per la quale occorre l'unione con una donna. Si badi bene però, non un unione carnale e corporea che deve avvenire nel mondo sensoriale. “Un uomo da solo non può raggiungere questo traguardo, ha bisogno di una compagna. Solamente le forze congiunte dell'uomo e della donna rendono possibile l'impresa In questo sta il senso più profondo del matrimonio.” Meyrink, che nel romanzo introdurrà una storia di un amore platonico non consumato, parla di quello che in alchimia viene definito l'androgino alchemico. L''unione di cui si parla, e che si realizzerà su un piano spirituale, è una vera e propria nozze alchemica che porta all'androginia spirituale e permette all'uomo di conquistare la condizione divina, fondendosi quasi in una nuova entità a termine di un percorso che porta alla completezza assoluta
Sopra l'uomo non c'è nessun Dio. Quello che l'uomo considera Dio è solo una condizione che egli stesso potrebbe raggiungere se fosse in grado di credere in sé; nella sua inguaribile cecità, invece, innalza una barriera che non osa scavalcare. Egli crea un'immagine da adorare anziché tramutarsi in essa.” In questo c'è, a mio avviso, il superamento delle religioni in Meyrink, in un'ottica che qualcuno non perderebbe tempo a definire luciferina. “Sventurati coloro che pregano un idolo e ne sono esauditi: in questo modo perdono il loro Io, perché non potranno più credere di aver esaudito da se le proprie preghiere.” Ecco allora che la vita terrena diventa un passaggio obbligato per ascendere a uno status superiore di esistenza. L'uomo non deve confidare in santi o intercessioni divine, deve capire qual'è il suo ruolo e attivarsi in una crescita che ha il sapore di una lotta di sopravvivenza, in quella che è una tappa fondamentale per evitare di morire e ritornare ciclicamente in vita (“Risorgeranno, pur se in forma diversa, finché non avranno raggiunto l'ultima forma suprema, quella dell'uomo risvegliato che non muore più”) finché non venga compiuta la missione.

L'aldilà di Meyrink, dunque, non è un posto ameno, ma un piano esistenziale superiore che insiste su quello tipicamente “umano” come una sorta di quarta dimensione sovraesposta alle tre conosciute con la nascita fisica. Gurdjieff, qualche anno dopo l'uscita de Il Volto Verde, parlerà di Quarta Via sostenendo che l'uomo non nasce con l'anima, ma la deve conquistare con il lavoro cosciente e la sofferenza intenzionale.” Sofferenza, quest'ultima, necessaria per piegare il corpo ai voleri del pensiero cosciente. Come Meyrink, l'esoterista armeno, spenderà fiumi di parole sulla condizione dormiente dell'uomo e sulla necessità di un suo risveglio.

Il Volto Verde diviene così il percorso iniziatico di un protagonista, una sorta di alterego dell'autore stesso, il quale, attraverso una serie di coincidenze che coinvolgeranno numerosi personaggi, riuscirà a comprendere, soprattutto per l'amore per una ragazza scomparsa e a cui potrà congiungersi solo al di là della condizione corporea, i limiti della condizione umana e a sviluppare il proprio spirito così da tramutarsi in una sorta di "Giano bifronte" sospeso tra il mondo di qua e quello di là nella nuova e unica condizione di "uomo vivo".

Lo stile è a tratti complesso, molto visivo con dei momenti onirici di grosso impatto. Non manca, in qua e in là, qualche punta propria della narrativa del terrore, in particolare le parti che vedono coinvolte un stregone africano con il culmine offerto dall'apparizione di un serpente antropomorfo. Tuttavia, chi intende leggere questo magistrale romanzo fantatico lo deve fare per il contenuto esoterico che ne sta alla base e non certo per la storia, in sé e per sé. Se siete decisi ad avventurarvi nella lettura, preparative a intraprendere un percorso iniziatico mirato alla conquista dell'eternità e al superamento della morte.

Per chi sia intenzionato a comprare l'opera suggerirei un volume con una prefazione o una postfazione, perché il testo è tutt'altro che agevole. L'edizione Adelphi del 2000 che ho letto io è prima di qualunque cenno di studiosi e pertanto non aiuta la comprensione del testo.

Gustav Meyrink

"A tratti quelle parole sembravano pronunciate ora da Pfeill, ora da Sephardi, ora da Swammerdam. Capì allora che tutti e tre erano animati dal medesimo spirito emanato da quel manoscritto, e che il tempo aveva fatto di loro quasi delle copie per educarlo a diventare uomo vero.."

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