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sabato 7 luglio 2012

Recensione Dylan Dog: Il Trillo del Diavolo (Roberto D'Antona, 2012)



Regia: Roberto D’Antona;
Genere: Horror.
Prodotto: Roberto D’Antona, Francesco Emulo, Michele Friuli, Paola Laneve;
Co-Produttore: Michele Grassi;
Anno: 2012.
CAST:Roberto D’Antona, Francesco Emulo, Michele Friuli, Barbara De Florio, Ciro De Angelis, Angelo Boccuni, Francesco Santagada, Giovanni Navolio, Federica Gomma, Maria Giovanna Pappadà, Biagio Sampietro, Tiziana Di Napoli, Michele Marzulli, Simon Angelone, Stefania Attanasio, Valentina Pignatale, Michele Grassi, Alessio Attanasio, Gabriele Renna, Erika Quaranta, Mattia Dragone, Swami Manco, Gaia Sportelli, Gabriele Marinelli.

Commento Matteo Mancini.
Con grande piacere eccomi a commentare un mediometraggio amatoriale dedicato interamente ai personaggi del fumetto Dylan Dog da cui vengono ripresi molti dei personaggi principali qui portati in scena in una storia dal sapore decisamente onirico.
A dirigere il tutto c'è il giovanissimo Roberto D'Antona, tarantino classe 1992, che vestito in giacca nera, camica rossa e jeans presta corpo e voce anche al famoso indagatore dell'incubo.

Nonostante i suoi appena vent'anni, D'Antona dimostra un certo talento visivo e soprattutto un curriculum per nulla scarno tra cui spicca la regia di un altro episodio dedicato al personaggio nato dalla fantasia di Tiziano Sclavi: Dylan Dog: L'Inizio (2011) nonché la serie composta da sei episodi che va sotto il titolo di Scary Tales.

Nell'occasione il regista pugliese tratteggia con grande gusto e attaccamento al personaggio dei fumetti un episodio che indaga sul passato dell'eroe, probabilmente, preferito di D'Antona. Il giovane autore opta, come giusto che sia, per un taglio fedele alla serie della Bonelli. In altre parole, propone soluzioni tipiche delle storie su carta di Dylan Dog. Così troviamo l'indagatore imprecare con il suo solito intercalare Giuda ballerino, oppure offendere il fido scudiero Grucho che spara barzellette e freddure come una mitragliatrice, o guidare un Maggiolino targato DYD 666, piuttosto che richiedere il revolver a Groucho nei momenti di pericolo ovvero suonare al clarinetto l'unico motivo di cui è a conoscenza (il trillo del diavolo di cui al titolo). Oltre a questo vediamo Dylan interagire con l'ispettore Bloch, il mefistofelico Xabaras, la morte ritratta con gusto di bergmaniana memoria,zombie e mostri vari.

Al di là degli aspetti contenutistici, il prodotto che ne esce fuori si rivela assai interessante soprattutto per la cura nel montaggio e nella fotografia sempre attribuibili all'estro di D'Antona. Sotto quest'ultimo aspetto, il regista riesce più volte a regalare inquadrature di grosso impatto scenografico. In particolare, le sequenze ambientate in mezzo alla campagna e impreziosite da campi lunghissimi tesi a sfruttare appieno la magnificenza del panorama campestre si rivelano eccezionali se si parametrano al contesto che è quello amatoriale. In alcune inquadrature, addirittura, sembra quasi di vedere una tavola (in movimento) raffigurata da un vignettista.

Inoltre D'Antona compie un'altra ottima scelta. La sua regia infatti cerca, riuscendoci, di essere fumettistica e dunque abbonda con primissimi piani su bocche che parlano, pistole, ciondoli vari, occhi e volti. Il regista ricerca anche di creare pathos inquadrando ombre di persone che si proiettano sul selciato mentre stanno camminando e cose del genere.

Il soggetto vede un Dylan Dog alle prese con i suoi incubi orchestrati dal mefistofelico Xabaras che gli rivelerà di essere il suo vero padre (come nei fumetti) solo alla fine. A fare compagnia al protagonista, in quello che sarà una sorta di viaggio di dantesca memoria, come suggerito nello stesso film, ci saranno l'inseparabile Groucho e l'ispettore Bloch. I due però altro non saranno che proiezioni mentali di Dylan Dog, il quale starà solo vivendo a occhi aperti un incubo funzionale a fargli capire chi lui sia veramente. Il nostro, infatti, sta attraversando un periodo di stress, vittima dell'alcool che ingerisce per superare lo shock attribuibile alla perdita della moglie.

Dunque vi troverete alle prese con una storia quasi decontestualizzata che si sviluppa fuori dal mondo, potremmo dire, e, più in particolare, nella testa del suo protagonista, con dialoghi che fanno il verso a quelli del fumetto anche se manca un po' di background di fondo per quel che riguarda i messaggi subliminali tipici del fumetto.

Tra i difetti dell'opera riscontro, a mio avviso, una certa ripetitività di situazioni. D'Antona propone spesso scontri tra Dylan e mostri della più diversa specie che, puntualmente, finiranno per cadere sotto i colpi del revolver. Inoltre, come spesso avviene nelle opere amatoriali, il regista cade in grossa difficoltà nelle scene delle scazzottate che vengono mostrate rallentate per tentare di togliersi dall'impiccio di girarle a velocità normale. La soluzione non è proprio il massimo.

Non mancano poi mostri dai volti scarnificati o dai colori di pelle bizzarrissimi messi in scena sufficientemente bene (visto il contesto) grazie al trucco di Paola Laneve. A mio avviso si sarebbe potuto curare meglio lo splatter che invece, così come l'esplosione dei colpi di pistola, viene rappresentato mediante la computer grafica.

Le interpretazioni sono abbastanza buone, sempre avendo come riferimento la natura del prodotto. In particolare se la cavano bene Francesco Emulo, nei panni di un Groucho che pare - nei modi di fare - ispirato anche al Jonathan vincitore del Grande Fratello di qualche anno fa (per intenderci), Michele Friuli, perfetto nel ruolo di Xabaras, Francesco Santagada, probabilmente il migliore e chiamato a interpretare un demone verde, Giovanni Navolio che sostiene di essere Lucifero in persona e appare con un look di litfibiana memoria, infine un Roberto D'Antona piuttosto glaciale nel ruolo di Dylan. Benino, seppur una spanna sotto, tutti gli altri.

Curate le musiche, i costumi e le scenografie per un mediometraggio che nel complesso si rivela pertanto buono e senz'altro consigliato ai fan del fumetto. Di certo, come idea di fondo, è anni luce superiore a Dylan Dog: Dead of Night di Kevin Munroe prodotto a Hollywood nel 2011; una pellicola, per chi non l'avesse vista, per nulla rispettosa dei caratteri creati da Sclavi.

Chiudo con la battuta finale del mediometraggio e vi invito a segnarvi il nome del regista per futuri progetti orrorifici.
Alla fine siete voi a decidere se tutto questo è un sogno o realtà, alla fine è questo che sono: un indagatore dell'incubo. Il mio nome è DYLAN DOG.

Il film è liberamente visionabile al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=MlnW9q5MRL8

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