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sabato 14 gennaio 2012

Recensione Cinematografica: Alien 2 sulla Terra (1979) di Ciro Ippolito


ALIEN 2 SULLA TERRA


Produzione: Ciro Ippolito, 1979
Regia: Ciro Ippolito
Genere: Sci-fi/Horror
Soggetto e Sceneggiatura: Ciro Ippolito
Interpreti Principali: Belinda Mayne, Mark Robin, Michele Soavi.
Durata: 92 minuti

Commento di Matteo Mancini


Piccolo sci-fi con forti contaminazioni splatter/horror nato sulla scia di Zombi 2 di Fulci, da cui mutua la furbesca idea di sfruttare il titolo di un grosso successo commerciale hollywodiano per spacciarsi come apocrifo sequel. Nella fattispecie il film saccheggiato è Alien (1979) di Ridley Scott.

Inutile dire che il film ebbe grossi problemi di distribuzione con la 20th Century Fox che fece di tutto per boicottarlo (propose anche di acquistarne i diritti per poterlo distruggere), fino a intavolare, con scarso succeso, lunghe cause giudiziali in ogni parte del mondo. I distributori americani riuscirono però nell'intento di non far uscire il film negli Stati Uniti, tanto che solo nel corso del 2011 il film pare essere arrivato nel nuovo continente.

Sorte simile l'avranno anche i vari L'Ultimo Squalo, La Casa 3, Terminator 2, film tutti qualitativamente non trascendentali e diretti rispettivamente da Enzo G. Castellari, Umberto Lenzi e Bruno Mattei.

Il soggetto nasce da un'idea di Ciro Ippolito, regista a digiuno di pellicole di genere e proveniente dal mondo delle sceneggiate napoletane, che convince i distributori di Zombi 2 a finanziare il progetto. Tuttavia, l'allontanamento dello sceneggiatore Biagio Proietti (che avrebbe anche dovuto girare il film) e la rinuncia di Mario Bava ad assumerne la regia, costringono Ippolito a scrivere e dirigere il film per conto proprio con inevitabili conseguenze negative sul risultato finale.

Difatti ne esce fuori un filmettino con delle buche di sceneggiatura grandi come voragini, tanto da dare l'idea di essere stato costruito, più che su una sceneggiatura, su un soggetto con annotati a margine i dialoghi da inserire nell'ipotetica sceneggiatura che si sarebbe dovuto stendere in seguito. Poco si sa della creatura aliena (che riesce a stare in incubazione anche all'interno di una pietra che assume funzione di uovo) come non si comprende il motivo per il quale siano scomparsi prima gli astronauti di ritorno da una missione spaziale e poi l'intera popolazione di una città (mentre invece gli speleologi uccisi vengono mutilati ma restano comunque presenti), per non parlare delle tante sequenze prive di dialoghi ed eccessivamente dialate per raggiungere la lunghezza minima garantita per un lungometraggio. Rimane inoltre posticcia e fracassona la caratterizzazione della protagonista dotata di poteri paranormali e telepatici che le permettono, solo in alcuni ingiustificati frangenti, di comunicare a distanza con i colleghi e di vedere in azione il mostro.

Quanto detto però non deve far pensare di trovarsi al cospetto di una pellicola eccessivamente scadente. E' fuori di dubbio che registi come Bruno Mattei o Claudio Fragasso, per intenderci, faranno assai di peggio. Ippolito infatti riesce a girare bene, con delle lunghe carrellate, i momenti di massima tensione e sfrutta al massimo possibile gli artigianali ma efficaci trucchi speciali (realizzati, su suggerimento di Bava, con della trippa). Così si hanno delle scene cult ottimamente realizzate come una testa di uno speleologo che viene tranciata da un "alien cucciolo" e rotola a terra (è la testa che potete ammirare nella locandina che ho allegato in alto) o un'altra che scoppia sotto la spinta di tentacoli alieni che emergono dal tronco della vittima. Particolarmente efficace tutta la parte finale in cui i due superstiti fuoriescono dalle grotte e si imbattono in una città deserta. Nell'occasione Ippolito risolve i limiti di budget ricorrendo alla soggettiva del mostro da effettuare ponendo dei pezzi di trippa sull'obiettivo e facendoli muovere simulando il respiro della bestia.

Meno convincente è la fotografia di Silvio Fraschetti che si rivela non all'altezza delle situazione e incapace di illuminare a dovere i vari soggetti.

Il cast artistico è poverissimo e semi-sconosciuto, si riconosce un giovanissimo Michele Soavi, ma viene sfruttato a dovere da Ippolito tanto da non sfigurare più del lecito.

Continua e pressante la colonna sonora, tutta strumentale, degli Oliver Onions, con i fratelli romani che paiono fare il verso alle musiche di Zombi dando vita a un angoscioso tema nei momenti di maggior tensione.

In conclusione un filmettino senza pretese che punta tutto sulle location claustrofobiche delle grotte di Castellana in Puglia(non a caso Neil Marshall dimostrerà la validità di simili luoghi nel suo The Descent) e sugli artigianali ma truculenti effetti splatter. Su questi ultimi c'è un gustoso aneddoto. Pare che gli effetti siano stati realizzati in uno scantinato di un palazzo e che, a causa del cattivo stato di conservazione della trippa, dei vicini, insospettiti dal cattivo odore che aleggiava per le scale, avvisarono le forze dell'ordine. La polizia, giunta sul luogo, decise di attuare un fermo di indiziato di delitto a carico dei vari componenti della troupe, perché gli agenti si erano convinti che fossero colpevoli in concorso del reato di occultamente di cadavere. Bizzarrie che potevano succedere solo nel cinema Italiano del tempo che fu...
Il film ebbe un discreto, ma non eccezionale, successo internazionale, mentre in Italia riuscì a coprire appena la metà dei costi di produzione che si aggiravano su 300 milioni.
Voto complessivo: 5.5

2 commenti: