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domenica 24 dicembre 2023

Recensione Saggi: MONSTER MASTERS di Alessandro Manzetti.

Autore: Alessandro Manzetti.
Anno: 2015.
Genere:  Interviste / Antologia Horror.
Editore: Cut-Up.
Pagine: 360.
Prezzo: 16.00 euro (Serie Limitata di 199 copie).

Commento a cura di Matteo Mancini. 

Primo degli attuali quattro saggi pubblicati da Alessandro Manzetti, Monster Masters ovvero “Padroni di Mostri” è prevalentemente una raccolta di interviste ai grandi maestri del genere che porta con sé le stigmate dell'opera saggistica successiva del suo autore. Fin da questa prima opera, pubblicata da Cut-Up nel 2015, saltano agli occhi tutte le caratteristiche tipiche dei volumi di Alessandro Manzetti nell'ambito del suo impegno divulgativo relativo alla narrativa horror. Interviste (circa una trentina), quattro racconti per la prima volta pubblicati in italiano, classifiche (nella fattispecie dei 66 migliori libri horror mai scritti), estratti da altri testi (proposto un intero capitolo del saggio Le Opere Fantasma di Stephen King scritto da Rocky Wood) e soprattutto un approccio internazionale alla materia. A differenza di tutti gli altri divulgatori presenti sul mercato editoriale italiano, Manzetti, fin da questo volume (farà altrettanto con i successivi Guida ai 150 Migliori Libri Horror, Squisite Diavolerie e Horror Guru), tratta gli argomenti con un'apertura totale sul genere, poco interessandosi del fatto che gli autori e i libri citati siano stati o meno distribuiti in Italia. Il punto di riferimento è la narrativa del terrore anglo-americana. Ne esce fuori un libro, per l'epoca della pubblicazione, innovativo e mai letto fino ad allora che segnerà le coordinate per la nascitura Molotov, rivista periodica della Independent Legions Publishing che avrebbe visto la sua prima uscita nel giugno del 2020.

Il pezzo forte del volume, che come abbiamo premesso è molto variegato, sono le interviste realizzate dallo stesso Manzetti (ne ritroveremo altre nel successivo Horror Guru). Concepite in due format distinti, uno dei quali identico per tutti gli intervistati e l'altro personalizzato e incentrato sulla produzione specifica dello scrittore di volta in volta incontrato, vediamo sfilare nomi luminari quali Ramsey Campbell, Joe Lansdale, Peter Straub, Graham Masterton, Brian Keene e Jack Ketchum a cui si associano emergenti e altri nomi non noti sul mercato italiano, ma comunque mattatori ai Bram Stoker Awards. Ne esce fuori un materiale molto ghiotto per i super appassionati del genere che troveranno chicche che faranno al caso loro, con indicazione di trame, aneddoti, spunti memorialistici, consigli e curiosità.

Non meno interessante, ma già pubblicato altrove, il capitolo sulla narrativa fantasma di Stephen King. Una rassegna discorsiva dei titoli dei racconti e/o dei romanzi che non hanno mai visto la luce, con tanto di indicazione della trama o degli elementi essenziali che erano alla base degli stessi.


Discorso a parte per i quattro racconti, tutti introdotti da un'elaborata analisi di Manzetti (solitamente assai più conciso), che occupano centosedici delle trecentosessanta pagine totali, quindi poco meno di un terzo del libro. Si tratta di racconti inediti di pregevole fattura, sebbene almeno tre di essi siano fortemente derivativi. Spicca soprattutto The Voice of the Beach (“La Voce della Spiaggia”, 1982) di Ramsey Campbell. Più autoriale e contorto degli altri tre racconti, riesce a evocare un orrore onirico di presa cosmica che sfrutta la capacità di Campbell di generare un malatissimo sense of wonder. Ambientato ai margini di una spiaggia su cui nessuno sembra voler mettere piede e su cui si manifestano strane ombre, viene sviluppato lentamente in vista di un orrore che è prettamente allusivo e sfumato dagli stati d'alterazione dei due protagonisti. Fortissima la componente lovecraftiana, sebbene Campbell decida di seguire la strada psicologica piuttosto che una concreta ed esplicita. Tutto giostra sull'attesa della materializzazione di un essere che si identifica nella spiaggia stessa. Fondamentali le descrizioni ambientali.


Gli altri tre racconti si rivelano meno autoriali e, al contempo, meno originali. Graham Masterton, col criticatissimo Eric the Pie (“Sei Quello che Mangi”, 1991), sviluppa un soggetto che sembra esser stato ispirato dalla vicenda di Renfield, personaggio all'apparenza marginale del Dracula di Bram Stoker. Seguiamo infatti le vicende di un ragazzino, che poi diventerà adulto, ossessionato dalla frase della madre “sei quello che mangi” al punto da diventare uno zoofago alla stessa maniera del Renfield del citato romanzo. Testo brutale ed eccessivo (ci sono violenze, persino uno stupro, a danno di animali che si sarebbero potute omettere), antesignano dell'attuale hardcore horror. Un racconto salito agli onori delle cronache per esser costato all'epoca della sua uscita il ritiro di tutti i numeri della rivista su cui era stato pubblicato per oltraggio e oscenità.


Richard Laymon con Into the Pit (“Nella Fossa”, 1999), forse il meno interessante per contenuti (non certo per stile evocativo), va sul sicuro proponendo un racconto in terra di Egitto che tratta, in un certo senso, la tematica del sepolto vivo. Un giovane studioso viene infatti gettato in un pozzo dal padre di due sensuali gemelle, che lo hanno adescato con i loro giochi erotici, e sepolto in compagnia di una serie di scheletri in diverso grado di decomposizione. Il buio, squarciato da capi di vestiario incendiati col ricorso di fiammiferi, la disperazione e la presenza delle spoglie mortali di altri soggetti finiti nelle grinfie del killer porteranno il protagonista a delirare fino a sentirsi artigliare dagli scheletri stessi. Il lettore resta col dubbio che quanto descritto sia davvero accaduto o sia frutto della perdita di senno del protagonista.


Più elaborato, ma comunque non del tutto originale, We Now Pause for Station Identification (“Radio Zombie”, 2005) di Gary Braunbeck, che propone un'apocalisse zombi filtrata dalla trasmissione radiofonica di un cronista rimasto isolato in un palazzo. Braunbeck dichiara di essersi ispirato a Brian Keene (“The Rising”), ma in realtà deve molto a Tigh Little Stitches in a Dead Man's Back (“Piccoli Punti Stretti nella Schiena di un Morto”, 1986) di Joe Lansdale, da cui arriva l'idea del morto vivente da cui germoglia una vegetazione aliena pronta a conquistare il mondo. Punto di forza del testo, che ha il merito (non da poco) di anticipare L'Estate dei Morti Viventi (2008) dello svedese John A. Lindqvist, è l'idea di giostrare il tema facendo tornare i morti viventi presso le loro abitazioni e i loro cari. Braunbeck riprende da Romero l'idea del pensiero radicato nella mente dei ritornanti (nel film caratterizzato dal desiderio di comprare), rendendolo tuttavia cosciente e liberando gli zombi dall'impulso di cibarsi di carne umana. Un novità, quest'ultima, che non scongiurerà la piaga epidemica (chi tocca gli zombi vede marcire i propri arti). Non di secondaria importanza sono i risvolti filosofici, ripresi in seguito anche da Simon Clark (“Quando Giaci Urlando nella Tomba”), autore famoso soprattutto per La Notte dei Trifidi (incentrato su una vegetazione aggressiva che cerca di conquistare il mondo), in base ai quali il ritorno dei morti viventi dimostrerebbe l'inesistenza del paradiso (e del diavolo) in quanto l'anima dei deceduti è rimasta imprigionata nelle tombe insieme agli stessi, togliendo di fatto di senso all'esistenza. Aspetti che elevano di qualità il racconto, facendo di esso un punto di riferimento per altri autori.


Monster Masters diviene così un'ottima occasione per fare la conoscenza con gli autori del genere horror contemporaneo, cercando di guardare al di là del sipario e apprendendo cosa si nasconda dietro la genesi di un testo. È inoltre un'occasione per conoscere un mondo non ancora sufficientemente divulgato in Italia. Grazie ai suoi legami con gli Stati Uniti, Manzetti presenta ai lettori, attraverso la voce diretta dei singoli scrittori, nomi non sempre conosciuti al grande pubblico delle nostre latitudini. Il capitolo sulle opere fantasma di Stephen King e i quattro racconti inediti costituiscono quel quid che certo non guasta. Probabilmente, Monster Masters è il volume più riuscito dei quattro saggi di Manzetti. Sontuose la veste grafica e le illustrazioni di Vincent Chong (personalmente più commerciali e apprezzabili di quelle più astratte di Cardoselli). Consigliato agli studiosi del genere e a chi non si accontenta della lettura dei racconti, ma vuol conoscere il dietro le quinte dei medesimi.

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