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lunedì 11 dicembre 2023

Recensione Narrativa: TRIBAL SCREAMS di Owl Goingback.

Autore: Owl Goingback.
Titolo Originale: Tribal Screams.
Anno: 2018 (Racconti scritti tra il 1992 e il 2003).
Genere:  Antologia Horror.
Editore: Independent Legions (2021).
Pagine: 152.
Prezzo: 14.50 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 

La narrativa delle pagine di Weird Tales torna a rivivere con la penna del pellerossa Owl Goingback, felice introduzione sul mercato italiano operata da Alessandro Manzetti per la casa editrice Independent Legions Publishing. Autore non eccessivamente prolifico, che vive facendo il guardiano dei cimiteri e offrendo servizi di consulenza sciamanica tanto da esser definito dai membri della sua tribù “uomo di medicina”, è salito agli onori delle cronache per i romanzi Crota (1996) e Coyote Rage (2019) che gli sono valsi due Bram Stoker Awards (oltre un terzo alla carriera), oltre per il romanzo Darker Than Night (1999) in uscita l'anno venturo in Italia per la Independent Legions. Goingback ha scritto anche un pugno di racconti ed è stato apprezzato quale autore di libri per bambini. Lo possiamo definire come uno dei rari scrittori “trascendenti” sopravvissuti nel nuovo secolo che rispondono agli insegnamenti dei grandi maestri del novecento. Un'impostazione, quest'ultima, che si è perduta a favore di un orrore di matrice sociale, ambientato nella vita di tutti i giorni, o di un orrore che fa leva sugli oggetti comuni che scandiscono i tempi della quotidianità di ogni cittadino tramutandoli in un'ottica distorta e deformante. Goingback, piuttosto, guarda alla tradizione, alle radici indiane e a una realtà caratterizzata dalla compresenza di dimensioni ulteriori a quella terrena. Mondi, questi ultimi, che possono essere scorti solo dai puri di cuore. Robert Ervin Howard e Ambrose Bierce trasudano così dalle pagine dell'autore, in un guardare all'indietro che rievoca i contesti storici che segnano la nascita della società americana forgiata sul sangue e sulla violenza. In tale cornice pullulano spiriti vaganti, demoni, creature mutaforma, soprusi razziali e soprattutto l'inferno di una guerra perenne (sia che sia quella di secessione o, piuttosto, quella nel lontano Vietnam) che ossessiona l'animo di uno scrittore che critica la “società civilizzata”, rea di aver calpestato il la natura, l'uguaglianza tra gli uomini e aver dimenticato che gli animali sono fratelli dell'uomo e non esseri a esso inferiori. Manzetti annovera Goingback tra i maestri horror mainstream per la prosa “fluida, essenziale, efficace, cinematica e adatta a tutti”, sebbene la filosofia di fondo, a mio modo di vedere, rimandi all'orrore classico di impronta soprannaturale figlio degli insegnamenti iniziatici. Goingback da l'impressione di credere in quello che scrive, non essendo poi molto diverso in tale approccio dagli scrittori che a inizio novecento aderivano a ordini esoterici legati alla magia rituale.

Da un punto di vista contenutistico le storie, anche quando affondano nella violenza (e lo fanno), evitano il compiacimento della truculenza (e si parla comunque di scalpi, cannibalismo, amputazioni e deflagrazioni), rivelandosi sovente toccate dall'ironia, dalla nostalgia e persino da un romanticismo poetico che le distacca dalla corrente del new horror più legata all'esigenza di scioccare il lettore (qua c'è, invece, si ricerca sempre il sense of wonder stimolato da una prosa evocativa e sensoriale).

Uscita negli Stati Uniti nel 2018 e da febbraio 2021 disponibile anche in Italia, Tribal Screams è un distillato della carriera di Goingback, raccogliendo il meglio scritto in un arco temporale di nove anni. Curiosamente, si tratta di una selezione di racconti di inizio carriera, quando lo scrittore aveva un'età compresa tra i trentatré e i quarantadue anni. Vi sono inseriti, tra gli altri, il primo racconto horror pubblicato (Spoils of War), una poesia in tributo dell'amore perduto, uno spunto memorialistico di valenza autobiografica e una perla narrativa (Grass Dancer) che valse all'autore la candidatura al Nebula Award come migliore racconto dell'anno. Undici testi, di cui otto horror e uno di guerra con finale fantastico. Molti i punti ritornanti, con la cultura indiana che tende a essere elevata rispetto alla violenta ed egoistica tradizione dell'uomo bianco. Laddove i protagonisti di Goingback si aprono alla natura, ricercando il bene collettivo anche quando propongono lotte per la sopravvivenza, gli “uomini civili” dal vecchio mondo stuprano, depredano, uccidono, irridono il prossimo dall'alto di un'arroganza che non consente mai un confronto paritetico col diverso (che viene sempre affrontato sfruttando vantaggi) ricercando unicamente interessi personali (“Vi chiamate cristiani e affermate di avere il cuore puro, eppure il vostro spirito è pieno di avidità”). Goingback mette alla berlina l'uomo bianco e lo fa soccombere sotto la mannaia del soprannaturale. Solo uomini puri, come i nativi americani o gli indios, riescono a contrastare gli spiriti dell'altrove in un'intelaiatura che propone sempre la devozione della natura. Dominano gli scenari boschivi e nebbiosi, spesso in contesti paludosi, dove si formano dal nulla spiriti capaci di acquisire consistenza materiale (sia che siano scheletri vaganti, zombie, animali fumosi o esseri licantropici). Protagonisti assoluti sono gli sciamani, talvolta vecchi e messi in discussione dalla propria tribù (la sapienza dei vecchi, tuttavia, è sempre risolutiva), chiamati a mostrare la potenza della magia indiana così da entrare in relazione con la dimensione degli spiriti e assumere il controllo degli ottusi uomini bianchi. Per tali vie ecco comparire, nel racconto Tacachale (1992), tra i banchi di nebbia e le paludi della Tierra de la Pascua Florida del 1500 la “fonte della vita eterna”, una fonte capace di tenere lontana la vecchiaia ma anche di bruciare in un rogo permanente chi (come i conquistadores spagnoli) sia troppo avido e non si accontenti del poco. In Custode di Anime (Keeper of Souls, 1995), che si propone quale sequel del precedente racconto, si sostiene che gli uomini dispongano di tre anime e che queste possono essere strappate da sciamani o demoni mutaforma, che si spacciano per preti, al fine di manipolare le condotte umane. Gli antagonisti di Goingback evidenziano la natura materialistica dell'invasore bianco, come si percepisce anche nel weird western Bottino di Guerra (Spoils of War, 1993), in cui un ufficiale sudista al comando di un plotone di predoni perpetra violenze su donne e vecchi indiani, preferendo andare incontro alla morte anziché abbandonare il tesoro che ha sottratto da un accampamento protetto dalla magia voodoo. Si salverà solo lo schiavo nero, costretto a subire punizioni dai militari ma unico in grado di intuire cosa abbia scatenato l'ira degli zombie materializzatesi sul campo di battaglia. Un racconto, questo, frutto di una commistione tra Robert E. Howard, Ambrose Bierce e William H. Hodgson con punte di puro orrore cosmico, rappresentato soprattutto dall'entrata in scena di un demone suino comparso dall'oscurità di un rozzo tempio voodoo. Augusth Derleth lo avrebbe indubbiamente comprato per la sua Arkham House.

Atmosfere weird impregnano anche le righe de L'Ultimo Uomo della Fila (“Last Man in Line“, 1996), un altro racconto dal forte eco bierciano. Non troppo dissimile dal precedente elaborato, si distingue per una costruzione più classica giostrata su un duplice binario finalizzato a mettere in relazione il presente al passato attraverso l'escamotage narrativo della sovrapposizione di epoche diverse per effetto di sconosciute interferenze ambientali. Al centro degli eventi vi è una prova di coraggio, ripresa dai tanti soggetti cinematografici che contraddistinguevano i film gotici degli anni sessanta, che vede un giovane studente universitario accettare di trascorrere una notte all'interno di un cimitero militare, così da superare la prova di iniziazione prevista per essere ammesso in un'associazione studentesca. L'alzarsi di una fitta nebbia notturna segna il palesarsi di un portale dimensionale tra presente e passato, catapultando il protagonista ai tempi della guerra di secessione nel vivo di un campo di concentramento sudista. Tra proiettili che sibilano nell'aria, uomini cancrenosi e bislacchi tentativi di fuga, spiccherà una notevole parte nei cunicoli sotterranei, che ricorda molto la parte finale di Herbert West, Reanimator di Howard P. Lovecraft. Forte l'impatto necrofilo che si sposa alla perfezione con il calibrato utilizzo delle atmosfere. Un'altra perla firmata Goingback.

La guerra, questa volta più moderna, torna protagonista ne Il Danzatore dell'Erba (Grass Dancer, 1995), un capolavoro capace di regalare eccezionali momenti di azione bellica e, al tempo stesso, un commovente epilogo che sconfina nel fantastico trascendente. Ci spostiamo in Vietnam, nell'inferno terrestre flagellato da bombe al fosforo, traccianti luminosi che stuprano la notte e fuochi di mitragliatori che squarciano corpi ai margini della giungla, asportando parti di volto e torturando l'animo di coloro che si apprestano a morire. Tre anni prima di Salvate il Soldato Ryan, Goingback trasmette il realismo della guerra (terribili gli accenni alle torture vietcong praticate ai civili che patteggiano per gli americani) e lo fa stemperandolo il tutto con un epilogo sognante che tocca vertici poetici giustamente elogiati dalla critica, a sufficienza per proporre il testo ai Nebula Award come migliore racconto dell'anno. La morte non è un evento definito, ma un passaggio verso una dimensione da cui gli spiriti possono manifestare la loro presenza per confortare coloro che sono rimasti. Eccezionale, con un sottotesto che evidenzia in anticipo su romanzi/film quali Flags of Our Fathers, la generosità e lo spirito combattivo giocato dai pellerossa negli schieramenti bellici di coloro che, a suo tempo, li hanno confinati nelle riserve.

Lodevole anche il beffardo e ironico Sigillato con un Bacio (Sealed With a Kiss, 1994), che immagina il tema della fine del mondo, tra piogge di rane e di sangue che fungono da preludio all'entrata in scena di un Lucifero gigante dotato di lingua chilometrica e prensile. Pirotecnica la messa in scena dell'apocalisse pur se chiusa all'insegna del dissacrante (“Meglio farsi una risata”), col protagonista che se la ride per l'ironia del demonio che sottolinea in modo arguto di avergli comprato l'anima per una birra gelata. Ambientazione lontana dalla città, nel cuore di una landa desertica dove il protagonista si è ritrovato a piedi per il guasto della propria auto. Il rifugio in un cascinale isolato, per sfuggire a un'improvvisa tempesta anticipata dalla fuga impazzita di tutti gli animali, non gli consentirà di sottrarsi dalla ricerca del demonio. Molto divertente, così come lo è la fiaba nera Versi di Animali (Animal Sounds, 1994), dai contenuti ancora più virati all'ilarità. Uno stregone cherokee, messo in discussione dall'accampamento di cui fa parte, si addentra sui pendii di una montagna sacra per venire a capo del mistero che ha determinato la scomparsa di tutti gli animali della zona. Sarà aiutato da cinque scheletri mangiatori di uomini che stringeranno un patto con lui, ottenendo come contropartita la promessa di poterlo divorare a fine azione. La spunterà, grazie all'arguzia, lo stregone con chiaro omaggio a racconti come The Hell Bound Train di Robert Bloch e, al tempo stesso, alle fiabe dei fratelli Grimm.

Costituisce un anticipo di Coyote Rage Gator Bait (1994), con un attore, solito destreggiarsi in spettacoli itineranti nelle spoglie di un cacciatore di alligatori di origine indiana, preda di un losco figuro che lo accusa (a ragione) di essere un impostore. Condotto nel cuore della palude, l'uomo, uno statunitense di origini tedesco-irlandesi, dovrà mostrare di saper combattere contro alligatori in perfetta forma, non più storditi dalle basse temperature dei condizionatori e non più menomati fisicamente. Gator Bait è l'ennesimo racconto che punta il dito sull'avarizia e sull'irrispettoso atteggiamento dell'uomo bianco verso gli indiani prima (scimmiottati alla stregua di fenomeni da baraccone), gli animali poi e la natura infine, proponendo l'azione di un mutaforma che da uomo dal fisico scultoreo si trasforma in un mega coccodrillo pronto a un insolito combattimento per mostrare la realtà delle cose e ristabilire i ruoli messi in discussione.

Questo il meglio dell'antologia che, per il resto, propone un fulmineo racconto, Ceneri (Ashes, 2003), con un balordo che rapina e uccide l'angelo che vorrebbe riscattarne l'esistenza, una poesia toccante ma non musicale nella versione italiana e un risibile spunto memorialistico (quella volta in cui il protagonista ottenne un costume per halloween).


Antologia dunque veloce e di rapida lettura, con almeno otto racconti che superano la media, di cui un paio che sconfinano nell'eccellenza. Tribal Screams, così intitolata per il “retaggio nativo americano delle storie che la compongono, offre un gradito pane per i denti dei ghiotti della narrativa weird delle origini, con un approccio trascendente purtroppo svanito dagli ingredienti degli attuali scrittori di fantastico. Anche se non innovativo nelle tematiche, Goingback dimostra uno stile e un gusto per il terrore assai incisivi ed evocativi, proponendo storie dal ritmo sollecito e sprovviste di momenti morti o dilatati per allungarne le trame. Caldamente consigliato.

 
L'autore OWL GOINGBACK
 

La vostra paura della morte è così grande da voltare le spalle alla ricompensa che il Grande Spirito vi offre nella prossima vita, quello che voi chiamate paradiso.”

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