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giovedì 25 agosto 2022

Recensione Narrativa: INVERNO GIALLO 81-82 a cura di Ellery Queen.

Autore: AA.VV.
Serie: Ellery Queen Presenta.
Anno: 1981.
Genere: Giallo.
Editore: Mondadori.
Pagine: 372.
Prezzo: Fuori catalogo.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Miscellanea di racconti a prevalenza matrice gialla, con sporadiche incursioni nella spy story, nel poliziesco, nel crime, nell'action e persino, in due casi, nel fantastico. A capo della selezione c'è il nome collettivo Ellery Queen, pseudonimo che non ha certo bisogno di presentazioni al cospetto degli amanti del thrilling. Il lavoro della nota firma viene sintetizzato dalla Mondadori nella periodica raccolta Inverno Giallo, stagione 81-82, che presenta al pubblico italiano 20 racconti, di altrettanti autori, dati alle stampe nell'arco di un trentennio, tra il 1947 e il 1976.

Il valore complessivo dell'antologia, peraltro interessata da un numero di refusi decisamente superiore alla media rispetto ad altri volumi della serie, non è memorabile. Tuttavia, la variabilità delle storie e un paio di perle che spiccano sul resto rendono comunque piacevole e veloce la lettura.

Tra le venti proposte brillano i nomi di alcuni maestri del genere (purtroppo non sempre ispirati), quali Ed McBain, Hugh Pentecost, Ross MacDonald, Ruth Rendell, Eric Ambler e lo stesso Ellery Queen. Inusuali invece le presenze del maestro del fantasy, ispiratore di Lovecraft, Lord Dunsany (il cui racconto, senz'altro buono, è decisamente fuori contesto) e degli autori sci-fi Edward Wellen e il più famoso Edward D. Hoch qua prestati, con discreti risultati, al crime.

Per quanto riguarda i temi trattati, vi è una certa insistenza su personaggi affetti da temporanei vuoti di memoria, vuoi che si tratti di testimoni di un delitto (Un Delitto da Ricordare di Hugh Pentecost), dell'assassino (Non è Mai Successo di Joyce Harrington) o di una persona perseguitata (Buona Notte Amore di Florence Mayberry) o comunque chiamata a venire a capo di situazioni al limite dell'onirico (Che Fine ha fatto Annie Barnes di Ed McBain). Almeno tre, poi, le storie che vedono in azione delegati o rappresentanti di movimenti rivoluzionari che operano contro il governo costituito della propria nazione (Il Patto Antisangue dello specialista, pubblicato anche sulla collana Segretissimo, Eric Ambler) o cercano di organizzare attentati a danno di nemici politici (lo splendido action Veloce come un Lampo di Gary Jennings) o, ancora, di rubare codici di decriptazione in favore della Germania dell'Est (La Spia col Pugno da K.O di Edward D.Hoch, che ci concede anche uno squarcio sul mondo del pugilato professionistico). Lo zoccolo duro dell'opera, tuttavia, è rappresentato da intrecci gialli in cui i sospettati principali non sono mai i colpevoli e dove la polizia deve lavorare di astuzia per inchiodare alle proprie responsabilità i mascalzoni di turno, vuoi che siano ladri o assassini. Purtroppo solo in un caso, racconto di Hugh Pentecost, vi è lo schema classico del whodunit ovvero del giallo in cui lo scrittore fornisce ai lettori gli elementi utili per scoprire l'assassino, salvo mischiare il tutto e far cadere i sospetti su una sfilza di soggetti coinvolti a diverso titolo nell'intreccio. Completano il campo epiloghi beffardi in cui i banditi si prendono gioco degli indagatori o dell'assassino stesso (Il Guanto Invisibile e passione Segreta rispettivamente di Flora Fletcher e Edward Wellen), sfide in cui si ricostruiscono i delitti (I Tre Studenti e Miss Phipps all'Ospedale di Ellery Queen e Phyllis Bentley), errori dettati da paranoie che portano a omicidi non voluti (La Prudenza non è mai Troppa di Ruth Rendell) e attività di indagine poliziesche sulle orme di furbeschi individui dediti a delinquere (i mediocri R come Rapina e L'Ostacolo Coulman di Lawrence Treat e Michael Gilbert). Fanno invece storia a sè alcuni racconti fantastici fuori contesto (La Finestra Meravigliosa di Dunsany e Buona Notte Amore) o simpatici divertissement che evidenziano la difficoltà del lavoro del poliziotto e, allo stesso tempo, la faciloneria con la quale i cittadini avanzano stupide critiche senza poi prendersi alcun rischio (l'ottimo La Commedia è Finita di Norman Daniels).

Questa in breve l'analisi di un testo che presenta tre perle, una mezza dozzina di racconti tra il buono e il più sufficiente e più della metà del testo trascurabile e poco riuscita.


NEL DETTAGLIO E CON SPOILER

Due racconti, su tutti, possono definirsi notevoli. Il prolifico Hugh Pentecost (1903 – 1989), pseudonimo di Judson Philips, apre l'antologia col racconto più lungo del lotto, forte delle sue settanta pagine. Il suo Memory of Murder (Un Delitto da Ricordare, 1947) è un classico giallo alla Agatha Christie in cui il lettore, tra una rosa di sospettati, deve scoprire chi sia l'assassino. La vittima è un politico accoltellato nell'abitazione in cui viveva con le figlie, i mariti o fidanzati delle stesse e la moglie. Tutti sono indiziati e tutti hanno un movente che possa giustificare l'omicidio. Un poliziotto e soprattutto uno psichiatra devono risolvere l'enigma. Determinante un soggetto che sembra aver smarrito la memoria in conseguenza dello shock avuto alla vista dell'assassinio. Hugh Pentecost, scrittore con all'attivo più di cento romanzi gialli e mystery, conosce assai bene gli strumenti del mestiere e plasma quello che potremmo definire un giallo didattico per aspiranti scrittori. Del resto si sta parlando di un autore ben conosciuto al pubblico di lettori italiani a partire dagli anni sessanta fino alla prima decade del nuovo secolo, grazie alla pubblicazione di una serie di romanzi inseriti nella collana Giallo Mondadori, con titoli quali Un Capestro per Nik (n.755, 1963), Una Donna da Bruciare (n.973, 1967), Tutto Cominciò quella Notte (n.2181, 1973), Ritratto Postumo (n. 1490, 1977) e Scalata all'Inferno (n.1594, 1979). Pentecost muove bene i fili, lavorando sulle caratterizzazioni dei personaggi e giocando sui ricordi sfumati di un indiziato che dichiara di non ricordare più chi esso sia. Protagonista assoluto è lo psichiatra incaricato di recuperare quanto andato perso nei meandri del cervello del potenziale teste. Giallo carico di colpi a sorpresa, tutto giostrato sugli scherzi della memoria, sugli shock emotivi che cancellano i ricordi, sui traumi infantili, ma anche sull'avidità e sulla brama del potere. Una trama che distrugge l'istituto della famiglia (ricorda molto il giallo A...come Assassino di Ernesto Gastaldi) e che lavora su snodi che saranno cari al Dario Argento delle origini, che da racconti come questo riprese l'idea dell'inizio de L'Uccello dalle Piume di Cristallo col testimone che confonde chi, tra l'uomo e la donna, sia l'effettivo aggressore. Finalone didascalico in cui tutti i tasselli vanno al loro posto.


Decisamente più innovativo e futuristico è il contributo di un altro grande specialista del genere: Ed McBain (1926-2005), al secolo Evan Hunter. Stiamo parlando del creatore della famosa e interminabile serie di romanzi dell'87' Distretto edita da Einaudi e Sonzogno nonché sceneggiatore del film Gli Uccelli di Hitchcock. Il suo What Happened to Annie Barnes? (Che Fine ha Fatto Annie Barnes?, 1976) è il racconto più elegante e ben scritto dell'antologia. McBain si muove su territori non canonici al giallo dei salotti. Il suo contributo è estremamente onirico, ai limiti dell'ipnosi se non della fantascienza. Il tema del vuoto di memoria si accavalla alle pratiche di innesto di ricordi fasulli e alla cancellazione della memoria passata. In altre parole, va in scena una deprogrammazione e riprogrammazione mentale delle vittime e tutto questo per rubare la moglie di un uomo in vacanza nella bella Italia, convincendo la prima di essere un'altra persona e il secondo di aver assistito alla morte della moglie. Magistrale il prologo sui tetti del Duomo di Milano. Una vera e propria perla.


Purtroppo i contributi veramente eccelsi finiscono qua, seppure accompagnati da una mezza dozzina di ulteriori elaborati gradevoli e divertenti. Edward Wellen (1919-2011), da noi già recensito in occasione della lettura dell'antologia Urania Pistolero Fuori Tempo (1975) e conosciuto al pubblico italiano soprattutto come autore di sci-fi, regala sorrisi col beffardo e fulmineo Fair Exchange (Passione Segreta, 1976). Protagonista l'avidità e l'assenza di scrupoli, ma soprattutto un'ilarità finale che lascia in sospeso il lettore tra la soluzione beffarda (il famoso terzo incomodo che la fa franca) e quella riconducibile a un errore frutto di sbadataggine. L'acquisto di una serie di francobolli da collezione scombina gli equilibri di un ufficio legale, generando un assassinio e un doppio furto del corpo del reato, il secondo dei quali più o meno mascherato da errore (convinzione che si sia trattato di normali francobolli da utilizzare per l'invio di un pacco) in modo da renderne impossibile la restituzione pena l'emergere del movente che giustifica l'altrimenti incomprensibile assassinio. Finale splendido.


Su buoni livelli, soprattutto per il contesto legato al mondo del pugilato professionistico (inizio sul ring durante un combattimento), The Spy With the Knockout Punch (La Spia col Pugno da K.O, 1973) firmato, curiosamente, da un altro autore sci-fi conosciuto dai lettori della serie Urania ovvero Edward D. Hoch (1930-2008) che propone una spy story di ambientazione sportiva. Al centro dell'intreccio un giro di incontri truccati e, più in particolare, il furto di un codice di decriptazione di messaggi politici su cui si estende la longa manus della Germania dell'Est.


Piace molto, specie per la cura nei dettagli sul funzionamento di un lanciafiamme da settare in una discarica e poi da utilizzare per compiere un assassinio su commissione, Greased Lightning (Veloce come un Lampo, 1963) di Gary Jennings (1928-1999), un action che sacrifica il giallo classico in favore di un'impostazione spy legata al tentativo, da parte di un'organizzazione rivoluzionaria caraibica, di assassinare un ex ministro in combutta con gli Stati Uniti. Il protagonista, un ex militare a cui è stata rapita la fidanzata, giocherà in astuzia i suoi ricattatori. Molto buono, ma con pochi colpi di coda.


Altrettanto valido è l'atipico Strictly a Neighborhood (La Commedia è Finita, 1962) di Norman Daniels (1905-1995) che sfrutta i luoghi comuni sui poliziotti per evidenziare quanto i pericoli del mestiere siano tali da generare il terrore nei comuni cittadini, subito pronti a criticare gli agenti e a pretendere che risolvano i problemi, salvo allontanarsi e restare inerti al cospetto del pericolo. Al centro dell'intreccio una richiesta di intervento e il finto tergiversare dell'agente che, avendo già risolto il problema, vuol vedere dove si spingano i condomini del palazzo in cui lui stesso abita (lo accusano di omissione). Ancora di moda, nonostante sia stato scritto sessanta anni fa, sarebbe perfetto per uno spot promozionale per la polizia e per chi indossa una divisa (vi assicuro che quanto narrato da Daniels succede abitualmente in strada, tra ignoranti che si improvvisano poliziotti e supposti eroi che scappano al presentarsi del pericolo).


Meno brillante, soprattutto per alcune incongruenze (troppo evidenti per non esser considerate dall'assassino), ma comunque abbastanza classico è The Invisible Guantlet (Il Guanto Invisibile, 1964) di Fletcher Flora (1914-1968), scrittore conosciuto per il suo umorismo nero che anche qua non manca di palesarsi e per una serie di episodi finiti nella serie televisiva culto Alfred Hitchcock Presenta. Il suo è un fulmineo giallo in cui un poliziotto cerca di mettere pressione al sospettato di omicidio ai danni di un politico. La vittima, trovata morta alla guida di un'autovettura, è reputata troppo alta per aver potuto guidare seduta su un sedile tanto incalzato sotto il volante. Niente di eccezionale, se non il sarcastico finale in cui il sospettato, invece di mettersi sulla difensiva, fa capire al lettore e al poliziotto che la sua statura è alquanto minuta e dunque compatibile col posizionamento del sedile (tanto da suggerire che non aver tirato indietro il sedile è stato un errore).


Carini ma piuttosto avulsi rispetto al giallo la ghost story Good Night, Sweet (Buona Notte Amore, 1975) di Florence V. Mayberry e soprattutto il fantasy The Wonderful Window (La Finestra Meravigliosa, 1912) dello scrittore Lord Dunsany.

Il racconto della Mayberry vede una donna vivere col rimpianto di non aver aperto il cuore all'amore della propria vita, preferendo soddisfare il proprio ego con un assurdo gioco al tira e molla che ha indotto l'altro a riparare verso un matrimonio di comodo. Racconto caratterizzato da un'impronta prettamente femminile che delinea i malati giochi psicologici di una donna che ricorda molto la protagonista della canzone La Ballata dell'Amore Cieco di De Andrè. Epilogo sospeso tra il delirio psicologico e il vero e proprio fantastico. Nessun dubbio invece per il racconto di Lord Dunsany che propone un soggetto assai simile a L'Uovo di Cristallo (1897) di Herbert G. Wells, aprendo in modo palese le cataratte dell'irrealtà. Un mercante acquista una piccola finestra che si apre su un mondo altro, dove arcieri e sbandieratori rimandano la memoria ai tempi del medioevo, preparandosi a varcare il confine tra la realtà e l'immaginario.


Il giallo torna a recitare il proprio ruolo col duplice colpo di scena messo in atto dallo specialista Ross MacDonald, altro autore con una lunga sfilza di romanzi pubblicati sulle pagine de Il Giallo Mondadori. Il suo The Sleeping Dog (Law Archer e il Cane Scomparso, 1965), tuttavia, è una storia ancorata a un vecchio omicidio passato su cui si innesca una vendetta che porta il primo killer ad assassinare il suo complice cercando in tal modo di mascherare il vecchio crimine e far ricadere la colpa sul vendicatore che si è limitato a sparare a un cane. Prove di balistica, un cane ucciso e le indagini di un detective privato fungeranno da corredo al mistero. Vista la firma, è un racconto modesto. Rapina arzigogolata con coinvolgimenti di più soggetti nell'altrettanto modesto H as in Heist (R come Rapina, 1966) di Lawrence Treat. Un poliziotto, alquanto spaccone e di mano lesta, perde la vita mentre sta scortando un commerciante. A condannarlo il vizio di tenere sempre la pistola in mano, un atteggiamento che getta nel panico un automobilista che ha provocato volontariamente un incidente al fine di distrarlo per permettere ai complici di rapinare il sorvegliato. Da qui si innescano una serie di imprevisti che danno il là a una difficile indagine necessaria a ricostruire gli strani movimenti della stessa persona rapinata e della sua soccorritrice.


Quanto sopra è il salvabile di un'antologia che per il resto scivola nella mediocrità. Deludono assi quali Ellery Queen e Ruth Rendell, il primo con un racconto metaletterario, The Three Students (I Tre Studenti, 1971), in cui lo stesso Ellery Queen è protagonista di una sfida presso il Club degli Enigmi a base di un enigma da risolvere prima di andare a cena. La Rendell col suo You Can't Be Too Careful (La Prudenza non è mai Troppa, 1976) gioca sulle ossessioni e sulla paura dei ladri di una zittellona che finirà per uccidere il fidanzato della coinquilina in un epilogo assai telefonato.


It Never Happenend (Non è mai Successo, 1975) di Joyce Harrington e The Patsy (Una Buca in Cantina, 1976) di Robert L. Fish non riescono a incidere muovendosi sul minato campo dei rapporti tra moglie e marito. Harrington ripropone il tema della perdita della memoria e struttura la storia in modo interessante, mostrando il dramma di un uomo che ritorna nella città in cui ha abitato alla ricerca della moglie. Solo alla fine si scoprirà quali siano stati gli antefatti che lo hanno portato per decenni lontano da casa. Bene per quanto concerne la costruzione tragica, meno sul versante dell'intreccio giallo (non si capisce perché il soggetto sia stato mandato in giro con una pistola nello zaino che, a quanto pare, era tra gli oggetti di cui era in possesso quando è uscito dal carcere).

Fa peggio Robert L. Fish che si diverte nel mostrare quanto un marito, persino se brutale killer, finisca per subire gli ordini e le sfuriate di una moglie durante i lavori domestici. Cosa che non avviene invece nel mediocre Sound of a Distant Echo (Risonanze di un'Eco Lontana, 1976) di Dorothy Benjamin dove i soprusi portano all'esplosione della donna che si avventa sull'amante.


Bei dialoghi ma storia piatta per The Blood Bargain (Il Patto Antisangue, 1970) di Eric Ambler che agisce sul gradito terreno spionistico, proponendo un colpo di stato in un paese caraibico che porta i militari a mettere sotto ricatto un furbo presidente. Quest'ultimo però riesce, nonostante le pressioni, a ribaltare a proprio favore la situazione.


Decisamente insufficienti gli altri. Miss Phipps in the Hospital (Miss Phipps all'Ospedale, 1964) è carino solo per le caratterizzazioni. Ha tutta l'aria di essere un racconto con al centro un personaggio ritornante nell'ambito della narrativa dell'autrice, tale Phyllis Bentley. Intreccio giallo molto futile (furto di cinque sterline), per non dire idiota, peraltro con un epilogo bruttino, che ha l'unico merito di delineare le abitudini, i passatempi e la lunga cerchia di personaggi che si alternano nel corso della giornata presso la stanza di una ricoverata di un ospedale a pagamento.


Noiosi The Coulman Handicap (L'Ostacolo Coulman, 1958) di Michael Gilbert, in cui l'elemento giallo è rappresentato dai travestimenti di un sospettato di furto dietro cui si muovono più poliziotti, e The Aerostatick Globe (Il Globo Aerostatico, 1976) di Lillian de la Torre, una sorta di cronaca romanzata del primo volo sull'Inghilterra di un pallone aerostatico, su cui viene innestata una stupida vicenda legata al furto del cane portafortuna del protagonista che minaccia così di non poter volare.

venerdì 12 agosto 2022

Recensione narrativa: IL BAZAR DEI BRUTTI SOGNI di Stephen King.

Autore: Stephen King.
Titolo Originale: The Bazaar of the Bad Dreams.
Anno: 2016.
Genere:  Horror / Drammatico / Black Humor / sci-fi.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 516.
Prezzo: 11.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Dopo Al Crepuscolo, già analizzata su queste pagine, arriva la sesta antologia di racconti brevi firmata dal “maestro del terrore” Stephen King, ormai prossimo a tornare sul mercato con la settima raccolta di racconti brevi. Intitolata con quello che forse è il miglior titolo scelto da King per un'antologia, Il Bazar dei Brutti Sogni vede la luce negli Stati Uniti nel novembre del 2015 e viene distribuita, tramite Sperling & Kupfer, sul mercato editoriale italiano nel marzo del 2016. King, in prefazione, si presenta quale ipotetico venditore di merci variegate esposte su un tavolo aperto di contrabbando nel cuore della notte, magari senza avere neppure un titolo autorizzativo e con un occhio aperto per darsi alla fuga nel caso in cui qualche poliziotto dovesse fare la sua comparsa da un vicoletto esterno. Ogni racconto è un prodotto messo in vendita per gli acquirenti più intraprendenti. “Ce n'è per tutti i gusti” afferma “il nostro”, sebbene non sia del tutto vero. Diciotto racconti, più o meno lunghi, e due “pseudo” poesie compongono questa fatica. King pesca tra la produzione breve edita nel periodo compreso tra il 2009 e il 2015, aggiungendo due storie inedite e diverse altre apparse in ebook, in alcuni casi solo sul mercato straniero (Francia e Germania).

Un po' come avvenuto da Tutto Fatidico in poi, Il Bazar dei Brutti Sogni è un'antologia in cui l'horror, in particolare, e il fantastico in generale subiscono la compressione di elaborati di matrice drammatica, sovente ispirati a casi di cronaca sviluppati con grande tecnica narrativa (soprattutto nella delineazione delle personalità dei personaggi) e annaffiati da componenti grandguignolesche miscelate a spruzzate di black humor. Solo nove racconti, su diciotto, sono fantastici, tutti interessati da elementi horror. Ciò, tuttavia, non è un punto debole della raccolta. È un King maturo quello che, dopo decenni di carriera, ci ritroviamo a leggere. Uno scrittore che parte da spunti banali e quotidiani (litigi in famiglia durante marce di trasferimento, pranzi col papà affetto da alzheimer, sfide tra vicini a base di fuochi d'artificio), riuscendo sempre a portare a termine un racconto meritevole di lettura o di interesse. Certo, la freschezza delle idee della gioventù, così come la predisposizione al fantastico della vecchia scuola weird, di rado tornano in superficie. Due racconti rappresentano il King delle origini, quello che scriveva storie, se vogliamo, adolescenziali dove l'orrore veniva “volgarizzato” e abbassato di registro. È il caso della novella Miglio 81, a cui è affidato l'onere di aprire l'antologia. Un orrore che richiama alla memoria Christine e soprattutto Buick 8, con una macchina di marca imprecisata che appare dal nulla e, a bordo della carreggiata, attira e ingoia persone alla maniera di un ragno che intrappola le prede nella sua ragnatela. Un racconto dallo schema ripetitivo e con una struttura da opera di formazione. Non a caso i protagonisti sono dei ragazzini. Rientra in questo filone dell'orrore giovanile anche Il Piccolo Dio Verde del Dolore, attraverso il quale King sembra parodiare L'Esorcista proponendo un vero e proprio rito finalizzato a liberare il cinico e arrogante protagonista dal dolore (rappresentato da una palla verde che ricorda molto la zuppa di piselli vomitata da Linda Blair nel film di Blatty) che lo riduce all'immobilità in un letto di ospedale.

Il resto dell'antologia riflette l'età avanzata dello scrittore. Consapevolmente o no, King torna a parlare del dopo morte o dei segnali che, in un certo qual senso, fungono da premonitori al triste evento finale che accomuna tutti gli esseri viventi. Il Bazar dei Brutti Sogni è un'antologia che, più che altrove, insiste nell'utilizzare protagonisti anziani, spesso ricoverati in ospizi e proiettati verso un passato evaporato al decorrere dei decenni. La malinconia, i rimpianti, il desiderio di tornare al passato, oltre che l'inevitabilità della morte, sono leitmotiv che fungono da cerniera tra i vari elaborati. Vediamo uomini anziani interloquire, più o meno lucidi, con figli anch'essi anziani rievocando ricordi lontani, tradimenti coniugali e feste in maschera durante halloween (Una Rissa per Batman e Robin), oppure parlare con avvocati chiamati a ricevere testamento (La Duna) o con compagni di reparto in memoria delle passioni sessuali della gioventù (Mister Yummy) e persino con Stephen King in persona per raccontare eventi sportivi di quando il baseball non era popolato da viziati giocatori che percepiscono milioni dollari (Blocco Billy). Il sentirsi più anziano, l'incidente subito e la sensazione di aver accarezzato la morte, portano King a calamitarsi sul tema della morte, diluito da una serie di esercizi di stile (ben gestiti e sviluppati anche quando i soggetti non sono dei più memorabili) che prendono le mosse da accadimenti di cronaca. È tuttavia la morte la grande protagonista dell'antologia. La vediamo sopraggiungere improvvisa nella banalità di un litigio familiare (Premium Harmony) oppure giungere ammiccante nella forma degli uomini o delle donne (a seconda dei gusti sessuali) più belle incontrate nella vita (Mister Yummy). In tre racconti addirittura la morte è dichiarata e preannunciata a terze persone, ma solo in un caso è concesso intervenire per evitare l'evento (Ur), mentre in un altro è possibile determinarlo scrivendo un necrologio prima che la morte si sia effettivamente verificata (Io Seppellisco i Vivi) oppure è possibile prenderne atto scrutando la sabbia di una strana isola in cui qualcuno o qualcosa preannuncia chi morirà riportando i nomi degli interessati sulla sabbia (La Duna).

Talvolta la morte è accettata e addirittura sposata nella forma di un suicidio più o meno evidente (Herman Wouk è Ancora Vivo e Tuono Estivo), talaltra rifiutata al punto da crearsi una realtà alternativa in cui la morte del proprio caro è rigettata sebbene gli odori pestilenziali della decomposizione allarmino gli interi condomini del palazzo in cui vive il protagonista (Giù di Corda). King va oltre: come già avvenuto in Al Crepuscolo, torna a scandagliare il dopo morte, immaginando il momento del trapasso come proiezione del defunto all'interno di un ufficio in cui uno svogliato burocrate chiede al cliente se intenda rivivere la propria vita oppure annullarsi nell'oblio, ammonendo sul fatto che non ricorderà comunque niente della precedente vita (Aldilà). La paura che oltre la morte non via sia niente trapela anche dalle righe di Tuono Estivo, in cui un personaggio teme che gli uomini siano come automi che allo spegnimento della loro energia scompariranno nel nulla senza possibilità di trattenere ricordi e conoscenze acquisite.

Non manca poi la prospettiva dei condannati a morte, destinati, loro malgrado, ad andare incontro alla falciatrice. È il caso del western processuale Una Morte, visto dalla prospettiva di uno sceriffo che pensa che il condannato sia innocente (avrà torto), e del più incisivo e coinvolgente Il Bambino Cattivo, in cui il condannato rivela al suo avvocato il mistero legato all'uccisione per sua mano di un bambino alquanto pestifero (una sorta di demone).

Ben undici racconti su diciotto (non conto le inutili poesie) ruotano attorno al tema “morte”, un numero destinato ad allargarsi se consideriamo che la morte recita un ruolo di supporto anche in altri racconti, come l'argentiano Quell'Autobus è un Altro Mondo, in cui un pubblicitario intrappolato nel traffico scorge sull'autobus che affianca il suo taxi la scena di un omicidio ma, nonostante questo, decide di credere che si sia trattato di uno scherzo così da non rimandare l'appuntamento di lavoro che lo sta attendendo. Nonostante questa insistenza, Il Bazar dei Brutti Sogni è una raccolta solida, forse affetta dalla mancanza di storie innovative. Latita il sense of wonder, così come latitano idee davvero originali. Eppure le storie funzionano, persino quando i soggetti sono banali.

Stenderò in altra sede l'analisi di tutti i racconti, qua basti evidenziare quali siano le storie, a mio avviso, più riuscite. Tuono Estivo, a esempio, è un brevissimo racconto sulla scia de Io Sono Leggenda, ma anche de L'Ombra dello Scorpione e Cell, in cui King immagina gli ultimissimi superstiti di un disastro nucleare di caratura mondiale (scenario già proposto in Al Crepuscolo). La comparsa delle piaghe figlie delle radiazioni portano il protagonista a meditare la fine sua e del suo cane, anch'esso colpito dal male. Davvero un racconto magistralmente gestito, tra i migliori in assoluto, da un punto di vista emotivo, dell'intera produzione di King.

Molto più elaborati Ur e Io Seppellisco i Vivi. Il primo è un racconto scritto per pubblicizzare i kindle di amazon e propone la classica tematica degli universi paralleli, in ciascuno dei quali si muovono gli stessi soggetti del piano della realtà di riferimento ma con sviluppi diversi nelle loro vite e nelle loro carriere. Ottima la prima parte, tutta incentrata sulla diversificata produzione dei grande maestri della letteratura, col protagonista che riesce a recuperare testi inediti grazie all'utilizzo di uno speciale kindle. Purtroppo la tentazione di riprendere idee dai vari Ray Bradbury e Clifford Simak porta King a cadere nella classica storia in cui si cerca di modificare il futuro impedendo che si consumino eventi profetizzati dal kindle. Sulla stessa falsa riga, ma più tipicamente kinghiano, è Io Seppellisco i Vivi, forse il miglior soggetto dell'antologia. Qui un giornalista che lavora per riviste di satira scopre di avere uno speciale potere: quello di uccidere le persone scrivendo in anticipo il loro necrologio. C'è un particolare però... questo potere non è preciso. Oltre alla vittima designata vengono colpiti omonimi e soggetti che hanno nomi similari. Sicuramente un bel testo, con King che immagina le possibili implicazioni che potrebbe avere in ambito militare e politico e col male e la cattiveria umana che corrompono sempre più l'originario animo delle persone (il protagonista viene attratto dal potere e fatica a evitare di scrivere nuovi necrologi). Buono e in parte simile è il drammatico Morale, che vede una squattrinata coppia di novelli sposini accettare la bizzarra proposta di un vecchio religioso carico di soldi. 200.000 dollari per scagliare un cazzotto in faccia a un bimbo di quattro anni e filmare il tutto. Cosa c'è in fondo di irreversibile? Un po' come Un Ragazzo Sveglio la tentazione “diabolica” è un portale per disgregare i rapporti personali e condurre sulla via del male. Altro bel racconto.

Piace poi Blocco Billy, inusuale storia sportiva ambientata nel mondo del baseball sul finire degli anni cinquanta. Un ragazzino un po' ritardato viene promosso dai campionati dilettantistici per sostituire d'improvviso i titolari di una squadra professionista. Trucchi, astuzie e una certa dose di violenza preannunciano il truce finale e rivelano che l'imbranato ragazzino non è chi si pensa esso sia. Bella storia, pur se un po' pesante per chi non mastichi baseball.

Coinvolgente è Il Bambino Cattivo, storia raccontata in flashback da un condannato a morte che rivela al suo avvocato il mistero dell'omicidio che lo ha portato alla condanna a morte, affermando di esser stato perseguitato fin dall'adolescenza da un ragazzino demoniaco che entrava ogni volta in scena per provocare indirettamente la morte delle persone da lui amate. Buono, infine, Aldilà, curiosa visione del dopo morte con un tizio che tutto sembra tranne che San Pietro alle porte del paradiso.

Non è pienamente sfruttato La Duna, che pure spiazza i lettori con il beffardo colpo di scena finale. Buono invece Una Morte che guadagna crediti in virtù di una valida conclusione.

A ogni modo anche gli altri testi, a parte le due poesie, riescono a raggiungere la sufficienza, pur parlando di litigi in famiglia all'interno di auto in viaggio, incidenti stradali o sfide all'ultimo colpo di fuoco d'artificio.

Antologia dunque riuscita, meglio sicuramente di Al Crepuscolo e, probabilmente, di Tutto è Fatidico nel suo complesso, eppure incapace di proporre racconti in grado di meravigliare il lettore per la loro potenza evocativa o per il senso della meraviglia.

 
 
 "L'uomo ha solo due obblighi nella vita: il primo è difenderla, il secondo liberarsi dal dolore."

martedì 2 agosto 2022

Recensione Narrativa: LA META' OSCURA di Stephen King.

Autore: Stephen King.
Titolo Originale: The Dark Half.
Anno: 1989.
Genere:  Horror.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 412.
Prezzo: 10.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.

Ventunesimo romanzo pubblicato da Stephen King, all'epoca poco più che quarantenne, che esce sul finire degli anni ottanta, nel 1989. The Dark Half è il primo romanzo scritto da King dopo l'anno sabbatico dovuto alla necessità di disintossicarsi da alcool e soprattutto droghe (cocaina). King lo concepisce guardando alla propria esperienza personale da fondere con una serie di omaggi letterari che vanno dall'archetipica figura del doppelganger, passando per grandi classici quali The Invisible Man (1897) di H. G. Wells e The Birds (“Gli Uccelli”, 1952) di Daphne Du Maurier. Possiamo dire che The Dark Half riprende il tema centrale del precedente Misery (1987) per volgerlo in una prospettiva del tutto fantastica e grandguignolesca. L'idea parte da un fatto legato all'esperienza personale dell'autore. Tutti sanno che, a inizio carriera, King aveva l'abitudine di pubblicare parte dei romanzi sotto lo pseudonimo Richard Bachman al fine di diversificare la propria produzione ed evitare di inflazionarla. Allo stesso modo procede il protagonista del romanzo, uno scrittore che abita in una cittadina vicina a Castle Rock e che si chiama Thad Beaumont. Scrittore raffinato, premiato e riconosciuto dalla critica, ma con un'anima oscura che emerge quando sotto finto nome, quello di George Stark, scrive romanzi pulp dall'alto tasso adrenalinico e sanguinolento ben accetti dal pubblico di massa. Beaumont, come fatto davvero nella vita reale da King, costruisce una realtà fittizia del suo alter ego, ne pubblica una foto e da informazioni biografiche nelle quarte di copertina, finché un lettore, in vena di investigazioni (una sorta di Sergio Bissoli d'oltreoceano), non riesce a collegare Beaumont a Stark minacciando di far emergere l'inganno. Le modalità attraverso le quali il mistero viene a galla sono identiche a quanto avvenuto nel 1985 a King che, pertanto, non fa altro che traslare la realtà nella finzione. Beaumont esce infatti allo scoperto, ammette di essere Stark, e aderisce a un'iniziativa del suo agente che gli propone di eseguire un finto funerale in cui viene sotterrato l'autore fantasma, con tanto di lapide e articolo pubblicato su People. Da qui prende piede l'incubo, dapprima nelle forme di un pulp hard boiled dall'altissima componente grandguignolesca e poi sempre più horror, che richiede una spiccata componente di sospensione dell'incredulità nel lettore. Preceduto da un prologo da molti definito tra i migliori di King, in cui viene mostrata una particolare operazione chirurgica al cervello, va in scena la materializzazione del doppio di Beaumont che, pena decadimento fisico del corpo (che diviene preda della cancrena), pretende e necessita che il suo creatore riprenda in mano la penna e scriva un nuovo romanzo a firma George Stark.

Ecco che King modernizza il tema doppelganger della tradizione ottocentesca dei vari Hoffmann, Poe (citato nel testo il racconto William Wilson) e Stevenson in una chiave di lettura nuova. Lo sdoppiamento della personalità del protagonista passa dall'essere di natura psicologica (quando scrive i romanzi sotto pseudonimo Beaumont lascia trapelare un'altra personalità) a un qualcosa di materialistico ed effettivo. Beaumont - e con lui tutti coloro che si sono resi artefici della morte fittizia di Stark - si trova al cospetto di un individuo che ha preso consistenza ed è divenuto reale. Verso la fine del romanzo il lettore scoprirà che Stark altro non è che la personificazione del gemello di Beaumont cannibalizzato dallo stesso durante la formazione del feto.

Scritto con uno stile piuttosto ampolloso, il romanzo ruota su una prima parte thrilling piuttosto atipica, per l'epoca, a King e che rimanda un po' a Dario Argento. La polizia conduce indagini su una serie di omicidi, lavorando su registrazioni, comparazione di voci, impronte digitali, intercettazioni e sistemi di localizzazione telefonica ovvero quanto di tecnologico era possibile all'epoca. Stark, dopo esser emerso da una fossa (scena ricostruita a posteriori sulle tracce lasciate sul terreno), va in giro a eliminare tutti coloro che sono responsabili della sua morte fittizia, falciando anche coloro che, a vario titolo, si pongono sul suo cammino. King è truce più del solito (si veda la descrizione interna del furgone rubato da Stark) e gestisce un killer, all'apparenza inafferrabile e invincibile, che abbatte a colpi di rasoio (ma non solo) uomini, donne e poliziotti (uno dei quali castrato con un colpo che divide in due i testicoli!?). Memorabile l'uccisione di due poliziotti per mano di uno Stark camuffato da cieco che finge di esser stato vittima di un'aggressione e, per questo, chiede soccorso ai due ignari avversari che sono lì per proteggere una potenziale vittima. Si noti come King sottolinei la superficialità dei poliziotti, colpevoli di non essersi resi conto che il sangue sul corpo del killer era raggrumato e dunque non poteva essere riconducibile a un episodio appena successo.

Su questa prima parte viene montata la seconda, quella che riprende Misery. Torna il tema dell'estorsione a danno di uno scrittore che vuole cambiare il percorso della propria carriera, ma che si trova a doversi scontrare con un qualcuno che non è d'accordo con la sua decisione ed entra in azione per impedirglielo con l'uso della forza. Se Misery concentrava gli sforzi sul rapporto lettore-scrittore e dunque su un piano realistico, qua si passa a livello metaforico a una lotta interna nella psiche dello scrittore, tra la via che porta al facile riconoscimento commerciale e quella, se vogliamo, più autoriale e in linea con la morale bacchettona. È allora lo pseudonimo stesso, ovvero la metà oscura dell'animo, a pretendere che non si metta la parola fine all'avventura letteraria di George Stark. King sviluppa questa parte pescando dagli studi e dalle leggende che legano mentalmente i gemelli. Mette infatti in relazione, a distanza di centinaia di chilometri, i due soggetti in lotta tra loro, vittime di visioni e di sensazioni corporee che rimandano direttamente alle azioni dell'altro, un po' come fatto in precedenza da Paolo Pietroni, sotto pseudonimo Marco Parma, in occasione di Sotto il Vestito Niente (1983), e come farà Dean Koontz, due anni dopo, col romanzo Hideaway (“Cuore Nero”, 1992). L'ultima parte è all'insegna della resa dei conti, con Beaumont chiamato a decidere quale delle due parti far sopravvivere. Qui King carica il tutto di una componente sovrannaturale che ha nei passerotti i messaggeri dell'inferno venuti per ricondurre nell'aldilà colui che, per vie misteriche e attraverso il portale della mente dello scrittore, ha preso consistenza.

Criticato da alcuni per la sua piega fantastica, l'epilogo hitchcockiano (riferimento al finale de Gli Uccelli) del romanzo è tra i migliori di King.

Tra le varie cose, è da sottolineare la caratterizzazione di George Stark, probabilmente alla base dell'ispirazione di Sam Raimi per Darkman (1990). Lo vediamo infatti, al passare del tempo, imputridire e coprirsi di pus e piaghe guaribili solo attraverso la scrittura di Beaumont. Un deterioramento sottolineato anche dal pessimo odore che l'uomo cerca di coprire con profumi e bendature che lo rendono simile a una mummia o al celebre personaggio di Wells del racconto The Invisible Man.

Quattro anni dopo l'uscita del romanzo, The Dark Half è stato trasposto sul grande schermo dal Maestro ideatore degli zombie sociali ovvero George A. Romeno. Purtroppo penalizzato da una produzione che ha finito i soldi in corso d'opera, il film non è riuscito come avrebbe potuto, ma si assesta senz'altro tra gli adattamenti più interessanti tra quelli concepiti dalla penna del Maestro del Mane.

Un'ultima curiosità è legata al personaggio dello sceriffo Alan Pangborn, qua in un ruolo di supporto, che tornerà protagonista nel successivo romanzo Cose Preziose (1991).

In conclusione The Dark Half è una riuscita contaminazione tra horror classico (figura del doppelganger), giallo pulp e horror grandguignolesco di matrice splatter dove, forse, manca un po' di sostanza di fondo che possa permettere all'opera di librarsi dall'alveo della mera lettura di consumo. In ogni caso, pur se lento in alcune parti, intrattiene e lo fa alla grande. Indicato per gli amanti delle storie sanguinolente e per i cultori di King.

 
 
La copertina della Vhs del film tratto dal romanzo
per la regia di GEORGE A. ROMERO.
 
"Non ti conviene prendere per il culo me, perché se cerchi di prendere per il culo me la stai mettendo nel culo al migliore."