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mercoledì 24 febbraio 2021

Recensione Narrativa: SLEEPING BEAUTIES di Stephen King.

 
 

Autore: Stephen King & Owen King.
Titolo Originale: Sleeping Beauties.
Anno: 2017.
Genere:  Fanta/Horror.
Editore: Sperling & Kupfer.
Pagine: 651.
Prezzo: 12.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Quale miglior giorno dei trecentosessantacinque che compongono un anno solare per scrivere questa recensione? Oggi, 8 marzo, ho terminato la lettura del mio ventiquattresimo libro del più famoso scrittore del Maine. Già annunciata da settimane, eccomi a presentare la recensione di Sleeping Beauties, un vero e proprio tributo alla donna donato ai lettori da Stephen King imbeccato dal figlio Owen, autore, a quanto sembra, dell'idea iniziale.

Che cosa succederebbe se un giorno, per un misterioso morbo, tutte le donne si addormentassero e non si risvegliassero più, sommerse da dei bozzoli alla maniera di crisalidi in procinto di trasformarsi in qualcos'altro?
Questa la domanda da cui si innesca un romanzo, forse un po' troppo prolisso, che si nutre di un curioso controsenso: da una parte sviluppa troppo velocemente aspetti che nella realtà avrebbero una scansione temporale più blanda, ma fa tutto questo in modo lento soffermandosi sui personaggi e le loro vicende. Sebbene abbia letto da più di una parte che Sleeping Beauties, cinquantesimo romanzo dello scrittore (senza contare la serie La Torre Nera), non avrebbe le caratteristiche tipiche di un romanzo di Stephen King, la storia ha una costruzione che rientra in modo evidente in una di quelle categorie tipiche dei romanzi di King. Siamo infatti alle prese con un romanzo corale, dove il paranormale giunge, in modo più o meno eccezionale, a scombussolare la tranquillità della banale cittadina di provincia (nella fattispecie Dooling) in cui si svolgono i fatti. Insomma, una struttura già ammirata in occasione di romanzi fiume quali It, L'Ombra dello Scorpione, The Dome, Le Creature del Buio, Cose Preziose, Buick 8 e Desperation. Proprio come in questi romanzi, King inserisce un grande numero di personaggi tutti ampiamente caratterizzati. L'evento eccezionale, il morbo Aurora, diviene occasione per parlare dei loro problemi, aspetti del comune vivere tanto da collocare sovente in secondo piano l'aspetto centrale della vicenda. Ecco che Sleeping Beauties va oltre il mero intratteniemnto e diviene momento di riflessione, forse un po' retorica, come ha scritto qualche critico, ma piuttosto calzante alla realtà. La tesi dei due King è che il mondo va a rotoli per via dell'uomo, inteso il maschio, vero e proprio artefice di ogni male. “Cosa ti viene in mente, se ti dico la parola uomo” viene chiesto a Evie (l'entità soprannaturale che cadenza il morbo). La risposta è semplice: “Guerra.” In un clima del genere, la donna è vittima. Un'entità truffata dall'uomo, un'amica, compagna o madre che si lascia condurre nelle sabbie mobili della perdizione per amore di chi dovrebbe considerarla “eroica” e che invece non perde tempo per prenderla a calci e deriderla. Lo spirito del testo è in linea con il testo della canzone Gli Uomini non Cambiano, seconda classificata al Festival di Sanremo nel lontano 1992 e riportata in auge nella competizione canora da un Achille Lauro versione androgino (in coppia con Annalisa) nel 2020 e inserita nell'album di Mia Martini Lacrime. E sono proprio le lacrime ad avere valenza significativa, le versa all'epilogo la “strega buona” Evie quando, ancora una volta, si assiste all'ennesimo sacrificio delle donne per l'uomo. Gli sforzi della maga che tutto sa e tutto anticipa sono vani; il senso protettivo, tipico di chi ricopre il difficile ruolo di madre, è troppo forte per spingere verso scelte egoistiche. Ormai prossime a costruire un mondo nuovo, a base matriarcale, così da plasmare la vera e propria città delle donne (giusto per citare il titolo di un film del più visionario regista dell'intera storia della cinematografia italiana), decidono di tornare indietro, alle loro scialbe vite e questo perché...? perché la donna è fin dall'alba della storia la compagna dell'uomo, è stata creata per questo. Eppure un mondo senza uomini sopravviverebbe e troverebbe la via per rigenerarsi, ma un mondo senza donne sarebbe destinato al collasso. Non a caso i King ricorrono alla simbologia del paradiso perduto (quello a cui rinunciano le donne del romanzo), alla cacciata dell'eden. A fungere da portale è, ancora una volta, l'albero (della conoscenza, perché è solo attraverso questo che si può comprendere il mistero dei fatti) e, attorno a esso, si muove un serpente che induce a un tremendo errore la donna più carismatica del gruppo. Ruolo centrale è affidato anche a una volpe, animale che in simbologia è spesso associato al diavolo. È la volpe a fare da emissaria tra i due mondi paralleli. King va per tale via oltre le sue cadute di stile, con momenti inverosimili più in linea a gusti cinematografici, sconfinando nell'autoriale.

King ha inoltre la fortuna (che di certo non avrebbe desiderato di avere) di anticipare le reazioni mondiali al cospetto di una pandemia mondiale. Il romanzo esce in America il 26 settembre 2017 e arriva in Italia il 21 novembre 2017, due anni prima del Covid. Tra i vari aspetti sociali, si assiste all'assalto ai pronto soccorso, ai supermercati, alle lotte per accaparrarsi un vaccino che non esiste, alle fake news che portano a scempi e delitti oltre che a sciacallaggi e un improvviso aumento del crimine. Per fortuna il mondo ha dimostrato di essere lievemente migliore rispetto a quello immaginato dall'autore, anche se le capacità precognitive di King, ancora una volta, sono state decisamente indovinate. Aspetto, questo, che attribuisce un ulteriore valore aggiunto e fa di Sleeping Beauties un romanzo discreto, purtroppo sottovalutato, dai contorni fiabeschi e tuttavia capace di far riflettere per la sua forte aderenza alla realtà. Molte le autocitazioni, si va dai catastrofici (Cell, The Stand, Desperation) ai romanzi più legati alle sofferenze patite dal gentil sesso per mano dell'uomo (Rose Madder, Il Gioco di Gerald, Dolores Clairborne) fino a personaggi che ricordano quelli di altri romanzi (la donna sceriffo rimanda a quella de Le Creature del Buio) o a scenari già portati al successo da altri romanzi (l'ambientazione carceraria di Rita Hayworth e La Redenzione di Shawshank o i baci guaritivi di Evie che rimandano al gigante Koffee de Il Miglio Verde).
 
Ribadiamo dunque il nostro giudizio sul romanzo, reputandolo un vero inno alla donna così che, quando vi chiederanno “Portami a Ballare” voi possiate ricordarvelo per dimostrare, almeno una volta, che “Gli Uomini Cambiano” (i due King, nel testo, sembrerebbero non concordare) e comprendere quale sia davvero “La Forza della Vita.

Da segnalare, nel testo, il triplice omaggio dei due King agli amici Peter Straub, Clive Barker e al parente Joe Hill, tutti e tre citati con sarcastica stima.

IL COAUTORE
Se Stephen King non necessita presentazioni, la cosa è ben diversa per il figlio socio nell'operazione Sleeping Beauties. Owen King, classe 1977, è il più piccolo della famiglia King, fratello del più famoso Joe Hill e della meno nota Naomi King (anch'essa scrittrice).
Ha debuttato nel 2005 con una raccolta di quattro racconti, intitolata We're All in this Together, distribuita in Italia con poco successo commerciale da Frassinelli nel 2006 col titolo Siamo Tutti nella Stessa Barca.
Assai meno prolifico del padre, è passato al romanzo, otto anni dopo, con Double Feature, giunto nel 2014 e passato inosservato col titolo Doppio Spettacolo (Barney Editore).
Sua l'idea iniziale di Sleeping Beauties, originariamente sorta nel 2013 con l'intento di dar avvio a una serie televisiva poi ridimensionata in un romanzo che coinvolgesse in stesura il padre Stephen King.
 
Gli autori STEPHEN & OWEN KING
 
"Quand'è che gli uomini non erano stati disorientati dalle donne? Erano la magia che gli uomini sognavano, e a volte i loro sogni erano incubi.
 

giovedì 18 febbraio 2021

Recensione Narrativa: IL TERZO GIORNO di Lamberto Bava.


Autore: Lamberto Bava.
Anno: 2020.
Genere:  Fantascienza Apocalittica.
Editore: Cut UpPublishing.
Pagine: 84.
Prezzo: 16.00 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Il master of horror Lamberto Bava, figlio del grande maestro del gotico italiano Mario Bava nonché regista negli anni ottanta di pellicole prodotte da Antonio Avati (Macabro, 1980) e da Dario Argento (Demoni e Demoni 2) torna, dopo sei anni dal suo debutto di scrittore, alla narrativa. Lo fa con uno sci-fi apocalittico, dai toni e dai tratti crepuscolari, ispirato dal furoreggiare del corona virus.
 
Sulla scia dei tentativi più o meno fortunati firmati dai vari Lucio Fulci, Umberto Lenzi e Dario Argento, un altro massimo esponente della cinematografia del terrore nostrana prova dunque a liberare il proprio estro sulla carta stampata. Già ammirato alla corte di Luigi Cozzi (Edizioni Profondo Rosso) in occasione di Solo per noi Vampiri, Bava confeziona un prodotto molto più contenuto (meno di novanta pagine) messo sul mercato dalla Cut Up Publishing a una somma un po' altina (16 euro). Lo stile del narrato non è trascendentale. Bava è immediato, scrive come se stesse stendendo una sceneggiatura. Il risultato finale, peraltro non particolarmente innovativo, è comunque gradevole.
Il Terzo Giorno è un'opera derivativa, non potrebbe essere altrimenti dati gli antichi antenati quali La Nube Purpurea (1901) di Matthew P. Shiel o La Nube Avvelenata (1913) di Conan Doyle. Tutte opere ben conosciute dal maestro, che non nasconde la propria passione per il genere dichiarandosi "innamorato del fantastico" (come dargli torto?). Più che ai classici ora riscoperti anche in edicola grazie alla meritoria attività di divulgazione della collana I Primi Maestri del Fantastico, Il Terzo Giorno guarda a Stephen King (i riferimenti vanno a Cell, per quel che riguarda la componente horror, e a L'Ombra dello Scorpione, per la parte legata al gruppo che si raduna attorno a Mamma Abigail) e a Dan Brown (l'innesco della pandemia è ripreso pari pari da Inferno), con un taglio cinematografico che esalta l'immagine rispetto alla dimensione introspettiva. Risultato finale? Semplice, per chi di mestiere fa il regista: il lettore ha la sensazione di vedere un film.

Dotato di buon ritmo, il soggetto si sviluppa attraverso tre binari che verranno progressivamente a incontrarsi e che porteranno il lettore a capire cosa sia davvero successo. Uno dei tre filoni di storia, che si alternano tra loro, è ambientato ai giorni nostri, gli altri due vanno in scena nel futuro: 26 anni dopo la catastrofe. Ne deriva una novella dai tratti onirici, di grande impatto visivo. Bava mette a frutto il suo passato da specialista dell'horror, connatura il suo virus di un'aggressività e una rapidità tale da manifestarsi e uccidere la persona colpita nell'arco di un minuto. Non ci sono avvisaglie e non c'è modo di difesa. La morte avviene con una modalità che centuplica gli effetti del virus ebola. Come in Cell di King ("gira l'ipotesi che il virus si trasmetta con il web e i cellulari"), un attimo è sufficiente per trasformare un uomo in un mostro deformato dalla sofferenza, col sangue che spruzza fuori da ogni orifizio. "I cadaveri sono tanti, orribili, gonfi. Un incubo disegnato da Botero." I cadaveri diventano manichini mufficati e si mantengono così al decorrere degli anni, quale bizzarri oggetti della vita del tempo che fu. Non c'è nessuno disposto a sotterrarli. Tutto resta sotto la luce del sole. Roma, sede in cui si snoda l'intero racconto, diventa un cimitero a cielo aperto. Al caos e al disordine iniziale subentra un sepolcrale silenzio. Sopravvivono davvero in pochi. Bava non spiega perché vi sia stata una salvezza. E' interessato solo a costruire il mondo del futuro, assai più semplice del nostro e all'insegna di un ritorno a una primordiale comunità dal retogusto hippie.
 
Le immagini in quel di ROMA del film L'ULTIMO UOMO SULLA TERRA (1964)
particolarmente indicate per il romanzo di Lamberto Bava.  
 
La tragedia diviene occasione di riflessione e di comprensione della follia su cui si regge il mondo a noi contemporaneo. L'ottimismo dell'autore è tale da intravedere nella catastrofe un terreno fertile per permettere ai valori positivi di proliferare. Le conseguenze della pandemia sono un "aumento del valore della vita, del senso di amicizia, di soccorso, di fratellanza: impossibile anche pensare di far male o uccidere qualsiasi essere vivente." Una prospettiva in totale controtendenza rispetto ai post-apocalittici in voga negli anni ottanta presso i nostri cinema. Si pensi a pellicole come 2019 Dopo la Caduta di New York, Endgame - Bronx Lotta Finale, I Nuovi Barbari, I Guerrieri dell'Anno 2072 o Rats Notte di Terrore, diretti tra il 1983 e il 1984 dai vari Sergio Martino, Joe D'Amato, Enzo G. Castellari, Lucio Fulci e Bruno Mattei, in cui la catastrofe era occasione per far emergere bande di reietti e desperados in contesti dominati dalla tribale legge della foresta. La catastrofe, allora, generava ulteriore violenza e spazzava via ogni remora etica. Il più forte sottometteva ed eliminava il più debole. Bava capovolge il trend, mutando quella che è sempre stata una costante del genere, anche nelle fortunate pagine di narrativa esaltate negli anni settanta dalla collana Urania: Si pensi ai primi romanzi di James G. Ballard, a La Pista dell'Orrore (1969) di Roger Zelazny, a Tra Gli Orrori del 2000 (1978) di Chelsea Quinn Yarbro o a Spedizione verso il Niente (1972) di Koontz. Non a caso la comunità in cui vivono i superstiti si chiama "Comunità Paradiso", in un vaghissimo rimando a I Danzatori di Noyo (1973) di Margaret St. Clair. Bava traccia le coordinate di un eden che si apre nella desolazione più totale, alle porte della landa in cui sopravvivono le rovine della civiltà e con esse le migliaia di uomini cristallizzati che ricordano, visti dall'alto, le statuette di un presepe. Da questo punto di vista il romanzo è davvero spassoso. Ai superstiti del nuovo millennio poco importa dell'umanità del tempo che fu. La percepiscono come lontana, incomprensibile, anche se non sono passati neppure trent'anni. La violenza è un qualcosa di cui non si comprende ragione. Le armi strumenti diabolici rigettati. L'uomo del futuro vive in armonia con gli animali, è in rapporto quasi fraterno con loro. Persino i famelici lupi o i grifoni giganti divoratori di ossa sembrano atteggiarsi con l'uomo come si potrebbe fare con un essere della medesima specie. In questo, oltre che nel contesto scenografico, risiede l'aspetto più innovativo e geniale dell'opera del maestro romano. Un'armonia che si crea nella distruzione e che trasforma l'epidemia mondiale "in un'inaspettata occasione di riscatto." La sensazione personale è che siano sopravvissuti gli eletti e che quello che Bava rappresenta sia una sorta di paradiso terrestre.
 
Tante le citazioni, dai nomi degli scienziati che hanno liberato il virus (ricordano i nomi dei critici scuola Notturno, la mitica rivista dedicata al cinema bis italiano) all'epilogo in una Roma spettrale con l'ultimo superstite che rievoca le immagini del film di Ubaldo Ragona L'Ultimo Uomo sulla Terra (tratto dal capolavoro Io Sono Leggenda di Richard Matheson), mentre Vincent Price vaga disperato contornato dai cadaveri nella città eterna, con l'intento di regalare ai posteri il mistero della fine del mondo.
Da estimatore del genere apocalittico e soprattutto del Bava regista, di cui si ricorda anche la fortunata serie fantasy Fantaghirò, non potevo non recuperare questo volume.  

Carino, altamente visionario e di facile lettura. Non brilla per originalità, ma presenta spunti interessanti in nome di quell'ottimismo da cui si deve ripartire dopo i mesi assai tribolati di cui il romanzo costituisce evidente (ma purtroppo non più di tanto) estremizzazione.

Il regista e autore LAMBERTO BAVA

 "C'è ancora vita se c'è l'amore. La vita è solo amore!"

mercoledì 17 febbraio 2021

Presentazione Narrativa: LA ZONA di Matteo Mancini.



Autore: Matteo Mancini.
Genere: Fantascienza - Horror.
Editore: Delos Digital.
Collana: Innsmouth.
Anno: 2021.
Pagine: 66.
Prezzo E-Book: 1,99 euro.


Presentazione di Matteo Mancini
La Zona è un action fantascientifico, con elementi weird, dalle atmosfere horror, figlio di passioni cinematografiche che hanno in George A. Romero, John Carpenter e Andreij Tarkovskij le fonti di ispirazione. Non a caso si tratta di un elaborato che deriva da una sceneggiatura che scrissi anni fa insieme a un vecchio amico di infanzia (Samuele Toccafondo), con cui ho elaborato anche altri soggetti poi divenuti racconti. La scrivemmo stando seduti a un tavolino, nell'estate 2008, sulla terrazza fatiscente della vecchia colonia del periodo fascista di cui il nonno del mio amico era stato custode nella seconda metà del novecento. Intorno a noi, nell'ala abbandonata della struttura, dominava quella distruzione che ricordava le atmosfere malinconiche e desolate della città che si affacciava sulla centrale nucleare di Chernobyl. Al nostro cospetto, il bosco e la vegetazione dominavano incontrastati, tra rovi e intrichi dimora di serpi e animali silvani.
Contattammo qualche regista per tentare di tramutare in mediometraggio il nostro lavoro. Ricordo che avviammo anche una trattativa con un effettista di computer grafica. Poi il progetto,stante le difficoltà realizzative del soggetto, naufragò e non se ne fece nulla. La sceneggiatura è rimasta per anni sigillata dentro una busta affrancata alla posta per far salvi i diritti d'autore, finché un giorno, nel novembre del 2017, stante l'invito di Cesare Buttaboni a partecipare al Premio Hypnos, ho deciso di aprire il proverbiale cassetto (dove sono tuttora sepolti molti miei racconti inediti e sceneggiature mai realizzate) e di trasformarla in racconto.  Presentato alla V Edizione del Premio della blasonata casa editrice milanese, La Zona si è subito messa in luce strappando una Menzione, al fianco di racconti di Lucio Besana (futuro sceneggiatore del film The Nest) e Cristiano Demicheli (entrambi poi vincitori del premio in anni diversi), con relativa pubblicità offerta dall'indicazione del nome "Matteo Mancini" e del titolo del racconto sulla Rivista Hypnos.
 
La Zona è un personale omaggio al romanzo Picnic sul Ciglio della Strada (1972) di Arkadij e Boris Strugackij, letto su indicazione dell'amico Toccafondo sia nella versione della Marcos y Marcos che in quella della Mondadori (collana Urania). Romanzo da cui poi Andrej Tarkovskij avrebbe tratto ispirazione per il film Stalker (1979), anch'esso omaggiato nel testo (si veda l'inizio). Un connubio tra fantascienza, azione e horror che guarda alla contemporaneità, tra epidemie che rendono necessaria l'adozione delle quarantene e un atteggiamento sociale di sfiducia verso derelitti provenienti da un vero e proprio terzo mondo che altro non è che il nostro involuto per un virus incomprensibile. Una lettura che conferisce al racconto un certo risvolto socio-politico e mostra i militari sotto una luce pessimista che rimanda a pellicole come 28 Giorni Dopo (2002) di Danny Boyle. Si plasma così una sorta di viaggio agli inferi, una maratona dantesca in cui scontare i peccati della vita ma anche in cui cadere vittime di irresistibili tentazioni.
 
La struttura è piuttosto cinematografica, una lettura "visiva", con alcuni inserti fantascientifici che hanno la funzione di garantire quella libertà che la costrizione in un posto ben definito non potrebbe garantire. Ho pensato a pellicole come Strange Days (1995) di Kathryn Bigelow, per trovare le idee per abbattere i limiti spazio-temporali ed evadere in un mondo virtuale dove tutto ritorna possibile e in cui si può persino programmare quella vita che si è sempre sognato di vivere.
La Zona è pertanto un'opera ibrida, dove azione, fantascienza e horror si incontrano con un ritmo e caratterizzazioni che, nelle mie intenzioni, dovrebbero evocare pellicole quali 1997 Fuga da New York (1981) e Doomsday (2008). Non è forse quello che un lettore di weird classico potrebbe attendersi, data la collana di riferimento, ma vi ho detto che la metafora del viaggio all'inferno, con una sorta di Virgilio dannato da colpe da espiare, incombe sul lettore e sui due protagonisti.
Disponibile per la collana Innsmouth della Delos Digital a soli 1,99 euro, formato e-book.
 
Una scena del film STALKER (1979) di Tarkovskij che ben si presta alle atmosfere del racconto LA ZONA
 
 
La Trama:
Due uomini, alla ricerca di una fantomatica sfera capace di esaudire i desideri più reconditi, sfidano il misterioso fenomeno che ha riscritto tutte le regole del comune vivere, addentrandosi nella zona proibita. Un'area, definita "la zona", dove tutto è stato stravolto, comprese le leggi fisiche. Uno dei due uomini è una guida, un mercenario che vive dei proventi accaparrati dalla vendita degli oggetti recuperati al di là delle recinzioni presidiate dai militari; l'altro è un cittadino, un facoltoso individuo proveniente dal mondo civile e che è alla ricerca di un qualcosa che solo un miracolo potrebbe garantirgli... un miracolo o, più semplicemente, la sfera di cui si narrano mirabolanti poteri.


La quarta di copertina:
Un evento non meglio specificato, riconducibile a un qualcosa di piovuto dallo spazio, porta alla quarantena di Pripia. Ogni legge della fisica, compresa la legge di gravitazione, è stravolta. Mutazioni genetiche e sospetti di morbi contagiosi allarmano il governo. Nella zona rossa, sorvegliata da militari, si parla della presenza di strani reperti, dotati di poteri alieni, che divengono mercanzia per mercenari e disperati. Penetrare là dentro, però, significa compiere un viaggio nell'inferno, tra mutanti, trappole e un ambiente in perenne evoluzione. Arcadi, mercenario di professione, sarà il virgilio della situazione, alla caccia di una fantomatica sfera in grado di esaudire i più reconditi desideri dell'uomo.


La frase di lancio: “Qualcosa di misterioso piovuto dal cielo porta alla quarantena di un piccolo villaggio. Ogni legge della fisica è stravolta...” 
 
 
Riconoscimenti: Premio Menzione alla V Edizione del Premio Hypnos nel 2018.

Best seller della Delos Digital nel primo mese di vendita
Uscito da circa un mese e pur trovandosi a rivaleggiare con racconti di abili scrittori contemporanei (tra i quali il Premio Urania Donato Altomare e il Premio HypnosFrancesco Corigliano) e anche mostri sacri della narrativa weird e di quella fantascientifica quali Robert Ervin Howard, Mack Reynolds o Henry S. Whitehead, vanta già alcuni primati. Insieme all'altro mio racconto Nato per Essere il Numero 1 (uscito per la collana Dystopica), è rimasto fin dalla sua uscita nella top ten degli e-book più venduti da Delos Store.


Il link dell'editore: 
https://www.delosstore.it/ebook/53507/la-zona/?fbclid=IwAR0s6cSd6oSw54PBgtbaAREixW88J9g-vnV8M8fNOKy50yXPCWrJcTok2fA
 
La presentazione video: https://www.youtube.com/watch?v=S3nvQwjwxv4&t=59s 

L'autore MATTEO MANCINI
 
 

Presentazione Narrativa: NATO PER ESSERE IL NUMERO 1 di Matteo Mancini.


Autore: Matteo Mancini.
Genere: Fantascienza Distopica.
Editore: Delos Digital.
Collana: Dystopica.
Anno: 2021.
Pagine: 44.
Prezzo E-Book: 1,99 euro.


Presentazione volume
Matteo Mancini presenta ai suoi affezionati lettori il suo nuovo racconto fantascientifico, sottogenere distopico: Nato per Essere il Numero 1. Si tratta di un breve racconto, vagamente ispirato da una pubblicità della Nike degli anni '90, che si inserisce nell'alveo generato dalla narrativa di Robert Sheckley, si pensi al capolavoro breve La Settima Vittima (1954) o, in modo più calzante, al romanzo, edito a fine anni ottanta nella collana Urania, Vittime a Premio. Un filone che è stato portato in auge negli anni settanta e ottanta da romanzi pubblicati nella collana Urania, quali Boston 2010 XXI Supercoppa (1974) di Gary K. Wolf, La Lunga Marcia e Running Man ("L'Uomo in Fuga") di Stephen King, fino alla recente serie Hunger Games (2008) di Suzanne Collins.
Il racconto esce quale terzo numero della neonata collana Dystopica, curata da Veronesi per le edizioni Delos Digital. Pur se di ambientazione futuristica, è un racconto a forte matrice grandguignolesca, con momenti degni di un horror hardcore, che unisce la passione per il gioco del calcio al sottogenere che in ambito cinematografico è stato portato al successo da pellicole quali Rollerball (1975). Sport e fantascienza tornano così a unirsi per delineare i contorni di un futuro, successivo allo scoppio della terza guerra mondiale, tratteggiato da visioni pessimiste e apocalittiche. Una deriva, nella fattispecie figlia della degenerazione alimentata dagli estremismi religiosi, che può esser disinnescata solo attraverso la guerra simbolica che ha nel campo di gioco l'ideale teatro di battaglia. 
 
Mancini, tra i vari argomenti trattati, confeziona l'omaggio al ruolo che per anni ha ricoperto nei campi di calcio e di calcio a 5: il portiere. La storia infatti, in un mix di romanticismo e di azione, è costruita su un duplice binario, rappresentato dal passato (presente per chi legge) e dal presente (futuro per chi legge) con narrazione dei fatti a rimbalzo, che ruota attorno alle sorti di un portiere, facendo luce soprattutto sui sogni del passato, quando, a inizio carriera, tutto sembra a portata di mano, persino l'amore per una donna che si pensa possa essere quella della vita. Sogni destinati a sgretolarsi al cospetto di un futuro di dolore e odio, in una malinconia dei tempi passati scacciata dalla necessità di vincere l'ultima battaglia: quella per la sopravvivenza. 
 
Originariamente concepito su invito del curatore per un'antologia incentrata sul mondo del calcio (mai realizzata) in cui ciascuno racconto avrebbe dovuto omaggiare un ruolo e in cui sarebbe dovuto essere presente anche il futuro vincitore del XXV Premio Calvino Riccardo Gazzaniga (autore del romanzo, curiosamente sul mondo della tifoseria hooligans calcistica, A Viso Coperto, edito da Einaudi), Nato per Essere il Numero 1 è finalmente acquistabile, in formato e-book, da martedì 19 gennaio 2021 presso tutte le maggiori librerie virtuali alla modica cifra di 1,99 euro
 
 
La famosa pubblicità anni '90 che ha ispirato il contesto ambientale del racconto.
 
 
La quarta di copertina:
In un imprecisato futuro, successivo agli accordi di pace conseguenti al termine della Terza Guerra Mondiale, le partite di calcio diventano vera e propria occasione di battaglia. Violenze e scontri di religione sono traslati sul rettangolo di gioco con una funzione catartica che esorcizza la rabbia popolare proiettandola sui giocatori. I confronti vengono arbitrati da uomini armati, e vanno in scena in campi delimitati da lingue di fuoco, contornati da tribune che riproducono lo stile delle arene romaniche. La morte è l’unica regola di queste partite. La vittoria è il responso di un volere divino che garantisce la superiorità di una religione sull'altra.
Jorge Campuita, disilluso e vecchio portiere consumato dai rimpianti e da un dolce passato evaporato nel nulla, ha l'ultima occasione per chiudere in grande stile la propria carriera. 


Frase di lancio: “Nel futuro le guerre di religione si combatteranno sul campo di calcio. Ma non saranno meno cruente.” 
 
 
Hanno detto:
Il filosofo veneziano, Presidente di Phronesis - Associazione Italiana per la consulenza filosofica nonché vincitore del Dystopian Contest 2020, Stefano Zampieri ha giudicato Nato per Essere il Numero 1 un "ottimo lavoro", definendolo "bello, forte, intenso."
 
C-Side Writer scrive: "Matteo Mancini usa il calcio per sovvertire le regole di un mondo che è decaduto, utilizza la metafora della lotta sul campo di gioco, della competizione fra atleti, dell'antagonismo tra tifoserie e le eleva oltre il limite della ragione. Combattere sul campo di gioco... si trasforma in una guerra fra religioni in cui ciascuno viene accecato dalla voglia di sopraffare l'altro. Almeno fino a quando Jorge non decide di cambiare le cose. Nato per Essere il Numero 1 coglie in pieno il genere della collana Dystopica."
 
Il curatore della collana Veronesi l'ha prsentato con queste parole: "Il campo brucia, la palla è coperta di spine e il pubblico schiuma travolto dal fanatismo. Il calcio è morto, ci sono solo martiri pronti a morire in nome di uno scontro che non avrà mai vincitori."
 
Recensioni
Leggere Distopico: "Stile visivo molto efficace e d’effetto. In tutto il racconto si ha una sensazione molto concreta di violenza diffusa, incontenibile, animalesca, tra i giocatori e sulle tribune fra il pubblico.... La società del conflitto ha vinto su quella del dialogo. Resta solo il confronto mortale: si vince, si perde, si vive e si muore. Ma non ci sono mai veri vincitori, c’è solo la guerra di tutti contro tutti. Il compito del lettore alla fine non può che essere quello di riflettere seriamente sul destino e sul ruolo delle religioni e sulla loro capacità di ottundere e travolgere le menti." http://www.leggeredistopico.com/2021/03/03/recensione-nato-per-essere-il-numero-1-di-matteo-mancini/
 
Best seller della Delos Digital nel primo mese di vendita
Uscito da circa un mese e pur trovandosi a rivaleggiare con racconti di abili scrittori contemporanei (tra i quali il Premio Urania Donato Altomare e il Premio Hypnos Francesco Corigliano) e anche mostri sacri della narrativa weird e di quella fantascientifica quali Robert Ervin Howard, Mack Reynolds o Henry S. Whitehead, vanta già alcuni primati. Insieme a La Zona, sempre di Matteo Mancini, è rimasto per un mese dalla sua uscita nella top ten degli e-book più venduti da Delos Store.


Il link del volume: https://www.delosstore.it/ebook/53424/nato-per-essere-il-numero-1/
 
 
La presentazione video: https://www.youtube.com/watch?v=S3nvQwjwxv4&t=59s 

L'autore MATTEO MANCINI, durante una presentazione letteraria a Imperia nel 2016
 
 
"Le lacrime che un uomo è disposto a versare sono sempre inferiori alle speranze che gli battono nel cuore."

lunedì 8 febbraio 2021

Recensione Narrativa: MR TORSO di Edward Lee.


Autore: Edward Lee.
Anno: 1994.
Genere:  Horror.
Editore: Independent Legions Publishing, 2016.
Pagine: 32.
Prezzo: 1.69 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 
Thriller hardcore che si muove su binari ben distinti destinati a incontrarsi nell'inevitabile resa dei conti finale, in un'alternanza tra indagini di polizia e truci pratiche rituali del serial killer di turno. Edward Lee, pseudonimo di Lee Seymour, è uno scrittore americano classe 1957 ritenuto dai fan “il più grande interprete dei sottogeneri horror hardcore, extreme horror e torture-porno horror.” La lettura di Mr Torso fa ben comprendere il motivo per cui Lee sia stato ricondotto nelle catalogazioni sopra ricordate. Mr Torso è una storia che si muove da uno spunto iniziale decisamente forzato (l'idea di creare una sorta di allevamento per la vendita di neonati) e semplicistico (tutta la parte sanitaria necessaria per mettere in piedi il disegno del killer viene subita) per dipanarsi in un filone che potremmo ricondurre alla lezione offerta da Thomas Harris con la saga legata a Il Silenzio degli Innocenti. Certo, Lee spinge deciso sulla componente hardcore, sia per il lessico scelto sia per le scioccanti immagini all'insegna di un “sesso” malato, perverso, a dir poco corrotto da un feticismo che qua tocca vertici difficilmente riproponibili.

Lee è un autore a cui piacciono le dicotomie, i contrasti tra opposti, come lui stesso dichiara nella presentazione del testo. Qua conferma il suo approccio, plasmando due personaggi contraddittori, caratterizzati da un taglio tutt'altro che stereotipato. Da una parte abbiamo un detective nichilista, convinto che non vi sia un vero senso nella vita, e che è mosso da un narcisismo incanalato in un'ottica socialmente utile. Il suo voler arrestare l'assassino che sta seminando arti e busti per la provincia non è dettato dal desiderio di salvare persone, ma dal soddisfare una curiosità personale e, forse, un impulso morboso teso a dimostrare le proprie qualità lavorative. Dall'altra parte c'è un assassino convinto di far il bene delle vittime, scelte nell'ambiente della prostituzione e destinate a una vita di perdizione e sofferenza. Mr. Torso è un uomo timorato di Dio, studioso di filosofia e convinto che ogni vita sia il risultato di un disegno del Signore e dunque carica di uno scopo ben individuato. La sua catena omicida è una missione in favore del prossimo (ovvero le stesse vittime). I proventi economici derivanti dalla vendita dei prodotti del suo agire (non vi dico quali) vengono ridistribuiti in favore dei più poveri. I suoi modi sono gentili ed educati e cozzano in modo marcato col suo crudele piano d'azione che ricorda in parte quello di Jeffrey Dahmer.

Lee porta avanti il narrato alternando i capitoli, spostandosi da un registro all'altro. In linea al genere poliziesco quello del detective, con i lettori presi per mano e condotti sui luoghi dei ritrovamenti degli arti. Hardcore, sia per lessico che per le immagini, i capitoli del killer. L'epilogo porterà le due storie a intrecciarsi con un finale all'insegna di un grottesco difficilmente dimenticabile.

Al di là dei temi scabrosi e osceni, Mr Torso scivola via senza virtuosismi o fronzoli autoriali, beneficiando di un bel ritmo e di uno stile efficace nella sua brutalità.

Quando vendetti Mr Torso all'antologia Hot Blood i curatori furono entusiasti, ma, nello stesso tempo, mi avvisarono che gli editori del Pocket avrebbero potuto esser urtati e innervositi dai contenuti estremi del racconto” ricorda l'autore. Per sua fortuna, e quella degli editori, l'eventualità non si verificò tanto che Mr Torso è diventato il racconto dell'autore più letto sul mercato di massa, anche se si asserisce che non sia il migliore.

A distanza di ventidue anni dalla sua uscita, nel 2016, Alessandro Manzetti ha tradotto il testo, a suo tempo finalista al Bram Stoker Awards, per la Independent Legions Publishing, mettendolo a disposizione del pubblico italiano in formato e-book alla modica cifra di 1,69 euro.

Divenuto oggetto dei più contrastanti commenti, Mr Torso è sicuramente sconsigliabile ai puristi dell'horror classico e anche a quelli del thriller edulcorato da violenza ed estremismi. Disco verde per chi è a caccia di una storia di serial killer privata di ogni filtro political correct. Non ve lo dimenticherete.
 
L'autore EDWARD LEE


venerdì 5 febbraio 2021

Recensione Narrativa: IL VAMPIRO, Storia vera di Franco Mistrali.

 

Autore: Franco Mistrali.
Curatori: Jacopo Corazza & Gianluca Venditti.
Anno: 1869.
Genere: Giallo macabro con risvolti esoterici.
Editore: Edizioni Arcoiris, 2020.
Collana: La Biblioteca di Lovecraft.
Pagine: 290.
Prezzo: 14,00 euro.

A cura di Matteo Mancini

INTRODUZIONE

Il Vampiro – Storia Vera di Franco Mistrali è il quarto volume edito dalla “giovane” La Biblioteca di Lovecraft, Edizioni Arcoiris, che così passa dalle antologie alla prima proposta di romanzo. Curiosamente, dato l'interesse orientato all'horror di matrice cosmica o esoterica mostrato fin qui dal duo Corazza-Venditti, siamo alle prese con un giallo a sfondo politico-cospirazionista intriso di filosofia esistenzialista vicina alla tematica della reincarnazione. Definito "il primo romanzo della letteratura italiana in cui si parla della figura del vampiro", spesso presentato quale anticipatore di Carmilla (1872) di Le Fanu e del Dracula (1897) di Stoker, è un ricco elaborato che tocca svariati argomenti e che, piuttosto per la tematica, è molto più vicino di quanto si possa pensare al romanticismo e allo stile di Bram Stoker. 

Mistrali lo licenzia a Bologna nel 1869 per una casa editrice locale. L'uscita passa pressoché inosservata. L'Italia, da poco nata, non è ancora fertile al gotico e decreta, di fatto, la bocciatura del testo. Passeranno quasi venti anni prima di veder uscire una nuova storia con al centro un vampiro (Vampiro Innocente di Francesco Ernesto Morando). Il Vampiro finisce presto nel dimenticatoio, ma per fortuna sopravvive nelle biblioteche bolognesi che, di fatto, lo salvano dall'estinzione. Solo nel 1990 tornano alla luce alcuni estratti, inseriti dalla Lucarini Editore a corredo del racconto L'Ospite di Dracula di Bram Stoker. Si tratta di un'edizione quasi invisibile, ma che viene riproposta dieci anni dopo dall'Armando Editore con introduzione di Riccardo Reim. Sei pagine appena che fanno nascere la curiosità attorno al romanzo di Mistrali, che però continua a restare misterioso a tutti. Ne è una riprova la mancata menzione nell'introduzione dedicata a Lord Ruthven e i suoi successori nel volume Storie di Vampiri (1994) della Newton o nel volume Dizionario dell'Orrore (2004) di Gianni Pilo. C'è però un'eccezione: Fabio Giovannini lo menziona nel suo Il Libro dei Vampiri. Dal Mito di Dracula alla Presenza Quotidiana (1997) della Dedalo Edizioni. Bisognerà però attendere il 2011 per l'uscita integrale del romanzo. È la piccola e appena nata Keres Edizioni a proporlo, in una versione ammodernata nella punteggiatura e nel lessico. La casa editrice si presenta ai lettori con l'intento di "presentare opere del genere vampiresco" e debutta sul mercato proprio con Mistrali. L'uscita lascia ben promettere, come dimostra il battage pubblicitario ancora presente su internet con trailer curatissimi e qualche marginale menzione. La Guida ai Narratori Italiani del Fantastico (2018) dell'Odoya menziona il volume nella scheda dedicata ai “Vampiri Italiani”, ma lo fa con un breve cenno di Gian Filippo Pizzo e la foto della copertina del volume della Keres stampata nel box. Solo sei righe, in una colonna che divide in due la pagina. Poco, ma quanto basta per ridestare la curiosità dei lettori. La Keres però fallisce e del libro si perdono le tracce, finché Jacopo Corazza non vede la possibilità di un rilancio in grande stile. A distanza di 151 anni dall'uscita, Il Vampiro – Storia Vera trova quella giusta diffusione che mai prima nessuno era riuscito a garantirgli.

La copertina delle edizioni Keres (2011).

L'AUTORE 

Ex ufficiale della marina austriaca, il barone Franco Mistrali, al secolo Luigi Francesco Corrado Mistrali, nacque a Parma nel 1833. Giornalista presso La Gazzetta di Milano, titolare di importanti giornali bolognesi (Monitore di Bologna, Il Piccolo Monitore e Stella d'Italia), combattente inviso ai monarchi, è stato soprattutto uno scrittore prolifico (con punte di sei libri l'anno) specializzato nel genere storico e aneddotico. Ha dato alle stampe più di trenta opere in appena venti anni di produzione, tra il 1860 e il 1880, anno della sua prematura scomparsa per aneurisma. Tra i volumi più noti vi sono Cinque Anni di Reggenza. Storia Aneddotica di Maria Luisa Borbone (1860), opera di discreto successo che suscitò una scia di polemiche giunta fino in Francia, Fra Hieronimo Savonarola Monaco e Papa (1860), La Guerra d'Italia da Villafranca ad Aspromonte e Storia Popolare della Rivoluzione di Sicilia e dell'Impresa di Giuseppe Garibaldi (1860). Per realizzare alcune sue opere Mistrali intervistò direttamente Giuseppe Garibaldi, di cui era grande estimatore (ricambiato) al punto da andarlo a trovare nel 1861 a Caprera per esortarlo a riprendere la campagna per l'Unità di Italia. 

Oltre alla politica, Mistrali si interessò di occultismo. In tale veste prese parte alle sedute pubbliche dell'istituto Zoomagnetico di Milano. Studioso del magnetismo animale (Mistrali parla in modo lusinghiero di Mesmer), prese parte alle dimostrazioni del professor Pietro D'Amico (definito dal "nostro" quale l'antitesi del ciarlatano alla Cagliostro). Altri temi che lo interessarono furono lo spiritismo e la tematica della reincarnazione. Nonostante questo la sua produzione fantastica rimase sporadica. Oltre a Il Vampiro, si ricorda l'antologia I Racconti del Diavolo (1861) da cui Claudio Gallo e Fabrizio Foni estrapoleranno il racconto breve La Sinfonia del Diavolo per l'antologia collettiva Ottocento Nero Italiano. Narrativa Fantastica e Crudele (2009) della Nino Aragna Editore.

Uomo dotato di profonda cultura, amico di personaggi influenti, cultore di classici e appassionato di politica, tanto da essere delegato di associazioni operaie spesso al centro di risse e duri attacchi. Membro della Legione Romana del maggior Ghirelli devota ai Savoia, uomo d'azione. Di indole anticlericale e rivoluzionaria, si distinse per le furibonde liti a colpi di offese con Giosuè Carducci (suo acerrimo rivale) e alcuni massoni nonché per continui scontri mediatici. Definì il papa "roditore" e "cancro della povera Italia". Non contento rincarò la dose giudicando i cattolici "clericume di una Roma imbastardita." Inevitabile la classificazione di polemista (nell'Enciclopedia Treccani, alla voce Bardesono di Rigras, viene addirittura definito "acre polemista"), più volte denunciato per ubriachezza molesta e diffamazione. Atteggiamenti che lo portarono, un po' come succede a tutti i personaggi scomodi, a essere arrestato e condannato a cinque anni di carcere per bancarotta fraudolenta, a seguito del fallimento della Banca d'Emilia di cui era consigliere delegato per espresso volere di Garibaldi. Imprigionato nel 1873, continuò a dirigere Il Monitore, portandolo a essere il principale quotidiano felsineo. Odiato da svariati colleghi, fu tacciato di essere un matto tanto che Olindo Guerrini fondò nel 1874 un giornale satirico chiamato Il Matto, con l'intento di ridurre al silenzio l'avversario. Mistrali, in tutta risposta, raddoppiò gli sforzi fondando un nuovo giornale: Il Piccolo Monitore.  

Nel 1878, grazie all'intercessione di Garibaldi, ottenne la grazia e tornò libero. L'incontro a Bologna col cardinale Lucido Maria Parocchi, futuro vicario di Roma, lo portò a rivedere le proprie posizioni sul mondo clericale, fino a convertirsi alla causa cattolica poco prima della morte. Alla morte, avvenuta il 18 dicembre del 1880, in molti giocarono al lotto i numeri relativi alla data del decesso e questi uscirono regalando fior fiori di soldi agli scommettitori!!!

LA RECENSIONE 

Giallo dai risvolti macabri che propone, per la prima volta in Italia e a livello concettuale, la figura del vampiro. Mistrali è molto abile e furbo. Accenna al soprannaturale, lo suggerisce, crea un'atmosfera in cui si respira la presenza di qualcosa che sfugge alle ordinarie regole del comune vivere senza però sconfinare al di là dell'esperienza dello scibile umano

Il Vampiro, ambientato nel 1862, è un vero e proprio intrigo internazionale, che trae origine da faide legate ai rapporti tra Polonia e Russia e da cui emerge una certa sfiducia dell'autore verso il subdolo mondo dell'est (si parla della Russia quale potenziale pericolo per l'Europa). Il seme dei fatti che imperniano la storia ha origine negli anni trenta alla corte dello Zar Nicolò e prende le mosse da un amore impossibile. Il futuro zar è infatti innamorato perso, peraltro ricambiato, di una damigella della madre. Una passione pericolosa, che potrebbe distoglierlo dal futuro incarico politico. Eventualità che viene debellata dal padre del giovane che ordina alla donna di sposare un conte polacco, il colonnello Ludowiskoi. All'amore, così come all'orgoglio, però non si comanda. La separazione innesca una complessa rete di cospirazioni, che coinvolgono l'ordine esoterico di matrice massonica de “I Vampiri” che lotta per l'indipendenza della Polonia dall'influenza russa. Tradimenti, figli illegittimi, inconsapevoli rapporti incestuosi, assassinii perpetrati con misteriose sostanze venefiche, trame e pazzeschi incontri danno il là a una serie di eventi che finiscono per ravvivare, anni dopo, la tranquillità del Principato di Monaco. Qui, il protagonista della vicenda (un artista che ha perduto l'amore e con esso la voglia di vivere) e il Principe di Monaco, coadiuvati da un indagatore francese figlio del Dupin letterario, si trovano a supportare un malinconico conte polacco, il conte Kostia, flagellato dalla perdita della donna amata e convinto di averla vista di nuovo vagare per il principato, al punto da credere che la stessa sia risorta nella forma di un vampiro.

Il mio piano era tracciato: salvare l'amico dalle insidie di quella donna. Scoprire il movente, il fine. Smascherarla... ma fra l'amico e la perfida sirena è facile comprendere quale voce sarebbe stata meglio udita e meglio accetta.”L'opinione, pur se all'apparenza folle, è dimostrata agli amici dal Conte che ottiene di poter esumare il corpo dell'amata. L'apertura della bara, presso il cimitero di Nizza, lascia tutti basiti: non ospita alcun cadavere! Mistrali porta avanti il soggetto con grande abilità. Lo sviluppo della trama non è lineare. Flashback, continui passaggi a spasso nello spazio (dalla Germania alla Siberia) e nel tempo nonché dissertazioni su aspetti più disparati (ivi compreso lo spiritismo, la metempsicosi e il vampirismo) corredano quello che è, a tutti gli effetti, un giallo storico di ambientazione nobiliare. Il lettore viene stordito dai tanti personaggi e, soprattutto, dai loro camuffamenti, ma alla fine ogni cosa torna. È la vendetta il motore del romanzo, la vendetta di un uomo punto nell'orgoglio e divenuto abile alchimista dopo l'incontro con una strega nella steppa siberiana. Un odio che soffocherà l'amore di due innocenti, colpevoli di esser figli delle persone sbagliate. Una visione in cui le colpe dei padri e delle madri ricadono sui figli. 

Belli i passaggi in cui l'autore umanizza uomini potenti come lo Zar di Russia che, al cospetto di un figlio sul punto di morte, prega e si dispera alla stregua di una persona comune.Punto di forza del romanzo è la spiccata componente romantica (a tratti mielosa), prioritaria al resto. Mistrali, uomo profondamente colto e generoso di citazioni auliche (Dante, Voltaire, Shakespeare, ma anche Poe e Hoffman), anticipa di anni lo stile di Bram Stoker. Il parallelo con lo scrittore di Dublino, autore di Dracula (1897), è molto forte per le tematiche affrontate (ivi compresa quella della c.d. new woman) e per lo stile. Mistrali è più tragico e melodrammatico di Stoker. “Le grandi passioni logorano la vita. Gli angeli invidierebbero la felicità di due anime fuse in un vero ricambiato amore, e il fato, inesorabile che vieta la pienezza del gaudio sulla terra , se il miracolo avviene, non tarda a scagliare contro le invidiate anime il dardo vendicatore.” Il parallelismo tra i due autori sarà oggetto di un mio prossimo articolo che pubblicherò su internet e il cui link sarà indicato in calce a questa recensione. Possiamo qua affermare che Mistrali è un autore che avrebbe fatto esultare Bram Stoker. Evidenti le tante anticipazioni di cui lo scrittore parmense può andare fiero. Dalla scena dell'esumazione del cadavere di una giovane a quella, onirica e allucinata, in cui il protagonista vede un uomo accingersi a calare un ago sulla mammella scoperta della propria amata.

Un giallo dunque a tinte fosche (si veda il tremendo finale in anticipo su romanzi quali Il Processo di Kafka o le scene con il Grande Maestro dei Vampiri che sperimenta nel suo laboratorio studi che hanno alla base il sangue umano, scegliendo quali sensi bloccare agli animaletti cavia), ben reso dall'ispirata penna di Mistrali che può permettersi di compiere anche dissertazioni su tematiche squisitamente esoteriche. Il materialismo scientifico, un po' come con Stoker, viene ridimensionato dalla vera scienza che è quella che era in auge al tempo degli antichi egizi. Siamo dunque al cospetto di un romanzo figlio della sua epoca, con qualche battuta di arresto e molteplici divagazioni, che si può definire a ragione un vero capolavoro della letteratura alta e non solo nera. Mistrali dimostra di essere uno scrittore di primissimo piano, molto di più di un mero intrattenitore per palati non raffinati e alla ricerca di sole emozioni forti. Il Vampiro è un'ottima occasione di studio di una letteratura nostrana morta e sepolta. Ben hanno fatto i curatori dell'edizione licenziata da La Biblioteca di Lovecraft a presentarlo nella forma sintattica e lessicale dell'epoca. Ne deriva infatti una lettura insolita, antiquata nel lessico, con una punteggiatura totalmente erronea per le regole attuali ma non per questo fastidiosa.

Consigliatissimo agli studiosi del gotico italiano e a chi intenda aggiungere un tassello culturale alle proprie conoscenze legate al mondo dei vampiri. Attenzione però: non aspettatevi storie di succhiasangue o di puro terrore.

L'autore FRANCO MISTRALI

 "Davanti alla gran legge della natura che sulle vie misteriose della vita diffonde il fiume eterno delle anime, pellegrine di amore, tutte le finzioni cadono. Imperatori e granduchi scompaiono e rimangono uomini. Un uomo al cospetto di una donna: due anime sorelle che la sorte riunisce in un mistico bacio, dicendo loro: amatevi! Due formule del gran problema della creazione, che si completano per irresistibile tendenza, ubbidienza a una legge che direbbesi di gravità morale. Ecco la vicenda eterna di un vicendevole amore."

 

 

giovedì 4 febbraio 2021

Recensioni Narrativa: IL CIMITERO DEI VIVI di Poppy Z. Brite

Autore: Poppy Z. Brite.
Anno: 1990-2002.
Genere:  Horror.
Editore: Independent Legions Publishing, 9 ottobre 2016.
Pagine: 218.
Prezzo: 12.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini. 
Selezione di sette racconti dati alle stampe nell'arco di dodici anni, dal 1990 al 2002, da colei che è stata definita “la regina dello splatterpunk”. Stiamo parlando di Poppy Z. Brite, pseudonimo di Billy Martin, qui tradotta da Francesca Noto e Alessandro Manzetti per la Independent Legions Publishing.
Il Cimitero dei Vivi è un'antologia che ha lo scopo di far conoscere l'autrice nelle sue molteplici sfaccettature. Una scelta che, probabilmente, non permette di far spiccare il volume, sospeso nella proverbiale terra di nessuno. È infatti un prodotto di non particolare lunghezza che si contraddistingue per un contenuto variegato, non tanto per le tematiche affrontate (che sono omogenee) piuttosto per gli stili e il registro linguistico, che oscillano tra un'anima classica e una più estrema propria del moderno horror. Quattro sono i racconti che appaiono per la prima volta in lingua italiana, proposti al fianco di cavalli di battaglia quali Calcutta Lord of Nerves (Calcutta. Signora delle Impudenze), inserito in altre antologie della casa editrice e di recente riproposto in graphic novel
 
Autrice estrema, interessata alle contaminazioni tra macabro grandguignol ed erotismo di matrice omosessuale, Poppy Z. Brite rappresenta un curioso abbraccio tra truculenza e poetica malinconica. Dotata di uno stile a tratti elegante, incarna una sorta di compromesso tra il classicismo delle origini e la corrente più recente orientata alle stravaganze sul piano erotico, con momenti ai confini del pornografico sadomaso o comunque del sesso perverso (volgarità linguistiche incluse), e, allo stesso tempo, su quello horror con una certa predilezione per la macellazione dei corpi. Già conosciuta in Italia grazie alle pubblicazioni messe in circolazione da Frassinelli (Cadavere Squisito, 1996) e Sperling & Kupfer (Nel Cuore dell'Eternità, 1998), oltre che per alcuni racconti apparsi in antologie collettive licenziate da Editrice Nord (Horror: Il Meglio, 1994, a cura di Stephen Jones), Sperling & Kupfer (Lovecraft 2000, 1999) e Fanucci (Io, Erotica, 2001) al fianco di masters of horror del calibro di Clive Barker, Tanith Lee, Ramsey Campbell, Kim Newman, Roger Zelazny, Lisa Tuttle, Thomas Ligotti, Karl Edward Wagner e Peter Straub, Poppy Z. Brite deve alla Independent Legions il rilancio definitivo sul mercato italiano. 
 
Il racconto CALCUTTA LORD OF NERVES
è stato trasformato in graphic novels
da ALESSANDRO MANZETTI
e STEFANO CARDOSELLI
per la Independent Legions Publishing.
 
Il Cimitero dei Vivi costituisce un vero e proprio tributo alla morte e a tutte le creature che, per una via o per un altra, sembrano sfuggirle, pur se maledette dal crisma della perdizione. Così passiamo dal tragico e delicato The Heart of New Orleans (Il Cuore di New Orleans, 2002), in cui una coroner si trova a dover eseguire un'autopsia di un bambino che ha inciso sul cuore la storia che avrebbe messo nero su bianco una volta divenuto adulto, al delirio porno-orrorifico di Self Made Man (Risvegli, 1996), che guarda in modo piuttosto evidente alle folli pratiche del serial killer Jeffrey Dahmer finalizzate alla creazione di uno zombie schiavo sessuale. Una forbice di stile e di taglio che annovera altri due marcati esempi collocati agli antipodi: il famoso Calcutta Lord of Nerves, storia onirica di zombie (si muovono nell'indifferenza più assoluta, quasi fosse normale trovarseli in giro per le degradate vie urbane della città indiana) devoti a una Dea Kali in odore di sesso perverso e nella cui vagina precipita il protagonista, e l'atmosferico Lantern Marsh (La Palude delle Lanterne, 2000), che propone una palude prossima a esser bonificata sulla cui superficie occhieggiano i fuochi fatui rappresentanti lo spirito dei morti. Un elaborato, quest'ultimo, che potremmo definire kinghiano per il suo giostrarsi sulle vicissitudini di un gruppo di amici adolescenti che si radunano al cospetto di una palude per ritrovarsi, nel medesimo luogo, anni dopo ormai divenuti adulti. Tendono invece a toccarsi The Sixth Sentinel (La Sesta Sentinella, 1992) e His Mouth Will Taste of Wormwood (La sua Bocca Saprà di Assenzio, 1990) che condividono le ambientazioni (cimiteri) e la presenza di profanatori di tombe a caccia di tesori. Più classicheggiante e a suo modo poetico il primo, per effetto di un fantasma di un bandito trapassato da duecento anni intento - dietro la promessa di mirabolanti ricchezze da riportare alla luce - a convincere la ballerina di cui si è innamorato a scoperchiare una tomba al cui interno, unitamente a un immenso tesoro, è sepolto un uomo vittima di una maledizione che lo rende simile a una bestia pronta a sbranare il tombarolo di turno. L'obiettivo del fantasma è far cadere in trappola la donna, in modo che muoia e trapassi in uno stato assimilabile alla sua condizione (solo allora la potrà davvero amare). Decisamente più orientato al sesso perverso l'altro testo, ispirato da The Hound di H.P. Lovecraft. Due tombaroli omosessuali sognano di amoreggiare all'interno di un ossario. Collezionisti di gioielli trafugati dalle tombe nonché profanatori di cadaveri a caccia di reperti per il loro museo mortuario, si imbattono in un talismano voodoo che finirà col far risorgere il santone che ne era il legittimo titolare. La morte diverrà per loro momento di piacere estremo. L''ironico Mussolini and the Axeman's Jazz (Mussolini e il Jazz dell'Uomo con l'Ascia, 1995) è il racconto che si pone al centro tra le due opposte tipologie di racconti della Brite, riscrivendo sotto una luce complottista di matrice massonica le vicende che hanno portato allo scoppio della prima guerra mondiale e all'avvento delle dittature fasciste. Dietro a tutto si muoverebbe nientemeno che Cagliostro, divenuto ultracentenario grazie a un elisir di lunga vita. Un escamotage che permetterebbe allo stesso di celarsi sotto menzognere identità e di muovere i fili dell'umanità verso gli orrori della seconda guerra mondiale. Il fantasma di Francesco Ferdinando, inferocito per l'attentato che gli è costato la vita in jugoslavia, si impossesserà del corpo di un detective privato per uccidere a colpi di ascia quanti a New Orleans, secondo sue informazioni, potrebbero celare la vera identità di Cagliostro, in una sorta di rivisitazione, in chiave adulta, della parabola biblica de la strage degli innocenti. 
 
Questo il contenuto di un'antologia che probabilmente farà storcere il naso ai puristi del genere weird. A parte un paio di racconti, infatti, mancano quelle atmosfere da sense of wonder tanto care ai classicisti. La Brite si fa forte dello spirito di trasgressione, del suo voler proporre storie dove l'omosessualità tende a proporsi sotto la luce dei riflettori e dove la spinta grandguignol non viene frenata per compiacere alle richieste del political correct. La sensazione è che manchi qualcosa, sia sul versante action sia su quello del terrore. Si segnalano, quali migliori testi: His Mouth Will Taste of Wormwood (punta sul versante del terrore), Calcutta Lord of Nerves (vertice onirico) e The Sixth Sentinel (per l'inatteso e agghiacciante finale). Leitmotiv dell'opera, alquanto decadentista e pessimista, è il concetto della morte quale liberatrice di ogni sofferenza. I personaggi della Brite, spesso alcolizzati, drogati o depressi, la desiderano, la vogliano, ma morire, come abbiamo visto, potrebbe essere una mera illusione e il ritorno alla vita costante e maledetto, in una spirale di dannazione e sofferenza eterna da cui è impossibile liberarsi.

                                                                                 L'autrice POPPY Z. BRITE
 

 "Un artista che non legge non è un vero artista... I libri sono la chiave per raggiungere altre menti, proprio come i corpi lo sono per altre anime. Leggere un buon libro è un po' come affondare le dita, fino alle nocche, nel cervello di qualcuno."